CUT OF CUTLY CUTE
091; Compleanno
02; Rosa Rosa ~ Tenerezza
Se solo tre anni prima gli avessero chiesto di che cosa aveva
paura, Riku avrebbe risposto di niente.
Ne sarebbe stato fiero, a quel tempo.
A diciassette anni, invece, Riku sapeva che esistono dei buoni motivi per temere
certe cose. E sapeva che avere paura è un bene, perché una persona che non teme
niente è anche una persona che non ama niente, e senza amore non esiste nessuna
ragione valida per rischiare la propria vita affrontando la paura.
Ma. Di una cosa aveva paura più di qualsiasi altra, perché davanti
solamente a quella cosa era del tutto impotente, come un cerbiatto con la zampa
chiusa in una tagliola: Sora e Kairi.
Alle loro suppliche, più precisamente.
E all’attacco combinato Occhi da Cuccioli, ancora più precisamente.
Quando erano così meschini da usarlo, la sua unica possibilità di
salvezza era cercare qualcosa con cui bendarsi. O nascondersi. O affogarli, ma
le minacce da sole non funzionavano e trovava eccessivo metterle in atto a scopo
dimostrativo.
Qualunque cosa scegliesse di fare, comunque, era senza speranza, perché loro lo
trovavano, lo disarmavano, e lui cedeva. Cedeva sempre.
Purtroppo sapeva benissimo che avrebbe finito per cedere da lì a breve
anche in quel momento, mentre Sora gli saltava davanti per l’ennesima volta e
ripeteva “Dai, Riku! Sarà divertente!” -gli prese una mano, Kairi svelta gli
prese l’altra, ed eccolo. L’attacco combinato Occhi da Cuccioli. Maledetti.
La tragedia era cominciata con una lettera. Cominciava sempre con una lettera.
Andiamo a passare Halloween ad Halloween Town! Andiamo a passare il Natale a
Christmas Town (ti faccio conoscere Babbo Natale)! Andiamo a passare il nostro
non-compleanno a Wonderland (ancora)!
Riku aveva pensato che ritrovarsi vestito di stracci neri e con gli occhi pesti
di eye-lyner sarebbe stata definitivamente la cosa più imbarazzante della sua
vita…ma non aveva calcolato che il cucciolo di Simba e Nala prima o poi avrebbe
compiuto un anno. E che i genitori felici avrebbero voluto condividere la loro
gioia con Sora. E che Sora –non fosse mai- avrebbe voluto a tutti i costi
condividere la stessa gioia con i suoi migliori amici. Riku aveva cercato di
commentare che non sarebbe rimasta gioia per nessuno, così, ma la scritta in
piccolo che diceva “ps: porta i tuoi amici, vogliamo tanto conoscerli!” l’aveva
incastrato prima che potesse aprire la bocca.
Stupidi leoni.
E comunque da quando un leone poteva scrivere una lettera?!
“Eddai Riku! Ho voglia di rivedere Simba! E anche Pumpa, e Timon! Sono
simpatici! Ti piaceranno, vedrai!”
L’unica risposta ragionevole era la prima che gli venne in mente: “Sono un
maiale e una suricata, Sora.”
“Un facocero.” lo corresse lui, come se questo smontasse la ragionevolezza della
sua rimostranza. Certo, con un maiale magari era difficile parlare, ma con un
facocero! Beh, era tutta un’altra storia!
“Andiamo, Riku!” cominciò Kairi, che fino a quel momento aveva solo fatto
generici faccini d’appoggio. Era parte della loro strategia. Prima Sora lo
rintronava, poi Kairi lo sfiniva. “Voi avete visto così tante cose, e io?!”
Oh, no. Non il sono-sempre-svenuta-o-senza-memoria-o-imprigionata-quando-c’è-da-divertirsi.
“Mi piacerebbe conoscere Simba, e vedere le terre del branco e--”
“Sono rocce.” sbottò esasperato “Rocce.”
“Ti prego, ti prego, ti prego!” - Sora si accorò e cominciarono entrambi a
sbattergli le mani su e giù come bambini isterici. Quando Kairi aveva detto
ovunque andrà uno gli altri lo seguiranno avrebbe dovuto specificare
anche contro la sua volontà, così Riku si sarebbe almeno regolato di
conseguenza. Adesso era tardi, e non poteva più fuggire.
Non poteva vincere.
Si liberò le mani e sovrastò la nenia insopportabile: “Va bene, va bene, va
bene!”
Sora e Kairi smisero all’istante di pregarlo, ma non di fare casino, perché gli
si buttarono letteralmente addosso, facendolo schiantare contro il tronco
dell’albero di Paopu e ricoprendolo di graziegraziegrazie e bacini a stampo
sulle guance. Riku sapeva benissimo che le loro idee non portavano mai a
niente di buono, che se ne sarebbe pentito e che si sarebbe chiesto tanto per
cambiare perché non avesse pensato a stordirli e a buttarli in un fosso, ma che
cosa ci poteva fare, così stavano le cose. Tutti hanno una debolezza.
Loro erano la sua.
Mentre Kairi gli stava aggrappata al collo e continuava involontariamente a
trascinarlo verso il basso, Riku si tolse Sora di dosso, e per quanto fosse
possibile in quel clima di giubilo generale lo guardò minacciosamente: “Tu sei
pronto a giurarmi che non è uno di quei mondi in cui finisci per assumere
un aspetto ridicolo e vergognartene per il resto della vita, non è vero?”
“Certo, certo!” rispose Sora senza pensarci, sfregando la guancia contro il suo
braccio come un gatto.
“Giuramelo.”
