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Autore: Artemis Black    15/11/2012    1 recensioni
SERIE! SEQUEL DI IRON WOMAN
Alice, ormai sposa di Loki, vive le sue giornate nel palazzo reale di Asgard. Ma la sua vera natura non può essere rivelata al popolo e quindi vive all'ombra di se stessa, dilettandosi con arco e frecce pur di passare del tempo. Ma nella sua mente sono ben impressi i ricordi dell'ultima battaglia, che la perseguitano la notte e che la fanno scattare ad ogni piccolo rumore. Quando qualcuno ha bisogno del suo aiuto, lei non esita ad accettare, pur di poter mostrare se stessa e dare sfoggio dei suoi grandi poteri, assopiti e quasi inutilizzati a causa delle rigide regole di corte. Ma Loki l'appoggerà? E sopratutto, arriverà in tempo per salvare la vita di un mutante proprio come lei?
Genere: Avventura, Azione, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia Rossa'
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Capitolo undici: R.I.P to the girl you used to see.

 
"Andrà tutto bene." Me lo continuavo a ripetere da giorni, nel tentativo di convincere me stessa.
Loki non si era fatto vivo per niente. Ogni mio sogno era buio e vuoto senza di lui, in quelle poche ore in cui riuscivo a prendere sonno. Ero in pensiero per lui, per la sua incolumità. Oramai dormivo si e no 4 ore al giorno. Ma da quanto notavo, non ero l'unica.
"Ehi Steve, belli i due gommoncini viola!" Disse Stark alludendo alle borse sotto gli occhi del capitano.
"Stark!" Grugnì Rogers.
"Acidi stamattina?" Ribattè Tony.
"Qui ci vuole del budino al cioccolato." dissi passandolo al capitano che mi ringraziò con uno sguardo.
"Come procedono le indagini?" Chiesi a Clint e Nat.
"Sembrano spariti nel nulla." Mi rispose Natasha.
"Gli scienziati che abbiamo catturato nella villa, non spiccicano parola." Aggiunse Clint.
"La dea della fortuna ci è propizia." Commentó sarcastico Stark.
Stavamo tutti mangiando la nostra colazione nella sala mensa, quando l'agente Hill entró.
"Alice Laufeyson, il direttore vuole vederti nel suo ufficio." Disse.
"Convocazione dal preside! Mi sembra di essere alle superiori." Disse Stark.
Adesso che ci pensavo, l'unico che non era al tavolo con noi era Banner.
"Te li mangi quelli?" Mi chiese Stark indicando i miei mirtilli.
"Prendili pure." Gli dissi e uscii dalla sala.
Quando arrivai davanti l'ufficio di Fury, dentro c'era Bruce.
"Mi ha chiamato?" Dissi chiudendo la porta alle mie spalle.
"Si, dobbiamo parlare." Rispose Fury. Non si preannunciava niente di buono.
"Dimmi, Alice, cosa è successo esattamente nei laboratori segreti di Ivanov?"
Dannazione.
"Ho già fatto rapporto." Risposi.
"L'ho letto, ma vorrei che me lo dicessi anche a voce."ribattè.
"A cosa vuoi alludere, Nick?" Gli chiesi.
Bruce si teneva in disparte, come a voler rimanere fuori da quella discussione.
"Dimmi che non mi hai mentivo riguardo a quello che è successo lì dentro." Stavolta Fury era serio, tanto da incutere paura.
Rimasi in silenzio, mi girai verso Banner solo per vedere la sua espressione.
"Perchè lui è qui?" Chiesi a Fury.
"Rispondi alla mia domanda, Alice." Disse fermamente.
“Cosa vuoi sapere esattamente?" Gli dissi.
"Abbiamo trovato alcuni macchinari nei laboratori, in particolare uno ha attirato la mia attenzione: si trovava nella sala da cui hai aperto un varco per portare in salvo l'agente Romanoff. Era in pessime condizioni, come se qualcuno l'avesse squarciato dall'interno." Il suo unico occhi era fisso nei miei.
