Per una ragazza
Un giorno come un altro a
Thneedville, finalmente città
circondata dalla natura, alberi con chiome morbide al tatto e orsetti
che
mangiano marshmallow con pesciolini canterini in giro a rallegrare le
persone
una volta imprigionate in una città finta ed irrespirabile.
Once-ler si era finalmente
perdonato e grazie all’aiuto del
piccolo Ted era riuscito a rimediare ad un grande errore.
- Aaah…
è per una ragazza! – aveva esclamato Once-ler da dietro la finestra
sbarrata.
- Chee?
No… - aveva risposto il bambino cercando di nascondere il motivo per
quale
voleva un albero: Audrie.
-
Davvero? Perché quando uno fa una stupidaggine una volta, beh, è perché
è un
ragazzo, ma se fa una stupidaggine due volte di solito è per far colpo
su una
ragazza… -
- Ehi!
Non è una ragazza qualunque! È una donna! Va al liceo… e adora gli
alberi! Ed
io glene porterò uno. – dichiarò sicuro.
- Ooh…
Che bello vedere qualcuno che non si fa scoraggiare da cose come la
realtà! –
ricordò se stesso che invece aveva fatto l’opposto.
-
Grazie –
Era per lui giunto il
momento di liberarsi un altro peso dal
cuore prima di lasciare il mondo. Qualcosa che prima gli sembrava
futile e che
non fosse importante in quel momento. Ma ormai era vecchio, ne aveva
passate
tante nella sua vita… e sentì finalmente il desiderio di narrare al
giovane
amico Ted del suo grande amore… Spes.
Una ragazza dai
lunghissimi capelli ricci fino alle
ginocchia e rossi come il fuoco, due occhi azzurri che riflettevano
acqua
luminosa, alta più o meno fino al busto di Once-ler. Si, per lui era
davvero
piccolina.
Dolcissima ragazza, ma con
un carattere forte e spesso
aggressivo, ed amava le corse a cavallo.
Lui la conosceva dall’età
di 16 anni, lei sapeva tutto di
lui, i suoi complessi i suoi scoraggiamenti, le lotte con la propria
famiglia…
e ovviamente lui sapeva tutto di lei, di come era scappata di casa
molto
giovane, i conflitti con la sua famiglia che probabilmente non avrebbe
mai
risolto, delle sue avventure prima di arrivare in quel deserto dove
potevano
vivere solo persone dal cuore duro come la pietra, ma dove lei era
riuscita a
trovare un’unica persona buona di cuore, che voleva aiutare tutti, a
discapito
di quelli che non gli volevano bene o che lo prendevano in giro o che
lo
trattavano male. Un ragazzino molto sensibile nato non si sa come in
quel
postaccio formato solo da erbacce e sabbia ed era riuscito a
germogliare come
un bellissimo fiore.
- E tu l’hai mai baciata?
– aveva domandato Ted seduto nel
suo salotto con a fianco l’anziana nonna che guardava con ammirazione
l’ormai
vecchio Once-ler sulla poltrona.
- Oh ohoh…. – aveva riso
l’anziano – Si… ma devi aspettare
che finisca di raccontare per sapere in che occasione! Come al solito
interrompi… -
- Scusa… -
- Allora… vi racconterò
come andò –
Ero un
giovane sognatore, ma questo ormai, mi sembra lo sappiate già tutti.
Sognavo un
mondo diverso. Un mondo in cui sarei potuto essere stimato ed amato. Ma
ogni
giorno mi pareva andasse peggio.
Spes
arrivò in città a cavallo alla velocità della luce coi capelli al
vento. Le
prime persone che incontrò furono i miei parenti, probabilmente i più
antipatici del paese. Insieme a loro c’ero anche io, ma si può dire che
non mi
aveva neanche notato. Nessuno li mi notava…e avevo dato per scontato
che se ne
fosse andata via.
Quello
stesso giorno, continuando a pensare a cose davvero poco allegre
(complessi da
adolescente), mi andai a rifugiare vicino alla mia duna di sabbia
preferita.
Non era niente di speciale, anzi era tale e quale alle altre, ma lì si
poteva
vedere un grande dirupo con un precipizio, c’era anche una gran vista,
perché quel precipizio non portava al
niente, bensì ad un’immensa regione di rocce e montagne come il Gran
Canion,
rosse ed arancioni, e anche se molto deserto il tramonto era comunque
bellissimo.
La mia
sorpresa fu che quando arrivai, C’era quella stessa ragazza a cavallo,
seduta
sulla mia
duna a guardare il
mio paesaggio.
-
E-ehi… - avevo interrotto la sua meditazione.
