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Autore: ElleLawliet    15/10/2012    3 recensioni
Per una serie di eventi, Ichigo Kurosaki si ritrova a dover fare da maggiordomo nella lussuosa residenza dei Kuchiki, nobile famiglia giapponese. Assieme a lui? Grimmjow Jaggerjack ed Ulquiorra Schiffer.
Una serie infinita di malintesi e imbarazzi, situazioni inaspettate e rivelazioni.
Spero vi piaccia!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai, Schiffer Ulquiorra, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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POV RUKIA
 
La Kuchiki si svegliò con un mal di schiena terribile.
Gemendo si mise a sedere, massaggiandosi la schiena dolorante, osservando con astio il divano bianco che le aveva fatto da letto, per quella notte.
Naturalmente, lei avrebbe preferito dormire nel suo letto, ma quando era salita in camera aveva trovato un ospite indesiderato steso accanto ad Inoue. Rukia aveva guardato sorpresa Ulquiorra: era l’ultima persona che si aspettava di trovare.
Senza far rumore la ragazza era uscita dalla stanza, era scesa al piano terra e si era coricata su un divano in salone.
Rukia sbadigliò e si ricoricò, stropicciandosi gli occhi. La sera precedente era stata orribile.
Certamente Byakuya le aveva già detto di aver combinato il matrimonio con Renji, ma il fatto che la notizia fosse adesso ufficiale l’aveva atterrita.
Ricordò lo stupore, seguito dalla rabbia, che aveva provato quando il fratello le aveva dato la notizia la prima volta.
- Stai scherzando…? – gli aveva chiesto, spiazzata. Erano in sala da pranzo ed era una fresca giornata di Marzo. Rukia, che stava mangiando tranquillamente un Onigiri, rimase pietrificata.
Byakuya aveva scosso il capo. – Dopo tutto tu e Renji vi conoscete da molto tempo, Rukia. Non ti dovrebbe infastidire molto la mia decisione. Anzi, dovresti essermi grata. Dopo il matrimonio tu e Renji potrete lasciare il Giappone per stabilirvi nella residenza di Renji, in Italia. Passerai il resto della tua vita con un uomo gentile e premuroso che ti darà molti soldi e molto amore, naturalmente. Perché mi guardi con quello sguardo? – le aveva chiesto poi, notando gli occhi carichi di rancore di lei.
- Non puoi farmi questo… mamma e papà… -.
- Loro sono d’accordo – l’aveva interrotta lui, con un gesto di stizza. – Hanno detto che, secondo loro, è un’ottima idea. Sono molto felici che io abbia scelto Renji. E, inoltre, hanno detto che potrebbero anche tornare per il matrimonio -.
- E chi ti dice che io accetterò? – lo interruppe Rukia, stringendo i denti per non urlare.
Byakuya l’aveva fulminato con lo sguardo. Poi si era alzato. – Non sta a te decidere, Rukia. Renji è una persona meravigliosa che è disposta a tutto pur di farti felice -.
- Non mentire! – aveva urlato lei, scattando in piedi. Decise che non era il momento di mantenere la calma. – Lo fai solo perché vuoi che la società di Renji si unisca alla tua, dillo! A te non importa nulla di me! Perché io non sono nessuno, confrontata a lei, vero?! Però lei è morta! -.
Il suono secco di uno schiaffo era risuonato nella stanza. Rukia era rimasta immobile, sentendo la guancia destra in fiamme. Byakuya, inespressivo, abbassò la mano.
- Non osare – le aveva detto, senza scomporsi. Nonostante ciò, Rukia lesse la rabbia nella voce del fratello. – Non osare mai più, Rukia – le disse, lentamente, superandola. – Tu sposerai Renji perché è la cosa giusta da fare e non voglio più sentire discussioni su questo. Sai meglio di me che la mia società non sta andando a gonfie vele, in questo momento. Anzi, si può dire che siamo sull’orlo del burrone. E il matrimonio potrebbe essere l’ultima speranza che abbiamo per non fallire, quindi tu devi sposare Renji, perché se io fallisco potrai dire addio alla nostra vita agiata e ci toccherà ricominciare d’accapo -.