“Lo giuro, Riku, lo giuro!” lo liquidò, poi sempre stringendoglisi addosso
cominciò a rivolgersi a Kairi “Ti farò vedere l’oasi! C’è una cascata
bellissima! E poi se vai sulla Rupe dei Re si vede tutta la savana e al tramonto
è una cosa pazzesca!”
“Ma potremo andare su una cosa che si chiama Rupe dei Re? Sembra un posto…riservato.”
Sora sembrò per un attimo sorpreso e poi fece un ghigno superiore, indicandosi
il petto: “Ma cosa dici, tu sei con me!”
Riku cercò di estraniarsi mentre lentamente la presa del loro potere cedeva e
lui, come qualcuno che era stato ipnotizzato, si chiedeva perché ancora una
volta avesse fatto una cosa così stupida.
Sarebbe stato un completo disastro, lo sapeva fin dall’inizio, e ne fu certo
senza nessun’attenuante quando vide che Sora stava ancora tenendo le dita
incrociate dietro alla schiena.
*
Non poteva dirglielo perché sicuramente lui si sarebbe sentito
ingiustamente accusato ed avrebbe cominciato a piagnucolare fino a farsi
chiedere scusa, ma il fatto che in quel momento due cuccioli di leone con
il taglio di capelli di Sora e Kairi avessero ancorato i denti nei suoi
pantaloni per tentare di tirarlo giù dalla Gummiship -beh- gli faceva pensare
che Sora avesse mentito.
Con qualche scossone riuscì a far rotolare Kairi giù dalla scala di metallo, e
tra i lamenti la sentì urlare “Sei cattivo, Riku!” solo quando fu col sedere a
terra e tutti i capelli scompigliati davanti al…muso.
Sora invece gli si era artigliato al polpaccio per non essere sbalzato via, e
tirava i suoi jeans con tutte le forze che aveva, bofonchiando tra i denti hai
promesso! -cosa che non aveva assolutamente fatto- mentre Riku rispondeva tu hai
giurato! –cosa che invece lui aveva fatto.
Strinse i denti e si aggrappò più forte all’entrata della Gummiship, temendo che
un solo passo in avanti avrebbe potuto farlo sprofondare nella Vergogna -e
mentre lui cominciava ad essere sinceramente stanco e stufo si faceva sempre più
concreta l’ipotesi che quello squilibrato di Sora sarebbe andato avanti così
tutto il sacrosanto giorno, perdendosi il compleanno del figlio di Simba o
qualsiasi altra cosa per cui l’aveva trascinato lì, pur di riuscire nell’intento
di umiliarlo. La forma felina invece di privarlo delle sue energie sembrava
concedergliele ulteriori – e sarebbe morto prima di dirglielo, ma diavolo!,
quelle unghie facevano malissimo!
“Ho detto che non voglio!” disse con uno strillo isterico da moccioso tale che
Kairi, a metà delle scale, si fermò egli fece il verso, poi ricominciò a
sbattere la testa nel tentativo di sistemarsi i capelli che le stavano ancora
tutti appiccicati al naso umido e la facevano starnutire.
Finalmente Sora si staccò dalla sua gamba, ma portandosi dietro un pezzo dei
suoi jeans. Cominciò a rotolare giù dalle scale e investì Kairi, che era appena
riuscita ad arrivare a metà strada tra starnuti, momenti di cecità –sempre per
via dei capelli- e conflitti logistici con le quattro zampe.
Riku si chinò a controllare il danno ai pantaloni e in quel momento sentì Donald
sfrecciare sopra la sua testa e urlare con un salto “Si vola!”
Un attimo dopo i suoi vestiti erano davanti ai piedi di Riku, e lui svolazzava
in aria comportandosi come se tutti lo stessero guardando e stessero ammirando
le sue ali.
“Donald è così abituato a camminare che si dimentica che potrebbe volare tutti i
giorni…” commentò affabilmente Goofy. La sua andatura flemmatica rimase la tessa
quando attraversò la soglia e divenne una grossa tartaruga.
Quello sembrava il momento buono per scappare. Decisamente. Poteva dare un
calcio a Goofy, farlo rotolare giù, rallentare così l’avanzata degli altri due
dannati e—
“Riku, abbiamo deciso che ti odiamo!” gli fece presente Sora arrabbiato, poi si
sedette e si grattò con una zampa dietro le orecchie.
Oh, mio Dio.
“Chiedilo a Kairi!” lo provocò, e si girò verso Kairi per ottenere supporto. Lei
rimase per un po’ in silenzio e poi ricambiò risentita lo sguardo “Veramente io
non lo odio affatto…”
Sora fece un verso arrabbiato e poi disse, guardandolo severamente –era
addirittura impressionante vedere i suoi occhi incastonati nel faccino di quella
specie di peluche animato, e per dirla tutta faceva anche un po’ senso: “E va
bene! Stai lì dentro e friggiti dal caldo!”
“In realtà c’è l’aria condizionata, Sora” fece presente Goofy, del tutto
estraneo all’idea che forse Sora stesse cercando di scoraggiarlo; era arrivato
quasi in fondo alla scalinata e Riku constatò che quel posto sfidava le più ovvie
leggi della natura, una tartaruga di quelle dimensioni non era così veloce.
Sora sbuffò e scosse la testa “Allora fai come vuoi! Andiamocene, Kairi!” e si
girò di scatto, con un movimento che doveva probabilmente sembrare nobile. Kairi
gli resse il gioco e lanciò a Riku un’occhiata di sufficienza, prima di girarsi
allo stesso modo. Scendo le scale i loro sederini rotondi e pelosi sembravano
dune di sappia, e le code restavano dritte dritte come a sfidarlo.