Lei si
era girata dolcemente, per niente spaventata dalla mia intrusione, ma
con occhi
tristi.
- Cosa
vuoi? Cacciarmi per la seconda volta? – rispose freddamente.
- No…
Ero solo sorpreso che qualcuno conoscesse questo posto – in verità non
avevo
terminato la frase… ma venne ugualmente completata…
-
Qualcuno, per esempio, come me che non vive in questo paesino –
Dovevo
ammetterlo. In effetti non mi aspettavo che qualcuno che non fosse mai
stato lì
conoscesse quel posto.
- Stavo
andando via dalla città, quando ho visto questo paesaggio. Dovevo
fermarmi per
forza – s’era rigirata verso lo strapiombo, così mi sedetti di fianco a
lei
guardando anche io – Perché in questo villaggio sono tutti così ostili?
Ma
soprattutto, perché tu sei l’unico che non lo è? –
Quella
domanda mi sconvolse. Si può dire che per la prima volta mi resi
veramente
conto di essere effettivamente diverso
da tutti. Molto diverso! Mi resi conto del perché avevo sempre
idee diverse, facevo ragionamenti diversi, provavo cose diverse! Perché
semplicemente ero diverso. Comunque non
seppi cosa risponderle… E ricordo ancora cosa mi disse molto tempo dopo
il
nostro primo incontro: “Sei come un fiore nato nel deserto. Ne nasce
uno ogni
100 anni!” mi sembrava davvero ironica come frase, eppure mi faceva
sentire
speciale, speciale per lei! Ed essere diverso per una volta non fu un
problema.
Me ne
innamorai quasi subito, ma non glielo confessavo mai… Lei rimase, non
so per
quale assurdo motivo. Forse solo per il paesaggio… o forse perché non
sapeva
dove andare… fatto sta che passammo
tanti anni assieme, strimpellando la mia
prima chitarra che comprai anche grazie a lei, disegnando, si perché
lei era
brava anche in questo, inventando i più strani marchingegni che ci
venissero in
mente, e un giorno provò anche a farmi usare l’arco, ma fu
inutile…passavamo
tutti i giorni a fare qualcosa di diverso, e ogni giorno i miei mi
sgridavano
per il tempo che perdevo con lei..
Un
giorno, come tanti, avevo litigato coi miei fratelli, con mia madre, ed
ovviamente coi miei zii. A casa almeno per un giorno non ci sarei
stato. Mi
sedetti al mio solito posto, sulla mia solita collinetta di sabbia
davanti al
mio solito (e personale) Gran Canion ripensando al litigio, poi arrivò
lei in
tutta la sua allegria perenne.
- Lo
sai che ti vedo da casa mia? – incrociò le gambe vicino a me.
- Ah
si? – risposi mogio.
- Da
casa mia, quella che ho preso in affitto, posso vedere parte di questo
paesaggio,
ma soprattutto posso vedere quando tu ti siedi qui, e raggiungerti! –
sorrise –
Che è successo sta volta? –
-
Niente, le solite lagne. Sai come sono i miei.
- Si,
lo so… - sospirò.
Una
delle cose belle che mi piacevano di Spes è che lei non era proprio una
grande
consolatrice… no! Anche lei passava le mie stesse esperienze coi
genitori prima
di trasferirsi da sola, ma non aveva idea di come consolare una
persona. Lei
parlava se aveva qualcosa da dire, e non parlava quando sapeva di non
dover parlare.
Non sempre mi capiva al volo, però spesso intuiva bene. Insomma, quello
che sto
cercando di dire è che non era una ragazza perfetta… ma per me lo era.
Rimanemmo
così in meditazione ed in silenzio per un po’ di tempo.
Il mio
vuoto non riusciva ad essere colmato, vuoto creato da un amore assente
da parte
i tutta la famiglia. Si continua a perdere se
si è abituati a farlo. Purtroppo io lo ero. Dopo un po’ che
ti
ripetono che “sei un buono a nulla”, cominci a pensarlo. E se ti
abitui a
pensarlo, lo diventi.
All’improvviso
mi sentii tirare per un braccio e caddi così su di lei. Mi abbracciò
con tanto
affetto e poi mi bisbigliò:- Riuscirai a riempire il vuoto che hai
dentro, te
lo prometto! –
Poi
capii il perché di questo affetto improvviso: avevo cominciato a
piangere e non
me ne ero neanche accorto. Avevo 20 anni e ancora piangevo per cose
come
queste. Dovrei
essere indipendente ormai, pensavo nella mia testa.