Rukia sospirò e riaprì gli occhi. Erano passati molti giorni ma, alla fine, a mente lucida, Rukia aveva capito che doveva aiutare il fratello. E se sposarsi era l’unica cosa che poteva fare, l’avrebbe fatta.
La ragazza si rimise a sedere e si accorse che era coperta da una coperta di seta bianca. Osservò la coperta e sentì uno suono provenire dalla cucina. Sembrava una canzone, canticchiata sotto voce.
Rukia si alzò in silenzio e non poté fare a meno di guardarsi il dito della mano sinistra. Il grosso anello che Renji le aveva regalato la sera prima brillava alla luce del sole che entrava dalle finestre aperte.
Il grosso diamante risplendeva al centro del gioiello. Ruka si sentiva a disagio con quel anello al dito ma era tradizione di casa Kuchiki che la sposa non togliesse mai l’anello di fidanzamento fino al giorno del matrimonio. Era una tradizione antica ma a cui tutte le spose Kuchiki si attenevano e Rukia non avrebbe fatto eccezione.
Silenziosamente la ragazza raggiunse la cucina e ci trovò Ichigo che cucinava.
Rukia osservò per un attimo le spalle larghe del ragazzo e lo ascoltò canticchiare una canzone.
- Che cos’è? – gli chiese ad un tratto.
Ichigo smise di cantare e si voltò verso di lei. – Mi avete spaventato – le disse, sorridendo.
- Che canzone stavi cantando? – gli domandò ancora Rukia, sedendosi su uno sgabello.
Ichigo alzò le spalle. – Si chiama “Brendan’s Death Song”, signorina -.
Rukia ci pensò su un attimo. – Non la conosco – affermò.
- Mi piace molto – le disse lui. – Io e la mia band la suoniamo, a volte -.
Rukia alzò un sopracciglio. – Suoni? -.
- Già. Ma solo in un piccolo bar in periferia – le spiegò, riprendendo a cucinare. – Non ci pagano molto, ma non fa mai male fare qualche soldo. Sa com’è… -.
Rukia annuì e si guardò le mani.
- Proprio un bel gingillo, il regalo del suo fidanzato – disse ad un tratto Ichigo, riferendosi all’anello.
Rukia arrossì e ritirò le mani sotto al tavolo.
- E così vi sposate – disse ancora Ichigo, senza voltarsi verso di lei. – Felicitazioni -.
La Kuchiki deglutì. – Grazie – rispose dopo un attimo.
- Quand’è  matrimonio? Non ricordo… -.
- A Luglio… -.
- A breve, quindi -.
Rukia annuì lentamente. Poi tacque. Aveva notato il tono fin troppo formale di Ichigo.
Per un attimo le venne in mente di dirgli tutto. Spiegargli che non era una sua scelta, che doveva farlo per suo fratello e per la sua famiglia.
E stava pure per farlo quando Ichigo si voltò sorridendo. – La colazione è pronta – le disse.
E Rukia abbassò gli occhi, ritornando alla realtà. E capì che non poteva dirgli nulla. “Io non lo conosco” si disse, mentre Ichigo le serviva la colazione. “ Non posso fidarmi di lui”.
 
 
Il tempo volò, a Villa Kuchiki. I giorni si susseguivano veloci e Maggio volò. Giugno iniziò con la sua calura. Le giornate erano sempre caldissime e l’umidità calò sulla villa.
Rukia passava le sue giornate o da sola o con Renji. Insieme al fidanzato usciva dalla villa per recarsi in città e lì camminavano a lungo, mano nella mano.
Renji era gentile con lei ma Rukia notava lo sguardo geloso che le lanciava ogni volta che un ragazzo le passava vicino e la spaventava vederlo così geloso. Più di una volta Renji aveva fatto scoppiare una rissa per una spinta involontaria. Una volta aveva addirittura tirato un pugno ad un ragazzo che aveva chiesto indicazioni a Rukia
Inoue si era stabilita a casa Kuchiki.
