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Autore: aoko_90    29/10/2012    7 recensioni
Shinichi e Ran: due gocce che si rincorrono nella pioggia della vita, dove temporali e vento sembrano dividerli, ostacolarli ed allontanarli.
Ma quando la tempesta cessa ed il cielo smette di soffiare, quelle gocce tornano e provano a riavvicinarsi. E come su un vetro appannato, lasciano la loro scia, indelebile.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Goccia dopo goccia

Dedicata a Tonia che tanto ha insistito affinchè giungesse al termine. ♦



 

Tokyo, Ore 11:00.

                         
Fermo sotto la fermata dell’autobus osservo il movimento lento e violento dell’acqua piovana che cade infrangendosi  al suolo. Il rumore lieve e regolare che il velo d’acqua produce mi culla. Disperdendosi nelle mie orecchie come un eco lontano mi porta nei meandri più intimi dei miei pensieri. La mente umana.

“La mente è come un paracadute: funziona solo quando è aperta.”

Tempo fa, in una giornata uggiosa come questa, girovagando mi ritrovai di fronte a queste poche e semplici parole. Mi colpirono e subito la mia curiosità, stimolata e punzecchiata desiderò conoscere il padre di tale pensiero. Frank Zappa compositore, musicista e chitarrista statunitense.
Cosa l’avrà spinto a tale conclusione? Probabilmente la vita.
Un dubbio mi attanagliò l’anima come una lama fine ed affilata.
E se la mia mente fosse chiusa? Come un paracadutista precipita inesorabilmente verso la terra senza possibilità alcuna di salvezza, così io perirei sotto la forza del mio amaro destino.
Ma esiste un metro per giudicare tale labile e tenue confine? Non credo.
Mi avvicino titubante alla pozza d’acqua adiacente il bordo della strada. Istantaneamente rifletto la mia persona in quell’approssimato specchio. Un bambino, questo è il riflesso duro e reale che scorgo.
Questa è l’immagine che ogni singolo giorno mi si para di fronte, straziandomi.
Tutto questo mi porta ad una logica e razionale conclusione, la mia mente è aperta, forse persino troppo.
Chi al posto mio avrebbe sopportato il peso di questo segreto senza impazzire? Senza perdere il senno?
Nessuno.
Chi avrebbe continuato inesorabilmente e caparbiamente a cercare una valida e repentina soluzione per porre fine a questo martirio?
Nessuno.
Sorrido, ma non mi rincuoro, anzi il mio riso è aspro e finto.
Un’altra domanda mi sorge spontanea.
Chi avrebbe abbandonato, nel bel mezzo di un appuntamento, la ragazza che ama da una vita? Per cosa poi? Per inseguire due sconosciuti. Chi?
La risposta è sempre la stessa: Nessuno.
La verità è sempre una sola. La mia mente né aperta né chiusa opera in funzione in un’unica ed univoca direzione, l’investigazione.
Sorrido, rincuorandomi questa volta, di quella che è da sempre la mia passione.
Le goccioline di pioggia si rincorrono con fare frenetico sul parapetto dell’edificio adiacente attirando la mia attenzione. Corrono veloci verso l’angolo per poi arrivare alla loro fine e ripartire. Mi affascina quel movimento continuo e veloce. Lo accosto alla affannosa ricerca dell’altro. Goccia, goccia si inseguono, insistendo e riprovando senza mai riuscirci. Un po’ come me e Ran. Ci cerchiamo l’un l’altro, ci inseguiamo, ci aspettiamo senza mai raggiungerci. La distanza che ci separa è pari a quella di un insulso ed ingiusto veleno.
Quante volte avrei voluto dirle la verità? Tante.
Quante volte mi sono fermato? Sempre.
Soddisfare il mio egoismo e dividere questo macigno in due, quante volte l’ho desiderato? Troppe.
Non so dire se questo tempo mi piaccia o meno. Il cielo piange, è un fenomeno che ispira sensazioni divise e contrapposte. Gli amanti si rintanano nelle casa in cerca del calore che l’ambiente esterno non dona. I solitari tendono ad amarlo. Ed io?
Quando ero piccolo ne approfittavo per perdermi nella sconfinata biblioteca paterna e viaggiare con la fantasia. Mi immaginavo nei panni di Holmes, potevo giurare di aver visto Watson lanciarmi sguardi ammirati in seguito al mio brillante ed impeccabile ragionamento.
Ma ora? Questo giornate sono motivo di fuga. Scappo dalle mie colpe. Cerco di evadere dalla realtà, di non vederla osservare fuori dalla finestra un punto non definito della strada in attesa di qualcosa, o meglio aspettando qualcuno. E quel qualcuno sono proprio io.
Due fari puntano i miei occhi accecandoli. Alzo il braccio coprendo parte degli occhi tentando di scorgere l’auto ma soprattutto il conducente, riconoscendo finalmente la figura del dottore.
Gli sorrido e salgo sulla vettura che mi accompagnerà all’agenzia investigativa dove lei mi aspetta.
Un’idea fulminea ed istantanea mi rapisce corpo ed anima. E’ una follia per una mente razionale e metodica come la mia, ma credo che almeno per questa volta la asseconderò.
 

