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Autore: Cat in a box    25/10/2012    2 recensioni
Dopo la caduta del Meteor su Midgar, la maggior parte della popolazione è stata infettata dalle cellule aliene di Jenova, manifestandosi sul corpo degli esseri umani con il Geostigma. [...] Un'ultima missione per l'Avalanche, ormai, sull'orlo di dividersi. Dimostrerà di esserne ancora all'altezza? [...] Al contempo, un eroe caduto si è ritirato dalla battaglia. Il suo animo è ancora diviso a metà, tra bene e male. Sarà un incontro inaspettato a fargli intraprendere una scelta.
Genere: Avventura, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jenova, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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11. The Black Claw
 
Alle prime luci della sera, una jeep stava percorrendo la superstrada che portava alla città di Edge. Il cielo era coperto da una fitta cortina di nubi e di tanto in tanto, un lampo si accendeva nell’aria quasi satura di umidità.
 
Da lontano, si potevano distinguere i primi grigi edifici della città, adesso illuminati da tanti piccoli lumini e dalla luce gialla di qualche lampione.
 
Riprese a piovere.
 
La pioggia iniziò a tamburellare sul cofano della vettura producendo un suono metallico e poi, a battere con più insistenza sul parabrezza.
 
Barrett azionò il tergicristalli, mentre borbottava qualcosa tra sé e sé. Cid era impegnato a cambiare stazione radio quasi ogni due minuti, perché il segnale era sempre disturbato oppure veniva meno.
 
Yuffie sedeva nei posti dietro e in quel momento stava dormendo a bocca spalancata, mentre stringeva come fosse un orsacchiotto il suo prezioso zaino, ricolmo di materie di ogni genere.
 
Tifa sedeva proprio accanto a lei e stava guardando le gocce di pioggia picchierellare contro il suo finestrino, mentre fuori il paesaggio artificiale scorreva veloce e gli edifici si facevano sempre più vicini. Sospirò.
 
Rivolse nuovamente lo sguardo allo schermino del cellulare, in cui era comparsa la scritta nera e in grassetto ‘casa’. Era indecisa se pigiare il tasto verde.
 
Aveva pensato di risollevarsi un po’ il morale nel sentire le voci di Denzel e Marlene, ma al tempo stesso, si sarebbe attesa da loro che avrebbero voluto sapere anche di Cloud.
 
E non sarebbe stato un bene per loro conoscere la verità.
 
Richiuse il telefonino e lo nascose dentro la tasca della sua giacca a vento. Sospirò per la seconda volta.
 
“Li avrebbe fatto piacere risentirti.” Irruppe una voce baritonale, che si accorse provenire dal sedile posteriore su cui si trovava seduto Vincent.
 
Tifa si voltò verso di lui, incrociando i suoi occhi cremisi contornati dagli abituali aloni violacei.
 
“Io…” provò un momento di leggero imbarazzo “…pensavo di farli una sorpresa e di chiamarli domani.” Sforzò un sorriso e si voltò dall’altra parte, prima che l’ex-Turk potesse recepire il suo disagio.
 
Si sentì incredibilmente bugiarda, perché sapeva più che mai, che per nulla al mondo si sarebbe sognata di chiamarli. Certo, tutto sarebbe stato diverso se Denzel e Marlene fossero stati più grandi, ma avevano solo nove anni e già un passato infelice alle spalle.
 
Una notizia del genere, per loro, avrebbe significato un altro trauma.
 
Quei due bambini, avevano trovato in lei e Cloud la loro nuova famiglia e anche se non erano realmente i loro genitori o non fossero nemmeno una coppia, almeno erano due persone unite che volevano loro del bene.
 
Ricordava ancora come fosse stato appena l’altro giorno, quando per gioco o forse per errore, a sette anni compiuti Marlene aveva chiamato Cloud per la prima volta ‘papà’.
 
