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Autore: Lonely soul    19/10/2012    3 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa c'è oltre il capolinea della metro? Perché si invitano i passeggeri a scendere?
Genere: Angst, Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Anagnina. Fine corsa. Si invitano i signori passeggeri a scendere dalla metro."
La voce registrata esortava i pochi rimasti sulla metropolitana romana a scendere dal mezzo.
Era ormai notte fatta e Leila si era appisolata su una delle piccole seggioline in plastica arancioni. Se non fosse stata in una capitale menefreghista e frenetica probabilmente qualcuno l'avrebbe svegliata, le avrebbe fatto presente che la corsa era finita e che sarebbe dovuta scendere. Ma era a Roma, e nessuno glie lo disse. Tutti troppo affaccendati nei propri pensieri... "Oggi Luca mi ha baciata", "Quel capo maledetto me la pagherà", "Che devo cucinare per pranzo domani?" , "Chissà se mia moglie si è accorta della macchia di rossetto facendo il bucato"...
Quindi Leila, ignara di tutto, continuava a sognare di misteriosi nuovi compagni di classe, di professori tirannici e di compagni fedeli.
La metro A rimase qualche minuto ad Anagnina, ma poi ripartì, verso l'ignoto "deposito".

La ragazza fu svegliata dal fermarsi del veicolo e dallo sbattere della porta che univa i vagoni alla cabina del conducente.
Non appena sveglia la ragazza si stropicciò gli occhi e si guardò intorno.
Si trovava in metropolitana, questo lo intuiva perché l'ultima cosa che ricordava era di aver ringraziato tutti i santi che conosceva, grata di aver trovato un posto a sedere prima di arrivare all'affollata Termini. 
Intorno a lei tutto era scuro, e non riusciva a vedere nulla, invano cercava di sgranare gli occhi.
Sentì allora delle voci.
"Mamma mia oggi è stata davvero una giornata stressante! Ho la schiena a pezzi!" Diceva una.
"A me lo dici? Io volevo asportarmi il naso, no ma dico avete sentito quanto puzzava il mio passeggero?" Aggiungeva un'altra.
" E tu a me lo vuoi venire a dire? Il mio non faceva che muoversi, e sudava come un porco! Stavo diventando un tutt'uno con il suo immenso sederone!" Commentava un'altra ancora.
"Aiutatemi! Oh! Aiuto! Non riesco ad alzarmi! C'è qualcosa di pesante sopra di me!"
In quel momento Leila sentì il sedile sotto di lei muoversi e, presa dalla paura, scattò in piedi in un attimo.
Subito la luce si accese a la ragazza dovette chiudere gli occhi, non ancora abituata alla luce, essendosi appena svegliata.
Quando li riaprì, fece una fatica pazzesca, ma era troppo curiosa e preoccupata di ciò che le stava accadendo attorno, vide i proprietari di quelle voci.
Piccoli esserini arancioni la guardavano a bocca aperta. C'era poi il suo "posto" che si stava agitando in modo scomposto, fino a quando non si trasformò anche lui in uno di quei bizzarri esserini. 
Tutti avevano quattro zampe, magre e dritte, una grande panciona rotonda che li faceva essere più larghi che lunghi e una capoccetta rotonda con un cappello da poliziotto con sopra la scritta ATAC. 
Leila li guardò stupefatta e loro fecero altrettanto.
Quando riuscì a scostare lo sguardo da questi esseri bizzarri si accorse che la metro era completamente vuota. C'erano solo le pareti, il pavimento e i tubi di ferro per reggersi. La sua attenzione allora si fissò su un'altra strana presenza. 
Davanti alla porta dello stanzino del conducente c'era una sorta di millepiedi eretto. Più che un millepiedi si sarebbe detto però un "Millemani" perché al termine delle esili zampette non vi erano piedi, bensì cicciottelle mani sudaticci provviste di tre dita a salsicciotto. In due delle tante mani delle quali era provvisto, il millemani teneva una tazza di caffè e un sostanzioso panino trasbordante di una strana salsetta che Leila si convinse essere maionese.