*****

Tokyo, Ore 15:00.

Cammino a passo sicuro e spedito verso la mia meta. La pioggia continua a scendere copiosamente su Tokyo e sulla mia testa ormai fradicia. La immagino e tento di dedurre quello che è da sempre il caso più complicato della mia, seppur ancora breve, vita investigativa. Come la pellicola di un film visto e rivisto la vedo aprire la porta dell’agenzia e sbarrare i suoi occhi chiari squadrandomi da capo a piedi. Dalle sue iridi chiare traspare preoccupazione, posso udire la sua voce:
“ Ma dove sei stato? Ero in pensiero! Ma guardati?! Sei tutto bagnato rischi di ammalarti se non ti asciughi subito!”
Mi afferra il polso e mi spinge ad entrare.
Blocco il fluire dei miei pensieri soddisfatto delle mie deduzioni, attendendo di verificarle.
Salgo le scale velocemente dimezzando la distanza che ci separa, un porta, solo una porta, nulla più.
Emozionato chiudo la mano in un pugno per scontrarlo delicatamente contro il legno, attendendo che la padrona di casa venga ad accogliermi.
Sento la sua voce lontana, probabilmente era in camera a meditare dietro a quella ormai maledetta finestra, luogo segreto e testimone delle sue innumerevoli lacrime.
“ Arrivo..”
Abbasso il capo osservando la mia figura dall’alto verso il basso, osservo le scale dove ho lasciato le impronte a causa della pioggia. Povera Ran le toccherà pulire. Volto repentinamente il capo udendo lo scricchiolio della maniglia e mi ritrovo di fronte e il suo sguardo fisso tra lo sbalordito e l’incredulo.
Sono pronto a quello che sta per accadere, o forse no.
La ragazza contro ogni aspettativa mi sbatte la porta in faccia senza rivolgermi la parola, lasciandomi inerme di fronte a questa.
“ Ran..” provo a chiamarla.
Non risponde, ma posso sentire i suoi singhiozzi. Piange. Contro ogni mia aspettativa, piange. E’ proprio un caso a cui non riuscirò mai a dare una soluzione.
“ Ran..” riprovo ad interpellarla nella speranza di una sua risposta.
“ Vai o resti?”
Un bisbiglio sommesso, quasi inudibile.
“ Ran..vorrei restare.. ma.. non posso..lo sai.. te l’ho spiegato..” tento di giustificarmi, quando sono cosciente di essere senza scusanti.
“ Allora va!”
Le sue parole questa volta mi giungono fredde e marcate. Decise e sicure, come mai prima d’ora.
Sono io questa volta ad accasciarmi vicino a quell’uscio prendendo quella che è forse la decisione più sofferta della mia vita. Aspetterò, sarò io questa volta ad attenderla, non scapperò.
Niente mi fermerà, domani troverà la verità dietro la porta. Il piccolo Conan negli abiti del detective liceale Shinichi Kudo.
Mi perdonerà? Forse.
Ma almeno non sarò più costretto a mentirle, almeno la distanza tra noi sarà forse meno ingiusta.
Inizio a sentire il freddo perforarmi le ossa, gli abiti umidi mi irrigidiscono il corpo indolenzendolo.
Che sia ancora dietro la porta? Non saprei dirlo con certezza.. ma sono sicuro che non provenga alcun tipo di  rumore dall’abitacolo.
Un lieve pizzico alla gola preannuncia un colpo di tosse, tento invano di trattenerlo non riuscendoci.
Sento dei passi,ma sono lontani. La testa inizia a girarmi, le forze abbandonano il mio corpo, se sia effetto dell’APTX o dell’influenza non sono in grado di stabilirlo.
 

