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Autore: neme_    16/10/2012    2 recensioni
Ci vuole molta fantasia per dare nomi ai suoni. Rukia ha sentito quel cofanetto aprirsi tante volte e, dopo una lunga serie di ripensamenti, ha deciso di chiamarlo così. È lieve, effimero. Non le piace molto.
Cling.
Questo le piace di più, perché si distingue molto meglio, anche se è altrettanto breve. Inoltre, Lavi li fa tintinnare parecchio, i suoi orecchini, prima di indossarli.

Rukia approfitta di una routine quotidiana di Lavi per osservarlo meglio e constatare quanto la loro relazione sia importante, accentuate dalle prime confidenze di lui su ricordi che deve ma non può dimenticare.
[Crossover Bleach/D.Gray-man][LaviRuki][Het][Introspettivo][Fluff]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Angolino: allora. Da che parte posso cominciare? Che mentre scrivo due fan fiction, ne penso altre cento e ne butto altre dieci? Che il LaviRuki mi ispira tanto? -se avete letto Dieci volte tanto, capite di cosa parlo- Che non avevo altro da fare? No, in realtà ho una marea di cose da fare. Ma sono quelle cose che butti là e ti dici “perché no?”. A dire il vero, era da un sacco che avevo in mente di scrivere qualcosa sul passato di Lavi. Precisiamo che tutto ciò che leggerete circa il suo passato è frutto delle mie fantasie, collegate a qualche cosina cercata su internet. Del passato di Lavi, nessuno sa niente -e dubito che Hoshino ci farà mai sapere qualcosa, accidenti- e allora, diamo sfogo alla fantasia. Lavi mi ha sempre ispirato un posto caldo e vicino al mare, o magari un'isola. Inoltre, essendo D.Gray-man ambientato a fine ottocento, e dato che all'epoca non tutti, specie gli uomini, portavano gli orecchini, ho pensato che gli anellini -ora anelloni- che porta sempre Lavi risalissero a qualche cultura di un popolo particolare, oltre al marchio distintivo dei Bookman. E il LaviRuki ha fatto il resto. Spero che piaccia e che non annoi. Chiedo scusa per la mia totale inadeguatezza nell'inventare filastrocche, canzoni e ninna nanne di sorta, e ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno, apprezzeranno e vorranno lasciare un commento. Buona lettura e grazie di tutto!





Come un carillon










Buonanotte, buonanotte, piccolo mio
Non aver paura della notte
Anche quando chiudi gli occhi è tutto nero
Ma lì non hai paura, vero?
Buonanotte, buonanotte, amore mio
Non aver paura del buio
Cerca di coprire la tua luce
Cerca di proteggerti, come me










Si svegliano insieme, ma Rukia si alza dal letto sempre dopo Lavi. Molto più tardi.

Lavi si alza sempre cercando di non scoprirla troppo. Fa freddo e lei è tutta nuda, meglio che si copra per bene.

Lui sembra non soffrire il freddo. Ripesca semplicemente i boxer, poi i pantaloni, non si prende la briga di abbottonarseli per bene, poi va davanti allo specchio.

Tluk.

Ci vuole molta fantasia per dare nomi ai suoni. Rukia ha sentito quel cofanetto aprirsi tante volte e, dopo una lunga serie di ripensamenti, ha deciso di chiamarlo così. È lieve, effimero. Non le piace molto.

Cling.

Questo le piace di più, perché si distingue molto meglio, anche se è altrettanto breve. Inoltre, Lavi li fa tintinnare parecchio, i suoi orecchini, prima di indossarli. Almeno quattro volte. La prima è quando li tira fuori dal cofanetto. La seconda quando li posa sul tavolino. La terza quando ne prende uno e lo indossa. La quarta per il restante orecchino. Tutto scandito a tempi regolari e precisi, né un secondo di più, né uno di meno. Sono gesti che Rukia adora. Vede come Lavi si prende cura di sé in quei semplici gesti. Si tira i capelli tutti indietro, li ferma con la bandana, afferra appena un orecchino e, senza far rumore stavolta, si fa trapassare il lobo da quel minuscolo ago. Non dice una parola, neanche un lamento. Rukia non ha mai indossato degli orecchini. Inconsciamente ha paura di quel piccolo ago che viola il suo corpo. Lavi dice sempre che non è niente, non fa male, non esce nemmeno il sangue se fatto come si deve, ma lei non si convince. Preferisce guardare e basta.