Riku non sapeva bene se ridere o che cosa.
Mentre li guardava andarsene per un attimo pensò di urlare “Ehy, ma mi lasciate
qui?!”, ma capì subito che sarebbe stato un controsenso. Aveva di continuo
questi controsensi. Capitava di continuo che volesse essere lasciato solo, ma
che quando ci riusciva non aspettasse altro che di vederli ritornare, di avere
ancora una volta la prova che loro erano lì, erano reali, e che soprattutto
erano dalla sua parte.
Loro lo erano, lo sapeva, ed era per questo che Riku ogni volta giurava a se
stesso che sarebbe sempre stato dalla loro, anche se non fosse stato d’accordo
con le loro scelte. Non avrebbe commesso lo stesso sbaglio una terza volta.
…ok, comunque, non con questo stare dalla loro parte significava andare in giro
a quattro zampe. No.
Ci sono cose che semplicemente non si possono fare, nemmeno per i tuoi amici.
Un conto è essere pronto a crocifiggerti in qualunque momento per il loro bene,
essere disposto a sacrificare la tua vita in favore della loro, un altro è
pisciare con la gamba alzata.
Non esiste. Punto.
Kairi d’un tratto si fermò. Si erano messi in fila indiana, e per fermare anche
Sora lei gli afferrò la coda tra i denti e rise quando lui gridò spaventato e si
girò di scatto, a zanne (zanne…denti, ecco) e unghie sfoderate, pronto ad
affrontare un nemico.
Kairi alzò la testa e guardò verso Donald, che stava ancora volando in cerchio
lì attorno come un avvoltoio.
“Donald? Senti, ma come funziona?”
“Che cosa?” domandò Sora, che si stava leccando la coda.
“Questa cosa dell’aspetto. Come fanno alcuni mondi a far cambiare le persone?”
“Il solo pensiero di rispondere mi fa sudare…” fu tutto quello che disse Donald,
planando fino ad appollaiarsi sul corrimano della scala metallica.
“Che ti importa, è così e basta.” fu la pronta risposta di Sora. Non poteva
scrollare le spalle, ma sembrava proprio che lo stesse facendo.
“E’ perché gli ospiti devono piegarsi alle leggi del mondo che visitano” disse
allora Goofy, dopo averci pensato un po’. “Ciascun mondo ha un ordine di cose, e
portare le proprie leggi in un mondo che ne ha di diverse significa romperne
l’equilibrio.”
“Quindi sarebbe pericoloso?” domandò Kairi piegando la testa. Il suo pelo era
rossiccio, quasi rosa, e quando muoveva la coda sembrava più un cagnolino che
non un leone.
“Gaush, non saprei…”
“Il problema non esiste, nessuno è abbastanza forte da sfidare le regole di un
mondo!” commentò Donald, sprezzante.
Sfidare. Questa parola fece inavvertitamente ravvivare l’interesse di Riku,
proprio mentre stava pensando di tornare nella Gummiship e dormire finché anche
quella follia non si sarebbe conclusa.
“Sarebbe come imporre la tua volontà contro quella di un mondo intero!” disse
saggiamente Sora, ma con un tono quasi ammaliato, come se fosse stato disposto a
donare eterna ammirazione a chi ci fosse riuscito.
Questo particolare non era sfuggito a Riku, e non sfuggì nemmeno a Kairi, che si
voltò velocemente verso di lui. “Allora questo vuol dire che forse Riku potrebbe
venire con noi mantenendo il proprio corpo!”
Riku stava per rispondere che la cosa non gli interessava affatto, quando Donald
contestò: “E’ assurdo! Non durerebbe due minuti, nessuno ha una forza di volontà
così grande!”
Un “ehy” di rimprovero gli uscì involontariamente dalle labbra, ma non disse
altro. Sora lo guardò per un attimo -i suoi soliti occhi che facevano
impressione, enormi com’erano sul musetto da cucciolo- poi sbuffò e si girò,
come deluso: “Andiamo Kairi, lascia perdere. Nemmeno Riku può fare una cosa del
genere.”
“Ehy, aspetta a parlare, che cos’è che non posso fare, io?”
“Niente, niente.” rispose Sora senza guardarlo, ricominciando ad avviarsi.
“Goofy” chiese in fretta, mentre si sentiva tirato sulle labbra un sorriso a
metà tra il baldanzoso e l’isterico “Davvero esiste la possibilità che qualcuno
possa opporsi alle leggi di un mondo?”
Goofy scavezzò un po’ il collo fuori dal suo grande guscio e disse, non molto
sicuro “Ayuch, non saprei….credo che siano successe cose molto più improbabili
di questa…”
“Ansem…l’Heartless di Xehanort, in fondo, si è opposto alle leggi dell’intero
universo, non è vero?” domandò Kairi: Goofy annuì, mentre Donald starnazzò
qualcosa che suonava tipo “Bell’esempio a cui mirare”.
“Lasciate stare, sarebbe troppo faticoso” si mise in mezzo Sora, con aria
stanca, e poi lo guardò quasi amorevolmente “Non voglio che Riku si affatichi o
si faccia male solo per stare con noi.”
Lui fece una specie di breve risata e Kairi lo guardò tristemente.
“Giusto, hai ragione. Allora aspettaci qui, Riku, cerchiamo di tornare presto,
va bene?”
“Saluteremo un attimo Simba e torneremo da te…” aggiunse Sora sconfortato,
lasciandogli intendere che stava rovinando la giornata a tutti ma che loro lo
accettavano perché gli volevano tanto tanto bene.