Mi sono
sempre domandato come avesse fatto Spes a 14 anni a decidere di
partire,
abbandonare tutto, per scoprire posti migliori, gente migliore, cose
migliori…
ed essere indipendente, cavarsela così, con un arco, frecce ed un
cavallo, e
facendo elemosine in giro per il mondo.
- Il
thneed! – esclamai entusiasta della mia idea – Lo produrrò! – le
mostrai i miei
schizzi vari e disegni.
- Si… -
mi rispose Spes, con (molto) meno entusiasmo – Che roba è? –
- è un
oggetto che ne sostituisce mille! Cambia forma e può essere questo
quello e
blablabla…. – parlavo così velocemente che credo non abbia sentito una
parola
di quello che avevo detto.
-
Interessante… sono contenta che ti sia venuta in mente un’idea che
finalmente
riconosci come tale! – mi sorrise, ma sapevo che non aveva capito molto
della
spiegazione.
- Spes,
quelle non erano idee… - mi riferii alle mie vecchie invenzioni.
- Non
lo erano per i tuoi, ti sei fatto influenzare. – aveva sguardo serio,
ma
accennò ad un sorriso.
Rimanemmo
in silenzio.
Poi
ruppi il silenzio:- Devo ancora trovare un materiale. Partirò presto,
il tempo
di parlarne coi miei e… -
- No! –
mi interruppe.
- No?
No, cosa? –
- Non
parlarne con i tuoi, ti scoraggeranno solamente, lo fanno sempre! –
- Ma
devo parlarne... – venni nuovamente interrotto.
-
Allora promettimi che partirai qualunque cosa dicano i tuoi. Promettimi
che non
cambierai la tua idea! – mi puntò contro il dito.
La
guardai per un secondo incerto.
- Certo…
-
- Bene
– e tranquilla si allontanò.
-
A-aspetta! Volevo chiederti una cosa! – la fermai. Lei si voltò.
- Ecco…
vuoi partire… con me? – lei rimase un po’ spiazzata dalla mia domanda,
ma
sembrò felice. Mi sorrise e rispose di si. Ne fui felicissimo. Volevo
tenerla
con me.
Parlarne
coi miei non fu proprio come mi aspettavo. Credevo finalmente di aver
trovato
qualcosa che potevano trovare utile, e invece no, continuavano gli
scoraggiamenti. Del resto doveva essere prevedibile. Che povero stupido
che
sono! Come ho potuto solo pensare una cosa simile?
Avevo
fatto una promessa, ero partito, dietro di me la mia migliore amica,
avevo
mantenuto la promessa. Ma il
vuoto non si era riempito.
Arrivammo
al posto perfetto! Fu tutto incredibile! I pesci che cantavano, gli
orsetti che
gironzolavano, gli uccelli che volavano, arcobaleni vari!! Insomma era
fantastico! Beh, successe quel che successe, la storia, mio caro Ted,
già la
sai.
Lei mi
aiutò a produrre il mio thneed e anche nei vari tentativi di vendita,
ed io mi
innamoravo sempre di più di lei.
- Anche
oggi non siamo riusciti a venderlo… -
-
Vedrai che ci riuscirai, quante volte ancora dovrò ripetertelo prima
che tu
abbia finalmente fiducia in te?–
-
Chissà… - e successe così, senza preavviso, all’improvviso, come se
fosse una
cosa come un’altra, lei mi prese il mento abbassandomi e mi baciò.
Avrei sempre
voluto farlo io, ma nel momento giusto! Perché aveva scelto proprio
quel momento?
Non fu
un bacio veloce, però neanche molto intenso, era semplice. Quando finì
il
momento ero mezzo stordito e tutto rosso, le domandai quasi
inconsciamente:-
Perché? –
- Perché
io ho fiducia in te. Voglio riempire io quel vuoto che disperatamente
cerchi di
riempire. Quel vuoto creato dalla tua famiglia lo voglio io. –
- Ma io
già ti amo! – mi uscì spontaneo per poi subito riarrossire. Lei
semplicemente
sorrise con quel suo bellissimo sorriso smagliante e riprendemmo a
baciarci,
per poi non specificare altro.
Il
mattino dopo mi sentii terribilmente soddisfatto e pieno di vita pronto
a
riaffrontare quegli antipatici cittadini con affianco Spes, pronta per
me. Di
nuovo un fallimento, sta volta volevo rinunciare e lanciai sul serio
per aria
il mio thneed. Tornammo a casa…
- Basta
non voglio più saperne di thneed, ne ho avuto abbastanza! – avevo
esclamato
quel giorno.
-
Secondo me non dovresti arrenderti così facilmente… - disse Spes, ma
già non la
sentivo più.