Si tocca con la stessa gentilezza che riserva per lei. Resta per qualche minuto davanti allo specchio per controllare che gli orecchini siano a posto, e sorride davanti al proprio riflesso, Rukia lo vede bene. Quando si rimette gli orecchini, ogni mattina, si piace molto. Fa sempre in modo che siano ben visibili.

Sono dei semplici piercing ad anello da applicare ai lobi, non sono fatti d'oro o d'argento. Niente di prezioso, dunque. Ma Rukia ha notato come siano più grandi rispetto ad una volta. Ha una svariata collezione di quegli oggetti così semplici, quel cofanetto ne è pieno. Racchiude i suoi tesori più autentici e non sono fatti d'oro. Ci sono collane, bracciali e anelli, tra le altre cose. Lavi non ha bisogno di particolare sfarzo. Trova che riesca a spiccare semplicemente con quegli anelli intorno alle orecchie, o quel filino di cotone con pendenti, sempre ad anello, che ogni tanto annoda intorno al collo. A Lavi piacciono molto i gioielli. Mentre lei preferisce non avere quelle cose addosso. Trova molto più piacevole vedere Lavi prendersi cura di sé, farsi bello davanti a lei.

Anche quando si pettina, resta lì a fissarlo. Si spazzola con cura e cerca di non toccare gli orecchini, si illuminano al riflesso della luce solare, che bell'effetto. Anche il riflesso rosso acceso dei suoi capelli, comunque, sono uno spettacolo più che godibile. Lavi ha i capelli lisci per natura, solitamente non ha problemi con nodi tra i capelli o doppie punte dal momento che sono piuttosto corti. E invece ci perde tempo volentieri, seppur in maniera diversa da quella delle altre persone. Kanda, ad esempio, non lascia toccare i propri capelli a nessuno e non tollera che si facciano tagli d'alcun tipo, nemmeno di due centimetri. Li lava usando solamente il sapone e pettina ciocca per ciocca, poi, per il resto, sembra nutrirne totale indifferenza, purché restino lunghi. Li lega sempre in un'anonima coda alta per tenerli ordinati. Non si concede pettinature da capogiro e per lui un elastico vale l'altro. Ma ne resta comunque molto geloso, tanto da incenerire con lo sguardo chiunque li tocchi anche solo per sbaglio.

In questo Lavi e Kanda sono molto diversi. Il primo, per tenerli in ordine, spesso li racchiude nella bandana. Una pettinatura che non gli sta male, ma Rukia lo preferisce di gran lunga coi capelli sciolti. Come incorniciano il volto i capelli di Lavi non lo fa nessuno. Le piace da morire il suo ciuffo asimmetrico, non si capisce con esattezza la sua lunghezza perché sulla fronte sono così, poi sulle tempie in quest'altro modo, a volte arriva alle guance, a volte al mento, eppure Lavi non se li scosta continuamente dalla fronte. Fa solo una parziale riga di lato in modo che cadano sulla parte destra, coperta dalla benda, così l'occhio sinistro può vedere senza problemi. Poi ripone il pettine nel cassetto da cui lo ha pescato, senza preoccuparsi di eventuali capelli sfibrati e persi, tanto lui non ha questo problema. Ha un bel colore di capelli.

A Rukia piace molto il rosso. Anche Renji li ha dello stesso colore. Durante la sua infanzia passata con lui, nei quartieri malfamati di Rukongai, si concedeva spesso il lusso di pettinarglieli. I capelli di Renji andavano addomesticati, aveva parecchi ciuffi ribelli, ma le piaceva tenerli a bada. Si divertiva a fargli trecce, codini, frange, e Renji la lasciava fare. In un quartiere povero come Inuzuri, la cura dei capelli era un lusso, l'unico che potevano concedersi. Che fatica trovare dell'acqua pulita per poterli lavare, e una pezza altrettanto pulita su cui strofinarli senza farsi invadere dai pidocchi. Fortuna che fra i capelli di Renji, Rukia non ha mai trovato una cosa così orripilante. Come invidiava, ed invidia tuttora, i capelli del suo amico d'infanzia, probabilmente il suo migliore amico, compagno di così tanti avvenimenti spiacevoli e non. Hanno un colore simile al sangue e brillano di luce propria al sole. Per questo da bambina gli disse di non farseli tagliare e lui continua a mantenere la parola. Così Rukia può acconciarglieli quando vuole, quando sono in vena di pazzie, quando vuole fargli una pettinatura imbarazzante e ridere alla faccia sua.

I capelli di Lavi non li ha mai toccati. Anche se sono così belli, anche se hanno lo stesso colore. Rosso sangue. È raro, al giorno d'oggi, vedere una persona dai capelli di un tale rosso. Anche Lavi dice che stanno lentamente scomparendo del tutto le persone con tale colore. Questione di genetica, dice.