Beccata.
"Non sono stati trovati persone o cose in quella stanza, tanto forti da piegare il ferro." disse sospirando.
"Quindi le soluzioni sono tre: o l'agente Romanoff è venuta al contatto con il siero, oppure tu sei venuta a contatto con il siero o hai fatto scappare colui che era nel marchingegno. Nessuna delle tre opzioni, peró, è scritta nel suo rapporto." Concluse alzandosi in piedi.
Mi aveva scoperto.
Sospirai e mi passai una mano nei capelli, poi mi sedetti sulla sedia di fronte alla scrivania.
"C'ero io lì dentro." Ammisi.
Fury si abbandonò pesantemente sulla poltrona, mentre Bruce sbuffò.
"Quindi era il tuo DNA, quello che ho trovato nel laboratorio..." affermò Banner.
"Si... Non pensavo di aver preso il siero."
"Lo sai qual'è la procedura adesso." Disse Fury.
"Ma sto bene!" Urlai.
L'ultima cosa che volevo adesso erano altri test medici.
"È la prassi." Fury sembrava irremovibile.
"Alice, non voglio essere invasivo, ma è la soluzione migliore. Almeno finchè non siamo sicuri che non ti ha danneggiato.” Lo appoggiò Banner.
“No!” dissi con voce tremante.
“Alice sii ragionevole.” Fury teneva una mano bassa, vicino al fodero della pistola.
Lo guardai di traverso e lo supplicai con uno sguardo. La risposta fu un’occhiata fredda e distaccata.
Fu al quel punto che mi resi conto che loro avevano già architettato tutto: davano per scontato che fossi stata io, così la chiamata in ufficio era solo un’imboscata.
Mi girai e dietro di me non c’era più Bruce, bensì tre agenti con le armi puntate verso di me. Non sapevo se erano cariche e pronte a sparare, ma la cosa mi fece ribollire di rabbia.
“Mi hai teso una trappola!” digrignai i denti.
“E’ per il tuo bene.” Mi rispose Fury.
“Dici sempre che è per il mio bene! Ma non lo è affatto!” gli urlai contro.
Furia apparve accanto a me e con un leggero tocco alla spalla mi diede una scaricare di adrenalina.
“Lascia fare a me.” Disse.
“Non fargli del male…” sussurrai mentre chiudevo gli occhi e lasciavo il controllo del mio corpo alla Furia.
Fu come una scarica elettrica, pervase tutto il mio corpo e diede il via alla mia follia.
Quando riaprii gli occhi, Fury si accorse del mio cambiamento. Stava per prendere la pistola, ma con un sfera di energia lo scagliai contro la parete in fondo, facendolo cadere rovinosamente a terra. Gli agenti dietro mi spararono contro, ma con un muro d’energia fermai le pallottole e con due sfere di fuoco li sbalzai lontani, rompendo il muro dell’ufficio, facendo così scattare l’allarme.
Uscii da quella stanza e percorsi il corridoio nel tentativo di uscire fuori e volare via dall’elivelivolo.
Altri agenti mi si pararono davanti e a malincuore li scagliai lontano da me.
Due mi colsero alle spalle, saltandomi addosso. Gridai e l’energia che sprigionai li staccò da me, facendoli cadere a terra. Altri avevano cominciato a spararmi contro, ma non poteva colpirmi poiché avevo innalzato una barriera di fuoco.
Con un gesto della mano le fiamme si espansero fino a creare una piccola esplosione che li gettò addosso ai vetri di alcune stanze. Passandoci vicino, notai il mio riflesso: avevo gli occhi neri e le pupille due tizzoni ardenti. Erano bellissimi ma allo stesso tempo letali, come la Furia.
Arrivarono altri agenti e dovetti sistemarli. Il controllo mi sfuggiva e la Furia cominciava ad arrabbiarsi sempre più, venendo a meno di ciò che gli avevo raccomandato.
