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Autore: Columbrina    12/11/2012    2 recensioni
{Clerith semplice e sconclusionato. Sadico e stupido "sad ending"
La lasciò andare nello stesso modo in cui Orfeo lasciò andare Euridice.
Solo che Orfeo era stato uno stupido, Cloud Strife un codardo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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    Come Orfeo ed Euridice…
 
La puntualità non era mai stato il suo forte, anche se in quella circostanza spaccava di poco le cinque, poco prima che il tramonto precoce cominciasse la sua discesa oltre l’orizzonte dormiente, giusto il tempo di concedersi un ultimo saluto prima dell’ennesimo addio.
Con stridore di ferraglia fermò la moto sul ciglio dell’autostrada deserta e sterrata, costellata dai soffioni di quel rigoglioso prato che si stagliava dinanzi, senza anima viva dinanzi a qualsiasi occhio, tranne a lui che era di vedute metafisiche.
Cercò di muoversi con disinvoltura e cura, ma inevitabilmente calpestava un fastello d’erba che subito tornava su vigoroso; era goffo, neanche fosse lo spettro del timorato fante che, in un modo o nell’altro, non l’aveva mai abbandonato. Si fermò al centro, dove era concentrata una folta macchia di fiori gialli e bianchi, neanche fosse un’ironia della sorte.
“Non ti girare…” gli intimò una voce estraniata dalla realtà circostante, che gli carezzava i follicoli del collo come una brezza quasi lasciva di parole e sorrisi. Lui, come di suo solito, obbediva e lo faceva di buon grado perché se si fosse girato, se ne sarebbe andata. Stavolta per sempre.
Era come avere la felicità alla distanza di un soffio e non poterla assaporare, prendere, toccare. Era snervante oltremodo, ma a lui stava bene così.
“Sei in ritardo…”
Seppur metafisica, quel tono a metà strada tra malizia e compiacenza non glielo toglieva nessuno, nemmeno quando era – forse – frutto della sua folle immaginazione. Barret gli ripeteva spesso che la sua vita è come il sogno di un bambino: nulla è reale, tutto sembra lecito.
Cloud elargì una specie di sorriso che Aerith riconosceva come condiscendente.
“Tu sei in anticipo”
“E’ una prerogativa di noi Cetra, immagino”
Soffiò una risata soffocata.
“Forse.”
Non era nervoso, almeno non dava segno di esserlo; probabilmente per il fatto che, in questi anni passati a curare i dolori con i ricordi, erano serviti a temprarli e a creare una nuova intimità tra Aerith e Cloud, ben diversa da quell’accezione che rasentava l’apprensione. Sentiva il brivido del suo contatto scorrere attraverso la carne stanca, che pativa i segni di una realtà scomoda a tutto, tranne al suo cuore.
Quel muscolo sapeva bene come far arrabbiare i restanti collaboratori.
Un refolo di vento si librò tra i loro silenzi, più densi del solito perché entrambi non sapevano cosa stava per succedere, magari una definitiva rottura degli equilibri per essere fatalisti.
“Come te la passi?” esordì lui, sbocconcellando la frescura del vento tra i denti.
Anche se non parlavano, riusciva sempre a farlo sorridere.
“Non c’è male. Piuttosto tu dovresti dirmi qualcosa”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Intuizione. Piuttosto, come stanno gli altri? Barret?”
“Caustico come al solito. Il rodaggio del pick up è  andato alla meglio, ma rimpiange di non aver comprato una vernice più scura. Yuffie lo prende in giro perché dice che sembra una macchina per donnicciole …”
Aerith rise sommessamente e lui la sentì, anche senza guardarla. Aveva tanta voglia di guardare quel sorriso tanto ampio da deformare graziosamente il suo viso levigato e lo sguardo smeraldino.
“Yuffie, invece?”
“Oh, lei sta alla grande. Le hanno regalato un cellulare per il suo compleanno e rimpiange di aver dato il numero a suo padre”
“Non sapevo che a Wutai usassero i cellulari…”
“Prodezze tecnologiche”
Aerith si avvicinò così tanto che Cloud poteva cibarsi di quel profumo di vita e di fiori, che si mischiava sapientemente a quello dei soffioni che gli facevano venir voglia di starnutire.
Cloud Strife, idiota.
“Mmm… Il piccolo angelo del focolare?”
“Marlene?”
“No, intendevo Red. Marlene è un tesoro di bambina, ma sono certa che darà filo da torcere a un omaccione come Barret”
“Red trascorre il giorno a oziare e dormire. Rimpiange di aver lasciato  Cosmo Canyon e conta di tornarci presto.” fece Cloud, mesto “E già che siamo in argomento… Che dicevi di Marlene?”
“Oh niente …” disse lei, con la stessa punta di malizia che mandava in confusione i suoi pensieri che – già di loro – non è che fossero così coerenti
“Non riuscirò mai a capirti”
“Per questo ti incuriosisco così tanto”
Sorrise di nuovo, come per dire te l’ho fatta e lui accondiscendeva al gioco, fedelissimo al suo ruolo e sorbendosi ogni gioco di parole e malizie che gli propinava come su un vassoio pieno di pietanze dal sapore vagamente familiare.