*****

 
Tokyo, Ore 21:00.

 
Un tiepido calore mi avvolge il corpo ristorandolo. Un dolce profumo mi inebria il cervello mentre un delicato tocco mi accarezza la fronte. Curioso di scoprirne la provenienza raccolgo le forze necessarie per riaprire i miei occhi, incontrando istantaneamente i suoi. Mi fissano ansiosi mentre con la mano mi controlla la temperatura. Sposto lo sguardo all’ambiente circostante e mi ritrovo nella stanza, ormai a me familiare, di Kogoro. Indosso uno dei suoi pigiami ed una morbida coperta di lana mi è stata adagiata sopra.
“ Ran..” la richiamo quasi in cerca di conferma, sperando che tutto ciò non si riveli essere un effimero sogno.
Nell’osservarmi, gli occhi le si riempiono di lacrime che tenta invano di trattenere e celare.
“Perché piangi?” le domando, sperando in cuor mio di consolarla.
Stringe la presa sulla mia mano incapace di rispondermi.
Raccolgo le poche forze ristabilite e tento di abbandonare la posizione distesa per sedermi accanto a lei e cingerle la vita. Ma comprendendo le mie intenzioni si discosta bruscamente alzandosi e dandomi le spalle.
“ Perché non sei andato via?” mi domanda  con lo stesso tono glaciale presentatomi qualche tempo prima.
“ Perché non potevo farlo.. non così..” le rispondo con una sincerità che sorprende persino me.
Finalmente si volta nella mia direzione e mi dona la sua attenzione bloccando i suoi occhi nei miei. Posso scorgere un filo di titubanza, la sicurezza che fino a qualche secondo prima ostentava inizia a tentennare lasciando il posto alla speranza.
“ Cosa intendi quando dici.. non così?” mi domanda diretta e schietta spiazzandomi come solo lei sa fare.
“ Non potrei mai andar via con un simile dubbio..” tento di restare vago,nella speranza di tradire il rossore che inizia a colorarmi il viso.
“ Dubbio?” continua imperterrita dritta per la sua direzione. E’ sempre stata testarda e cocciuta ed in questo frangente tali qualità mi risultano scomode, se non più.
Sono io questa volta a voltarmi cercando di evitare quel contatto visivo e corporeo che prima bramavo disperatamente. Improvvisamente mi trovo a rimpiangere la mia scelta. Mi rendo conto solo ora di quanto avventata e pericolosa sia stata la mia decisione. Rifletto accorgendomi di quanto chiusa sia stata la mia mente, dominata dalla follia del momento e non da sano e puro raziocinio.
“Ran.. io non potrei mai sopportare..” provo ad aggrapparmi sugli specchi, scivolando inesorabilmente.
“ Tu non potresti mai sopportare?” mi domanda con una punta di impazienza accostandosi sempre di più alla mia persona.
L’ansia inizia a prendere possesso del mio corpo, aumentando la mia pressione. Inizio a sudare freddo perdendo la sicurezza e la spavalderia che da sempre, con mio grande piacere, mi contraddistinguono.
Alzo lo sguardo in cerca del suo, sperando di trovarvi il coraggio necessario per compiere quello che a me pare un folle e sconsiderato gesto. La mia migliore amica mi stupisce per l’ennesima volta in questa giornata. Ha abbandonato il posto alla mia destra e nel più assoluto dei silenzi sta marciando senza sosta verso la porta con l’intenzione di abbandonarmi solo tra le mie elucubrazioni. E forse ne ha tutte le ragioni.
Rinato a nuovo coraggio la chiamo.
“ Ran!”
Si volta sorridendomi, un riso strano che non saprei come meglio definire.
“ Non lo fare.. non questa volta Shinichi.. non come Londra..”
Completa la frase con tono calante, calante come i suoi occhi e la luce che fino a qualche attimo prima li aveva animati.
Repentinamente comprendo il dolore che attanaglia e tormenta  cuore ed anima della ragazza che amo, ma che tante volte non amo, non come dovrei, non come meriterebbe.
Nel suo sguardo posso leggere la convinzione che col tempo, forse a causa dei miei silenzi, ha maturato.
Si è consolidata e cementificata, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, alzando un saldo e solido muro dal quale la luce non trapassa.
La certezza di avermi costretto e spinto ad un passo indesiderato nella capitale inglese. La stupida ed errata idea di avermi strappato dalle labbra parole menzognere , mai sentite o provate. Pensiero che si  è tramutato in sicurezza e che la corrode dall’interno divorandole il sorriso.
Eppure è li, ferma ed immobile, impassibile come una marmorea statua, attendendo che un bianco principe arrivi ad infrangere l’invisibile barriera che la lontananza ha meticolosamente costruito.