Anche il conducente, perché di questo si trattava, la guardava stupefatto.
Gli esserini arancioni, presi dal panico, si mossero di nuovo scompostamente, come Leila aveva visto fare al suo ex posto, e tornarono ad essere sedie.
"Ma che diav..." Cercava invano di dire la ragazza.
"Lei... lei non dovrebbe essere qui!" Sbottò il millemani alzando un dito cicciotto e puntandolo con fare minaccioso sulla faccia della ragazza. Mentre parlava piccoli schizzetti di saliva uscirono dalla sua bocca e si andarono a nascondere negli enormi baffoni stile Ned Flanders. Forse avrebbe voluto essere una frase autoritaria, ma dal tremare della sua voce e dal comparire di piccole perle di sudore sulla fronte del conducente Leila capì che era, forse, più impaurito di lei.
"Qui... Qui esattamente dov'é?" Chiese allora, cercando di sembrare il più calma possibile. Nel farlo aveva alzato entrambe le palme delle mani, perché le era stato detto alla lezione di paralinguaggio che quella mossa era intesa come certezza in se stessi e come prova di veridicità delle sue parole e delle sue intenzioni. Tale gesto però non fece che inquietare ancora di più il millemani che, impaurito dall'alzarsi della braccia della ragazza, si coprì il viso con tutte le sue braccia, versandosi il caffè bollente addosso.
Subito il poveretto urlò di dolore, mentre nuvolette di fumo bollente si alzavano dal suo petto.
"Oddio! Oddio! Prendete dell'acqua!" Gridò la ragazza, gettandosi sul poveretto senza pensarci un attimo, levandogli la camicia macchiata e soffiando sulla parte dolorante.
I posti però non sembravano volerla aiutare.
"Avanti!" Intimò ancora lei, sopraffatta però dalle urla del conducente in preda al dolore.
Allora una delle sedie si trasformò nuovamente in esserino arancione e, detta qualche parola sottovoce, cominciò a sputare acqua fresca addosso al povero millemani.
"Grazie...  Io sono Gaudus, e sono l'autista di questo piccolo gioiellino..." la ringraziò, porgendole una delle manine.
"Io sono Leila... Mi devo essere addormentata sulla metro... ma qui non siamo ad Anagnina, vero?"
" No.. Mi dispiace... L'abbiamo sorpassata ormai di qualche kilometro..."
"E allora dove siamo?"
"Benvenuta nel deposito!" 
"Deposito? No... No.. Io devo tornare a casa, mia madre sarà in pensiero.. che ore sono? E' il caso che io chiami a casa!" Così dicendo la ragazza afferrò il suo cellulare. Non c'era campo.
"Dolcezza, siamo in metro, speravi davvero ci fosse campo? Il deposito, tra l'altro, è parecchio più in profondità rispetto alle normali stazioni..."
"No, no... Non è possibile! Dovete riportarmi ad Anagnina!" 
" Questo non è possibile. Questa era l'ultima corsa di questa metropolitana. Non ripartirà prima di domani alle sei e quattordici minuti..."
Leila si mise le mani nei capelli, mentre anche le altre sedie ripresero quella che doveva essere la loro forma normale.  Non appena tutte si furono trasformate le batterono una pacca sulla spalla, in segno di conforto, e poi si misero a recitare le loro strane formulette.
Uno di loro andò in giro per la metro, schizzando acqua sui pavimenti, l'altro la schizzava sui vetri, un altro andava dietro i primi due, passando il sapone, dopo di lui un altro ancora asciugava, poi c'era quello che disinfettava, poi quello che profumava, poi quello che passava la cera... Leila non si sarebbe mai aspettata che ci fosse dietro tanta pulizia...