- E solo che i miei genitori in questi giorni lavorano ed io a casa non so che fare – le disse, quando Rukia le chiese il perché. – Li ho chiamati quando sono arrivata e loro hanno detto che va bene quindi ho pensato che non ci sarebbero stati problemi… -.
- Fino a quando resterai? – le aveva chiesto Rukia.
- Me ne andrò subito dopo il matrimonio – le assicurò Inoue.
Rukia alzò un sopracciglio: ricordava quando aveva trovato Inoue ed Ulquiorra insieme. Nonostante ciò, Inoue sembrava non ricordare nulla di quella notte.
- Sai – le aveva spiegato in seguito, arrossendo e grattandosi la testa. – Mi sa che quella sera avevo alzato un po’ troppo il gomito e non ricordo assolutamente nulla. Ahahah… e poi quando mi sveglia quella mattina ero sola... -.
Da quel giorno l’amica si era fatta più pensierosa e tendeva palesemente ad evitare Ulquiorra. Quest’ultimo non sembrava per nulla interessato al comportamento di Inoue, ma Rukia aveva capito che il moro non era il genere di persona che lascia trasparire facilmente i propri sentimenti e immaginava che, in realtà, il ragazzo fosse colpito dal modo di fare della ragazza.
Alla Villa tutto procedeva normalmente: i ragazzi lavavano, potavano e spazzavano. I pasti che venivano serviti erano sempre più elaborati e la casa non era mai stata tanto pulita. Due volte a settimana uno dei tre usciva per fare la spesa e, in genere, era Grimmjow ad andare.
- Deve sbrigare delle faccende – le disse Ichigo, una mattina. I due erano in giardino. Rukia era seduta su una panchina, mentre Ichigo potava un alto ciliegio.
Il loro rapporto era molto migliorato, con il passare del tempo. Rukia passava molto volentieri le sue giornate con Ichigo e lui non era da meno. Chiacchieravano a lungo del più e del meno, quando avevano il tempo.
Però Ichigo era sempre molto formale con lei: non la chiamava per nome e non le dava del tu. Manteneva un atteggiamento rigido ed accondiscendente, senza mai alterarsi quando la ragazza lo beffeggiava. Rukia era leggermente seccata da questa sua formalità e cercava sempre di mandarlo su di giri, sperando di ottenere più confidenza. Fino a quel momento, però, i suoi tentativi erano stati vani.
- Che genere di faccende? -  gli chiese.
Ichigo alzò le spalle. – Non so tutti i dettagli, ma credo che abbia combinato qualche casino con la sua ragazza -.
Rukia ridacchiò. - Di sicuro deve essere una donna con una pazienza incredibile: da quello che mia hai detto il tuo amico non è molto fedele -.
- Bé, in effetti Grimmjow non è proprio un modello di fedeltà – ammise Ichigo, tagliando un ramo dell’albero. – Però questa volta mi sembra più determinato. Lo capisco da come parla, da come si muove… sembra pensieroso, ultimamente. Ed è strano per uno come lui. Ed anche Ulquiorra ha qual cosa che non va… deve essere per Inoue; non l’ha vista per così tanto tempo… ed io che credevo l’avesse dimenticata, ormai! -.
Rukia sentì il tono tormentato di Ichigo e sorrise: l’arancione si preoccupava davvero tanto per i suoi amici.
- Inoue non mi ha ancora parlato riguardo ad Ulquiorra – sbuffò Rukia, stringendo le braccia al petto. – Mi chiedo perché… -.
- Non prendetevela  – le disse il ragazzo. – Inoue sembra essere una ragazza estroversa, invece è estremamente riservata. Immagino che prima o poi ve lo dirà. Dovete solo avere pazienza -.