Più volte è stata tentata di chiedere di pettinarlo. Di chiedere di farseli crescere, perché sarebbero ancora più stupendi se fossero lunghi. In effetti, una volta ci aveva provato, tanto per cambiare. Era arrivato a farsi un codino. Ma così non si piaceva ed era più faticoso curare dei capelli più lunghi, così Lavi li ha tagliati di nuovo. Rukia non ha mai osato chiedere di riprovarci. Non vuole violare la sua intimità, le basta vederlo curarsi e basta. Perché si cura molto, lui. Anche gli uomini tengono alla propria immagine e la sua espressione dice chiaramente che gli piace perdere qualche minuto davanti allo specchio. Inoltre, da quando Rukia si ferma a dormire da lui, molto spesso, dal momento che il vecchio ha preso l'abitudine di non tornare a dormire, ci si sofferma più spesso perché sa che lo sta guardando, vede il suo riflesso. Si sente ammirato. Guardarmi, Ruki, mi sto facendo bello per te. Ti piaccio?

Distoglie lo sguardo dallo specchio, guarda lei, le sorride. È ancora tutta nuda, stesa sul suo letto, ormai impregnato costantemente dall'odore del loro sesso, di lei. La bacia, si siede accanto a lei e se la stringe contro il petto. Anche in quel momento, Rukia non osa sfiorargli i capelli, li ha appena pettinati, sarebbe un peccato. Sono sì piacevoli alla vista ma non sono quella la parte più importante. Sono gli orecchini, quegli anellini intorno alle orecchie che brillano, anche ora che sono lontani dal riflesso del sole, a colpirla. Le piace toccarli. Tutti hanno un rito quotidiano non appena si alzano. C'è chi sbadiglia. C'è chi si stiracchia. C'è chi si rigira tra le coperte sperando di avere cinque minuti in più. C'è chi prima mangia e poi si lava i denti e chi fa il contrario. C'è chi si lava subito la faccia. C'è chi si pettina subito. C'è chi si mette subito gli orecchini. Il rito mattutino di Rukia è quello di toccare gli orecchini di Lavi, farli tintinnare contro le unghie. Cling, cling, cling. Come se mettesse in funzione un carillon.

In effetti ce n'è uno in camera. Le ha spiegato più volte come funziona e adesso sa farlo partire anche da sola. Basta girare la chiave tante volte quanto vuoi sentire la canzone. Poi dal coperchio spunta la miniatura di un gruppo di musicisti, tutto decorato a mano. È un susseguirsi di tintinnii che accompagnano splendidamente il rumore, dolce ed effimero, degli orecchini di Lavi contro le sue dita.

A volte quando è talmente rilassato canta. A voce bassa, non ha bisogno di dilettarsi in cori lirici. Canticchia le note di quella che pare una ninna nanna, Rukia non l'ha mai sentita ma ha ricordato in poco tempo i testi. Non lo obbliga mai a farlo, ma spera che gliela canti tutti i giorni. Immagina spesso una scena in cui lei suona coi suoi orecchini, lui canta e insieme ballano, finché i piedi non cominciano a far male. Ci spera sempre. Se Lavi non lo fa, pazienza, ci saranno altre occasioni. Ma tra le tante cose le piace anche la sua voce e lui è un noto chiacchierone. Per certe cose, lo è. Quando si tratta della sua vita e della sua persona tende ad eludere le domande e cambiare argomento. Ma con lei non ce n'è più bisogno.

« Non ti fanno male? » dice, alludendo agli orecchini. A forza di toccarli rischia di consumarli, ma non ne può fare a meno.

« No, per niente. In fondo ce li ho da quando sono nato. »

« Ti hanno traforato il corpo da bambino... con queste? »

« Non fare quella faccia, come se mi avessero violentato. Nel mio paese è una cosa normale. »

« Che posto è il tuo paese? »

« Sono nato e cresciuto su un'isola, in una cittadina che aveva i boschi da una parte e città molto più grandi dall'altra, poco distante dal mare, fino ai miei sei anni. Lì le estati sono tra le più calde, gli inverni sono sopportabili, nevica solo durante i primi giorni di gennaio. Io sono nato nel periodo più afoso dell'anno, con un caldo infernale. Per questo mi è sempre piaciuto il freddo, vedere la nave che cade sul mare. Però, nonostante il caldo, si riusciva a vivere bene. La gran parte degli abitanti erano pescatori, ma si faceva un po' di tutto. I miei genitori confezionavano vestiti. »

