Red Riding Hood.
– D'accordo,
d'accordo,
le porto io!
Niall
afferra il sacchetto di carta marroncina appoggiato al mobile
dell'ingresso, quasi ringhiando la sua frustrazione, ed esce di casa
sbattendo la porta dietro di sé, con rabbia, senza salutare;
è
tardi e c'è freddo, ed è stato interrotto mentre
faceva finalmente
una cosa per sé perché zio Paul ha chiamato per
farsi portare delle
medicine, visto che ha finito le sue e le farmacie ormai sono chiuRed
Ridinse.
Non che abbia qualcosa contro di lui, ma Niall proprio non riesce a
capire perché dev'essere sempre compito suo, quello;
c'è anche Greg
in casa, non potrebbe portarle lui, una volta tanto, le maledette
medicine?
Esce dal condominio
dove abita con il padre e il fratello come una furia, e cammina
accigliato verso la fermata dell'autobus, in fretta perché
non ha
intenzione di stare fuori a congelare più del dovuto;
l'appartamento
di zio Paul è lontano da casa sua, quasi dall'altra parte
della
città, e non è nelle condizioni migliori per
farsi tutta la strada
a piedi: ha lasciato il cappotto, i guanti e la sciarpa a casa, nella
fretta di uscire ed ignorare come al solito i suoi stupidi ed inetti
familiari, e la temperatura è calata considerevolmente da
quel
pomeriggio, quando è tornato dal lavoro - e, ora che ci
pensa, forse
è riuscito a racimolare abbastanza soldi per andare a vivere
per
conto proprio, finalmente, lontano dai suoi familiari più
stretti.
Mentre cammina
affonda il viso nel colletto della felpa pesante che indossa, quella
rossa, la sua preferita, cercando di riscaldarsi un po' il naso che
comincia già a formicolare per il freddo, e infila la mano
libera
nella tasca destra dei suoi consunti e abusati jeans grigi; ci mette
dieci minuti per arrivare alla fermata, e non riesce a trattenere un
gemito frustrato quando legge l'avviso di sciopero appiccicato sopra
la panchina; si maledice mentalmente per non aver ancora, dopo quasi
un mese, dato l'esame per prendere la patente, avendo oltretutto
già
versato la tassa, masticando imprecazioni e parolacce che gli fanno
guadagnare un'occhiataccia da una ragazza coi capelli neri e un
cappottino verde che gli è passata accanto proprio in quel
momento.
Niall odia essere
volgare davanti a persona sconosciute, non gli piace dare una brutta
idea di sé alla gente, ma davvero non ne può
più di quella
giornata iniziata male e peggiorata col passare delle ore: al mattino
la sveglia non è suonata ed è arrivato al
bar-ristorante dove
lavora con quasi un'ora di ritardo, beccandosi una ramanzina con i
fiocchi dal titolare, a cui oltretutto non è mai stato molto
simpatico, che ha minacciato di licenziarlo nel caso l'episodio si
fosse ripetuto; ha saltato il pranzo, lavorando anche nella sua pausa
per recuperare l'ora sprecata al mattino, accontentandosi di un
misero tramezzino insapore che una sua collega ha rubato dal
frigorifero per lui, e ha ingurgitato nel giro di un minuto, tra
un'ordinazione e l'altra, correndo dalla sala e alla cucina, dove
Max, il cuoco, si è dimostrato più scontroso del
solito; si è
quasi slogato una caviglia salendo le scale con le buste della spesa
fatta quel pomeriggio, e ovviamente né suo padre
né Greg hanno
mosso un dito per aiutarlo, troppo occupati a discutere su quale
giocatore di snooker potesse essere il futuro vincitore del torneo
internazionale; e ora, dopo essere stato interrotto nel bel mezzo
della composizione di una nuova canzone che vuole inserire nella sua
prima demo - e lui detesta essere interrotto in quei pochi momenti
che riesce davvero a dedicare solo a se stesso e alla sua passione
per la musica - , scopre che gli autobus della linea che porta vicino
a casa di zio Paul sono fermi per uno sciopero.