Tifa, si sarebbe attesa di vederlo diventare rosso come un’aragosta e invece, era rimasto impassibile davanti a quella ingenua bambina e per la prima volta nella sua vita, dietro ai suoi occhi color Mako aveva visto accendersi un sentimento di tenerezza e l’espressione del suo viso ammorbidirsi.
 
Poi, le labbra sottili si incresparono in un sorriso quasi impercettibile. 
 
Da quella volta, non aveva mai corretto Marlene ogni volta che lo chiamava in quel modo. Non si sarebbe mai aspettata proprio da lui che non aveva avuto un padre, accettare così di buon grado di esserlo anche solo per finta, per quella bambina e per Denzel.
 
Si strinse alle spalle e affondò le unghie nella giacca. – Perché ti ho lasciato andare? Cloud… - si rimproverò, mentre la jeep sfrecciava sulla superstrada a gran velocità.
 
 
 
Barrett fermò la jeep nei sobborghi della città, davanti all’insegna di un locale che recitava la scritta lampeggiate al neon “Tomberry’s Pub”. Aveva tutta l’aria di sembrare la classica bettola da sbronza.
 
Cid avvicinò la faccia al finestrino e in quel momento, gli occhi li si illuminarono e la sigaretta spenta gli scivolò dalla bocca, per andare a finire sotto al sedile.
 
“Acc…!” Grugnì il biondo, non intenzionato a cercare la sigaretta ormai perduta. “È davvero questo il posto in cui dobbiamo incontrare Pyro e Destructor?” Domandò a Barrett.
 
L’omone tutto muscoli tirò fuori un biglietto stropicciato dalla tasca dei pantaloni e lo passò a Cid.
 
“L’indirizzo è questo.” Confermò, mentre si infilava l’impermeabile che aveva preparato all’evenienza sotto al sedile.
 
“Siamo arrivati?” irruppe una Yuffie assonata, con voce un po’ rauca.
 
“Sì.” replicò Cid, confrontando la scritta del locale con quella sul biglietto. Erano passati anni dall’ultima volta che era stato in un posto del genere e a giudicare da una seconda insegna notata in quel frangente, che recitava a caratteri cubitali ‘SPECIALITÀ: Birra artigianale’, gli sembrò di essere appena tornato in Paradiso.
 
– Hehehe…questa volta dovranno raccogliermi dal pavimento! – sghignazzò tra sé e sé, quando improvvisamente venne riportato alla realtà da uno scappellotto.
 
“Non farti venire strane idee, capito?” ringhiò Yuffie verso Cid puntandogli contro l’indice “Non una birra! Ti sia chiaro che non ho intenzione di raccoglierti dal pavimento come l’ultima volta al Seventh Heaven!”
 
“Nossignora!” recitò solenne, mentre continuava a sghignazzare massaggiandosi la parte offesa.
 
Scesero tutti dalla vettura e raggiunsero il locale sotto a quel diluvio universale. 
 
Quando entrarono nel locale ancora trafelati per la corsa, di tutta sorpresa si accorsero che non c’era anima viva. Gli sgabelli erano accomodati sopra ai tavoli, il pavimento era ancora semi-bagnato, le luci abbassate e un uomo di mezz’età dietro al bancone stava lucidando alcuni boccali.
 
Una scena già vista prima.
 
“Mi scusi noi…” Tifa provò a rivolgersi al vecchietto dietro al bancone, ma prima che potesse terminare la frase, venne interrotta.
 
“Il locale è chiuso!” Tuonò abissale il vecchietto, aguzzando la vista dietro le lenti degli occhiali.
 
“Un pub di periferia che resta chiuso il sabato sera in piena estate? Suvvia…” incalzò Cid sicuro di sé, estraendo dal portafogli una banconota e iniziando a sventolarla davanti al locandiere. “…sono tempi duri per tutti e avere della buona clientela che paga bene è fondamentale!”
 
“Ho detto che il locale è chiuso. Andatevene, per favore.” Rispose secco, squadrando tutti i presenti con un’occhiataccia.
 