Oh, merda. COME-POTEVANO? No, davvero, come riuscivano a fargli quello anche in
versione gatti giganti?!
“Ce la posso fare.” dichiarò, sperando di riuscire a farla passare per cosa
certa come l’aveva pensata, anche se in realtà aveva il terrore di fare un
passo, ritrovarsi anche lui gatto gigante e venir parodiato per questo da lì al
giorno della sua morte.
Kairi e Sora fecero ancora un po’ di storie e finte moine per convincerlo a
lasciar perdere, ma dopo aver raccolto tutte le forze e tutta la concentrazione
possibile Riku si decise. Chiuse gli occhi, e attraversò la soglia della
Gummiship.
Nessuno disse niente.
Fece un altro passo e riaprì gli occhi, per ridarsi un’immagine di assoluta
sicurezza, ma trasse un sospiro di sollievo quando vide che era ancora normale.
Cercò di muoversi ancora, ma il suo corpo era incredibilmente pesante.
Pesantissimo, come se si fosse legato la Gummiship ricolma d’acqua al collo e se
la stessa trascinando dietro.
“Riku…” disse preoccupato Sora, cosa che lo incentivò a raggiungerlo per dargli
un calcio sul muso.
Si aggrappò al corrimano e lo usò per trascinarsi avanti. Aveva cominciato a
sudare e istantaneamente i capelli gli si erano appiccicati al collo e alla
fronte.
Si accorse di aver assunto la postura di una persona a cui le cose non stavano
andando esattamente lisce come l’olio, così si sforzò oltremodo per slanciarsi
–l’atmosfera sembrava cercare di schiacciarlo a terra- e sotto gli occhi di
tutti disse come se fosse tutto normale: “Certo che fa caldo, eh?”
“Si muta la propria forma anche per adeguarsi alla zona…” spiegò Donald, mentre
lo guardava incredulo “per morfologia e ambiente, Pride Land è molto più adatta
ad un leone che non ad un essere umano, ecco perché…”
Riku lo interruppe: “Oh, taci. Che mi frega della morfologia, non ho intenzione
di scalare una rupe.”
“In realtà…” si fece avanti Sora “…è proprio su una rupe che stiamo andando.”
Riku si sforzò di sorridere, ma persino quello era doloroso: “Ah, sì?”
Sora annuì ed indicò con la testa, sorridente: “E’ quella lì!”
Riku si girò e vide la Rupe dei Re, che sembrava bucare il cielo. Il suo sorriso
divenne ancora più doloroso. Faceva ancora in tempo ad andare a dormire, faceva
ancora in tempo, faceva ancora in tempo…
Non fece più in tempo quando Kairi gli si avvicinò e si strusciò dolcemente
contro il suo polpaccio, passandogli tra le gambe come un micio che fa le fusa.
“Sei sicuro di stare bene, Riku?” gli domandò dolcemente. Sora lo raggiunse e
gli strofinò la testolina contro la caviglia, avvolgendogli l’altra gamba con la
coda. “Puoi stare qui, se vuoi.”
E dire che Riku aveva saputo fin dal primo momento che lo stavano fregando. Che
probabilmente si erano preparati la scenetta, e che non per niente lo
conoscevano da una vita: sapevano come funzionava e sapevano benissimo quali
tasti premere per farlo reagire in determinati modi. Lo sapeva, e avrebbe potuto
evitarlo, ma loro sapevano una cosa ancora meglio di tutte le altre, ed era
l’unica essenziale: lui con loro era debole.
Si era lasciato fregare consapevolmente, un’altra volta, e tutto quello che
poteva fare era pregare affinché le giornate su Pride Land fossero brevi.
*
“Qui il sole tramonta tardissimo, quando da noi è già notte fonda, sai Riku?”
La sua risposta fu un mezzo ghigno sull’orlo della follia: “Non lo mettevo in
dubbio, Sora.”
Sora gli zampettò davanti alla faccia, saltellando e agitando la coda come se
avesse voluto tentarlo con la sua salute.
Riku era rintanato nella caverna da quando erano arrivati, ma sembrava molto,
molto più tempo. Donald passava ogni tanto a schiaffargli una foglia bagnata in
faccia, che caldo e sudato com’era riusciva addirittura ad essere…magari non
piacevole, ma non completamente insopportabile -e se anche le fosse stata non
sarebbe importato, visto che la gravità schiacciava a terra le sue braccia con
una tale forza che era sicuro di aver scavato una conca con la forma del suo
corpo nella pietra. Gli sembrava di avere la febbre. Controllava metodicamente
il respiro, concentrandosi su ogni battito del suo cuore, sapendo che se avesse
perso la presa solo per un attimo sarebbe stata la fine. Aveva quasi visto il
fondo del baratro quando uno stupido babbuino con la faccia pitturata era andato
a sventolargli sulla testa un bastone con attaccati sopra due cosi rumorosi che
avevano rischiato di farlo uscire di senno e spingerlo a commettere il primo scimmiacidio della sua onorata carriera di psicopatico a tempo perso.
“Riku, pensi che ne valga proprio la pena?” domandò Sora, spostandogli la
frangia dalla fronte appiccicosa con la coda. Riku si scostò bruscamente e
rispose ansimando: “Sì” -non aveva le facoltà di rispondere niente di più arguto
o articolato. La cruda realtà era che stava da schifo e che i suoi amici erano
preoccupati.
“Dov’è Kairi?” domandò per distogliere l’attenzione da lui –come se fosse stato
possibile: era l’unica cosa che camminava su due zampe a Pride Land, a parte la
scimmia (se solo fosse riuscito a camminare, certo). Quando erano arrivati le
bestie varie si erano aperte attorno a lui come attorno ad un portatore di
malattie contagiose.