Strizza gli occhi e
stringe i pugni, la mascella che si irrigidisce mentre tenta di
arginare il fiume di volgarità che premono per uscire ancora
dalle
sue labbra, e cerca di convincersi di aver toccato il fondo, che da
quel momento andrà tutto bene, e intanto riprende a
camminare nel
freddo della notte. Si inumidisce le labbra con la punta della
lingua, sentendole fastidiosamente screpolate e gelide, e immagina
che ormai siano quasi bluastre: di certo non ha fatto bene ad uscire
senza cappotto, guanti e sciarpa, e si dà dello stupido per
non aver
ragionato prima di sbattersi la porta alle spalle, il gelo che lo
calma attimo dopo attimo e fa lentamente sfumare la rabbia.
Ragiona sulla strada
più breve e veloce per raggiungere casa dello zio, e con un
pizzico
di timore si rende conto che è quella che taglia per il
parco. È
mezzanotte e mezza, è davvero tardi, e quel luogo non
è proprio
raccomandabile a quell'ora: ci passa ogni volta che decide di andare
a trovare Liam, il suo migliore amico, e non gli sono mai sfuggite le
siringhe usate e abbandonate sotto le panchine e tra gli alberi,
né
le chiazze di vomito incrostate ai lati dei sentieri in ghiaia che
percorrono l'intero parco. Quel posto è il punto di ritrovo
della
maggior parte dei tossicodipendenti della sua cittadina, e di certo
attraversarlo di notte, da solo, non è l'idea migliore.
Rabbrividisce, il
freddo che comincia a penetrare anche la stoffa spessa della felpa e
a farlo tremare, e capisce che non è proprio il caso di
tergiversare
o ragionarci troppo su: la giornata è andata male, malissimo
anche
per i suoi standard, quindi non può andare peggio, giusto? E
poi,
rischia davvero di congelare se non si sbriga a prendere una
decisione; ha sempre patito il freddo, sin da quando era un bambino e
c'era ancora sua madre a prendersi cura di lui, tanti anni prima del
divorzio e dalla sua partenza per chissà dove. Sbuffa, il
respiro
che si condensa in una nuvoletta di vapore davanti ai suoi occhi, e
decide di attraversare il parco; si disfa del sacchetto di carta,
troppo ingombrante per i suoi gusti, appallottolandolo e gettandolo
in una pattumiera, e infila il suo contenuto nelle tasche della
felpa: almeno così avrà le mani libere, pensa con
un pizzico di
amarezza, prendendo un profondo respiro prima di entrare nel parco e
percorrere i primi metri guardandosi continuamente intorno alla
ricerca di malintenzionati.
Il parco, però,
sembra abbastanza tranquillo e i lampioni illuminano bene il sentiero
in ghiaia su cui sta camminando; sente solo lo scricchiolio dei
propri passi, e forse quell'assenza di suoni lo inquieta un po', ma
inconsapevolmente comincia a rilassarsi per non aver trovato nessun
ostacolo fino a metà strada. Pochi minuti dopo sta quasi per
sorridere, sollevato dalla vista dell'uscita del parco, qualche
decina di metri più avanti, quando di colpo si sente
afferrare e
trattenere per un gomito.
Si volta
all'istante, preparandosi a difendersi, ma desiste quando sente il
bordo scheggiato di qualcosa di vetro premersi contro il suo viso;
alza gli occhi, questa volta rabbrividendo per la paura. Il suo
aggressore ha i capelli scuri e sporchi, su cui è calato un
berretto
in lana sudicio che non trattiene le ciocche unticce che ha
appiccicate alla fronte, il colorito grigiastro di un malato, gli
occhi gonfi e cerchiati di rosso con le pupille innaturalmente
dilatate, e la bocca martoriata di chi è abituato a mordersi
le
labbra per tentare di respingere un impulso violento e viscerale; gli
sta puntando una bottiglia rotta alla gola, e sembra completamente
fuori di sé.
– Dammi
i soldi, – ringhia, quasi, stringendo la mano libera sul
colletto
della sua felpa per trascinarlo lontano dal cono di luce del lampione
sotto cui sono fermi, come se avesse paura di essere visto da
qualcuno, o come se fosse ipersensibile alla luce stessa; Niall
è
paralizzato dal terrore, e non oppone la minima resistenza quando
l'altro lo spinge verso gli alberi a pochi metri da loro, continuando
a minacciarlo con la bottiglia, – mi servono i soldi, dammi i
soldi!