Yuffie si avvicinò a Cid.
 
“Ma quando imparerai a star zitto?” domandò a bassa voce al biondo, dandogli una gomitata nelle costole.
 
“Ahi!” Cid sorrise sghembo, mentre si massaggiava la parte offesa.
 
“Stiamo aspettando delle persone.” Intervenne Barrett.
 
L’anziano alzò lo sguardo verso di lui. “Quali persone?” domandò.
 
“Si chiamano Pyro e Destructor.”
 
Quando Barrett pronunciò quei nomi, gli occhi del vecchietto si illuminarono e un’espressione sorpresa si dipinse tra le grinze del suo viso.
 
“Accomodatevi!” gli invitò a prendere posto, mentre riempiva alcune pinte di birra alla spina. “Dobbiate scusarmi se sono stato sgarbato poco fa…” si giustificò “…ma non siete i primi che vengono qui stasera a pretendere che tenga il locale aperto.”
 
Posò su un vassoio cinque pinte di birra e le servì al tavolo in cui si erano appena accomodati.
 
“Queste le offre la casa.” Spiegò, stirando un sorriso tra le grinze del viso, lasciando intravedere una dentizione perfetta con qualche dente dorato.
 
“Grazie, ma io veramente non bevo birra…” replicò Yuffie, quando il suo boccale venne afferrato da Cid.
 
“Mi sacrificherò io per te!” Disse sicuro di sé il biondo, innalzando il boccale come fosse stata una sacra reliquia.
 
Yuffie glielo sottrasse appena in tempo di mano e prima che lui potesse ribattere qualcosa, ordinò al vecchietto di portare due succhi all’ACE.
 
“Potrei avere un calice di vino, al posto della birra?” Chiese garbatamente Vincent.
 
L’anziano annuì e andò dietro al bancone a preparare le nuove ordinazioni.  
 
 
 
In quel momento, la porta del locale si aprì e due figure incappucciate entrarono dentro, grondando pioggia sul pavimento in legno. L’attenzione dei presenti fu immediatamente puntata su di loro.
 
Abbassarono il cappuccio sulle spalle e si rivelarono essere Pyro e Destructor.
 
Il primo, scrollò dal mantello la pioggia e poi lo appese all’appendiabiti che si trovava nelle vicinanze dell’entrata. Non era vestito alla stessa maniera di come si era presentato la prima volta, ma anzi, questa volta indossava un paio di lunghi anfibi, dei pantaloni da militare e una felpa nera col cappuccio. I capelli erano raccolti in una coda bassa.
 
Destructor non differiva molto rispetto all’abbigliamento del suo collega, a differenza di una logora giacca nera smanicata sopra ad una camicia in flanella da boscaiolo.
 
“Pyro! Da quanto tempo ragazzo mio!” il vecchietto si illuminò, ritrovandosi davanti agli occhi il giovane biondo con la coda, che non era altri che suo nipote.
 
“Ciao nonno!” Lo salutò con un cenno Pyro, avanzando verso il tavolo occupato dall’Avalanche, seguito dal rosso col taglio a spazzola.
 
Ognuno prese una sedia e si aggiunsero al tavolo. Qualche istante dopo, il nonno di Pyro servì due birre e portò anche il resto delle ordinazioni. Due bicchieri pieni di succo all’ACE passarono davanti agli occhi di Pyro e Destructor facendogli scambiare un’occhiata perplessa, per poi essere serviti a Yuffie e a Cid.
 
“Non l’ho ordinato io.” Borbottò Cid per giustificarsi, strappando una breve risata ai due.
 
I due si ripresentarono a Barrett e a Cid, che per la prima volta li conoscevano in carne ed ossa. In quel momento, Pyro osservò che erano solamente in cinque.
 