La Kuchiki sospirò. Poggiò la testa allo schienale della panchina ed osservò il cielo. Era una calda giornata estiva e il sole picchiava forte. Non c’era un alito di vento a rinfrescare l’aria e il cielo era senza nuvole, completamente azzurro. Rukia osservò il cielo sopra di lei a lungo, poi sentì Ichigo ansimare.
- Signorina – la chiamò. Rukia abbassò lo sguardo. Ichigo, che indossava il completo nero da lavoro, era piegato in due, con le mani sulle ginocchia. – Le dispiace se mi tolgo la giacca? Credo che mi stia per venire un infarto, vestito così -.
La ragazza ridacchiò. – Fa pure, anzi, sono sorpresa che tu abbia resistito così a lungo, vestito di tutto punto -.
Ichigo sospirò. – Grazie mille -.
Velocemente si tolse la cravatta e la giacca scura che poggiò sulla panchina e si sbottonò un bottone della camicia, emettendo un gemito di sollievo.
Rukia arrossì di botto. Ichigo era poggiato al tronco del ciliegio con la testa poggiata al legno e gli occhi chiusi. La bocca semi aperta e il respiro affannoso, gocce di sudore gli rigavano il volto lungo. La camicia bianca, leggermente aperta, aderiva al corpo sudato, mettendo in risalto i pettorali del ragazzo che, senza notare lo sguardo di Rukia, si passò una mano sulla fronte.
La ragazza deglutì e si alzò in tutta fretta.
- Che caldo! – gridò, facendo sobbalzare Ichigo. L’arancione aprì di scatto gli occhi e le lanciò uno sguardo divertito.
- Già – ammise, riprendendo in mano le forbici per potare l’albero.
Rukia annuì velocemente, cercando di riprendere la calma.
Inavvertitamente lo sguardo le cadde sull’anello di fidanzamento e si sentì in colpa.
“Mi sto per sposare” si disse. “Devo mantenere la calma; dopo tutto lui è solo un domestico… certo, un domestico sudato e piuttosto attraente, ma pur sempre un domestico…”.
- Il signor Renji sembra essere un bravo ragazzo – disse improvvisamente Ichigo, facendola tornare alla realtà.
- Eh? Oh! – balbettò Rukia, spaesata. – Sì, sì… è molto gentile-. In quel momento pensò che se Renji l’avesse vista insieme ad Ichigo non avrebbe di sicuro gradito.
- Il signor Kuchiki non si è mai sposato? – le chiese, dopo un attimo, senza smettere di tagliare i rami dell’albero.
Rukia scosse il capo. – Non ha mai avuto il tempo. Lavora sempre tanto. Dubito abbia mai considerato l’idea di sposarsi -.
- E allora la ragazza nella foto chi è? – domandò ancora Ichigo.
Rukia sussultò. – Che foto? -.
Ichigo si voltò verso di lei. – Sono entrato nello studio di vostro fratello – le rivelò. La ragazza strinse i denti.
- Non avresti dovuto – gli disse, furiosa.
- Lo so e non so nemmeno io perché l’ho fatto – ammise Ichigo, abbassando gli occhi. – Però dentro ho visto questo… era una specie di altarino, credo. C’erano delle candele accese e la foto di una ragazza… in un primo momento pensai foste voi, signorina Kuchika. La ragazza della foto vi assomigliava tantissimo. Poi però ho guardato meglio ed ho capito che non eravate voi ma una donna più grande di voi -.
Rukia si sedette sulla panchina con le mani sulle gambe.
- Quella era mia sorella – gli disse, chiudendo gli occhi. Sentì Ichigo avvicinarsi e sedersi accanto a lei.
- Lei è morta sette anni fa – continuò Rukia. – Si chiamava Hisana ed era sorella gemella di Byakuya. Si volevano molto bene. Troppo bene -.
Ichigo alzò un sopracciglio. – Che intendete? -.
Rukia si passò la lingua sulle labbra. – Immagino tu sappia cosa significa la parola “incesto”, vero? Ma certo che la conosci, altrimenti non faresti quella faccia -.