Niall continua a non
muoversi, terrorizzato, ma si riprende quando sente più
forte la
pressione dell'arma improvvisata sulla sua pelle; lo guarda fisso
negli occhi e, facendo il più piano possibile come se avesse
a che
fare con una bestia feroce, sposta una mano verso la tasca posteriore
dei suoi jeans, quella dove in genere tiene il portafoglio, ma
sussultando la trova vuota. Con l'ennesimo brivido, si rende conto di
non avere né soldi né cellulare con
sé, ed è agghiacciante quando
ricorda di averli gettati sul letto, di ritorno dalla spesa, e di non
averli recuperati prima di uscire in fretta e furia per portare a zio
Paul le medicine. Come farà ad uscire da quella situazione?
– N-non
ne ho, – balbetta, mostrando i palmi vuoti al ragazzo di
fronte a
lui, che non dev'essere poi così più vecchio di
lui, forse ha
cinque o sei anni di più; si chiede distrattamente come sia
possibile ridursi in quello stato, ma le sue riflessioni vengono di
nuovo interrotte in modo piuttosto brusco dal vetro contro la sua
pelle. È un attimo, e forse la sua mente iperattiva ha
trovato la
soluzione per tirarlo fuori da quel brutto guaio in cui si è
cacciato; non c'è mai fine al peggio a quanto pare, pensa
schioccando piano la lingua contro il palato. – Ma mio zio
sì.
Abita appena fuori dal parco, ti darà tutti i soldi che ti
servono
se non mi fai del male.
Il ragazzo allontana
per un attimo la bottiglia da lui, senza però rilassare la
presa al
suo colletto né smettere di schiacciarlo con il suo corpo al
tronco
contro cui l'ha spinto, e la sua espressione si fa pensierosa per un
secondo; Niall potrebbe provare a spingerlo via, ma ha paura che si
riprenda in fretta e lo colpisca davvero, e desiste ancora una volta:
non è un tipo coraggioso, lui, in genere evita il
più possibile di
ficcarsi in situazioni pericolose come quella in cui si trova in quel
momento.
– Fammi
strada, – sbotta dopo qualche secondo il suo aggressore,
spingendo
di nuovo la bottiglia pericolosamente vicino alla sua pelle; tira le
labbra nella grottesca parodia di un sorriso, poi gli fa un cenno
verso il sentiero, – muoviti, e non pensare di potermi
fregare.
Il cervello di Niall
lavora in fretta, mentre esegue l'ordine facendo ben attenzione a non
sgarrare di un passo; potrebbe provare a liberarsi con uno strattone
dalla presa sul suo braccio, avrebbe un buon margine per scappare
visto lo stato del ragazzo dietro di lui, ma poi? Uscirebbe dal parco
e correrebbe al citofono per farsi aprire la porta da zio Paul, che
lo farebbe sicuramente aspettare più di quanto possa
permettersi;
no, quattro a zero che il ragazzo lo raggiungerebbe e allora non ci
sarebbero più solo minacce. Docile, quindi, continua a
camminare
fino a che non si trovano fuori dal parco e, in qualche modo a cui
Niall non riesce davvero a pensare, il suo aggressore riesce a
camuffare la bottiglia rotta per non farsi vedere dalla poca gente
che incontrano.
Casa
di zio Paul è un appartamento al terzo piano di un palazzo
appena
fuori dal parco, dall'altra
parte della strada, ed è con un sospiro sollevato che Niall
vede le
luci ancora accese alle finestre; si ferma davanti al portone e
contempla per alcuni attimi, senza rendersene conto, i nomi segnati
accanto ai vari citofoni, una strana ansia che comincia a prendere
possesso di lui: e se anche zio Paul venisse aggredito con quella
bottiglia? È malato, è debole, non può
rischiare che gli succeda
qualcosa. Si maledice per la pessima idea che ha avuto, e cerca
disperatamente di trovare un modo per rimediare all'errore, la
bottiglia che preme contro la sua schiena come un monito; non
può
fare nulla, assolutamente nulla, e il panico s'impossessa di lui.
Senza pensare alle
conseguenze, perché davvero non può permetterselo
se vuole tener
fuori da quella situazione suo zio, si volta a fronteggiare il
ragazzo alle sue spalle: vede per un secondo la sorpresa nelle sue
iridi scure, ma quell'attimo di smarrimento è veloce, e la
sua
espressione si fa furente non appena Niall lo spintona lontano da
sé.
