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Autore: Robene    25/10/2012    7 recensioni
Non che abbia qualcosa contro di lui, ma Niall proprio non riesce a capire perché dev'essere sempre compito suo, quello; c'è anche Greg in casa, non potrebbe portarle lui, una volta tanto, le maledette medicine?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Disney's and Tales.'
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Red Riding Hood.



D'accordo, d'accordo, le porto io!
Niall afferra il sacchetto di carta marroncina appoggiato al mobile dell'ingresso, quasi ringhiando la sua frustrazione, ed esce di casa sbattendo la porta dietro di sé, con rabbia, senza salutare; è tardi e c'è freddo, ed è stato interrotto mentre faceva finalmente una cosa per sé perché zio Paul ha chiamato per farsi portare delle medicine, visto che ha finito le sue e le farmacie ormai sono chiuRed Ridinse. Non che abbia qualcosa contro di lui, ma Niall proprio non riesce a capire perché dev'essere sempre compito suo, quello; c'è anche Greg in casa, non potrebbe portarle lui, una volta tanto, le
maledette medicine?
Esce dal condominio dove abita con il padre e il fratello come una furia, e cammina accigliato verso la fermata dell'autobus, in fretta perché non ha intenzione di stare fuori a congelare più del dovuto; l'appartamento di zio Paul è lontano da casa sua, quasi dall'altra parte della città, e non è nelle condizioni migliori per farsi tutta la strada a piedi: ha lasciato il cappotto, i guanti e la sciarpa a casa, nella fretta di uscire ed ignorare come al solito i suoi stupidi ed inetti familiari, e la temperatura è calata considerevolmente da quel pomeriggio, quando è tornato dal lavoro - e, ora che ci pensa, forse è riuscito a racimolare abbastanza soldi per andare a vivere per conto proprio, finalmente, lontano dai suoi familiari più stretti.
Mentre cammina affonda il viso nel colletto della felpa pesante che indossa, quella rossa, la sua preferita, cercando di riscaldarsi un po' il naso che comincia già a formicolare per il freddo, e infila la mano libera nella tasca destra dei suoi consunti e abusati jeans grigi; ci mette dieci minuti per arrivare alla fermata, e non riesce a trattenere un gemito frustrato quando legge l'avviso di sciopero appiccicato sopra la panchina; si maledice mentalmente per non aver ancora, dopo quasi un mese, dato l'esame per prendere la patente, avendo oltretutto già versato la tassa, masticando imprecazioni e parolacce che gli fanno guadagnare un'occhiataccia da una ragazza coi capelli neri e un cappottino verde che gli è passata accanto proprio in quel momento.
Niall odia essere volgare davanti a persona sconosciute, non gli piace dare una brutta idea di sé alla gente, ma davvero non ne può più di quella giornata iniziata male e peggiorata col passare delle ore: al mattino la sveglia non è suonata ed è arrivato al bar-ristorante dove lavora con quasi un'ora di ritardo, beccandosi una ramanzina con i fiocchi dal titolare, a cui oltretutto non è mai stato molto simpatico, che ha minacciato di licenziarlo nel caso l'episodio si fosse ripetuto; ha saltato il pranzo, lavorando anche nella sua pausa per recuperare l'ora sprecata al mattino, accontentandosi di un misero tramezzino insapore che una sua collega ha rubato dal frigorifero per lui, e ha ingurgitato nel giro di un minuto, tra un'ordinazione e l'altra, correndo dalla sala e alla cucina, dove Max, il cuoco, si è dimostrato più scontroso del solito; si è quasi slogato una caviglia salendo le scale con le buste della spesa fatta quel pomeriggio, e ovviamente né suo padre né Greg hanno mosso un dito per aiutarlo, troppo occupati a discutere su quale giocatore di snooker potesse essere il futuro vincitore del torneo internazionale; e ora, dopo essere stato interrotto nel bel mezzo della composizione di una nuova canzone che vuole inserire nella sua prima demo - e lui detesta essere interrotto in quei pochi momenti che riesce davvero a dedicare solo a se stesso e alla sua passione per la musica - , scopre che gli autobus della linea che porta vicino a casa di zio Paul sono fermi per uno sciopero.