Ichigo cercò di ricomporsi. – Vuole dire che il signor Kuchiki e vostra sorella erano… -.
- Amanti – completò Rukia, debolmente. Ichigo sussultò.
Rukia sorrise. – Avresti dovuto vederli insieme. Erano felici, sai? Passavano le giornate mano nella mano e sorridevano sempre. Scoprì la loro relazione quando avevo nove anni. Mio fratello, che ne aveva circa diciassette, mi fece promettere di non dir nulla a mamma e papà. Ma io sapevo fin troppo bene che quello che avevano fatto era sbagliato: non avrebbero dovuto. Questo mi ripetevo. Poi, però, quando li vedevo insieme, non potevo fare a meno di pensare che, forse, era giusto che anche loro fossero felici. Insomma non dissi nulla perché non sapevo cosa fosse giusto fare. Fatto sta che i miei genitori non seppero nulla e tutt’oggi non sanno.
- Purtroppo, però, mia sorella era sempre stata cagionevole di salute. Si ammalava frequentemente e più di una volta aveva rischiato la vita per una semplice febbre. Comunque, otto anni fa prese una forte polmonite che la costrinse a letto per molto tempo. Mio fratello era preoccupatissimo e le riservò le cure più dolci. Vederlo così gentile con mia sorella mi fece capire che avevo fatto bene a tacere: non avevo mai visto un uomo più innamorato di lui. Eppure, mia sorella non migliorò, anzi. La febbre saliva e la tossa aumentava. Chiamammo i nostri genitori, ma loro dissero che non sarebbero potuti tornare perché dovevano concludere un’importante affare di lavoro. Credo che mio fratello non abbaia mai perdonato loro questa mancanza. 
- Il tempo passava e mia sorella non migliorava. Passò un anno e la malattia non passò. Ogni giorno mia sorella diventava più debole e, verso gli ultimi due mesi, non riuscì più a riconoscerci, tanto la febbre era alta. Ci guardava con occhi vacui mormorando strane parole insensate. Non ci chiamava per nome e non sorrideva più. C’era un medico che la teneva in cura ma la situazione era ormai disperata e sapevamo tutti come si sarebbero concluse le cose.
Nonostante ciò mio fratello rimasi al capezzale di Hisana. Sempre, notte e giorno. La faceva mangiare, le stringeva la mano. Non importava che lei lo guardasse con occhi assenti o che non gli rivolgesse mai la parola. Lui era lì. Era lì anche quando lei morì -. La voce di Rukia si spezzò e la ragazza deglutì. Era tanto tempo che non parlava di Hisana e si stupì di sentire una stretta dolorosa al cuore. Era passato così tanto tempo…
Si volto vero Ichigo. L’arancione la guardava con gli occhi lucidi. Erano gli occhi di chi sa cosa significa perdere una persona cara. Gli occhi di una persona che ha patito il dolore di sentirsi persi, soli.
- Mi dispiace -. Le disse queste due semplici parole. Rukia aveva sempre ritenuto stupido dire quelle parole. A quelli che gliele dicevano avrebbe voluto dire “No che non  ti dispiace! Tu non conoscevi mia sorella! Non l’hai mai nemmeno vista, come fa a dispiacerti della sua morte?”.
Eppure le salirono le lacrime agli occhi, perché capì che ad Ichigo non dispiaceva per la morte di Hisana. Gli dispiaceva per lei, per Rukia Kuchiki, perché aveva sofferto il dolore di perdere un pezzo della sua famiglia.
- Lei era parte di me – mormorò Rukia, mettendosi una mano sulla bocca. – Come ho potuto sopravvvere al dolore di perderla? Come può il mio corpo essere ancora qui se lei non c’è più? -.
Ichigo non si mosse. – Non lo so – le disse.
 
Ogni sabato, dopo i lavori domestici, Ichigo usciva.
- Va a suonare – le disse Ulquiorra una sera, servendole la cena. – Con la sua band suona in un piccolo bar in periferia -.