In un momento, il ragazzo si riprende e impugna meglio la bottiglia,
menando un colpo diretto al suo collo; Niall si scansa appena in
tempo, ma il vetro lo ferisce comunque al volto: avverte il proprio
sangue fuoriuscire piano dal taglio che quell'arma improvvisata gli
ha procurato, e i suoi occhi si annebbiano mentre un orribile senso
di nausea lo costringe ad indietreggiare fino ad appoggiare la
schiena contro il muro alle sue spalle. Solleva la mano fino alla sua
guancia, sfiorando con i polpastrelli la ferita per poi portarsi la
dita davanti agli occhi; pessima, pessima idea, pensa prima di
sentire la sua testa farsi troppo pesante; strizza le palpebre per
cercare di rimanere cosciente, perché non è
proprio il caso di
lasciare campo completamente libero al suo aggressore, ma proprio
mentre sente la sua presenza minacciosa avvicinarsi per menare un
altro colpo, magari proprio quello fatale, un rumore concitato di
passi gli arriva chiaro alle orecchie, sovrapponendosi a quello della
camminata un po' strascicata del ragazzo che l'ha ferito.
Non trova la forza
di aprire gli occhi per vedere ciò che sta succedendo, ma
sente
perfettamente il suono secco e fastidioso della bottiglia che si
frantuma, e subito dopo quello di un corpo che cade contro il
marciapiede; facendo violenza a se stesso, socchiude gli occhi nello
stesso istante in cui un paio di mani piacevolmente tiepide si
appoggiano al suo volto per sollevarlo.
Incrocia le iridi
scure e preoccupate di un altro ragazzo, e un rantolo sconnesso gli
esce dalle labbra.
– Ehi,
ehi, ascoltami, – mormora lo sconosciuto, inginocchiandosi di
fronte a lui e costringendolo a guardarlo con delicatezza, una mano
sotto il suo mento e l'altra sulla guancia non ferita, – mi
chiamo
Zayn, Zayn Malik, tra qualche minuto arriverà l'ambulanza.
Senti
dolore? Ti ha colpito da qualche altra parte? – domanda,
cercando
di mantenere un tono tranquillo; il suo viso è
così vicino al
proprio che Niall sente il suo respiro contro le labbra, e in
un'altra situazione riderebbe di se stesso per aver formulato quello
stupido pensiero in un momento del genere, ma si limita a negare in
un sussurro. – Devi rimanere sveglio, – continua il
ragazzo dopo
qualche secondo, accennando un piccolo sorriso che fa letteralmente a
pugni con il suo sguardo preoccupato, – cerca di rimanere
cosciente, ok? Ti va di dirmi qualcosa di te, mentre aspettiamo i
soccorsi?
Niall scuote il capo
quel poco che può, e subito sente l'ennesima ondata di
nausea
invaderlo, ma strizza gli occhi per cacciarla via; ha sempre
detestato questa sua debolezza, la paura incontrollabile del sangue,
e la maledice ancora una volta, in quell'istante, perché le
sopracciglia di Zayn si sono aggrottate e ha paura che lo lasci
lì
da solo, sotto casa di suo zio, perché non vuole
assecondarlo. È
completamente paralizzato, e non si accorge delle lacrime che hanno
riempito i suoi occhi finché non vede quelli dell'altro
ragazzo
farsi ancora più preoccupati.
– Non
importa, davvero, – si affretta a dire, rilassando di nuovo
il viso
e sorridendogli con dolcezza, – è la prima volta
che mi trovo in
questa situazione, lo sai? Non so esattamente come comportarmi, mi
hanno detto che la cosa più importante è tenere
le persone ferite
coscienti il più possibile, – comincia a spiegare,
parlando in
fretta come se fosse in preda al panico, gettando una strana occhiata
al ragazzo svenuto sul marciapiede dietro di lui per controllare che
non si sia ancora svegliato, – sai, una volta anche io ero
come
lui.
E Niall, che stava
cominciando a rilassarsi nell'ascoltare la sua voce dall'accento
strano, sgrana gli occhi in preda alla paura, irrigidendosi e
cercando con uno scatto di allontanare le mani di Zayn dal proprio
volto; sbatte però la testa contro il muro e geme di dolore,
e
subito le iridi del ragazzo sono di nuovo nelle sue.