“Dicevamo… Che mi dici di Vincent, invece?”
“Lui rimpiange e basta”
“Tipico di lui… Cid?”
Rimpiange di essersi sposato”
Aerith sospirò, visibilmente contrariata.
“Tutti a rimpiangere… Il festival della commiserazione… E tu, che mi dici?”
“Io non rimpiango nulla, se è questo che vuoi sapere”
“Bugiardo”
Con la carne spiazzata e gli occhi chini sull’erba frusciante, Cloud sussultò quando un disagio metafisico si annodò all’altezza del collo, vietando il transito delle parole e dei ricordi, di quelle piccole razionalità che gli impedivano di impazzire.
Aerith rideva. Non riusciva a dire che era morta, perché lo sentiva forte e chiaro; le loro schiene vicine sostenevano il peso reciprocamente.
“Stanno cambiando molte cose”
“E non vuoi raccontarmele?”
“No”
“Perché?”
“Dopo avrei dei rimpianti
Aerith si portò un dito sul mento, in segno di contemplazione.
“Cosa rimpiangeresti?”
“Non lo so… Penso tutto. Oppure niente… Un po’ e un po’…”
Rise di nuovo.
“Sei incredibile. Non riesci a essere coerente per una volta?”
“Se ci sei tu, non mi riesce bene”
“Oh… Ecco il punto nevralgico… Me”
Cloud alzò le spalle; non in segno di conferma, né di smentita: lasciava libero arbitrio alle intuizioni di Aerith che, come sempre, si rivelavano furbesche e accorte. La loro nuova intimità implicava anche una certa conoscenza intrinseca, ma Cloud era impedito anche così.
“Santo cielo, Cloud… Sei un così bel ragazzo, sei un eroe e c’è un motivo se non siamo rimaste indifferenti noi, che abbiamo gusti così esigenti…”
“Parli come mia madre”
“Parli come un idiota” disse prontamente lei, senza peli sulla lingua e sulle parole “Beata Tifa, che con la sua pazienza può sopportare questo e oltre…”
“Ora parli come Barret”
“No, ti parlo come Aerith… La tua Aerith, quella che hai creduto solo di aver perso. Io ti conosco, Cloud; meglio di quanto tu creda. So anche quello che senti… E lo so, perché anch’io lo sento. Però tu sei qui e io sono là”
Cloud elargì un sorriso mesto, che fece rabbrividire perfino Aerith, da sotto il vestito rosa che la rendeva bella e slanciata come l’ultima volta.
“Stai dicendo che dovrei ripiegare su Tifa, in poche parole…”
“Sì”
Cloud rise. Una risata amara, che fece ammansire la malizia di lei e che al contempo la portò a perdere lo sguardo errante tra i fiori intrisi di una malinconia ineffabile.
“Però… Tutto dipenderà da te e su quanto sei disposto a rimpiangere”
“Non ti seguo…”
“Tu rimpiangi di non avermi salvata. Rimpiangi di non avermi mai detto ciò che sentivi, perché l’hai capito nell’istante in cui me ne sono andata… Se non ti mettono alle strette, non vedi mai nulla tu. Rimpiangi ogni giorno… E così non fai bene. Né a te, né agli altri, né a me. E io, quale tuo angelo custode, farò un sacrificio per te… Ti porrò davanti una scelta. In poche parole… Scegli di vivere o di morire?”
La bilancia aveva inclinato il piatto in direzione della schiena di Cloud, che si abbassava fino a sostenere con fatica un peso più grande di lui, universalmente noto come il peso delle conseguenze che non lascia scampo a nessun ricordo, a nessun rimpianto.
“Una cosa del genere è assai immatura…”
“Proprio come te, carissimo Cloud. Cielo, ma perché devo aprirti io gli occhi?”
“Beh, mi stai dicendo che dovrei usare Tifa come ripiego!”
“Questo se scegli di morire… Morirai se resti con me e con lei…”
Lo sguardo smeraldino si perse di tutto il suo fervore, di tutto l’ardore che trapelava da ogni voragine che quel peccaminoso vessillo lasciava nel cuore di Cloud. I colori somigliavano sempre più alla malinconia di Aerith.
“Cosa vuoi fare allora?”
“Farti saggiare una nuova felicità. Non ci vedremo per tanto tempo… Ci incontreremo di nuovo. Ma intanto vivrai una seconda vita, ma come la vuoi tu. Senza Aerith, senza Shin-Ra, senza Sephiroth. La vivrai come vuoi. Con gli altri, con la tua famiglia, con chi ti farà felice. Io non ti farò mai felice… Ti addosserò altri rimpianti”
Cloud Strife, codardo. Una carta d’identità imprescindibile come lo sguardo che non tradiva nulla, tantomeno le parole nascoste tra la lingua e che non avrebbe mai detto.
“Girati e non avrai più rimpianti”
Il vento cessò di soffiare e il sole stava per dare libera uscita alle prime stelle del crepuscolo, che rendevano un più notturne perfino le prime ore della sera, mentre il giorno e la notte cavalcavano sullo stesso carro e in sensi diversi.
La bilancia crollò definitivamente in direzione della schiena di Cloud, che cedette e basta.
Anche i suoi occhi cedettero, quando incrociarono lo spettro dell’ultimo sorriso.
Aerith scomparve con la stessa velocità con cui era entrato nella sua vita, su quel letto di fiori, un po’ più piccolo di quello che si stagliava sotto i suoi piedi.
La lasciò andare nello stesso modo in cui Orfeo lasciò andare Euridice.
Solo che Orfeo era stato uno stupido, Cloud Strife un codardo.
 
   
 
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