“Sbaglio…o eravate in sei?” domandò aggrottando la fronte e indicando i presenti con aria assorta, non appena si accorse della mancanza di quel biondo ragazzo minuto che portava con sé un’enorme spada.
 
“Cloud è partito verso il cratere settentrionale…” tagliò Tifa, pentendosi quasi subito di aver parlato. Certo, non aveva detto nulla che gli altri non sapessero già, ma a quale scopo stava rivelando a Pyro quei fatti? Cloud, non aveva più niente a che fare con la missione e tantomeno con Chloris.
 
“Gli è stata affidata una nuova missione.” Irruppe Vincent, prima che i due del Millennium potessero sospettare che avesse disertato o addirittura deciso di agire per conto proprio.
 
Pyro e Destructor non chiesero altre domande e lasciarono che Barrett li facesse un resoconto sulla missione.
 
 
 
 
Quando l’uomo di colore tutto muscoli terminò di spiegare i fatti, Destructor sembrò particolarmente turbato a differenza di Pyro, che sembrava assorto in chissà quali macchinazioni mentali.
 
Una mano sosteneva il mento, mentre l’indice e il pollice erano premuti contro la bocca.
 
“Mmmh…sembra che abbiate avuto uno scontro con gli originali.” Sentenziò alla fine, attirando su sé l’attenzione di tutti i presenti.
 
“Gli originali?” Replicò Vincent.
 
“È il nome che abbiamo dato a tre membri dell’Artiglio Nero.”
 
Si curò di spiegare Pyro, mentre Destructor era impegnato a svuotare la sua pinta.
 
“Dovete sapere che i nemici che state affrontato sono cloni, fuggiti diversi anni fa da un laboratorio della ShinRa. Erano un esperimento per le ricerche su Jenova, ma trattandosi di copie difettose si pensava che sarebbero stati riassorbiti dal flusso vitale.”
 
In quel momento, Destructor posò il boccale vuoto sul tavolo e si voltò verso il suo collega, per seguire il suo discorso con aria un po’ sorpresa.
 
“Cloni di che cosa?” Chiese Cid.
 
“SOLDIER.” Puntualizzò Destructor, intromettendosi nella conversazione. “In particolare quelli appartenenti alla classe più alta…”
 
Pyro proseguì il discorso. “Ne abbiamo individuati tre che sono più potenti degli altri e pensiamo anche abbiano assunto caratteristiche più vicine all’originale, per questo li chiamiamo copie originali.”
 
“E l’originale? Si sa chi è l’originale?” Chiese una Yuffie sbigottita.
 
“Non con certezza…” le rispose il rosso “…ma di sicuro è sepolto sottoterra da un pezzo.”
 
La crudezza di quelle parole pronunciate con una nota di disprezzo da Destructor, fecero eclissare la conversazione in un silenzio abissale. Per un istante, l’unico rumore a predominare dentro la taverna fu solamente lo scrosciare della pioggia dalle grondaie e il rimbombo in lontananza di un tuono.
 
 
 
“C’è una cosa che non è chiara…” ruppe il silenzio l’ex-Turk “…se è Chloris che vogliono, per quale ragione avrebbero dovuto attaccarvi anche prima? Che cosa volevano da voi in tutti questi anni?”
 
Destructor sembrò restìo dal rispondere e rivolse un’occhiata a Pyro, il quale non si era lasciato minimamente sorprendere da quella domanda.
 
“Si tratta della White Materia in possesso del Professore.”
 
“White Materia!!” Esclamò Yuffie con aria scioccata. “Credevo non esistessero più! Ma…comunque, che se ne farebbero loro? Solo gli Antichi sono in grado di utilizzarla.”
 
“Neanche noi lo sappiamo…” disse Pyro, dopo aver sorseggiato a lungo la sua birra “…ma per il momento, abbiamo cose più importanti di cui occuparci.”
 
Sorseggiò fino all’ultima goccia la sua birra e posò il boccale vuoto sul tavolo.
 