Poi la vidi: Natasha era in fondo al corridoio e non capiva cosa stava succedendo, finchè non mi vide. Fermò alcuni agenti che mi stavano vendendo incontro e gli disse di andarsene. Poi arrivò anche Clint, seguito subito dopo da Steve e Tony.
Mi guardarono con espressioni indecifrabili.
Io li guardai con disprezzo. Il primo che mi si parò davanti fu Steve.
“Alice, ragiona! Torna in te!” tentò di dissuadermi con le parole. Povero ingenuo.
Lo colpii in pieno stomaco con una sfera di fuoco. Si rialzò in piedi e tentò di prendermi, ma io ero agile e scivolavo via da ogni sua presa. Saltai appoggiando un piede alla parete vicina, sferrandogli così un calcio in pieno viso.
Barcollò all’indietro, poi scrollò il viso e lanciò un’occhiata veloce alle mie spalle. Capii al volo cosa stava guardando e feci appena in tempo ad abbassarmi per schivare una freccia.
“Non ti sono bastate quelle che hai preso sul ring?” disse scherzoso Clint.
Risi con gusto a quella sua battuta, prima di scagliarmi addosso a lui con tutta la mia forza. Ma c’era un problema: Steve. Erano in due ad attaccarmi.
Capitan America era troppo pesante da battere in un solo colpo, ma anche Occhio di Falco non scherzava. La prima cosa da fare era spezzargli l’arco: glielo disintegrai con una sfera di fuoco.
Vidi il suo sguardo farsi nero di rabbia, mentre dalla mia gola uscì un ghigno trionfatore.
Alla lotta si aggiunse anche Natasha, che sinuosa e rapida riusciva a schivare i miei colpi.
Sentivo la rabbia crescermi dentro, tre dei miei amici mi stavano combattendo come se fossi un mostro, un bandito da mettere dentro. Accumulavo energia, cercavo di placare la Furia ma ormai era lei che aveva preso le redini del mio corpo.
Poi ci fu la goccia che fece traboccare il vaso, il culmine della mia follia, il pulsante che fece esplodere la mia rabbia: Tony mi aveva sparato all’addome.
Indietreggiai barcollando, tentando di capire il motivo di quel gesto.
Ma la Furia non ebbe pietà, sganciò l’ultima bomba: con un urlo spettrale rilasciai una quantità di energia pazzesca, tanto da sbalzare via tutto ciò che avevo intorno, di rompere ogni sottile parete o vetro e di incendiare una sezione dell’elivelivolo.
Corsi via, mentre il fumo annebbiava la mia vista, non capivo dove stavo andando. Proprio in quel momento, qualcuno mi saltò alle spalle e sentii un pizzico sul collo.
Caddi sulle ginocchia, tentando invano di rimettermi in piedi. La mia vista si annebbiava sempre di più e qualcosa placava la mia rabbia, sentendomi improvvisamente stanca e spossata.
Mi guardai intorno e vidi davanti a me l’agente Hill.
Mi guardava con l’aria di chi aveva fatto qualcosa di buono e non vedeva l’ora di dirlo al capo. Gli ringhiai contro prima di accasciarmi a terra priva di sensi.
 
Ero in bosco scuro, pieni di rovi e alberi con rami secchi e spogli. Una leggera nebbiolina impregnava l’aria circostante, rendendo il luogo ancora più cupo e tenebroso.
La luna regnava incontrastata nel cielo, nessuna stella gli faceva compagnia.
Mi guardai intorno, pronta a ricevere qualche visita inaspettata, invece quel silenzio surreale non era spezzato da alcun rumore.
La mia pelle era stranamente fredda e dalla mia bocca uscivano nuvolette di fumo ogni qual volta  respiravo. Decisi di addentrarmi nel fitto del bosco, con le spine dei cespugli che mi ferivano i polpacci e i rami secchi che mi impedivano di camminare con la schiena dritta.