Lavi non parla mai di sé. Nessuno ha idea da dove venga e come abbia trascorso i primi anni della sua vita. Si confida solo con Rukia, e c'è da dire che non ha deciso di farlo subito. Volendo sfruttare la sua memoria di Bookman, abile a registrare ogni cosa, anche la più piccola, come se scattasse una fotografia, direbbe che ha aspettato otto mesi e settantadue giorni prima di rivelarle qualcosa di sé in totale tranquillità. Non sembra, ma è diffidente di natura, Lavi. E poi lo impone la regola dei Bookman. Non confidarti. Devi custodire i segreti, non spiattellarli. Abbandona il tuo nome e la tua vita precedente. Alla storia non serve.

Ma a Rukia sì. È importante per lei capirlo e conoscerlo. Lui sa meglio di chiunque altro quanto brutta sia l'ignoranza. E come lei le ha confidato ogni cosa della sua vita, è giusto che ricambi il favore. È giusto che lo conosca a fondo, così da poter accettare tutto, tutto di lui. Condividere. Un lusso che Rukia ha deciso di concedergli grazie al suo tocco gentile. Cling, cling, cling. È una meravigliosa sensazione sentirsi sfiorare con quel concerto improvvisato. Continua a suonare per me, Ruki.

« Anche i tuoi genitori portavano gli orecchini? »

« Li portavano tutti. Nel mio paese è un diritto ed un dovere portare gli orecchini ad anello. Rappresenta la nostra crescita. Me li hanno fatti fare quando avevo tre anni, per indicare che ero un singolo individuo che doveva crescere. Più la persona acquisisce maturità e più grandi diventano gli orecchini, anche se questo varia a seconda delle persone. Mia madre ad esempio ha sempre preferito i pendenti. Gli orecchini nel mio paese servono a raccontare qualcosa di una persona. Quelli ad anello sono i più diffusi perché rappresentano il cerchio della vita. Fa parte della mia cultura, per questo non riesco a toglierli. Inoltre, anche nella storia di Bookman sono importanti. Il vecchio porta degli orecchini diversi, hai notato? Quando prenderò il suo posto, erediterò anche i suoi orecchini. Servono a distinguerci perché non tutti i popoli hanno questa usanza. Come i pirati che mettono solo l'orecchino sinistro per sottolineare la loro libertà sui mari. Nel mio paese erano un po' anche così, amanti della libertà. Erano così contenti, i naviganti, quando partivano. »

« Sembra un bel posto. »

« Ti ci porterò un giorno. Quando questa guerra sarà finita, anzi, appena avremo un momento libero. Il mare è bellissimo, per niente contaminato. Le persone sanno farsi i fatti propri ma sono cordiali. Anche chi ti sembra tanto burbero, ti offre sempre qualcosa da bere. »

« E cantano? »

Il ragazzo inarca un sopracciglio, senza trascurare di sorridere, a quella domanda. Gli viene naturale, senza sapersi spiegare il perché, di stringerla più forte a sé, di coprirle la pelle nuda con la coperta color crema e di inspirare il profumo fresco dei suoi capelli, poggiando la testa sulla sua. Qualunque secondo, qualsiasi parola, con Rukia ha un sapore diverso e svelarsi così lo fa sentire immensamente bene.

« Ti riferisci alla ninna nanna che canticchio a volte? »

« Forse non dovevo chiedertelo? »

« No, figurati. Anzi, mi fa felice. Sai, credevo di averla dimenticata. Me la cantava mia madre tutte le notti. »

« Allora è impossibile che tu la dimentichi. In fondo, era tua madre. »

« Già... era mia madre. Ma lo sai, Ruki... io ho rinunciato al mio nome, e di conseguenza alla vita collegata ad esso. Eppure mi ricordo tutto. Il mio paese, la gente che ci abitava, i miei genitori, la canzone. Se il vecchio lo sapesse... »

« Ma lo so soltanto io. Di me ti puoi fidare. » torna a giocare col suo orecchino, che anche senza il riflesso diretto del Sole, brilla, come animato da volontà propria, quasi voglia ribadire la sua posizione. « Voglio far parte del tuo cerchio della vita. »