– Calmo,
calmo, – sussurra, accarezzandogli ancora la guancia illesa,
–
avevo sedici anni quando mi riempivo di quella merda, adesso sono
fuori dal giro e non ho intenzione di rientrarci, – continua,
senza
smettere di sfiorarlo nel tentativo di tranquillizzarlo di nuovo;
aggrotta appena le sopracciglia, sovrappensiero, e si mordicchia un
labbro senza nemmeno accorgersene. – Vivevo a Bradford, sai,
la mia
vita era piatta e noiosa, e l'arrivo di Aiden e della sua compagnia
in città mi era sembrato un miracolo, – il suo
tono si vela di
amarezza, come se ripensare a quel periodo lo riempisse di rabbia, e
Niall comincia di nuovo a rilassarsi, perché sembra sincero
e in
qualche modo sente di potersi fidare di lui, – mi sono
lasciato
trascinare, ho fatto quello che facevano loro, mi sono ridotto peggio
di lui, – accenna con il capo al ragazzo alle sue spalle, e
le sue
labbra si tirano in una smorfia, – rubavo i soldi dai
portafogli
dei miei genitori, poi hanno cominciato a non essere abbastanza e mi
sono dato agli scippi; sono stato preso la prima volta che ho tentato
di rapinare un negozio con un altro ragazzo del gruppo, mi hanno
mandato un anno in riformatorio; è lì che ho
conosciuto Simon, che
mi ha praticamente costretto ad andare in una struttura per la
riabilitazione e ha sopportato tutte le mie crisi d'astinenza senza
dire nulla. È come un secondo padre per me, ormai,
è lui che mi ha
convinto a trasferirmi qui per lasciarmi la mia vita alle spalle e
ricominciare daccapo; sono passati sette anni...
La sua voce sfuma, e
Niall sente la sirena dell'ambulanza avvicinarsi. È strano,
ma
vorrebbe quasi che il tempo si fermasse per lasciar continuare il suo
racconto a quel ragazzo che adesso gli sorride, scusandosi con gli
occhi, probabilmente pensando di averlo annoiato dicendogli con cose
che non gli interessavano; ma non è possibile, e in qualche
secondo
l'ambulanza si ferma e ne escono due paramedici: uno si ferma a
controllare le condizione del ragazzo ancora svenuto contro il
marciapiede, l'altro si avvicina a loro.
– M-mi
chiamo Niall, – balbetta, la voce che gratta fastidiosa
contro la
gola mentre Zayn lo aiuta ad alzarsi lentamente, facendo attenzione
che non cada, cingendogli la vita con un braccio; si appoggia contro
il suo corpo senza rendersene nemmeno conto, le gambe ancora molli
per lo svenimento sfiorato, e alza di nuovo lo sguardo verso i suoi
occhi, – Niall Horan.
– Avrei preferito conoscerti in
altre circostanze, Niall Horan, –
ribatte Zayn con un sorriso diverso dai precedenti, sempre dolce ma
con un retrogusto di malizia che fa battere più in fretta il
cuore
del biondo senza che possa far nulla per evitarlo, mentre il
paramedico li raggiunge e lo fa allontanare con gentilezza per
prendere il suo posto ed accompagnare il ferito verso l'ambulanza,
–
ma comunque è un piacere.
Qualche settimana più tardi.
Niall
varca la porta
della sua vecchia camera da letto, osservando con sguardo un po'
malinconico il letto su cui ha dormito per quasi ventiquattro anni,
le pareti ormai spoglie dei poster che aveva attaccato da ragazzino,
l'armadio aperto e vuoto dei vestiti che sta portando via con
sé; è
tornato a casa il giorno dopo l'aggressione, e non ha ricevuto
nemmeno un decimo dell'accoglienza che si aspettava da suo padre e
suo fratello, e forse è stata proprio quell'esperienza a far
scattare la molla, a fargli prendere quella decisione che rimandava
da troppo tempo.