Un fruscio alle mie spalle mi fece girare di scatto. La paura cominciava a salirmi su dallo stomaco.
Una figura scura si ergeva in mezzo all’oscurità: era alta, decisamente alta, con spalle larghe e possenti, un mantello nero copriva il suo volto e il resto del suo corpo. Mi scrutava da lontano, perlustrava ogni centimetro del mio corpo e ne definiva i lineamenti. I suoi occhi li sentivo appiccicati a me, cercava di scavare in profondità, di andare oltre la corteccia e dell’involucro della mia anima. Lo sentii mentre si insinuava placido nella mia mente, come un serpente incantatore che cercava di persuadere la sua preda a non scappare.
Poi vidi i suoi occhi: due piccole luci azzurre che si vedevano distintamente in quel mare nero che ci circondava.
Sentii la paura bloccarmi il fiato, serrare la mia gola e irrigidire le mie gambe.
Si stava avvicinando, il mantello svolazzava dietro di lui e lasciava trasparire la sua figura mastodontica. Cercai di muovermi, di urlare, ma ero bloccata.
Era sempre più vicino.
Adesso ci separavano soltanto pochi metri, se non centimetri.
Alzò la mano verso di me, puntando un dito alla mia fronte. Mancava poco che mi toccasse la testa ed io in preda al panico ero completamente bloccata.
Un soffio separava le sue dita dalla mio volto.
In quel momento qualcosa mi afferrò da dietro e mi trascinò via ed io finalmente urlai.
 
Aprii gli occhi di scatto alzandomi da terra.
La mia vista ero offuscata e l’unica cosa che distinguevo bene erano le luci al neon che illuminavano la stanza in cui ero. Avevo un mal di testa assurdo e dovetti sbattere più volte gli occhi per vedere meglio.
Sentivo ancora l’umidità che impregnava i miei vestiti nel bosco e nella mia testa era come se quella figura avesse lasciato una scia di un qualcosa. Era stato troppo reale come sogno.
“Non ci posso credere.” Dissi con voce rauca.
Non ero in una stanza qualsiasi, ero nella gabbia.
La cella che era stata progettata per l’Hulk, dove qualche anno prima era stato rinchiuso Loki e dove Thor era stato ingannato dal fratello, prima di schiantarsi al suolo. Mi alzai in piedi e mi guardai intorno.
I vetri erano spessi e quasi indistruttibili, il pavimento solido e robusto e il soffitto sembrava quasi un coperchio di ferro. Il tutto aveva l’aria di essere indistruttibile, ma questo dovevo ancora approvarlo.
“Fatemi uscire!” gridai.
Nessuno mi rispose.
“Dannazione, Fury! Se esco di qui giuro che ti faccio il culo a strisce!” dissi rivolgendomi  ad una telecamera.
Visto che nessuno aveva intenzione di parlarmi, mi misi seduta in mezzo alla cella: a gambe incrociate, con le mani poggiate sulle ginocchia e gli occhi chiusi.
“Non è con te che voglio parlare.” Dissi.
Davanti al vetro c’era Steve che mi guardava con le braccia incrociate.
“Picchi duro.” Disse.
“Per essere una donna?” chiesi sarcastica.
“No, per esserti messa contro un amico.” Disse. I suoi occhi blu mi penetravano  e il suo sguardo mi rimproverava per quello che avevo fatto.
Steve era l’unico che non avrei mai voluto ferire in quel modo, ma come al mio solito il mio volere non combaciava mai con il mio fare.
Steve era un uomo d’altri tempi: solidale e fortemente attaccato ai valori, ed io ero appena venuta a meno ad uno dei suoi valori. Parlando da amica, lo avevo ferito… nel profondo e quello che più mi faceva arrabbiare era che ne ero consapevole e non sapevo come scusarmi. Come Avenger, avevo tradito la sua fiducia in qualche modo.
Non so se mai mi perdonerà per questo.