Nonostante tutto crede ancora che possa essere io quel principe, immagina forse un futuro per me, per lei, per noi.  Ed ora sarò all’altezza del mio compito? Abbatterò lo scudo invisibile che si frappone dividendoci?
Mi alzo da terra cercando maggior forza nella posizione eretta. Titubante e con voce tremante, incapace di guardarla provo a sferrare il primo attacco al suo dolore.
“ Ran non come Londra.. ” riesco a biascicare con tono basso ma saldo.
I suoi occhi hanno un guizzo, il suo corpo seppur immobile sembra predisporsi per un avvicinamento.
Mi studia tentando di carpire qualche indizio, qualche dettaglio, anche piccolo, che possa illuminarle la strada, quella oscura e dissestata per arrivare a me.
Rinforzato dalla sua reazione, conscio che forse non è troppo tardi, mi avvicino, seppur di poco alla sua figura, abbozzando quello che dovrebbe essere un sorriso.
“ Cosa vuoi dire?” mi domanda agitata, quasi cercando riparo nei suoi quesiti che altro non attendono che me.
Potrei continuare con frasi alternative, cercando di deviare il nodo principale del discorso, ma qualcosa mi dissuade dal farlo. Ho come la sensazione che il tempo di tergiversare sia finito. Sarà questo l’attimo prescelto? Che sia giusto o meno, questo è  il momento riservatoci dal destino. Ed io, volente o dolente devo affrontarlo.
“ L’amore è zero..non importa quanto ci aggiungi, finirai per perdere miseramente.. “ fermo il fluire delle mie parole, un po’ per vergogna, un po’ per desiderio di scrutarla. Osservare la sua reazione, vederla nel vano tentativo di celare le sue emozioni che contrastanti e violente la assaliscono.
La sua espressione indecifrabile mi intima a continuare nel mio cammino.
“Ci credi ancora?” le domando fremendo di conoscere la sua risposta.
Ripenso alle mie parole, risuonano nella mia mente, giungendomi alle orecchie vuote e sciocche. Quella che fino ad un attimo fa mi era parsa la più rosea e romantica delle dichiarazioni, ora sembra essere il frutto di uno scolaretto delle elementari alla sua prima cotta. La vergogna mi invade imporporandomi istantaneamente il volto. Non in grado di far altro mi abbandono al mio giaciglio senza proferir oltre, aspettando un suo movimento.
Ran alza il viso voltandosi verso la mia direzione. Scopre i suoi occhi lucidi di lacrime salate e calde. Esse non sono portatrici di tristezza o turbamento, sembrano quasi annunciatrici di gioia.
“ Come potrei farlo?” mi interroga tra un singhiozzo e l’altro.
Le sue tre parole poste a falso interrogativo valgono per me più di mille. Un sorriso, questa volta sincero e sereno, appare sul mio volto, delineandosi nitidamente e stuzzicando il suo. Un’idea balena nella mia testa dirompente come un fulmine, annebbiandola. Intorpidito dall’audace gesto che mi accingo a fare mi sento impacciato ed inesperto, forse per la prima volta nella mia vita. Abbasso lo sguardo e spingo sulle gambe per alzarmi ed essere, dopo tanto tempo, alla sua stessa altezza. E’ strano poterle essere così vicino. E’ bizzarro non essere costretto a guardarla dal basso verso l’alto. Quante volte, nei panni di Conan, i nostri volti sono stati ad un centimetro dallo sfiorarsi? Tante, troppe.
La sensazione di impotenza che mi pervadeva nell’averla così vicina, nel dover reprimere il desiderio di esserle ancora più vicino mi tormenta tutt’ora.
Animato da tali pensieri trovo il coraggio di dimezzare la distanza rimasta tra i nostri corpi e posare lievemente la mia fronte sulla sua. Il suo profumo mi giunge così forte e dolce allo stesso tempo. Sorrido nel vederla fissa con lo sguardo su di me. La sua mente sembra interrogarsi sulle mie intenzioni, ma non il suo cuore. Posso sentire i suoi battiti tamburellare contro la gabbia toracica, per un attimo ho il timore che possano frantumarla tanto violente e repentine sono le sue pulsazioni. Piego il volto cercando il contatto con le sue labbra fermandomi ad un’infima distanza. Percepisco un brivido trapassarle la schiena, e nel timore di costringerla in qualcosa a lei non gradito mi fermo ad osservarla. I suoi occhi interrogativi e spaesati allo stesso tempo non distolgono lo sguardo dai miei. Mosso da una forza a me sconosciuta mi dedico a quel tocco che tanto nei panni di Conan Edogawa, tanto in quelli di Shinichi Kudo ho desiderato.
Un bacio casto e puro, il suo, il mio, il nostro primo bacio.
 