- Sapevo che aveva una band – mormorò Rukia, mentre Ichigo usciva di casa con la chitarra in spalla.
- Sono bravi – disse Ulquiorra. – Dovrebbe andarli a sentire. Anche se il locale non è proprio adatto ad una ragazza di alta classe come voi, ne vale la pena -.
Da quella sera, Rukia aveva lasciato passare una settimana. Poi ne era passata un’altra, ma lei ancora non era andata al bar di Ichigo.
Poi, un sabato di fine Giugno, Inoue si fiondò in camera di Rukia. La Kuchiki stava leggendo tranquillamente un libro e sobbalzò quando entrò Inoue.
- Rukia! – gridò la ragazza. L’arancione si tuffò verso di lei, poi inciampo (Rukia non capì esattamente in cosa) e cadde con un tonfo a terra.
- Tutto bene…? – le chiese Rukia, sporgendosi verso l’amica.
- S-sì – le rispose l’altra, rialzandosi e massaggiandosi la fronte. – Ahi… aspetta! – gridò e Rukia sobbalzò ancora.
Inoue si alzò in piedi. – Stasera voglio uscire! – affermò.
Rukia alzò un sopracciglio. – Perché tutta questa foga…? -.
Inoue arrossì. – Bé… ecco in realtà… io sarei stata invitata da Ulquiorra, ecco! – disse Inoue tutto d’un fiato.
Rukia sorrise e si grattò la testa. – Ed io cosa centro? -.
- Tu mi devi fare da spalla! – disse convinta Inoue.
- Mi sentirei un po’ il terzo incomodo – le disse Rukia, sedendosi sul letto e chiudendo il libro.
- No, non ti preoccupare – la confortò Inoue. – Ulquiorra ha insistito per passare prima per il bar dove suona Ichigo, così lo sentiamo suonare un po’. Poi ci possiamo pure dividere, se preferisci -.
Rukia corrugò la fronte.
- Ti prego, Rukia! – piagnucolò Inoue. – Se non vieni tu Ichigo passerà la serata con noi e… bé, non fraintendermi ma non mi sembra proprio il caso! E poi tu qui da sola… non c’è nemmeno Byakuya sta sera, ti annoieresti a morte, Rukia!-.
La mora sbuffò. In effetti il fratello quella sera era uscito per una cena di lavoro ma a lei non sarebbe dispiaciuto passare la serata da sola. Però…
- E va bene – si arrese alla fine. – Immagino che non mi farà male uscire, no? -.
Inoue iniziò a saltellare, ridendo. – Sì! E poi in questi giorni stai uscendo solo con Renji! -.
- Bé, è il minimo che io possa fare – ribatté Rukia, alzandosi dal letto. – Dopo tutto lui è il mio fidanzato, volente o nolente -.
 
Inoue e Rukia si prepararono con calma, scegliendo gli abiti con cura.
Alla fine, Rukia indossò una minigonna bianca con un top nero ed una sciarpa a quadri bianchi e neri. Ai piedi portava delle scarpe nere col tacco.
Inoue indossò un vestito bianco corto e delle ballerine, bianche come il vestito.
Alle otto e mezza, Ulquiorra bussò alla porta.
- Andiamo! – la incitò Inoue. Le due aprirono la porta e trovarono Ulquiorra e Grimmjow.
Il moro squadrò da capo a piedi Inoue, poi si schiarì la voce e si fece da parte per lasciarle uscire.
Ulquiorra indossava un jeans nero ed una camicia bianca molto semplice. Grimmjow, invece, portava un pantalone azzurro che gli arrivava al ginocchio e una maglietta bianca aderente, che metteva in risalto i pettorali del ragazzo. I capelli azzurri erano pieni di gel ed una sciarpa blu cingeva il collo del ragazzo.
- Come mai vieni anche tu? – gli chiese Inoue, precedendo i ragazzi sulle scale.
- Mi vedo con Tatsuki – le rispose Grimmjow. – Quindi scendo con voi -.