Non potevo ammettere di non esser stata io nel vero senso della parola, ma che la Furia aveva preso il controllo… con il mio permesso. Un attimo di debolezza e mi aveva fregato.
Serrai i pugni e la mascella al solo pensiero.
“Devi rimanere qui dentro, fino a quando sarà necessario.” Disse con voce fredda.
“Non posso!” gli risposi.
“Invece si.” Disse e si avvicinò al quadro dei comandi.
Alzò la mascherina di un bottone rosso e digitò qualcosa sul monitor.
“Sai come funziona quest’affare, non metterlo alla prova.” Mi disse.
“Steve, io…” provai inutilmente a difendermi.
“No Alice, hai passato il limite. Seriamente… ora rimani qui, calmati, rifletti su quello che hai fatto e prega Dio che Fury non ti faccia rinchiudere in qualche cella di contenimento o che ti sbatta fuori dal progetto Avengers.” Mi guardò dritta negli occhi.
“Capitano!” l’agente Hill corse verso di lui.
“Che succede?” le chiese.
Maria si alzò sulle punte e disse qualcosa all’orecchio di Steve.
“Cosa?!” Steve sbarrò gli occhi.
“Si…” annuì l’agente costernata.
La guardai con tutto l’astio che avevo in corpo, ma le ero grata allo stesso tempo perché era riuscita a fermarmi.
“Dove?” chiese Steve allontanandosi.
“… Scuola dei Mutanti.” Fu l’unica cosa che capii dalla risposta della Hill.
“Cosa?” sussurrai.
“Ehi! Ditemi che succede!” urlai.
Ma certo, quale posto migliore poteva scegliere dove testare il suo virus se non dove erano riuniti tanti mutanti!
L’allarme d’emergenza cominciò a suonare e la luce rossa invase la sala.
“Qualcuno mi spiega cosa diamine succede?” urlai nuovamente.
Nessuno si fermò ad ascoltarmi, nessuno. Quindi decisi di fare a modo mio, tanto non avevo nulla da perdere ormai, poiché stavo già perdendo tutto.
Sferrai un pugno sulla vetrata e la cella si mosse instabile. Un altro pugno, un’altra crepa nel vetro e una nuova scossa alla cella. Il portellone sotto si aprì e un vento fortissimo cominciò a soffiare intorno alla cella. La mia mano mi doleva, forse me l’ero anche rotta, ma non mi persi d’animo: sferrai una sfera d’energia che si frantumò al contatto con il vetro e fece ondeggiare la mia prigione.
“One more time, Alice.” Mi dissi.
Dalle mie mani creai una globo azzurrino più grande di quello precedente e lo scagliai con tutta la mia forza contro il vetro. Il meccanismo fece staccare completamente la cella e piombai giù, a migliaia di metri da terra. Mentre la stanza ruotava in aria e la Terra si faceva sempre più vicina, con un globo di fuoco feci scoppiare il soffitto e uscii, prima che la scatola di vetro si frantumasse al suolo.
Tirai un sospiro di sollievo e poi volai come una scheggia verso la scuola.
Quando parte dell’adrenalina che avevo in circolò se ne andò, cominciai ad avvertire una fitta di dolore alla mano. Ma non potevo atterrare, dovevo arrivare in tempo alla scuola, dovevo salvare i studenti e avvertire Scott e Logan.
Atterrai rovinosamente nel bosco vicino alla scuola. Mentre riprendevo i sensi, imposi le mani sulla ferita e la guarii, ma l’energia fisica cominciava a scarseggiare.
Mi alzai in piedi a fatica e cominciai a correre verso la scuola.
Un calore intenso mi colpì in pieno viso e lo spettacolo che mi si parò davanti fu devastante: la grande villa era in fiamme, studenti che scappano in tutte le direzioni e agenti dell’Hydra che li prendevano per sparargli qualcosa al collo con una pistola contenente il virus.
“Noooo!” urlai.
