Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: clalla97    14/11/2012    2 recensioni
“Non vedo nessun pentacolo. Sul serio, dov'è? Non ditemi che ve lo siete dimenticato!”
Il Pentacolo non c'era. Straygor non avrebbe mai pensato di arrivare a rimpiangerlo.
Probabilmente lo Sbarbatello- pardon: James Herrard, sesto del suo nome- non sapeva a cosa andava in contro quando aveva deciso di evocare Samael e Straygor, legandoli a sé e facendo di loro i suoi cagnolini al guinzaglio.
Perché prima o poi ogni cane morde la mano al proprio padrone e Straygor non era mai stato un demone molto obbediente.
Ma se la sarebbe cavata. Dopotutto... ogni contratto aveva il suo punto debole, no? E se anche non ci fosse stata via di scampo avrebbe di sicuro trovato un modo di divertirsi. Passare gli ultimi anni della sua esistenza a pulire il didietro di qualcuno non era esattamente nei suoi piani.
E, strano a dirsi, anche un angelo a volte di rivela disposto a giocare un po' con gli umani.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

L'ultima goccia cadde, formando un spiraglio imperfetto nella superficie ormai uniformemente cremisi del pavimento che mostrò, per un solo istante, una traccia di marmo rosa, venato di un verde quasi malato, reso opaco dalle innumerevoli calzature che nel tempo lo avevano rovinato.
L'ultima sillaba della invocazione si spense, lasciando la grande sala immersa in un silenzio che sapeva di speranzosa attesa e palpabile soddisfazione.
E poi il silenzio divenne suono. E quel suono era un mescolarsi irregolare di respiri smozzicati, che cercavano disperatamente di imparare di nuovo come far uscire il dolore tramite i polmoni, liberandolo nell'aria, nella speranza che contagiasse qualcun altro.
Il ragazzo seduto sul trono sorrise, vedendo quelle figure prostrate a terra dalla sofferenza, nude, inermi, derubate a forza di quell'aura di potenza e giubilo che apparteneva loro di diritto. E il pensiero di poter decidere delle loro vite lo fece sentire terribilmente potente.
Persino loro si inginocchieranno davanti a me.
Erano in due, accovacciati in posizione fetale, scossi dai tremiti, i capelli impastati dal sangue che colava pigramente lungo la pelle liscia e uniforme, priva delle porosità che contraddistinguevano quella umana. La schiena appariva deforme, sotto tutto quel rosso, troppo grossa e ingobbita per quelle che sarebbero dovute essere le loro proporzioni perfette.
Sembravano fragili e disgustosamente umani, pensò il ragazzo. E al suo fianco non poteva esserci spazio per ciò che era debole.
Ma bastò uno sguardo di smeraldo, a fugare i suoi dubbi. Un volto alzato verso di lui, la chioma dorata appiccicata alla fronte, una bellezza che non poteva essere terrena e due occhi ricolmi di dolore che sembravano chiedere: Perché?
Sorrise, il ragazzo. Non poté impedirsi di farlo. Così quel volto tornò ad abbassarsi, impotente. E quella tanto derisa deformità di abbandonò dolorosamente lungo i suoi fianchi, propaggine alata di una essenza che era stata ormai piegata al suo servizio. Nemmeno il sangue riusciva ad occultare il candore di quelle piume bianche, la cui purezza si stagliava prepotente riflettendo la luce proveniente dalla grandi finestre. Vide i muscoli contrarsi, per aiutare quel corpo perfetto a recuperare la propria dignità, alzandosi in piedi.
Fu però l'altro, a trovare per primo la forza necessaria. Le sue ali si spiegarono con veemenza, arrivando quasi a cozzare contro le massicce colonne che delimitavano la navata della grande sala, sbattendo un paio di volte per spazzare via quel composto vermiglio e facendo sì che i piedi scalzi potessero posare con sicurezza sul pavimento. Ali nere di tempesta, nere di paura, nere di una luce catturata e relegata al non esistere più. Ali nere come i capelli che vennero scossi senza alcun timore reverenziale. Occhi di ghiaccio perenne, che poteva bruciare più del fuoco, che nascondeva cose che era meglio mantenere silenti. E una bocca piegata in una smorfia impertinente, una tacita sfida a chiunque lo avesse chiamato a sé senza fare i conti con ciò che lo avrebbe aspettato.
E furono tutti e due lì, eretti, di fronte a quello che ancora non sapevano essere il loro nuovo padrone, la pancia priva di ombelico, il mento sporto in avanti, i pugni serrati lungo i fianchi, attenti a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, maschi... decisamente maschi. Speculari e al contempo contrari. Suoi.
“Non vedo nessun pentacolo. Sul serio, dov'è? Non ditemi che ve lo siete dimenticato!” Derisione, in quelle parole. Nessun rispetto, niente di ciò che invece avrebbe dovuto rivolgere al ragazzo. Una voce nera quanto le sue piume. “Insomma, ragazzi... è la prima cosa che insegnano al corso! Mai evocare angeli e demoni senza un pentacolo. È incredibile quanto possano rivelarsi indisponenti con chi li ha fatti soffrire al di là dell'immaginabile.”
C'era una promessa, nel suo sguardo, una promessa che non avrebbe potuto mantenere. Il ragazzo provò un appagante senso di soddisfazione nello sventolare pigramente la mano, zittendolo.
“Qual è il vostro nome?” chiese, imperiosamente.
L'angelo si fece avanti di qualche centimetro, scavalcando il demone.
“Samael.” rispose con un cenno della testa. I suoi occhi si piantarono in quelli dell'umano, chiedendogli di sostenere lo sguardo. Ma c'era troppo dolore, nella sua essenza, per un essere così privo di spirito.
“Samael, eh? E da quando voi angeli siete diventati così leccaculo? Non c'è pentacolo, Sami! Facciamoli fuori tutti!” protestò l'altro beffardamente, un ghigno stampato a deformargli il volto.
L'angelo si voltò e sorrise, scuotendo la testa quasi con pietà. Samael stesso era pietà. Ma quella pietà, sulla pelle del demone bruciò come acido.
“Non c'è pentacolo, creatura, perché questa non è un'evocazione. O, perlomeno, non una normale.” l'impazienza del ragazzo trasparì nel modo nervoso in cui si torse le mani, sfuggendo per un momento all'algida compostezza che lo contraddistingueva. “Voi, da oggi, siete miei.”
“Che sta dicendo, questo, Sami? Pensavo che l'epoca dei Lotofagi fosse finita e invece pare che qui ci sia ancora qualcuno che ci da dentro!” la figura bionda, rigida e immobile, non si degnò nemmeno di rispondere, lasciando il compito al loro padrone.
“Non mi avevano detto che i demoni fossero così stupidi. È un sigillo. Se io vivo, voi vivete, se io muoio, voi morite. Io ordino, voi obbedite. Mancate i miei ordini e posso punirvi senza nemmeno alzare un dito. Goditi la tua esistenza finché puoi, creatura, perché ti rimane ufficialmente il tempo di una miserabile vita umana.”
La comprensione si fece strada nel volto del demone, che non ebbe nemmeno il tempo di occultare il proprio sconcerto.
“Oh, cazzo. Questo non era previsto.”
La risata, inconfondibilmente umana, risuonò per tutta la sala, facendo arricciare le labbra dei due in una smorfia di fastidio. Creature moleste, i mortali. Troppo rumorose.
“Oh, finalmente ci capiamo! E ora mi faresti l'onore di dirmi chi sei?”
“Straygor.” sibilò lui, sputando fra i denti l'essenza del proprio essere. Non capivano, quegli agglomerati di cellule, quanto fosse rinchiuso in una semplice fila di lettere. “E già che ci siamo... chi sei tu?” chiese, riacquistando almeno in parte la propria arroganza.
“James Herrard, sesto del suo nome, Imperatore delle Terre Unite. Colui a cui dovete la vostra obbedienza e colui che dovete proteggere.” declamò con fermezza.
Straygor pensò che era giovane, anche per un mortale. Così si limitò a sbuffare di fronte a quella arroganza che venava il tono della voce.
“Dalla padella alla brace. Si stava meglio all'Inferno, almeno lì la compagnia era piacevole.”
“Sei pregato di rivolgerti a me con più rispetto e di tenere per te certe affermazioni. E ora andate a lavarvi e a vestirvi. Tutti e due. Ora come ora, siete disgustosi.” ordinò, congedandoli con l'ennesimo, indolente, movimento del polso.
Ma il sorriso che gli solcò il volto, non appena quelli si furono voltati, affermò che li trovava tutto, tranne che disgustosi.