I quattro uscirono dalla Villa e si avviarono verso il parcheggio.
- Ehy, signorina! – chiamò Grimmjow. Rukia gli lanciò un’occhiata. – Che ne dice di portarci in macchina? -.
- Sì! – esclamò Inoue. – Dai Rukia, tu hai quella Lamborghini bellissima, fuori. Dai, dacci un passaggio! -.
Rukai storse il naso. Non le andava a genio l’idea.
- Meglio di no – disse.
Grimmjow sbuffò. – Che palle… -.
- Bé, comunque credo che se andremo a piedi faremo tardi – si intromise Ulquiorra. – Ichigo suonerà tra venti minuti e per arrivare al pub ci metteremo quasi mezz’ora -.
La Kuchiki sbuffò. – E va bene – si arrese. – Vado a prendere le chiavi -.
 
Rukia si rese conto di aver fatto un grosso sbaglio lasciando che Grimmjow guidasse.
In effetti, Ulquiorra l’aveva avvisata: le aveva raccontato la storia dell’incidente e tutto il resto. Ma Grimmjow le aveva strappato le chiavi di mano, aveva aperto la macchina e si era messo al volante.
Il motore aveva ruggito appena Grimmjow aveva dato gas e la macchina era sfrecciata a una velocità inverosimile lungo il viale accidentato.
Rukia aveva afferrato con forza il seggiolino davanti a lei e Inoue si era stretta forte a lei, gridando terrorizzata. Ulquiorra, seduto d’avanti, non sembrava particolarmente preoccupato ansi si stava allacciando con indifferenza le scarpe.
Grimmjow, invece, ululava, tanto era eccitato.
La Lamborghini sfrecciò lungo il viale e più di una volta la macchina sfiorò pericolosamente gli alberi lungo il tragitto e ogni volta Rukia soffocava un grido di puro terrore.
Dopo appena dieci minuti avevano raggiunto casa di Tatsuki per lasciare Grimmjow.
- Fortissimo – mormorò l’azzurro, scendendo dalla macchina.
- Lei è pazzo! – gridò Rukia, abbassando il finestrino, mentre Ulquiorra passava alla guida. Grimmjow fece spallucce. – Può essere – rispose, ghignando.
Ulquiorra diede gas e la macchina si allontanò. Rukia tirò un sospiro di sollievo. La guida tranquilla e regolare di Ulquiorra la fecero calmare e la ragazza osservò i negozi e le case che si susseguivano lungo la strada.
- Il locale dove suona Kurosaki è piuttosto isolato – le spiegò Inoue, di fianco a lei.
- Sei già andata a sentirlo? -.
- Sì, lui suonava anche quando lo conobbi io – le rispose l’altra. – Con lui ci sono altri quattro ragazzi, dei nostri vecchi amici, che incontrerai lì -.
Rukia annuì.
Dopo cinque minuti Ulquiorra fermò la macchina. I tre scesero.
Si trovavano in quartiere di periferia. La strada era illuminata da molti lampioni e le persone si muovevano a gruppi di cinque o sei per la via. Sulla sinistra c’erano molti pub o ristoranti, mentre sulla destra c’era un muro di mattoni grigi interamente coperto da grafiti e scritte varie. I bar e i pub erano tutti aperti e il chiacchiericcio generale attutiva il suono della musica che usciva da ogni edificio. Erano ormai le dieci meno cinque e la via era piena zeppa di ragazzi vestiti in jeans e magliette e ragazzine su tacchi altissimi vestite con abiti succinti che mettevano in mostra le forme piene dei corpi prematuri. I pochi adulti che si vedevano si affrettavano lungo la strada, mantenendosi vicini al muro sporco, come spaventati dalla marea di giovani che avevano occupato il quartiere.
Guardandosi intorno, Rukia notò svariate donne coperte solo dalla biancheria e, talvolta, lunghe calze nere o giacchette di pelle. Le donne guardavano con occhi maliziosi i ragazzi che passavano. Quest’ultimi non potevano fare a meno di lanciare alle lucciole uno sguardo carico di desiderio che poi si affrettavano ad abbassare, arrossendo come bambini.