“E’ andata in escursione con le leonesse. Spero che riesca a tenere il loro
ritmo…”
“Esagitata” una pausa per riprendere fiato “com’è oggi, saranno le leonesse a
dover tenere il suo.”
“Sì, si sta divertendo molto…lei.”
“Anche io mi sto divertendo.”
Sora aggrottò arrabbiato le sopracciglia. Riku era ancora molto lontano dal
trovarlo carino, ma perlomeno si stava abituando abbastanza da non trovarlo più
ripugnante e vagamente inquietante come in un primo momento.
“Non capisco perché fai tutte queste storie. E’ solo una trasformazione!”
“E’ ridicola.”
“Oh, Riku, sei andato in giro con un gonnellino bianco e un grosso cuore sul
petto!”
Con uno sforzo immane Riku riuscì a darsi lo slancio e a cercare di afferrarlo
per stritolargli la testa in una mano, ma Sora lo saltò agilmente e rise, poi si
mise in posizione da battaglia, pronto allo scatto: “Non sei nelle condizioni di
sfidarmi, Ri-ku!”
Anche se non gli diede ragione, il tonfo con cui si lasciò ricadere sul cuscino
di foglie che gli avevano fatto parlò per lui. Gli prudeva la testa, doveva
avere i capelli pieni di terra. O di qualche insetto. Odiava Pride Land, la
odiava.
Chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi ancora più profondamente sul proprio
corpo. Il suo respiro, il battito del suo cuore, la saliva nella gola quando
ingoiava. Visualizzava i muscoli, le ossa, la rete dei nervi. Se non lo
dimenticava, se non abbassava la guardia, non poteva perderlo.
Poi sentì una cosa lunghissima e umida strascicarsi sulla sua faccia. Nemmeno il
tempo di realizzare che si trattava della lingua di Sora, che con tutte le sue
forze gli aveva dato una manata che lo aveva sbalzato via. Invece di arrabbiarsi
Sora sghignazzò, tornò da lui e lo leccò di nuovo. Questa volta Riku non ebbe la
forza di respingerlo e poté solamente biascicare un “che schifo” che suonava
come uno scongiuro.
“Come sarebbe a dire?!” Sora gli salì sul petto con le zampe davanti, poi gli
saltò sopra. Bene, se avesse dovuto scrivere su un foglio qual era l’ultima cosa
di cui aveva bisogno in quel momento, quella cosa sarebbe stata un cucciolo di
leone sullo stomaco. Sora realizzò e saltò giù, ma non demorse e si sdraiò al
suo fianco. Rimase fermo per un po’, e quando ricominciò a muoversi fu solo per
spingere la testa sotto la sua mano. Senza pensarci Riku lo assecondò e cominciò
a grattargliela, poi ad accarezzargli la schiena, e dopo un po’ lo sentì
borbottare e vibrare sotto il suo palmo.
Rise: “Oddio Sora, non mi dire che stai facendo le fusa.”
Sora fece una specie di sorriso compiaciuto e si leccò i baffi, prima di
rotolare su se stesso ed esporgli la pancia, scodinzolando con tutte e quattro
le zampe in alto. Qualcuno glielo doveva spiegare che era un leone e non un
cane? Riku rise di nuovo e ricominciò a grattarlo energicamente. Prima il pelo
soffice sotto il collo, dove sentiva la gola vibrare, poi dove il pelo si
diradava e cominciava a vedersi la pelle rosa.
“Sora, sei consapevole di stare dando mostra della parte migliore di te?”
“Impossibile, ci sono sdraiato sul sedere” gongolò lui, tirando su un attimo la
testa per dargli una veloce leccata al braccio e tornare poi a gorgogliare
tranquillo nel suo brodino di piacere. Riku non poté che continuare a ridere e
fece lo sforzo di avvolgerselo vicino con un braccio, come avrebbe fatto con un
gatto, e ricominciò a grattarlo e accarezzarlo con l’altra mano. Dai borbottii e
i miagolii Sora passò presto ad agitare freneticamente una zampa anteriore. Riku
si fermò all’improvviso, guadagnandosi un’occhiata infelice, e disse: “Tutto
questo è assurdo, non so se te ne rendi conto.”
“Mmmh” fu la sua unica risposta, mentre muoveva la pancia come se lui non
riuscisse a vederla.
“No, Sora, sul serio, stavi muovendo la zampa. Vuoi anche farti la pipì
addosso?”
Lui ridacchiò: “Solo se sarai davvero bravo.”
Riku sospirò e se lo strinse più vicino, anche se nel movimento Sora si ribaltò
su un fianco e starnutì, dopo aver picchiato il muso contro il suo fianco. Si
sfregò gli occhi con il dorso di una zampa e poi sbatté la testa.
“Mi gratti dietro le orecchie?”
Lui non aveva la forza nemmeno per ridere ancora, così si limitò a dargli quello
che voleva e Sora ricominciò a fare le fusa.
“Ehy, che cosa stai facendo brutto traditore?!” la voce di Kairi, che corse
subito da loro. Sora rispose sfacciatamente “Riku mi fa le coccole” senza
nascondere nemmeno un briciolo della soddisfazione che questo gli dava.
“Non è giusto, anch’io!”
Riku fece un sospiro rassegnato e batté la terra sul fianco non occupato da
Sora. Kairi ci corse subito e si sdraiò appoggiandogli il musino sul petto.