Ma una
volta a casa arrivò una mandria, una folla inferocita che reclamava la
mia
invenzione offrendo di tutto e di più. Alla vista dei soldi quasi non
ci vidi
più. Mi ritornò in mente la voglia di arricchirmi, di rendere fiera di
me la
mia famiglia. Volevo riscattarmi, era questione d’orgoglio, di
rispetto… come
se fosse un conto in sospeso.
-
Perché hai chiamato la tua famiglia?! – si arrabbiò lei.
- Per
dimostrare loro chi sono e cosa posso fare! E poi ho bisogno del loro
aiuto –
- Mi
sembrava che le cose fossero cambiate! Ma perché continui a pensarci? E
poi ci
sono già io come aiuto! –
- Anche
a te voglio dimostrare quanto io sia ambizioso! Voglio darti tutto ciò
che
vuoi!
- Cosa
c’è che devi darmi? Tu non devi dimostrare niente né a me né alla tua
famiglia!
- Si
invece! È complicato! -
- Cosa
c’è di complicato?Perchè non riesci a dimenticare “Il buono a nulla”
che tutti
credevano?! Non è così difficile come sembra! Io l’ho fatto… -
Aveva
ragione. Non riuscivo a dimenticare. Era una ferita troppo profonda per
me. Dimenticare
il rancore forse è una cosa che non capirò presto. Tutta questa
confusione…
- Perché
dai così tanta importanza a loro?! – era infuriata sta volta
- Io
sto dando importanza non solo a loro! Ma anche a te! Voglio rendere
tutti
felici!
– Ma
non capisci che per me non devi fare niente?! Mi basti così! Ah! Lascia
stare!–
sbuffò vistosamente, poi si avvicinò alla porta.
- Dove
stai andando? –
- Vado
a giocare a carte con Lorax, il paperotto e gli orsetti! – rispose
antipatica
prima di sbattere la porta.
- Ci
sono anche i pesciolini canterini – aggiunsi sotto voce.
- LORO
FANNO I SOLITARI! – urlò da fuori. Cavolo! Non immaginavo m’avesse
sentito…
A
quanto pare Spes doveva aver parlato a Lorax, perché si presentò
proprio nel
momento in cui i miei famigliari arrivarono col camper.
Spes
non tornò a casa quella sera… chissà dove sarà rimasta!
Non
feci che pensarla tutta la sera. E a dire il vero, non feci altro che
pensarla tutte le sere! Non tornò a casa per non so quanti
giorni! E intanto la mia azienda prendeva vita. La cercai, ma mi
ritrovavo
sempre davanti Lorax che mi impediva di continuare le ricerche. Non
voleva
parlarmi, e come darle torto?
Il
resto della storia è cosa ormai nota, la mia famiglia mi trasportò in
un
circolo di soldi che non potevo evitare, e per qualche mese mi sembrò
anche che
il vuoto fosse stato riempito… o meglio: il vecchio vuoto fosse stato
riempito…
ma l’assenza di Spes aveva lasciato un ulteriore varco in me. Così
tornai a
cercarla, ormai ricco sfondato. Volevo portarla con me, volevo farle
vedere
quanto ero diventato indipendente, e come potevo darle una vita
benestante!
Volevo coinvolgerla!
Ma
quando le parlai lei mi rispose:- Non sei maturato, e non hai capito
che io non
ho girato il mondo allontanandomi dai miei per trovare una vita
benestante!
Quella la tenevo già. Volevo qualcosa di più, trovare le bellezze del
mondo.
Fare esperienze che avrei tenuto per sempre nel cuore… abbiamo passato
dei bei
momenti assieme. Eri la mia bellezza preferita, ma sei svanita. La
crudeltà del
deserto ti ha sotterrato sotto un cumulo di sabbia dove non può
crescere
nient’altro. E non ti sei neanche reso conto di quello che veramente
stai
facendo al resto della foresta! Hai ignorato completamente Lorax. E
continui ad
ignorare. Tu non stai pensando alla felicità di tutti… renditene conto
prima! –
Ma a
quelle parole mi infuriai solo di più e tornai ai miei progetti. Era
tutto una
tale confusione! Non sapevo cosa facevo, perché lo facevo, e per chi lo
facevo.
E il
tutto crollò.
Lasciandomi
un enorme punto interrogativo.
Abbattei
l’ultimo albero.
Lorax
mi abbandonò.
La mia
famiglia mi abbandonò.
Spes mi
abbandonò…
La vidi
allontanarsi a cavallo col suo arco e le sue frecce… non ebbi il
coraggio di
fermarla.
