Capitolo uno.
"Mi
chiamerai?" Sasha aveva gli occhi lucidi, anche se cercava di
nasconderlo, non rivolgendomi lo sguardo. Stava piangendo per me,
perché quasi
sicuramente non ci saremo più viste;
"Certo, lo sai
che lo farò "le risposi io con lo sguardo
appannato a causa delle lacrime. Lacrime che da quel
giovedì di metà
settembre avevo versato per ore.
Perché?
Perché proprio a io dovevo cambiare città ?.
Mia madre non
poteva trovarsi un fidanzato nel nostro paesino natale, dove
c’era tutto il mio mondo? Pochi mesi fa ero io la sua
famiglia, contavo solo
io. Invece da quando aveva conosciuto su internet quello Yaser tutto
girava
intorno a lui.
Non avevo nulla
contro quell'uomo, avendolo incontrato avevo capito che era
molto gentile e a modo, ma non sopportavo l'idea di avere una specie di
'sostituto' di mio padre (anche se lui si era rifatto una nuova vita) e
di
dover andar via da casa.
Era l'ultimo
giorno prima della partenza. Io e Sasha eravamo sedute su una
delle due rampe dietro il campo sportivo, il nostro
“nascondiglio” preferito.
Avevamo iniziato a parlare di tutti i bei momenti passati insieme, di
tutte le
figuracce e stupidaggini che avevamo fatto.
'Mi mancherai'
pensai. Ma non lo dissi, sapendo che si sarebbe arrabbiata,
perché come dice lei “ sono una tipa
sdolcinata”, al contrario suo; ma non
riuscii a trattenermi e l'abbracciai di slancio,uno dei nostri pochi
abbracci.
"Ti voglio un
mondo di bene, ricordati che per me sei la sorella che
non ho mai avuto "le sussurrai all'orecchio mentre la stringevo a me,
stringendo
la felpa e versando qualche lacrima.
"Ora
è meglio che te ne vada, o inizierò a piangere
come una bambina,
ho ancora una reputazione da proteggere" disse, spostando una cicca dei
suoi lunghi capelli mori dal viso. Le sorrisi e lei ricambiò.
Ci guardammo per
l'ultima volta, senza salutarci, e me ne andai, lasciando
Sasha li, seduta sulla rampa a fumarsi la sigaretta, sicura che appena
io mi
fossi voltata lei avrebbe lasciato cadere sul volto le proprie lacrime.
***
"Sbrigati o
faremo tardi! L'aereo non ci aspetta!" Mia madre
strillava dal piano di sotto, con un tono aspro; Alzai gli occhi al
cielo, non ne
potevo più di quella situazione.
“Smettila
di fare la bambina piccola e muovi, non c’è tempo
da perdere"
.La bambina. Era lei quella che si era buttata in quella relazione a
distanza. Mi
alzai, imprecando, dal letto, prendendo la mia valigia accanto la
porta,
sorpassando mia madre, che intanto era venuta chiamarmi. La sua mano
delicata avvolse
il mio polso, cercando attirare la mia attenzione. Mi guardava con
dolcezza,
cercando di collegare i nostri sguardi, cosa che cercavo di evitare.
"Senti Eva, so
che sei arrabbiata con me ,ma a Londra farai nuove
conoscenze, e sempre interessante fare nuove amicizie.." Non le feci
finire la frase che, con gl'occhi colmi di lacrime ribattei innervosita
dal suo
comportamento.
"Ma tu che ne
sai è?! Tu sei felice e contenta di farti una nuova
vita con il tuo 'fidanzatino', tu
non ci perdi
niente” La rabbia aveva preso il sopraccapo. Lei non riusciva
a capire quanto
fossi arrabbiata e delusa del suo comportamento da ragazzina.
Il clacson del
taxi interruppe la litigata. Uscii di casa con la mia
valigia pesante, asciugando co un gesto rabbioso le lacrime che ne
frattempo
erano scese ed entrai nella macchina, salutando l’autista.
Poco dopo mia
madre mi raggiunse, con ancora quell’espressione da
innocente. "Vedrai ,sarà bellissimo là. Cambierai
idea molto presto. Tesoro,
è meglio per entrambe cambiare aria." mi disse, cercando di
consolarmi. Ma
le sue parole non migliorarono il mio malumore
Appoggia la
testa al finestrino gelido e guardai fuori. Mi sarebbe mancato
tutto: le strade, la scuola, i miei amici.
Arrivammo
all'aeroporto dove mi misi le cuffiette per non ascoltare le
inutili lamentele di mia madre. Continuava ad elencarmi le cose belle
che
avremmo fatto con Yaser.
Misi
'More than this',avevo bisogno
di ascoltare qualcuno che sembrava comprendermi, anche se non
conoscendomi. Adoro
quei cinque ragazzi: loro, pur non presenti nella mia vita 'reale' mi
hanno
sempre accompagnato negli anni con le loro voci, cosa che mi
rassicurava molto.
Salimmo
sull'aereo, dirigendoci ai
nostri posti. Mia madre si mise a leggere accanto a me.
Le
volevo bene, ma non la capivo. L’aereo
partì. Appoggiai la testa sulla poltrona e mi lasciai
cullare da quelle voci,
cercando di convincermi che ciò che mi aveva detto mia madre
fosse vero.
Ok,
scusatemi. Sono tornata dopo non so quanto tempo su efp, dato che sono
stata
molto impegnata con la scuola e tutto il resto. Mi dispiace di avere
lasciato
questa storia a metà, e così, rileggendola per
ritrovare il filo del discorso,
mi sono accorta di quanto fosse scritta male. Per questo, spero al
più presto,
inizierò a modificare i vecchi capitoli come ho fatto con
questo. Spero che vi
piaccia, grazie.
-eveisnotonfire