Straygor sbuffò silenziosamente per l'ennesima volta, da quando era cominciata quella interminabile processione di cittadini scontenti che si presentavano a protestare con l'imperatore.
Lo Sbarbatello, come aveva deciso di chiamarlo da quel giorno, almeno quando si fosse trovato fuori dalla portata di voce, li aveva collocati dietro il proprio scranno, con i cappucci dei mantelli abbassati a scoprire il volto e con le ali spiegate di quel poco necessario a intimorire i presenti.
Il demone non poteva non considerarla una scelta infantile e la rigidità di Samael non faceva che confermare il suo disagio.
I loro sguardi si scontrarono per qualche istante e suoi loro volti si accese un involontario sorriso.
Perché l'espressione di Straygor era sempre stata più eloquente di mille parole.
C'è sempre un modo per aggirare gli umani. Aspetta solo che io capisca come liberarci... E James Herrard, sesto del suo nome, Imperatore delle Terre Unite avrà una grossa sorpresa. Ma nel frattempo... gli umani sono così divertenti!



Note:
La storia partecipa al"Contest a Bivi" indetto dal blog Disegni e Parole
Mmm... che cosa posso dire... che sono una pirla! Tanto per dire, all'inizio la trama doveva essere un'altra... solo che non avevo guardato bene l'immagine assegnata (che era questa) e non mi ero minimamente accorta che i due personaggi avessere le ali -.- Ora, anche non senza l'obbligo di attenersi alle descrizioni fisiche dei personaggi, le ali mi sembravano un elemento abbastanza importante. E così è uscita questa cosa... non so dirvi se sarà più drammatica oppure più comica, quello che è certo è che Straygor ha un bel caratterino!
E così comincio con questo prologo che non mi piace. Ma tanto ormai sappiamo che è la prassi
Clara

 

  
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