Mi scagliai contro quegli agenti e tolsi dalle loro grinfie una ragazzina spaventata. Con una sfera d’energia li stesi e mi rivolsi verso la ragazzina.
“Dove sono Logan e Scott?” le chiesi.
“Sono dentro la scuola!” mi disse esasperata.
“Va via, scappa verso il bosco! Dillo anche agli altri!” gli urlai.
La aiutai ad alzarsi poi andai a liberare altri ragazzi da dentro il dormitorio, quando mi si parò davanti un ragazzo con gli occhi completamente neri: era stato sottoposto al siero.
Non volevo fargli del male, non era colpa sua se era stato avvelenato da quello schifoso di Ivanov. Lo tramortii con un colpo alla testa, facendogli perdere i sensi.
Vidi arrivare altri agenti dell’Hydra, ma fortunatamente arrivarono anche i Vendicatori. Lasciai che loro si occupassero della situazione di fuori.
Altri ragazzini intralciarono la mia strada, tutti con gli occhi iniettati di nero. Cercavo in tutti i modi di trattenermi nel colpirli, ma era difficile. L’unica cosa che potevo fare era fargli perdere i sensi.
Nello scontro contro due agenti dell’Hydra, abbattei la parete nord dell’abitazione, permettendo anche ai ragazzi di uscire.
Uscii fuori dall’edificio e mi diressi verso la scuola sotterranea. La casetta di legno da cui si accedeva era completamente saltata in aria e la porta blindata era stata piegata orribilmente.
Dentro c’era fumo e puzzo di bruciato ovunque. Molti studenti non riuscivano a respirare, così li aiutai ad uscire, mettendoli nella bolla d’energia che mi ero creata intorno. Mentre aiutavo un ragazzo a mettersi in piedi, vidi Clint entrare nella sala principale.
“Alice! Ma che diavo- Aaaah, lascia stare!” disse arrendendosi.
“Che succede, Clint?” gli chiesi mentre sorreggevo il ragazzo.
“Ivanov è qui con i suoi agenti, ma non sappiamo esattamente dov’è. Potrebbe esserci anche Robin.” Disse.
Quando sentii il suo nome, un barlume guizzò nei miei occhi.
“Lascialo stare, Alice. Per favore.” Disse Clint, accorgendosi del mio sguardo freddo e calcolatore che già stava progettando una vendetta lenta e cruda.
“Dobbiamo trovare il russo. Ho un’idea.” Dissi.
Accompagnai il ragazzo fuori e scorsi che all’esterno la situazione stava degenerando: molti più ragazzi avevano gli occhi neri ed impazzivano, saltando addosso ai Vendicatori che non sapevano come difendersi senza ferirli.
“Va fuori ad aiutarli!” dissi a Clint.
“Non ci penso proprio, vengo con te.” Disse lui.
Vano tentativo di dissuaderlo.
“Vieni.” Gli dissi.
Ci addentrammo nella scuola, passando prima per l’ufficio di Scott (dove non c’era nessuno) e poi ci avvicinammo nella stanza degli allenamenti.
La porta era evidentemente sfondata e da dentro si sentivano rumori metallici.
“Avanti ragazzi, arrendetevi e sottoponetevi al virus!” disse Ivanov.
Bloccai Clint che stava per entrare nella stanza e gli dissi di fare silenzio. Poi indicai Logan e Scott, entrambi a terra e visibilmente feriti, e Robin che scaturiva fulmini a destra e manca.
“Vattene!” gli sussurrai a Clint.
“No!” disse e incoccò una freccia. La puntò dietro alla schiena di Ivanov, prese un respiro e la lanciò.
La freccia fu incenerita in aria da Robin con uno dei suoi fulmini. Merda, ci aveva scoperti.
Gli sferrai contro un globo di fuoco, ma lui lo fermò con una saetta gialla. Entrai definitivamente nella stanza e guardai i due delinquenti.
“Oh, la nostra cara dottoressa… o forse, dovrei chiamarti spia!” disse Ivanov sibilando.