Strizza gli occhi e stringe i pugni, la mascella che si irrigidisce mentre tenta di arginare il fiume di volgarità che premono per uscire ancora dalle sue labbra, e cerca di convincersi di aver toccato il fondo, che da quel momento andrà tutto bene, e intanto riprende a camminare nel freddo della notte. Si inumidisce le labbra con la punta della lingua, sentendole fastidiosamente screpolate e gelide, e immagina che ormai siano quasi bluastre: di certo non ha fatto bene ad uscire senza cappotto, guanti e sciarpa, e si dà dello stupido per non aver ragionato prima di sbattersi la porta alle spalle, il gelo che lo calma attimo dopo attimo e fa lentamente sfumare la rabbia.
Ragiona sulla strada più breve e veloce per raggiungere casa dello zio, e con un pizzico di timore si rende conto che è quella che taglia per il parco. È mezzanotte e mezza, è davvero tardi, e quel luogo non è proprio raccomandabile a quell'ora: ci passa ogni volta che decide di andare a trovare Liam, il suo migliore amico, e non gli sono mai sfuggite le siringhe usate e abbandonate sotto le panchine e tra gli alberi, né le chiazze di vomito incrostate ai lati dei sentieri in ghiaia che percorrono l'intero parco. Quel posto è il punto di ritrovo della maggior parte dei tossicodipendenti della sua cittadina, e di certo attraversarlo di notte, da solo, non è l'idea migliore.
Rabbrividisce, il freddo che comincia a penetrare anche la stoffa spessa della felpa e a farlo tremare, e capisce che non è proprio il caso di tergiversare o ragionarci troppo su: la giornata è andata male, malissimo anche per i suoi standard, quindi non può andare peggio, giusto? E poi, rischia davvero di congelare se non si sbriga a prendere una decisione; ha sempre patito il freddo, sin da quando era un bambino e c'era ancora sua madre a prendersi cura di lui, tanti anni prima del divorzio e dalla sua partenza per chissà dove. Sbuffa, il respiro che si condensa in una nuvoletta di vapore davanti ai suoi occhi, e decide di attraversare il parco; si disfa del sacchetto di carta, troppo ingombrante per i suoi gusti, appallottolandolo e gettandolo in una pattumiera, e infila il suo contenuto nelle tasche della felpa: almeno così avrà le mani libere, pensa con un pizzico di amarezza, prendendo un profondo respiro prima di entrare nel parco e percorrere i primi metri guardandosi continuamente intorno alla ricerca di malintenzionati.
Il parco, però, sembra abbastanza tranquillo e i lampioni illuminano bene il sentiero in ghiaia su cui sta camminando; sente solo lo scricchiolio dei propri passi, e forse quell'assenza di suoni lo inquieta un po', ma inconsapevolmente comincia a rilassarsi per non aver trovato nessun ostacolo fino a metà strada. Pochi minuti dopo sta quasi per sorridere, sollevato dalla vista dell'uscita del parco, qualche decina di metri più avanti, quando di colpo si sente afferrare e trattenere per un gomito.
Si volta all'istante, preparandosi a difendersi, ma desiste quando sente il bordo scheggiato di qualcosa di vetro premersi contro il suo viso; alza gli occhi, questa volta rabbrividendo per la paura. Il suo aggressore ha i capelli scuri e sporchi, su cui è calato un berretto in lana sudicio che non trattiene le ciocche unticce che ha appiccicate alla fronte, il colorito grigiastro di un malato, gli occhi gonfi e cerchiati di rosso con le pupille innaturalmente dilatate, e la bocca martoriata di chi è abituato a mordersi le labbra per tentare di respingere un impulso violento e viscerale; gli sta puntando una bottiglia rotta alla gola, e sembra completamente fuori di sé.