Per
cosa avevo fatto tutto quello? Per cosa? A che scopo?
I vuoti
man mano diventano sempre più grossi, ma il tempo fa diventare più
belli i
ricordi…
- Così finisce la storia?!
– intervenne Ted all’improvviso.
- In un certo senso si. –
decretò il vecchio.
- E non l’hai mai più
vista? –
- Si, l’ho rivista. Erano
passati tanti anni, ti avevo già
conosciuto e già avevi “salvato il mondo”. Ed esso stava rinascendo.
Poco dopo
aver rincontrato Lorax, tornato dal cielo, vidi arrivare al galoppo un
cavallo
che riconobbi subito. Era lei, Spes, Non potevo crederci! …
Lei
scese da cavallo, mi si avvicinò e mi sorrise da sotto il cappuccio.
Era
ancora arzilla come una volta, ma era chiaro che fosse invecchiata.
Non la
riconobbi subito, era passato tanto tempo! Ma di certo non l’avrei mai
scordata.
- Ciao,
Once-ler. – spostò il cappuccio mostrando i capelli rossicci con
sfumature
bianche e occhi vecchi e stanchi.
- Ciao
Spes – ricambiai il sorriso – Mi sei mancata – presi a piangere.
- Anche
tu mi sei mancato! – corse ad abbracciarmi.
Come al
solito non avemmo bisogno di spiegazioni, di parole, ma solo di
sguardi. Ci
capimmo al volo. Io avevo capito la lezione, troppo tardi, ma ci ero
riuscito.
Il detto dice “meglio tardi che mai”…
- Ho
sentito fin da molto lontano cosa è successo, e sono accorsa il prima
possibile. Hai capito quali sono stati
tuoi errori ed io ci speravo tanto! Si dice che di speranza non
si può
vivere, ma il mio nome è Spes, speranza. Ho tanto sperato di
rincontrare quel
dolce fiore nato nel deserto… - parlava con voce roca, stanca, ma
sentivo
quanto fosse diventata saggia solo in quelle parole, in quello sguardo,
in quel
sorriso che mi rivolgeva, e fu allora che capii quanto lei mi amasse
veramente!
- Questa è la fine? –
chiese Ted.
- Stavolta si… - confessò
l’anziano.
- E quindi cosa
significava quella frase “Perché quando uno fa una
stupidaggine una
volta è perché è un ragazzo, ma se fa una stupidaggine due volte di
solito è
per far colpo su una ragazza”? qual è stato il secondo errore? A me
è
sembrato lo stesso della prima! – domandò scettico.
- Ma non capisci? Ho fatto
uno sbaglio doppio! Sia per una
motivazione che per un’altra, è sempre stato errato tutto quello che
facevo in
quel periodo perché ero condizionato sia dal mio senso di vuoto creato
dalla
mia famiglia, sia da quello che cercava di riempire Spes. Ma quello che
non
capiva lei, era che non stava cercando di riempire un unico vuoto,
bensì me ne
aveva creato un secondo. Non facendolo apposta, ovviamente, ero io che mi
sentivo
inferiore e non degno di lei. Ma era questo che cercavo di esprimere!
Non si
era capito? – sbracciò su e giù.
- Beh… non tanto! Dovevi
essere più chiaro! – si divertiva
proprio quel bambino a tormentarlo.
- O forse dovevi essere tu
più attento! Ah! Ma che continuo
a fare a raccontarti le mie faccende da vecchio?! –
- Perché te le chiedo! –
sorrise.
- E perché me le chiedi?! –
- Sbaglio o sa di domanda
retorica? –
- In effetti lo è! E penso
che tu un giorno mi farai finire
in manicomio! –
- E perché mai? – fece
finta di niente.
- Perché non era in questo
modo che volevo terminare una
fanfiction del genere! Ma tu l’hai rovinata definitivamente! Vedi dove
te ne
devi andare! – e con passo strisciato si alzò dalla poltrona e se ne
andò
sbuffante dalla stanza seguito dalle chiassose risate del ragazzino!
Autrice: si, finisce in modo strano
XD ma mi piace da impazzire, spero di aver reso bene i concetti che
volevo, e
di essermi fatta capire senza creare troppa confusione, se avete
critiche
criticate pure perché credo di non aver scritto una delle mie migliori
ff XD eppure
ci ho lavorato per giorni!! Beh, vi ringrazio comunque per essere
arrivati fin
qui ^^ e arrivederci grandi fan di Lorax and Once-ler ;) che sarà per
sempre il
mio personaggio preferito! ^^ saluti da una sciarpa verde!