“Sei una ladra di coccole” la accusò Sora, ma lei gli restituì solo una
linguaccia. Come un leone potesse fare la linguaccia era un mistero che Riku non
era abbastanza lucido per risolvere, anche se in qualche modo cominciava a
sentirsi meglio. Più leggero.
Era piacevole, in fin dei conti. Strano, ma piacevole. Non capitava spesso che
Kairi e Sora fossero così mansueti, e soprattutto così silenziosi. Poteva
sentirli respirare sotto le mani, e la loro pelliccia corta corta da cuccioli
dava una bella sensazione tra le dita. Adesso che il suo corpo cominciava a
raffreddarsi iniziava anche a godere un po’ del loro calore.
…poi, l’illuminazione.
“State cercando di deconcentrarmi per farmi diventare come voi, maledette
bestiacce!”
Entrambi si misero a ridere e Sora domandò: “Stava funzionando?”
In risposta Riku lo cacciò via con una manata, facendolo rotolare fin contro la
parete della roccia, e Kairi scappò prima di poter fare la stessa fine. Stavano
ancora ridendo, quei disgraziati. E lo avevano riempito di peli!
Sora si rimise in piedi e si grattò, mentre Kairi gli leccava il pelo per
pulirgli il muso dalla terra. Va bene, era una cosa da leoni, ma che-schifo.
“Visto che con questo non c’è verso andiamo solo noi due all’oasi, Kairi.”
Entrambi gli dissero in coro “Ci vediamo più tardi, Riku!” e guizzarono fuori
dalla caverna. Meglio così. Il suo corpo diventava sempre più leggero, sempre
meno affaticato.
Riku sapeva di avere solo il tempo per trovare un nascondiglio.
*
Si era nascosto dietro ad un cespuglio e aveva cominciato a scavare un buco con
la precisa idea di seppellircisi dentro, far perdere le tracce di se e poi, in
qualche modo, riuscire ad evadere da quell’inferno. Non poteva usare la
Gummiship, visto che se la sarebbero portata via gli altri dopo averlo cercato
senza successo per una dodicina di ore, quindi l’unica alternativa ragionevole
era fare qualcosa di davvero malvagio, come…buttare giù il figlio di Simba dalla
Rupe dei Re (avrebbe dovuto farsi indicare chi era, però, non ne aveva idea e
non era così malvagio da buttare giù tutti i cuccioli fino a trovare quello
giusto) per dare una scrollata all’oscurità che improvvisamente sperava fosse
rimasta nel suo cuore, allora avrebbe assunto le sembianze di Ansem e sarebbe
scappato aprendo un corridoio.
Decisamente, non c’era alternativa. Era per una buona causa. L’abbronzatura
poteva sopportarla, quello no.
Dopo solo poche grattate al suolo, però, aveva sentito quanto era fresca la
terra sotto la superficie, e ci aveva ficcato dentro la testa. Dopo un po’ aveva
anche più o meno capito come respirare senza farsi andare di tutto nel naso.
Era esausto.
Anche se aveva recuperato le forze gli restava addosso una sensazione di
spossatezza tremenda, e una volta elaborato il suo piano perfetto il cervello
aveva smetto di lasciar passare qualsiasi altra soluzione, scongiurandolo
solamente di dormire.
Stava chiudendo gli occhi, quando sentì dei passi avvicinarsi e drizzò le
orecchie e la coda (santo cielo).
Si concentrò e capì che i passi erano più distanti di quello che gli era
sembrato in un primo momento. Almeno un risvolto positivo c’era: poteva sentire
una foglia cadere a venti metri di distanza. C’era anche un altro risvolto, che
non sapeva se fosse positivo o negativo: sentiva benissimo gli odori, e in quel
momento sentiva perfettamente quelli di Sora e Kairi –ancora più forti quando
una folata di vento li trascinava da lui.
Perché quei due erano sempre insieme, perché? Se ci fosse stato solamente Sora
sarebbe stato molto probabile che passasse, lo vedesse e pensasse “un cucciolo
di leone bianco con il taglio di capelli di Riku…forte!” e se ne andasse, ma
Kairi? Non era così tonta, si sarebbe sicuramente avvicinata, e allora lui
avrebbe dovuto per forza ucciderla.
Tirò fuori il muso dalla terra e si guardò intorno alla svelta per cercare una
via di fuga, ma doveva continuare a sbattere la testa perché la frangia gli
piombava davanti agli occhi e gli impediva di vedere qualsiasi cosa che non
fossero striscioline di verde e marrone. Il loro odore si faceva sempre più
vicino, e quando sentì di essere in trappola si ficcò di nuovo nella terra e si
coprì il muso con le zampe, nella ridicola speranza che se non avesse visto
loro, loro non avrebbero visto lui.
“…Riku?” domandò incredula la voce di Kairi. Sentì Sora farsi avanti: “Riku…sei
davvero tu?”
Riku non diede segni di vita per un po’, poi borbottò: “Sì, sono io. Se vuoi
piangere questa volta avvertimi prima, non posso sopportare ulteriore
imbarazzo…”
Un attimo dopo Sora gli si era buttato addosso con un grido di battaglia e si
erano ritrovati a rotolare e lottare finché Sora non l’aveva immobilizzato
(aveva un’attenuante: era più abituato a quella forma di lui), l’aveva guardato
intensamente, e poi era esploso in una risata fragorosa e sfacciata. Kairi
sembrò non aver aspettato altro perché lo seguì subito, senza esitazione.
Riku si tolse Sora di dosso e si infilò di nuovo nel suo buco di terra,
umiliato, mentre quelli che sarebbero dovuti essere i suoi migliori amici lo
deridevano a pancia all’aria come iene.