“Non è colpa mia se non hai una linea di sicurezza affidabile.” Dissi sarcastica.
La sua faccia si indurì.
“Falla fuori.” Disse rivolgendosi a Robin.
“Può starne certo.” Il ragazzo mi sorrise.
“Clint, vattene.” Dissi.
“Col cavolo!” protestò lui.
“Vattene!” gli urlai poco prima che Robin gli scagliasse contro un fulmine.
Mi parai davanti a lui e il colpo mi fece cadere a terra. L’addome mi doleva da morire, ma clint stava bene. Era questo ciò che contava.
Mi guardò sbigottito, fece qualche passo indietro e se ne andò via.
Mi alzai a tentoni, tenendomi una mano sulla pancia. La vista andava e veniva ed avevo già l’affanno.
“Ho bisogno di te.” Pensai.
-Sono qui, mia cara.- disse Furia accanto a me.
“E’ il tuo turno. Per favore… fallo a pezzi per me.” Dissi mentalmente.
-Lo farò, per te… anche se io sono te.- disse.
Avvicinò le sue mani al mio viso, il suo respiro era caldo e umido al contatto con il mio. Quando le sue labbra toccarono le mie, fu magia: la collisione di due stelle, l’esplosione di una bomba atomica, il ruggito di due tigri, lo scoppio di un incendio. Il mio corpo fu scosso dalla più grande scarica di adrenalina, forza che avessi mai sentito. Il mio corpo fu come pulito da un’energia nuova, pura, che spazzò via qualsiasi torpore e dolore. Fui rigenerata, nata nuovamente dalla collisione di due parti del mio essere.
Mentre tutto ciò avvenne, la stanza fu inondata da una luce bianca che accecò tutti quanti.
Quando il bagliore sparì, gli sguardi erano tutti puntati verso di me: Robin e Ivanov mi guardavano con astio e freddezza, mentre Logan che tentava di rimettersi in piedi mi guardò con un ghignò sulle labbra.
Quando aprii i miei occhi, Ivanov sussultò: per un attimo vidi il terrore nel suo sguardo, poi si ricompose e tornò a guardarmi con circospezione.
I miei occhi bruciavano di fiamma viva: rossi come il fuoco incutevano timore, rossi come l’amore  verso Loki che mi spingeva a lottare senza mai perdere la speranza, rosso come il sangue che bramavo, rosso come la vendetta.
___________________________________________
Buonasera :)
Scusate se non ho aggiornato presto, ma nella mia scuola abbiamo occupato, poi manifestato e nel frattempo dovevo sia studiare che andare in palestra. Ma alla fine sono riuscita a ritagliare un pò di tempo per scrivere. Con questo capitolo entriamo nella fase finale della storia.
Non so ancora come finirà la storia... seriamente, ho dei problemi a decidere come concluderla .-.
Comunque, non preoccupatevi, troverò sicuramente il finale che voglio. 
In Questo capitolo avviene la rinascita di Alice: attenzione, non è una trasformazione! E' come se il bacio le avesse chiarito le idee, le avesse aperto gli occhi e avesse rimesso in odrine la sua mente. Ma in che modo? Lo scoprirete u.u
Adesso vi lascio, fatemi sapere che ne pensate con una recensione e ditemi che cosa vi aspettate nei prossimi capitoli!

passiamo ai ringraziamenti!
grazie a cullen96  Hem_Mary  kagome50  __Shadow__ Nemesis_Kali per averla messa nelle preferite :)
grazie a alicetta96  elisax88  kh2zvn Mayaserana  OkinoLinYu  SweetSmile  yuuki_love  _Let it shine  Eruanne Mumma Lady of the sea per averla messa nelle seguite :)
grazie a  _Lucrezia97_ per averla messa nelle ricordate :)
Un grazie speciale a chi la recensisce! E un grazie anche a chi la segue in silenzio :)
See you soon,
Artemis Black 
  
  
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