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Autore: Thiliol    26/10/2012    4 recensioni
La ragazza bionda gli dava le spalle, una mano lungo i fianchi e l'altra che sfiorava appena il muro bianco.
John la riconobbe all'istante, la misteriosa figura evanescente che popolava i suoi sogni e che ogni volta lo faceva sentire sempre più triste, eppure non aveva la minima idea di chi fosse.
Nei suoi sogni, la sconosciuta dai capelli biondi era sempre presente, in una forma o nell'altra.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In my dreams she keeps walking away


  





La ragazza bionda gli dava le spalle, una mano lungo i fianchi e l'altra che sfiorava appena il muro bianco.

John la riconobbe all'istante, la misteriosa figura evanescente che popolava i suoi sogni e che ogni volta lo faceva sentire sempre più triste, eppure non aveva la minima idea di chi fosse.

Nei suoi sogni, la sconosciuta dai capelli biondi era sempre presente, in una forma o nell'altra.

In quel sogno aveva i capelli un po' più corti, che le arrivavano alla spalla, e uno strano indumento celeste. Indossava i pantaloni, come le donne del suo tempo non facevano mai, e John non poteva evitare di lanciare qualche sguardo alle sue gambe.

Non si trovava nel suo villaggio, ma in una stanza che sembrava non avere confini di sorta, solo quel muro bianco. La ragazza lo sentì avvicinarsi e abbassò il braccio, per poi voltarsi verso di lui.

John si sentì tremare di aspettativa: non conosceva quel viso, ma nell'esatto momento in cui lo vide, ecco che si ritrovava a pensare a quanto in realtà lo sentisse familiare.

< Mi hai dimenticata. >

La sua voce era triste, lontana come se venisse da un altro tempo.

< Mai, > le rispose.

Era doloroso vederla lì, unica fonte di colore in tutto quel bianco.

La ragazza sorrise e si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

< Perchè continui ad apparire nei miei sogni? > le domandò, facendosi più vicino.

< Dovresti saperlo. >

John si avvicinò ancora. Provava un irrefrenabile impulso di toccarla, stringerla, come se il suo intero corpo si tendesse verso di lei, lei che era solo una figura ammantata di luce e splendore in quella stanza irreale.

Anche lei sembrava irreale, tanto che il timore di vederla sparire si trasformava in puro panico.

< Non c'è mai stato tempo per noi, > si ritrovò a dire e, stranamente, quelle parole gli parvero prive di significato.

Nei suoi sogni, John si sentiva del tutto senza senso, la sua stessa esistenza era un confine labile tra realtà e finzione, un qualcosa di inesistente eppure reale.

Lei invece rise a quelle parole.

< Abbiamo avuto il Tempo. >

John non capì, ma rimase in silenzio. La ragazza si fece ancora più evanescente, quasi trasparente, e si voltò appena verso il muro, come se avesse sentito qualcosa che invece John non percepiva.

Tornò a posare lo sguardo su di lui, intenso e triste sotto le lunghe ciglia scure. Sentì la sua mano morbida sulla guancia e la carezza di lei infine sul suo petto coperto solo dalla camicia.

< Devo andare. >

Le sue parole risuonarono nella stanza, echeggiando su pareti inesistenti fino a penetrargli nel cuore come un pugnale.

< No, > la supplicò.

La figura della ragazza era ormai sempre più sbiadita e John sentiva, con la consapevolezza propria dei sogni, che non sarebbe durata ancora per molto.

Lottò strenuamente con l'istinto di svegliarsi.

Non voleva perderla, non di nuovo, non senza averle detto... cosa in fondo?

Lei era la ragazza del suo sogno e John non sapeva nulla di lei se non che anche solo guardarla era come morire dentro.

Il suo cuore gli era stato strappato via.

Lei aveva ancora la mano poggiata sul suo petto e il calore di quel tocco era dolorosamente reale, nonostante la consapevolezza che non fosse così, nonostante il tempo che stava scadendo.

Sentiva il suo cuore pompare a ritmo forsennato sotto le dita di lei, ma la sensazione di avere un vuoto nel petto era rimasta.

< Ne manca uno, > sussurrò la ragazza.

Ancora una volta John non capì, ma rimase in silenzio, la paura che qualsiasi sua parola la facesse svanire troppo radicata in lui.

< Ma io sono destinata a svanire, lo sai. Non posso rimanere da questo lato, il lupo cattivo mi divorerà ed io sarò nient'altro vuoto. >

Parole che per lui non significavano nulla se non l'enigma che rappresentavano.

< Non andare > la supplicò ancora, < non lasciarmi solo. >

Il tocco delle sue dita di fece sempre meno intenso, mentre la ragazza si voltava.

Il muro sembrò inghiottirla come le fauci di una grossa belva, mentre lacrime argentate rigavano il viso di lei e John udiva se stesso urlare e urlare il suo nome...”Rose”... lo gridava come se ne dipendesse la sua stessa vita, lo gridava nel suo sogno e sapeva che stava gridando davvero, agitandosi nel suo letto.

Ma lei era sparita, lasciando dietro di sé quel muro bianco.



***



John Smith si svegliò di soprassalto, gli occhi che bruciavano e la gola in fiamme.

Gli ci volle qualche secondo prima di rendersi conto di trovarsi nella sua camera da letto e non nella stanza bianca e indefinita del suo sogno.

Si tirò le coperte fin sotto il naso, riprendendo a respirare normalmente.

Il sogno era stato fin troppo vivido e si sentiva scosso, ma la sensazione di malessere stava scivolando via da lui.

Si rigirò per qualche minuto, poi si alzò e si mise la vestaglia.

I raggi del sole entravano dalla finestra del suo studio, ma il silenzio che aleggiava nella casa gli indicò che doveva essere ancora molto presto.

Si sedette alla scrivania e prese il suo diario, iniziando ad appuntare il suo sogno come faceva sempre.

Cercò di ritrarre la ragazza bionda, ma era difficile ricordare esattamente il suo viso: nella sua memoria era bella, ma non era sicuro che fosse proprio la verità, ricordava però distintamente la luce che si rifletteva nei suoi capelli biondi, il suo sorriso dolce, il calore del tocco delle sue dita sul petto come se fossero ancora lì.

E il panico che lo assaliva ogni volta.

Soffiò piano per far andare via i residui di grafite dal disegno che aveva fatto e si rese conto che ne aveva riprodotto i lineamenti in modo più accurato di quanto pensasse.

Intinse la penna nel calamaio e l'accostò alle pagine, trovando l'unico spazio bianco che ancora rimaneva in mezzo alla scrittura fitta.

Nei miei sogni lei continua ad andare via. scrisse.












Angst! Perchè continuo a scrivere cose angst è un mistero anche per me, non temete, tanto più che mi ero ripromessa di darci un taglio con le Doctor/Rose strappalacrime e stucchevoli, ma poi ci si mette di mezzo tumblr e gente che sta recuperando la serie e che viene da me a piangere dopo aver visto Doomsday. Dovevo scriverla, l'ho scritta, adesso posso andare avanti con la mia vita.

Comunque, come avrete capito è ambientata durante l'episodio Human Nature e la frase in corsivo (che dà anche il titolo alla storia) è presa da The Journal of Impossible Things (da cui è preso anche lo scan).

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