“Riku” disse dopo un po’ Kairi, schiarendosi la voce “non credi di…” una pausa,
per trattenere la risata “essere un po’ troppo bianco per questo posto?”
“Perché il colore l’ho scelto io” bofonchiò.
“Se non ti senti a tuo agio puoi andare al cimitero degli elefanti. E’ un
po’…l’Oscurità di Pride Land.”
Scoppiarono di nuovo a ridere e Riku si limitò a ringhiare, rimpiangendo di
essere stato il primo a tirare fuori vecchie storie imbarazzanti. Era ovvio che
quel maledetto si sarebbe rifatto.
“Andate via” ordinò offeso, ma la già poca gravosità della situazione venne
ulteriormente compromessa dalla necessità di grattarsi un orecchio.
“Dai Riku, scusaci, è che…” Kairi rise un ultima volta, poi scosse la testa per
far vedere se si era ripresa “E’ che sei così carino!” detto questo la sentì che
lo afferrava coi denti per la collottola e cercava di tirarlo fuori come una
mamma gatta coi piccoli. In forza poteva batterla, ma in quel momento non era
sicuro di averne l’energia, così la lasciò fare e si trovò nuovamente esposto
alla luce del sole. Sbatté di nuovo la testa per mandare via la frangia, e lei
capì: “E’ fastidiosa, vero? Sei tutto sporco, vieni qui” e lo leccò in faccia
come l’aveva vista fare con Sora. Lui cercò di ritrarsi e lei rise, dandogli una
zampata e riavvicinandosi: “Dai, non fare lo stupido!”
Sora si avvicinò e lo scrutò attentamente. “Woah!” sembrava sinceramente
impressionato “Pensavo che saresti stato più grosso!”
“Ho la vostra età, idiota.”
“Hai un anno in più!” – e lo disse come se questo avrebbe dovuto giustificare
una lacuna tra i loro fisici. Poi lo raggiunse e gli si aggrappò giocoso alla
schiena, cercando senza risultato di farlo ribaltare. Kairi sogghignò e smise
per un attimo di leccarlo: “E’ che quando si tratta del tuo corpo Sora ha
percezioni del tutto arbitrarie, Riku.”
Sora fece una smorfia e soffiò come un gatto “Oooh, stai zitta!” cercò di
raggiungerla con una zampata, ma lei si riparò e ridacchiando ricominciò a
leccargli amorevolmente il muso.
Riku si accucciò mestamente, e dovette ammettere a se stesso che in effetti era
un trattamento molto piacevole. Lo sarebbe stato ancora di più se quel cretino
di Sora non si fosse ostinato a conficcargli le unghie nella spina dorsale
mentre con l’altra zampa cercava di afferrargli la coda. Riku si scrollò e
riuscì a buttarlo giù, cosa che diede via libera a Kairi per passare a leccargli
il pelo della schiena.
Sora si sdraiò davanti a lui, a pancia in sopra, con la testa esattamente sotto
la sua.
“Allora adesso vieni con noi?” domandò entusiasta, agitando le zampe come se
stesse facendo la bicicletta “Simba, Pumba e Timon muoiono dalla voglia di
conoscerti! E anche Nala!”
“Pensa, anche Nala!” rispose lui simulando lo stesso entusiasmo. Chi era Nala?
Ah, sì, la moglie di Simba. Moglie…i leoni si sposavano secondo rito civile, a
Pride Land? Invece di arrabbiarsi Sora rise e con uno slancio riuscì a
raggiungergli il naso e leccarglielo di sfuggita. Riku ci passò sopra la zampa e
appoggiò la testa accanto alla sua, in un tacito invito.
Visto che stava attraversando quella situazione assurda solo ed esclusivamente
per loro, tanto valeva stare fermo e lasciarsi adorare un po’.
“Ah! Ah! E devi vedere il disegno di Rafiki sulla Rupe dei Re! Ci sono anch’io!”
“Veramente si vede appena che è Sora, potrebbe essere chiunque” lo punzecchiò
Kairi.
“Non è vero, si vedono benissimo i miei capelli!” e poi, come se avesse saputo
esattamente dove andare a colpire, gli strinse in bocca senza fargli male la
parte tenera di pelle dietro alle orecchie e cominciò a grattare e succhiare.
Oh, questo sì che andava bene. Si lasciò sfuggire un gemito rilassato e Sora
sghignazzò: “E’ piacevole, vero?”
Lui annuì e Kairi andò a leccargli il muso un’ultima volta prima di sfregare il
naso contro il suo.
“Ti informo ufficialmente che da questo momento ti voglio ancora più bene di
prima. Finalmente hai convinto Sora a fermarsi. Non ha fatto altro che farmi
correre da quando siamo arrivati, sono esausta.”
Sora ridacchiò maligno: “Kairi è una femminuccia.”
“Fino a prova contraria…” constatò Riku.
“Io non ho la resistenza di voi ragazzi, cerca di trattarmi con un po’ più di
riguardo! Lo sai che prima mi ha dato una zampata e mi ha cappottata in un
cespuglio spinoso?!”
“Volevo solo giocare!” si difese lui, poi sussultò “A proposito!”
“Che cosa?”
Sora si staccò dal suo orecchio –con suo sommo disappunto- e disse velocemente
“Ti sfido a chi arriva prima alla Rupe!” e ancora prima di terminare la frase
aveva cominciato a correre. Riku scattò sulle quattro zampe e gridando “scusa
Kairi, è una questione di principio!” e gli schizzò dietro. Sentì Kairi urlare
che erano odiosi, e poi i suoi passi veloci farsi sempre più vicini.