Dammi i soldi, – ringhia, quasi, stringendo la mano libera sul colletto della sua felpa per trascinarlo lontano dal cono di luce del lampione sotto cui sono fermi, come se avesse paura di essere visto da qualcuno, o come se fosse ipersensibile alla luce stessa; Niall è paralizzato dal terrore, e non oppone la minima resistenza quando l'altro lo spinge verso gli alberi a pochi metri da loro, continuando a minacciarlo con la bottiglia, – mi servono i soldi, dammi i soldi!
Niall continua a non muoversi, terrorizzato, ma si riprende quando sente più forte la pressione dell'arma improvvisata sulla sua pelle; lo guarda fisso negli occhi e, facendo il più piano possibile come se avesse a che fare con una bestia feroce, sposta una mano verso la tasca posteriore dei suoi jeans, quella dove in genere tiene il portafoglio, ma sussultando la trova vuota. Con l'ennesimo brivido, si rende conto di non avere né soldi né cellulare con sé, ed è agghiacciante quando ricorda di averli gettati sul letto, di ritorno dalla spesa, e di non averli recuperati prima di uscire in fretta e furia per portare a zio Paul le medicine. Come farà ad uscire da quella situazione?

N-non ne ho, – balbetta, mostrando i palmi vuoti al ragazzo di fronte a lui, che non dev'essere poi così più vecchio di lui, forse ha cinque o sei anni di più; si chiede distrattamente come sia possibile ridursi in quello stato, ma le sue riflessioni vengono di nuovo interrotte in modo piuttosto brusco dal vetro contro la sua pelle. È un attimo, e forse la sua mente iperattiva ha trovato la soluzione per tirarlo fuori da quel brutto guaio in cui si è cacciato; non c'è mai fine al peggio a quanto pare, pensa schioccando piano la lingua contro il palato. – Ma mio zio sì. Abita appena fuori dal parco, ti darà tutti i soldi che ti servono se non mi fai del male.
Il ragazzo allontana per un attimo la bottiglia da lui, senza però rilassare la presa al suo colletto né smettere di schiacciarlo con il suo corpo al tronco contro cui l'ha spinto, e la sua espressione si fa pensierosa per un secondo; Niall potrebbe provare a spingerlo via, ma ha paura che si riprenda in fretta e lo colpisca davvero, e desiste ancora una volta: non è un tipo coraggioso, lui, in genere evita il più possibile di ficcarsi in situazioni pericolose come quella in cui si trova in quel momento.

Fammi strada, – sbotta dopo qualche secondo il suo aggressore, spingendo di nuovo la bottiglia pericolosamente vicino alla sua pelle; tira le labbra nella grottesca parodia di un sorriso, poi gli fa un cenno verso il sentiero, – muoviti, e non pensare di potermi fregare.
Il cervello di Niall lavora in fretta, mentre esegue l'ordine facendo ben attenzione a non sgarrare di un passo; potrebbe provare a liberarsi con uno strattone dalla presa sul suo braccio, avrebbe un buon margine per scappare visto lo stato del ragazzo dietro di lui, ma poi? Uscirebbe dal parco e correrebbe al citofono per farsi aprire la porta da zio Paul, che lo farebbe sicuramente aspettare più di quanto possa permettersi; no, quattro a zero che il ragazzo lo raggiungerebbe e allora non ci sarebbero più solo minacce. Docile, quindi, continua a camminare fino a che non si trovano fuori dal parco e, in qualche modo a cui Niall non riesce davvero a pensare, il suo aggressore riesce a camuffare la bottiglia rotta per non farsi vedere dalla poca gente che incontrano.
Casa di zio Paul è un appartamento al terzo piano di un palazzo appena fuori dal parco, dall'altra parte della strada, ed è con un sospiro sollevato che Niall vede le luci ancora accese alle finestre; si ferma davanti al portone e contempla per alcuni attimi, senza rendersene conto, i nomi segnati accanto ai vari citofoni, una strana ansia che comincia a prendere possesso di lui: e se anche zio Paul venisse aggredito con quella bottiglia? È malato, è debole, non può rischiare che gli succeda qualcosa. Si maledice per la pessima idea che ha avuto, e cerca disperatamente di trovare un modo per rimediare all'errore, la bottiglia che preme contro la sua schiena come un monito; non può fare nulla, assolutamente nulla, e il panico s'impossessa di lui.
Senza pensare alle conseguenze, perché davvero non può permetterselo se vuole tener fuori da quella situazione suo zio, si volta a fronteggiare il ragazzo alle sue spalle: vede per un secondo la sorpresa nelle sue iridi scure, ma quell'attimo di smarrimento è veloce, e la sua espressione si fa furente non appena Niall lo spintona lontano da sé. In un momento, il ragazzo si riprende e impugna meglio la bottiglia, menando un colpo diretto al suo collo; Niall si scansa appena in tempo, ma il vetro lo ferisce comunque al volto: avverte il proprio sangue fuoriuscire piano dal taglio che quell'arma improvvisata gli ha procurato, e i suoi occhi si annebbiano mentre un orribile senso di nausea lo costringe ad indietreggiare fino ad appoggiare la schiena contro il muro alle sue spalle. Solleva la mano fino alla sua guancia, sfiorando con i polpastrelli la ferita per poi portarsi la dita davanti agli occhi; pessima, pessima idea, pensa prima di sentire la sua testa farsi troppo pesante; strizza le palpebre per cercare di rimanere cosciente, perché non è proprio il caso di lasciare campo completamente libero al suo aggressore, ma proprio mentre sente la sua presenza minacciosa avvicinarsi per menare un altro colpo, magari proprio quello fatale, un rumore concitato di passi gli arriva chiaro alle orecchie, sovrapponendosi a quello della camminata un po' strascicata del ragazzo che l'ha ferito.
Non trova la forza di aprire gli occhi per vedere ciò che sta succedendo, ma sente perfettamente il suono secco e fastidioso della bottiglia che si frantuma, e subito dopo quello di un corpo che cade contro il marciapiede; facendo violenza a se stesso, socchiude gli occhi nello stesso istante in cui un paio di mani piacevolmente tiepide si appoggiano al suo volto per sollevarlo.
Incrocia le iridi scure e preoccupate di un altro ragazzo, e un rantolo sconnesso gli esce dalle labbra.