Afferra la chitarra
appoggiata contro la parete, nella sua custodia, e se la mette in
spalla; un po' gli mancherà quella casa, pensa mentre si
chiude la
porta della sua stanza alle spalle, alzando gli occhi sul proprio
riflesso nello specchio del corridoio. Sulla guancia sinistra
c'è la
cicatrice sottile e perlacea del taglio che gli ha procurato
l'aggressione nel parco, e quasi gli viene voglia di sorridere per
l'imprevedibilità della vita: se tutto quello non fosse
successo,
zio Paul non gli avrebbe dato in prestito il denaro che ancora gli
mancava per comprarsi un appartamento dove vivere per conto suo, dopo
essersi infuriato contro quel buono a nulla di suo padre, testuali
parole, che piuttosto che scomodarsi aveva lasciato che suo figlio
rischiasse la vita. Probabilmente, se tutto quello non fosse
successo, non avrebbe neppure mai incontrato il ragazzo che ora lo
aspetta in macchina, sotto quella che ormai non è
più casa sua, per
accompagnarlo nel suo nuovo appartamento.
– Vado,
– annuncia, affacciandosi nel salotto dove si trovano sia suo
padre
che suo fratello, senza ricevere neppure un'occhiata in risposta; non
hanno gradito la sfuriata di zio Paul riguardante la loro
inutilità
come persone e parenti, probabilmente, ma Niall non riesce a sentirsi
in colpa; erano anni che lo zio desiderava farlo, glielo diceva ogni
volta che il nipote andava a trovarlo dopo la scuola o dopo il
lavoro: quell'inetto di suo padre non si meritava di avere un ragazzo
d'oro come lui ancora in casa, a detta sua, e non riusciva proprio a
capire cosa ci avesse trovato di così meraviglioso sua
sorella per
arrivare a sposarlo. – Se avete bisogno di qualcosa chiamate.
Esce dalla palazzina
in cui ha abitato per tutta la vita qualche minuto più tardi
del
previsto, trattenuto dalla signora Potter del secondo piano, una
vecchietta adorabile che ha sempre avuto un debole per lui, che gli
ha preparato una torta per salutarlo, e trova Zayn ad aspettarlo con
un sorriso, appoggiato a braccia conserte contro la sua automobile.
Lo saluta di nuovo, come ha già fatto almeno quindici volte
nelle
due ore in cui ha svuotato la sua vecchia camera di tutto
ciò che
gli poteva servire o desiderava conservare, baciandolo sulle labbra;
poi gli ficca la torta tra le braccia e, approfittando della sua
distrazione, gli infila una mano in tasca per prendere le chiavi
della macchina.
– A
qualcosa servirà, l'aver passato quell'esame, no?
– esclama,
aprendo lo sportello e adagiando con cura maniacale la sua chitarra
sui sedili posteriori, ancora vuoti, della macchina di Zayn; la
risata leggera del ragazzo gli arriva chiara alle orecchie, facendolo
sorridere a sua volta, e probabilmente è proprio quello il
modo
migliore per cominciare la sua nuova vita. Forse con Zayn non
durerà
quanto spera, ma qualcosa gli dice che passerà del tempo
prima che
quel meraviglioso ragazzo si stanchi di lui e, per ora, questa
consapevolezza è sufficiente a farlo stare bene.
Ed
ecco a voi la prima storia della nostra serie ispirata a fiabe e film
Disney! ♥
Spero
vi sia piaciuta, è la prima che abbiamo plottato e scritto,
ed è
anche la più breve, per adesso; Zayn parla molto, lo so,
forse
troppo, ma prendetela così: era nervoso, e blaterava cose
nonsense a
macchinetta perché non sapeva che altro fare per tenere
Niall
sveglio. :'D Specificare è inutile, ma la parte del drogato
è stata
assegnata a Nick Grimshaw, che io, Roberta, amo con tutto il cuore;
è
un modo strano per dimostrarlo, dargli la parte del
“cattivo”, ma
chissene, io sono
strana. :3
La
prossima fanfic della serie è in fase di betaggio, e
probabilmente
verrà pubblicata in due tempi, prima una parte e poi
l'altra, perché
personalmente non mi piacciono tantissimo le OS infinite e Irene mi
ama abbastanza da permettermi di dividere la sua.
♥
Non
so quanto ci metteremo a postare, ma tenete d'occhio questo account
perché potremo farlo perfino entro la fine del mese
(improbabile, ma
chissà).
Lo
ripeto perché sì, spero davvero che questa OS vi
sia piaciuta. :)
Alla
prossima!
♥
-
Pelli.:
Harry/Zayn/Niall, threesome.
-
Losing
the bet.:
Zayn/Niall, crossdressing.