Il sole stava tramontando su Pride Land, e per quante zampe servissero per
viverci doveva ammettere che era uno spettacolo bellissimo.
*
Riku si buttò sul letto della Gummiship con l’intenzione di restarci fino a
quando il suo corpo non avesse scavato una conca fino a farlo sbattere contro il
pavimento sottostante.
Si buttò un braccio sugli occhi, finalmente libero di spostarsi la frangia con
le dita, e trasse un sospiro di sollievo. Ora: non si era mai ritenuto una
persona particolarmente delicata, ma una ventina di leoni affamati che
spolpavano gazzelle, mentre la mangusta e il maiale ciucciavano insetti e li
rendevano partecipi ad alta voce della degustazione…beh, non era la sua idea di
qualcosa di piacevole a cui assistere. Aveva ancora lo stomaco ribaltato, e
impressi nella mente i musi altrettanto ribaltati di Sora e Kairi.
Pensando i loro nomi, come se li avesse evocati, nel giro di un attimo –tra
gridolini non meglio definiti- gli si buttarono entrambi addosso con l’impatto
di due sassi nell’acqua. Il letto fece un orribile rumore, ma per fortuna non
cedette.
“Grazie Riku, grazie grazie grazie!” cominciò Kairi, strofinandogli il viso
contro il collo mentre lo abbracciava con forza. Sora annuiva con vigore e gli
sbaciucchiava la guancia, aggrappandoglisi addosso come se la fase di
transizione leone/ragazzo per lui fosse ancora in atto. Quando anche Kairi
cominciò a riempirlo di bacini si diedero moralmente il cambio e Sora cominciò:
“Grazie, sei il migliore di tutti!”
Riku sospirò e li strinse ciascuno con un braccio, accarezzando loro o le spalle
o la testa –a seconda di quello che riusciva a raggiungere, mentre si muovevano
come ossessi per manifestare la loro gratitudine in ogni centimetro di pelle
scoperta del suo corpo: “Lo so perfettamente.”
Sora rise e lo accusò: “Ti sei divertito.”
Lui non fece tempo a rispondere che Kairi tradusse la sua espressione scocciata
e lo incalzò: “Dai, ammettilo, è stato divertente!”
Riku scosse incurante la testa e poi disse: “Non è stato così terribile--” loro
cominciarono a festeggiare la vittoria prima ancora che finisse “—ma divertente
mi sembra quantomeno azzardato.” Aggrottò la fronte e aggiunse “Però non ti
offendere Sora, so che Simba è tuo amico, ma sua figlia è insopportabile.”
Kairi si mise una mano davanti alla bocca, sorpresa, e sorrise colpevole: “Oddio
meno male che l’hai detto, non avevo il coraggio di farlo per prima!”
“Ehy!” protestò Sora, ma era destinato alla sopraffazione.
Era bello vedere che il potere che avevano in due contro uno non era una cosa a
cui solo lui doveva soccombere.
“Dai, era odiosa.”
“A me sembrava un po’ viziata…”
“Maddai, era carina …saresti viziata anche tu, Kairi, se fossi la figlia di un
Re. Anzi! In realtà tu sei un po’ viziata!”
Lei rise, sorpresa, e alzò la testa per guardarlo: “Che cosa? Sei tu quello
viziato, Sora!”
Riku sbuffò, si prese le loro teste e se le appoggiò con forza contro il petto:
“Siete viziati tutti e due, adesso fatemi dormire prima che dica a Donald di
fermarsi su Atlantide e che vi abbandoni in mare.”
“Mi piacerebbe rivedere Ariel, una volta o--”
“NO.” fu la sua risposta categorica, prima di schiacciarselo più forte contro il
petto per farlo stare zitto. Sora si tirò indietro e si grattò il naso con il
dorso della mano, come se avesse avuto ancora le zampe.
“Non svegliatemi finché non arriviamo, sono distrutta.” disse Kairi
strofinandosi gli occhi, assonnata. Allungò una mano sul suo petto, per cercare
quella di Sora, e lui gliela prese. Rimasero in silenzio per un po’, poi lei
borbottò: “Non è vero che sono viziata.”
“Vi uccido.” li informò, con gli occhi già chiusi.
“E’ lei che ha parlato…” si lamentò Sora, ma il suo tono di voce si smorzò
parola per parola, fino a diventare un leggero sussurro. Accavallò una gamba
alla sua e finalmente tacquero.
Riku rimase sveglio ancora per un po’, cercando di capire se potesse davvero
sopirsi senza paura che un attimo dopo loro avrebbero ricominciato a fare
casino.
Stavano già dormendo.
Li baciò delicatamente sulle teste per non svegliarli, poi sprofondò nel
cuscino, finalmente rilassato. I loro corpi erano caldi contro il suo, e i loro
respiri regolari e profondi sembravano dettare al suo cuore il ritmo a cui
battere.
Erano quelli, lo sapeva bene, i momenti in cui decideva che volta dopo volta
avrebbe continuato a cedere, e in cui capiva che non valeva la pena di
combattere, perché in realtà non gli importava affatto di vincere contro di
loro.
Tutti hanno una debolezza. Sora e Kairi erano la sua.
***
Note incoerenti dell’autrice
Oddio, perdonate quest’esplosione di puccioseria che colpisce agli occhi come
una bomba di sabbia e schegge di vetro XDD ne avevo BISOGNO XD Era un sacco che
volevo fare una storia coi tre versione leoncini <3
Ringrazio Selina X* per averla battezzata <3 e perché l’ha letta tipo di dieci
righe in dieci righe (come quasi tutto il resto, d’altra parte).