Lui l'abbraccia, il bacio è spontaneo, il sorriso che gli vede in volto è il più malinconico ma anche riconoscente che gli abbia mai visto. Le accarezza la guancia, le coperte scivolano sul suo corpo, con un rumore simile al frush, frush. A Rukia non piace per niente, quel rumore. Non è sicura che faccia proprio così, ci vuole molta fantasia per dare nomi ai suoni ma, tra quelli che ha vagamente riconosciuto, il suo preferito è, e resterà sempre, quello degli orecchini di Lavi, della sua vita di cui ora fa parte. Cling, cling, cling. Come il carillon che Lavi ha in camera e che ogni tanto fa suonare, facendo spuntar fuori quegli omini che suonano e li spinge a ballare o suonare con loro, cling, cling, cling. Ora che le è stato detto qualcosa di così importante circa la sua vita passata, quella che non ha potuto continuare, intuisce che quel carillon rappresenti, insieme agli orecchini, ai capelli rossi che cura ogni mattina, al suo modo di essere, non quello di Bookman Junior, ma dell'uomo, semplicemente un uomo, che ora e per lei si chiamerà sempre Lavi, la sua vita, la sua essenza, ciò che non gli farà perdere completamente la propria identità e che dunque non lo farà impazzire del tutto, nonostante l'abbondare di conoscenza che possiede. E Lavi, per quel suo notare tali piccoli dettagli, le è infinitamente grato.

« Lo so, Ruki... lo so. » le dice, semplicemente, con dei sorrisi e delle carezze. Rispondere con “ti amo” o “grazie” di sorta non renderebbe la gratitudine che prova nei suoi confronti. In alcuni casi, le parole sono inutili, chi meglio di lui può saperlo. A volte è meglio restare in silenzio, lasciare che aleggi il suono del silenzio o qualcos'altro. Come un carillon. Ecco, è questa l'idea che viene a Lavi mentre scende nuovamente dal letto, cammina a piedi nudi con passo deciso sul pavimento coperto quasi interamente da fogli con appunti e registrazioni varie, ma comunque freddo, allunga la mano sul carillon posato accanto allo specchio, gira la manopola una decina di volte. Lo lascia lì, lo riposa al proprio posto con delicatezza, cercando di mare meno rumore possibile. Rukia non perde nemmeno un attimo di quei gesti e dei conseguenti rumore. Tup, tup, tup. Crick, crick, crick, crick, crick, crick, crick, crick, crick, crick. Tluk. Cling cling cling cling cling cling. E quei suoni che ribattezza così, coprono i restanti passi di Lavi, il fruscio delle coperte risistemate sul suo corpo, lo sfregarsi della pelle nell'abbraccio. Quasi coprono anche la sua voce, e quella di Rukia, che cantano insieme. Lavi pare sorpreso. Non immaginava che Rukia riuscisse a imparare una cosa a lui così intima. Si rende conto solo ora che forse gliel'ha cantata troppe volte, ma si rende altrettanto conto che la voce di Rukia, quando canta qualcosa di così personale per lui, raggiunge livelli di bellezza fino a quel momento inimmaginabili. E le è grato, per questo. Gli fa venire voglia di dire che la ama più di ogni altra cosa al mondo, che quel suo modo di fare e di amare gli provoca nel cuore un battito frenetico, coperti anche quelli dal suono del carillon. Tu-tum, tu-tum, tu-tum, tu-tum. Un altro suono che a lei piace molto e di cui si accorge benissimo, mentre appoggia l'orecchio contro il suo petto. Un suono che accompagna terribilmente bene la melodia dolce del carillon e le loro voci. Il miglior concerto a cui Rukia abbia mai partecipato.

« Buonanotte, buonanotte, piccolo mio. Non aver paura della notte. Anche quando chiudi gli occhi è tutto nero, ma lì non hai paura, vero? Buonanotte, buonanotte, amore mio. Non aver paura del buio. Cerca di coprire la tua luce. Cerca di proteggerti, come me. »

E Rukia si riaddormenta così, insieme a Lavi. Chiudono gli occhi, rendendosi conto di essere ancora troppo stanchi per poter ingranare. Lavi si è pettinato con cura, è un peccato, ma non fa niente in fondo. A lui non dispiace farsi continuamente bello davanti ai suoi occhi e a lei non dispiace guardarlo. Magari, per farsi perdonare di averlo scomodato di prima mattina, sarà lei a pettinarlo.

Si riaddormentano così, chiudono gli occhi tranquillamente senza paura, sicuri nei loro abbracci, protettivi e caldi. Tranquilli in quel concerto improvvisato, sicuri del fatto che anche chiudendo gli occhi, anche vedendo tutto buio, loro resteranno insieme, si proteggeranno a vicenda, un giorno andranno su quell'isola che Lavi, purtroppo o per fortuna, ricorda ancora benissimo, e balleranno di fronte a veri musicisti quella stessa canzone che rappresenta il loro cerchio della vita. Che fa cling, cling, cling.

   
 
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