Rukia non aveva mai amato stare in mezzo alla gente e quella via stretta e trafficata la metteva a disaggio.
Inoue le prese una mano e la condusse lungo la strada, mentre Ulquiorra chiudeva la fila.
Inoue svoltò in un viale secondario e poi svoltò ancora, allontanandosi dalla via principale.
Anche in quelle strade secondarie trovarono molti ragazzi e ragazze che chiacchieravano appoggiati ai muri dei palazzi.
- Certo che ci sono tante persone – disse Rukia.
Inoue sorrise. – Immagino che in genere Renji non ti porti qui, vero? – le chiese, ironica.
Intanto molti ragazzi avevano notato Inoue e non erano pochi i fischi d’apprezzamento che si alzarono al passaggio dell’arancione.
Ulquiorra passò avanti e si avvicinò ad Inoue, lanciando occhiate d’avvertimento a tutti i fringuelli che si avvicinavano alla ragazza.
Rukia si sentì un po’ invidiosa di Inoue: l’amica avrebbe potuto avere qualsiasi ragazzo del mondo. Invece lei… bé, lei era lei; lei era piatta, bassa e capricciosa.
- Siamo arrivati – trillò Inoue, strappando Rukia ai suoi cupi pensieri.
La Kuchiki alzò gli occhi e vide che si erano fermati davanti ad un locale. C’era un’enorme insegna azzurra che, ad intermittenza, illuminava le due parole: “Soul Society”.
- Benvenuta al Mondo degli spiriti! – le disse Inoue, spingendola dentro il locale.
Rukia entrò e la prima cosa che sentì fu un forte odore di fumo ed alcool.
Il locale, all’interno, era piuttosto buio ma delle luci bianche illuminavano fiocamente la sala.
Rukia fece un passo avanti e si guardò attorno. Alla sua sinistra c’era un lungo bancone nero che copriva tutta la parete sinistra e, dietro al bancone, le parve di vedere cinque o sei barman che versavano da bere ai clienti seduti su degli sgabelli bianchi e rossi. Il pavimento era di parquet ed era pieno di graffi e ammaccature che Rukia immaginò fossero state caudate da risso o cose simili.
A destra c’era una porta che dava su un’altra stanza, illuminata da varie luci rosse. Al centro c’era un tavolo da bigliardo e lungo le pareti svariate slot machine emettevano suoni metallici che risuonavano nella stanza.
Inoue la spinse dentro. Rukia proseguì e superò la stanza del bigliardo. Alla sua destra c’era, ora,  una sala quadrangolare, al centro occupata da un palco. Sparsi per la stanza c’erano vari tavolini di legno coperti da tovaglie sudice e sedie di plastica.
Rukai guardò il palco e riconobbe, intento ad incordare la chitarra, Ichigo. Vicino a lui c’erano altri quattro ragazzi: uno altissimo con la carnagione scure, dai capelli marroni lunghi e con un tatuaggio sul braccio sinistro alla batteria , un altro con gli occhiali e i capelli azzurri al basso e altri due ragazzi rispettivamente alla chitarra d’accompagnamento e alla pianola.
- Eccolo! – disse, indicando Ichigo.
I tre stavano per raggiungerlo quando le luci del palco si accesero. Rukia si coprì gli occhi con una mano, accecata, e vide Ichigo fare un passo avanti, stringendo un microfono tra le mani.
Il ragazzo raggiunse il centro del palco e salutò il pubblico, molto misero, con un gesto del capo.
Non si presentò, non disse il nome del gruppo né niente. Semplicemente, iniziò a suonare.
 
 
ANGOLINO
E anche questa è fatta! Un altro capitolo immenso: non riuscivo più a smettere di scrivere! Comunque, spero che il capitolo vi piaccia e, come sempre, se trovate errori di ogni genere ditemelo.
Ciao ciao

  
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