Ehi, ehi, ascoltami, – mormora lo sconosciuto, inginocchiandosi di fronte a lui e costringendolo a guardarlo con delicatezza, una mano sotto il suo mento e l'altra sulla guancia non ferita, – mi chiamo Zayn, Zayn Malik, tra qualche minuto arriverà l'ambulanza. Senti dolore? Ti ha colpito da qualche altra parte? – domanda, cercando di mantenere un tono tranquillo; il suo viso è così vicino al proprio che Niall sente il suo respiro contro le labbra, e in un'altra situazione riderebbe di se stesso per aver formulato quello stupido pensiero in un momento del genere, ma si limita a negare in un sussurro. – Devi rimanere sveglio, – continua il ragazzo dopo qualche secondo, accennando un piccolo sorriso che fa letteralmente a pugni con il suo sguardo preoccupato, – cerca di rimanere cosciente, ok? Ti va di dirmi qualcosa di te, mentre aspettiamo i soccorsi?
Niall scuote il capo quel poco che può, e subito sente l'ennesima ondata di nausea invaderlo, ma strizza gli occhi per cacciarla via; ha sempre detestato questa sua debolezza, la paura incontrollabile del sangue, e la maledice ancora una volta, in quell'istante, perché le sopracciglia di Zayn si sono aggrottate e ha paura che lo lasci lì da solo, sotto casa di suo zio, perché non vuole assecondarlo. È completamente paralizzato, e non si accorge delle lacrime che hanno riempito i suoi occhi finché non vede quelli dell'altro ragazzo farsi ancora più preoccupati.

Non importa, davvero, – si affretta a dire, rilassando di nuovo il viso e sorridendogli con dolcezza, – è la prima volta che mi trovo in questa situazione, lo sai? Non so esattamente come comportarmi, mi hanno detto che la cosa più importante è tenere le persone ferite coscienti il più possibile, – comincia a spiegare, parlando in fretta come se fosse in preda al panico, gettando una strana occhiata al ragazzo svenuto sul marciapiede dietro di lui per controllare che non si sia ancora svegliato, – sai, una volta anche io ero come lui.
E Niall, che stava cominciando a rilassarsi nell'ascoltare la sua voce dall'accento strano, sgrana gli occhi in preda alla paura, irrigidendosi e cercando con uno scatto di allontanare le mani di Zayn dal proprio volto; sbatte però la testa contro il muro e geme di dolore, e subito le iridi del ragazzo sono di nuovo nelle sue.