*****

 
L’audacia animatomi fino a qualche minuto fa sembra essersi dileguata, sarà andata a farsi benedire in qualche località esotica, lasciando me incapace di compiere anche il più elementare dei gesti, parlare.
Ci lanciamo occhiate furtive, studiando uno la reazione dell’altro. Il silenzio che riempie la stanza appare come il più assordante dei suoni al mio udito. Lancio lo sguardo oltre la finestra, rendendomi conto che persino il cielo ha smesso di piangere, bizzarro. Rimugino sulla serata che ormai giunge alla fine, riflettendo solo ora su un particolare, tanto piccolo, quanto importante.
Una domanda sorge spontanea rompendo la tensione del momento.
“ Ran.. ma indosso un pigiama?”
La mia “ amica ” d’infanzia mi fissa con sguardo interrogativo, sembra quasi preoccupata. Che si domandi se la febbre non inizi a farmi delirare?
“ Si Shinichi! indossi un pigiama di mio padre, i tuoi vestiti erano bagnati fradici, cosa c’è di strano?” mi chiede con tranquillità, ignorando la realtà.
Tra l’imbarazzato e lo stizzito le domando “ E chi mi avrebbe spogliato?”
Sono le sue di guance questa volta ad imporporarsi di rosso. Muove convulsamente le braccia da una parte all’altra farfugliando frasi senza senso che non riesco nemmeno a carpire, per poi aprire la porta con violenza e dileguarsi chissà dove.  Rimasto solo, non riesco a far altro: rido.

“Così, di tanto in tanto, devi lasciare svagare la mente, perché torni a te più pronta quando occorre pensare.”

Sorrido, forse Fedro aveva proprio ragione.


Vi sono mancata?
Arrivano i pomodori verso di me!
Questa è una pazza shot concepita in una giornata di pioggia!
Fatemi sapere che ne pensate,
scusatemi se sono lapidaria ma sono veramente troppo stanca.
Alla prossima,
Bacione
  
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