“Ci dispiace che siano venuti proprio loro a darvi rogne…avevamo pensato di assoldare voi dell’Avalanche, perché ci preoccupavamo dei Turks…”
 
“Che vorresti dire?” chiese Barrett.
 
“Era scontato…” incalzò Vincent “…per recuperare Chloris siamo entrati in un reattore della ShinRa, sorvegliato ovviamente dai Turks, come ogni reattore che è stato chiuso durante la crisi. Anche se non c’era corrente, il generatore alimentava ancora alcune telecamere di sorveglianza nei laboratori.”
 
“Vorresti dire che la sorvegliavano?” squittì Yuffie incredula.
 
“È una supposizione…” precisò “…sicuramente non è stato un caso che l’incubatrice di Chloris fosse l’unica ad essere rimasta alimentata per tutto quel tempo ed è possibile che la stessero nascondendo.”
 
“Forse, la ShinRa la stava nascondendo dall’Artiglio Nero.” Suppose Barrett.
 
“È probabile che ShinRa fosse già a conoscenza di quello che sarebbe potuto succedere…” riprese Pyro “…tuttavia, ora il problema è un altro: Chloris è nelle mani dell’Artiglio Nero.”
 
“Avete detto di avere già una pista da seguire.” Affermò Barrett.
 
“Conosciamo i loro covi e ogni punto in cui si radunano.” Disse il rosso. “Non sono tanti, per ciò non sarà difficile stanarli.”
 
“Cosa aspettiamo!? Partiamo subito!” Yuffie si alzò bruscamente in piedi, tanto che per poco non fece capitombolare dalla sedia Cid, che le sedeva proprio affianco.
 
Un’espressione agguerrita si era dipinta sul viso della ninjia e gli occhi nocciola ardevano con la stessa intensità di due fuochi.
 
“Calmati guerrigliera e pensa a finire il tuo succo!” La riprese Cid in tono scherzoso.
 
“Il fatto è che…” irruppe Barrett “…quando siamo stati sorpresi in quell’imboscata, abbiamo faticato a respingerli e nessuna arma da fuoco è riuscita a ferirli.”
 
In quel momento, Destructor estrasse dalla tasca interna della giacca due sferette dai vividi colori del fuoco e le posò al centro del tavolo. Erano più luminose delle altre materie e avevano colori sgargianti, con alcune venature nere e porpora.
 
“Questi sono i nostri ultimi prototipi del laboratorio di sviluppo della materia.”. Si schiarì la voce.  
 
“Sono materie offensive altamente distruttive e letali, tanto che le abbiamo chiamate Explosive Thundaga e Doom Firaga. Fino a questo momento, li abbiamo sempre respinti con queste.”
 
Yuffie provò a prenderne una in mano, ma al primo contatto avvertì subito una scossa pungerle le estremità delle dita. Il riflesso dei nervi le fece ritrarre immediatamente la mano.
 
“Il problema è che attingono molta energia e ancora non siamo riusciti a perfezionarle.”
 
Terminò di spiegare Destructor, mentre gli occhi dei membri dell’Avalanche erano puntati su quelle due piccole sferette delle dimensioni in un palmo.
 
 
 
 
Allo stesso tempo, in un altro luogo…
 
“Peste e corna!” Sbraitò Reno davanti allo schermo nel computer. “Siamo già arrivati a sabato sera e siamo ancora davanti a questi dannati computer a controllare da dove arriva una misera perdita di dati!”
 
Rude si voltò verso l’amico, che nel frattempo si era alzato in piedi per sgranchire la schiena e le gambe.
 
“Devi sempre rendere pubbliche le tue lamentele!?” sbottò dall’altra parte del monitor Cissnei, mentre sorseggiava da un bicchierino di plastica il disgustoso caffè della macchinetta.
 
Reno le rispose con una smorfia.
 