Calmo, calmo, – sussurra, accarezzandogli ancora la guancia illesa, – avevo sedici anni quando mi riempivo di quella merda, adesso sono fuori dal giro e non ho intenzione di rientrarci, – continua, senza smettere di sfiorarlo nel tentativo di tranquillizzarlo di nuovo; aggrotta appena le sopracciglia, sovrappensiero, e si mordicchia un labbro senza nemmeno accorgersene. – Vivevo a Bradford, sai, la mia vita era piatta e noiosa, e l'arrivo di Aiden e della sua compagnia in città mi era sembrato un miracolo, – il suo tono si vela di amarezza, come se ripensare a quel periodo lo riempisse di rabbia, e Niall comincia di nuovo a rilassarsi, perché sembra sincero e in qualche modo sente di potersi fidare di lui, – mi sono lasciato trascinare, ho fatto quello che facevano loro, mi sono ridotto peggio di lui, – accenna con il capo al ragazzo alle sue spalle, e le sue labbra si tirano in una smorfia, – rubavo i soldi dai portafogli dei miei genitori, poi hanno cominciato a non essere abbastanza e mi sono dato agli scippi; sono stato preso la prima volta che ho tentato di rapinare un negozio con un altro ragazzo del gruppo, mi hanno mandato un anno in riformatorio; è lì che ho conosciuto Simon, che mi ha praticamente costretto ad andare in una struttura per la riabilitazione e ha sopportato tutte le mie crisi d'astinenza senza dire nulla. È come un secondo padre per me, ormai, è lui che mi ha convinto a trasferirmi qui per lasciarmi la mia vita alle spalle e ricominciare daccapo; sono passati sette anni...
La sua voce sfuma, e Niall sente la sirena dell'ambulanza avvicinarsi. È strano, ma vorrebbe quasi che il tempo si fermasse per lasciar continuare il suo racconto a quel ragazzo che adesso gli sorride, scusandosi con gli occhi, probabilmente pensando di averlo annoiato dicendogli con cose che non gli interessavano; ma non è possibile, e in qualche secondo l'ambulanza si ferma e ne escono due paramedici: uno si ferma a controllare le condizione del ragazzo ancora svenuto contro il marciapiede, l'altro si avvicina a loro.

M-mi chiamo Niall, – balbetta, la voce che gratta fastidiosa contro la gola mentre Zayn lo aiuta ad alzarsi lentamente, facendo attenzione che non cada, cingendogli la vita con un braccio; si appoggia contro il suo corpo senza rendersene nemmeno conto, le gambe ancora molli per lo svenimento sfiorato, e alza di nuovo lo sguardo verso i suoi occhi, – Niall Horan.
Avrei preferito conoscerti in altre circostanze, Niall Horan, – ribatte Zayn con un sorriso diverso dai precedenti, sempre dolce ma con un retrogusto di malizia che fa battere più in fretta il cuore del biondo senza che possa far nulla per evitarlo, mentre il paramedico li raggiunge e lo fa allontanare con gentilezza per prendere il suo posto ed accompagnare il ferito verso l'ambulanza, – ma comunque è un piacere.




Qualche settimana più tardi.


Niall varca la porta della sua vecchia camera da letto, osservando con sguardo un po' malinconico il letto su cui ha dormito per quasi ventiquattro anni, le pareti ormai spoglie dei poster che aveva attaccato da ragazzino, l'armadio aperto e vuoto dei vestiti che sta portando via con sé; è tornato a casa il giorno dopo l'aggressione, e non ha ricevuto nemmeno un decimo dell'accoglienza che si aspettava da suo padre e suo fratello, e forse è stata proprio quell'esperienza a far scattare la molla, a fargli prendere quella decisione che rimandava da troppo tempo.
Afferra la chitarra appoggiata contro la parete, nella sua custodia, e se la mette in spalla; un po' gli mancherà quella casa, pensa mentre si chiude la porta della sua stanza alle spalle, alzando gli occhi sul proprio riflesso nello specchio del corridoio. Sulla guancia sinistra c'è la cicatrice sottile e perlacea del taglio che gli ha procurato l'aggressione nel parco, e quasi gli viene voglia di sorridere per l'imprevedibilità della vita: se tutto quello non fosse successo, zio Paul non gli avrebbe dato in prestito il denaro che ancora gli mancava per comprarsi un appartamento dove vivere per conto suo, dopo essersi infuriato contro quel buono a nulla di suo padre, testuali parole, che piuttosto che scomodarsi aveva lasciato che suo figlio rischiasse la vita. Probabilmente, se tutto quello non fosse successo, non avrebbe neppure mai incontrato il ragazzo che ora lo aspetta in macchina, sotto quella che ormai non è più casa sua, per accompagnarlo nel suo nuovo appartamento.