"Mi dispiace, tesoro, ti aiuterei volentieri, ma noi conducenti guidiamo tutta la mattina e a fine corsa non riusciamo più a..." Avrebbe voluto continuare la frase, ma cade a terra addormentato, e Leila intuì il continuo da se.
la ragazza si gettò a tessa, impotente, e guardò gli strani essererini arancioni darsi da fare.
"Sai, ci sarebbe un modo per tornare a casa prima della prossima corsa, ma non te lo consiglio...." 
Sentì una voce dall'esterno della metro. 
Subito, rinnovate le speranze di un possibile ritorno, Leila si avvicinò alla porta, ma fu bloccata da un "posto".
"Sei matta? Mai lasciare la metro se non si è fermi in una stazione!" le disse.
"Ma.. ma... lui ha detto che posso tornare a casa!" Cercò di difendersi la giovane.
"Lui? lui chi?"
" Lui, lui! Non lo so lui chi!"
" Non è possibile, ci siamo solo noi e il conducente a fine corsa!" Ribattè quello.
"Bè, se è per questo allora non dovrei esserci nemmeno io!"
L'esserino, che non sembrava avere una troppo elevata intelligenza, sembrò convincersi.
"Fai pure" disse " Ma sappi che è molto pericolosissimo."
Leila allora mosse un passo verso il buio, il vuoto.
Uscita dalla metro, le porte si chiusero dietro di lei.
La ragazza provò a battere con forza su di esse, ma queste non si riaprirono. Provò invano anche a suonare quel piccolo pulsante verde che aveva sempre considerato inutile. Questo, però, le fece una pernacchia e scomparì, non prima di averle dato della donna di facili costumi e averle chiesto ironicamente chi fosse quello inutile, ora.
Indietro non posso tornare, si disse la ragazza, non mi resta che proseguire.
"
Ci sei ancora?" cercò di chiamare la voce.
Questa, per tutta risposta, rise. Una risata sguaiata e malefica. Leila si sentì raggelare il sangue. 
"Hey! Non mi avrai presa in giro! devo tornare a casa! E alla svelta, anche!"
La voce continuò a ridere, non in maniera più rassicurante di prima.
"Chi sei? Cosa vuoi?!" La ragazza si abbracciò il busto, incrociando le braccia davanti a se e muovendo qualche passo incerto nel nulla.
"Chi sono? Io sono stato creato da voi... Voi stupidi esseri umani... Io sono quanto voi odiate della metro... Io sono l'odore nauseante di cipolle a prima mattina, io sono il caro prezzo di un'euro e cinquanta del biglietto, io sono il ritardo della metro, il malfunzionante sostegno che si stacca, il sovraffollamento di persone!"
" Che cosa vuoi da me?" Chiese allora la ragazza.
"Io? Io non voglio nulla. Voglio solo rendere il tuo viaggio un inferno!" Detto ciò scoppiò nuovamente a ridere, poi scomparve.
"Ci sei? Ci sei ancora? Rispondimi!" 
Ma nulla.
La ragazza si voltò nuovamente verso la metro, ma questa non c'era più.
"Sono sola... Non tornerò mai più a casa..."
Leila si accasciò a terra. Si mise in posizione fetale e chiuse gli occhi.



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"Anagnina. Fine corsa. Si invitano i signori passeggeri a scendere dalla metro."
La voce registrata esortava i pochi rimasti sulla metropolitana romana a scendere dal mezzo.
Era ormai notte fatta e Leila si era appisolata su una delle piccole seggioline in plastica arancioni.
" Signorina... Signorina..."
la ragazza fu svegliata dolcemente da una vecchiettina che la scuoteva leggermente per una spalla.
"Signorina... Siamo arrivate al capolinea, non vorrà rimanere qui tutta sola, no?"
Leila non ci pensò due volte, ringraziò e si catapultò fuori dalla porta scorrevole.
  
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