“Penso che queste siano solo perdite di tempo…” disse, mentre fletteva le braccia lasciandole scrocchiare. “…hanno solo rubato qualche misero documento dagli archivi della sezione scientifica, che cosa potrebbe mai succedere?” Minimizzò, cercando di farsi appoggiare da Rude.
 
“Sei proprio una zucca vuota!” Lo fulminò Elena, che si trovava seduta accanto a Cissnei.
 
Il rosso era pronto a ribattere, quando improvvisamente irruppe una voce.
 
“Custodire e proteggere i dati dell’azienda è compito di noi Turks.” Quelle parole erano state pronunciate con una serietà tale da aver fatto raggelare il sangue al rosso, il quale si voltò di scatto per ritrovarsi faccia a faccia con il Turk wutaiano.
 
Tseng era appena entrato nell’ufficio e tra le mani, reggeva una cartella aperta che stava ancora sfogliando.
 
“Hai trovato qualcosa?” Elena si rivolse a Tseng, interrompendo la sua occhiata di rimprovero nei confronto di Reno. Il moro annuì debolmente col capo, mantenendo quella compostezza e serietà che lo avevano da sempre caratterizzato. 
 
“Quattro giorni fa, il reattore di Nibelheim è stato violato e un esperimento del professor Hojo è stato portato via.”
 
“Ha-ha!” esultò Reno battendo un pugno sul palmo nella mano. “Le telecamere avranno ripreso tutto, sarà uno scherzo rintracciare i loro indirizzi!”
 
“Non serve.” Rispose Tseng, impassibile come al solito suo. “È stata l’Avalanche a irrompere nel reattore.”
 
I quattro Turk rimasero col fiato sospeso per qualche minuto.
 
 
-------------------o--------o--------o----->> Note dell’autrice <<------o-------o-------o--------------------
 
Scusate, sono in un ritardo mostruoso con la pubblicazione! ç___ç Ho scritto un papiro di capitolo e mi ci è voluto più tempo del solito. >__< Mi sono accorta che una settimana non mi basterà più per scrivere il capitolo, correggerlo e preparare lo spoiler, quindi ho bisogno di allagarmi coi tempi e di pubblicare ogni 2 settimane (per il momento). Lo so, sono una scrittrice terribile! xD

 
Sephiroth: *annuisce sorseggiando una tazza di tè*
 
In questo capitolo non ho neanche nominato Sephiroth e Chloris, però è stato un proposito per dare anche il giusto spessore nella storia all’Avalanche e poi, dovevo finalmente introdurre i Turks nella storia.
 
Reno: Eh che cacchio! Direi che era ora! u.u
 
Autrice: ECLISSATI TU! è___é
 
Tutto sommato, questo capito è servito a riprendere i personaggi che sono stati trascurati negli ultimi tre capitoli. Non ci sono delle grandi svolte: la situazione emotiva di Tifa è ancora stazionaria e come Vincent, è piuttosto taciturna. Yuffie è la solita esaltata del gruppo e Cid non perde mai il vizio! xD Né in quanto il bere né in quanto al fumare. Barrett si comporta meticolosamente e cerca di tenere unito il gruppo, sebbene sia rimasto turbato pure lui dall’abbandono di Cloud. L’incontro con Pyro e Destructor aveva lo scopo di rispondere ad alcune incognite sul misterioso Black Claw. Non so che altro scrivere, quindi se avete domande lasciatele pure nei commenti! xD Diamo spazio allo spoiler…
 
…il prossimo capitolo si intitolerà…“12. A patch of blue sky

 
“Ho…poco tempo.” Ansimò, mentre si rialzava faticosamente.

“Non ti permetterò di distruggere la cura… non ti prenderai anche lei… TI UCCIDERÒ SEPHIROOOOTH!” urlò al vento.

Forse, fu la sua immaginazione a farglielo credere, ma quando aveva urlato quelle ultime tre parole, aveva sentito una risata divertita provenire dall’interno della chiesa.
 
Si guardò intorno con circospezione. Era solo.

 
   
 
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