Vado, – annuncia, affacciandosi nel salotto dove si trovano sia suo padre che suo fratello, senza ricevere neppure un'occhiata in risposta; non hanno gradito la sfuriata di zio Paul riguardante la loro inutilità come persone e parenti, probabilmente, ma Niall non riesce a sentirsi in colpa; erano anni che lo zio desiderava farlo, glielo diceva ogni volta che il nipote andava a trovarlo dopo la scuola o dopo il lavoro: quell'inetto di suo padre non si meritava di avere un ragazzo d'oro come lui ancora in casa, a detta sua, e non riusciva proprio a capire cosa ci avesse trovato di così meraviglioso sua sorella per arrivare a sposarlo. – Se avete bisogno di qualcosa chiamate.
Esce dalla palazzina in cui ha abitato per tutta la vita qualche minuto più tardi del previsto, trattenuto dalla signora Potter del secondo piano, una vecchietta adorabile che ha sempre avuto un debole per lui, che gli ha preparato una torta per salutarlo, e trova Zayn ad aspettarlo con un sorriso, appoggiato a braccia conserte contro la sua automobile. Lo saluta di nuovo, come ha già fatto almeno quindici volte nelle due ore in cui ha svuotato la sua vecchia camera di tutto ciò che gli poteva servire o desiderava conservare, baciandolo sulle labbra; poi gli ficca la torta tra le braccia e, approfittando della sua distrazione, gli infila una mano in tasca per prendere le chiavi della macchina.

A qualcosa servirà, l'aver passato quell'esame, no? – esclama, aprendo lo sportello e adagiando con cura maniacale la sua chitarra sui sedili posteriori, ancora vuoti, della macchina di Zayn; la risata leggera del ragazzo gli arriva chiara alle orecchie, facendolo sorridere a sua volta, e probabilmente è proprio quello il modo migliore per cominciare la sua nuova vita. Forse con Zayn non durerà quanto spera, ma qualcosa gli dice che passerà del tempo prima che quel meraviglioso ragazzo si stanchi di lui e, per ora, questa consapevolezza è sufficiente a farlo stare bene.














Ed ecco a voi la prima storia della nostra serie ispirata a fiabe e film Disney!
Spero vi sia piaciuta, è la prima che abbiamo plottato e scritto, ed è anche la più breve, per adesso; Zayn parla molto, lo so, forse troppo, ma prendetela così: era nervoso, e blaterava cose nonsense a macchinetta perché non sapeva che altro fare per tenere Niall sveglio. :'D Specificare è inutile, ma la parte del drogato è stata assegnata a Nick Grimshaw, che io, Roberta, amo con tutto il cuore; è un modo strano per dimostrarlo, dargli la parte del “cattivo”, ma chissene, io
sono strana. :3
La prossima fanfic della serie è in fase di betaggio, e probabilmente verrà pubblicata in due tempi, prima una parte e poi l'altra, perché personalmente non mi piacciono tantissimo le OS infinite e Irene mi ama abbastanza da permettermi di dividere la sua.
Non so quanto ci metteremo a postare, ma tenete d'occhio questo account perché potremo farlo perfino entro la fine del mese (improbabile, ma chissà).
Lo ripeto perché sì, spero davvero che questa OS vi sia piaciuta. :)
Alla prossima!




In questo account trovate anche:

- Pelli.: Harry/Zayn/Niall, threesome.
-
Losing the bet.: Zayn/Niall, crossdressing.

   
 
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