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Autore: Filakes    16/11/2012    1 recensioni
Nilde ha diciotto anni, nata nel regno di Oberon.
Quando undici anni prima il suo regno perse una guerra, Nilde fu catturata dai soldati nemici e trasportata lontano dalla sua famiglia.
Vive tra stenti ed ingiustizie in un luogo sperduto al nord, lavorando con altri ragazzi come schiavi, privati di ogni diritto.
C'è una cosa, però, che l'aiuta a sopravvivere, a non impazzire: il ricordo di una storia che le raccontava la madre: la storia della città di Utopia, città priva di ingiustizie, progredita, governata saggiamente, che fu trovata da due esploratori, ma una volta tornati ad Oberon, non furono più capaci di ritrovarla.
Utopia è l'unica salvezza per Nilde e per il regno di Oberon.
Ma esisterà davvero?
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I:
“Fascia verde e laccio rosso”

  Sono già sveglia quando un soldato tira tre pugni alla porta del nostro dormitorio con forza, urlando che dobbiamo alzarci in fretta. È una sveglia fastidiosa, ma ormai ci siamo abituati tutti qui dentro. Questa mattina però, metà della nostra camerata è già sveglia da un po’, infatti, Annabeth, la ragazzina che dorme vicino a me, ha cominciato a tossire convulsamente da questa notte e non ha mai smesso. Ogni tanto l’ho sentita andare in bagno a piangere e vomitare. Mi alzo dal letto ed incrocio il suo sguardo atterrito: è pallida e trema per il freddo. I miei occhi vengono catturati da una macchia di sangue sul suo cuscino: è ufficiale, non passerà il Controllo di oggi.
Una volta all’anno, in quest’inferno, ogni camerata deve fare un controllo medico approfondito: prelievo del sangue, visita medica, analisi delle urine e così via. Dopodiché veniamo divisi in tre gruppi: sani e adatti al lavoro, recuperabili e, infine, quelli a riposo. Quelli sani vengono portati a lavorare immediatamente, quelli recuperabili vengono guariti velocemente, la medicina ha fatto passi da gigante negli ultimi decenni, mentre quelli detti a “riposo” vengono scartati in quanto il costo della loro cura sarebbe troppo elevato e vengono emarginati e lasciati morire. A volte addirittura uccisi di nascosto per liberare un posto letto per un’altra vittima. Sfortunatamente per Annabeth, oggi è il giorno del Controllo.
-         Nilde…
La voce le trema e vedo che a stento trattiene le lacrime. Mi alzo dal letto e l’abbraccio. Annabeth è minuta e molto esile, con il clima di questo posto il suo corpo non può reggere.
-         Andrà tutto bene.
Cerco di rassicurarla abbracciandola ancora più forte, le altre ragazze ci osservano senza sapere cosa dire, dispiaciute.
-         S…se io venissi scartata…
-         Non succederà, non è niente.
Mentre cerco di calmarla, Annabeth riprende a tossire e un grumolo di sangue mi finisce sui vestiti logori.
-         Cinque minuti al Controllo!
Il soldato sta ancora urlando fuori dalla nostra camerata. Se arriviamo in ritardo rientriamo automaticamente negli scarti. Mi cambio in fretta la maglietta, con una altrettanto malmessa, ma almeno non è sporca di sangue, e aiuto Annabeth a vestirsi e a mettere il giaccone.
-         Andrà tutto bene, vedrai.
Le sorrido.
  Annabeth ha tredici anni ed è stata portata in quest’inferno solo un anno fa, come punizione per aver rubato delle galline in una fattoria per dar da mangiare qualcosa alla sua famiglia. Da allora ho cercato di proteggerla, ma è troppo fragile per sopportare tutto questo.
Le accarezzo i capelli biondi, quasi bianchi, e le stringo la mano.
-         Dobbiamo andare.
Sussurro.
Lei annuisce, terrorizzata e ci mettiamo in fila, insieme alle altre.
  Il soldato apre la porta e ci fa salire su una struttura in ferro, che fluttua sospesa a trenta centimetri dalla neve che ricopre l’asfalto. Il soldato urla un comando e un ragazzo, vestito di stracci come noi, aziona un pulsante e la struttura inizia a muoversi verso l’infermeria, acquisendo sempre più velocità.
Annabeth mi stringe la mano e si aggrappa al mio braccio.
-         Tutto ok?
Le chiedo senza farmi sentire dagli altri.
-         Mi gira la testa.
La sua voce è un sussurro impercettibile.
-         Andrà tutto bene.
Cerco di sorriderle.
Il vento freddo si abbatte tagliente sui nostri volti, in queste condizioni, Annabeth non può che peggiorare. Digrigno i denti, furiosa. Come possono trattare così una bambina? Ricordo che quando avevo sette anni e mi avevano portato qui, avevo creduto di morire un sacco di volte, ma me l’ero sempre cavata, aiutata dagli altri. Annabeth invece è arrivata qua già debole e ammalata, era da sola. È già un miracolo che sia sopravvissuta tanto a lungo, probabilmente.
La struttura metallica si ferma, finalmente, e ci fanno scendere e dividere in due file. Annabeth viene spostata da un soldato nell’altra fila, con le ragazze più giovani, ed entriamo nell’infermeria. Un calore improvviso ci pervade: qui i riscaldamenti ci sono, per il benessere dei nostri aguzzini. Una alla volta, entriamo tutte nella stanza dove un medico esegue le analisi e le visite, finché arriva il mio turno. Entro decisa nella stanza bianca e linda. È una stanza austera, priva di ogni emozione, ci sono solo macchinari metallici e un lettino bianco e scomodo. Il dottore mi fa sedere e con freddezza e meccanicità mi preleva del sangue. Mentre la macchina elabora i dati, vengo visitata. Le mani del dottore si muovono con cautela, tastando la schiena, la gola e la pancia, mi sento quasi un animale da macello. Mi chiede poi di tossire, mi ascolta il respiro e mi misura i parametri vitali. Mentre il medico annota ogni cosa, mi viene da pensare a cosa sarebbe accaduto se tutto questo non fosse mai successo, forse anch’io sarei diventata medico, chissà.
-         Sembra tutto apposto.
Commenta e un fischio elettronico risuona all’improvviso nella stanzetta bianca e immacolata, avvisando che le analisi sono pronte.
Il medico le prende in mano e le osserva.
-         Godi di ottima salute Nilde. Puoi andare.
Mi rassicura, legandomi una fascia verde al braccio sinistro, simbolo che sono sana e in grado di lavorare.
Ringrazio ed esco velocemente. Esistono due fasce: una verde e una gialla, la prima per i sani e la seconda per i recuperabili, mentre agli scarti viene messo un laccio rosso. Annabeth entra poco dopo. Mi sento tesa, temo che uscirà con un laccio rosso, ma prego che non sia così. Il tempo passa e la visita si prolunga più del previsto. Inizio a tormentarmi le mani, ansiosa. Annabeth è una sorella per me, non posso permettermi di perderla, non posso. Le altre mi osservano, preoccupate, sanno quanto lei sia importante per me, ho giurato di difenderla, ma ora mi sento completamente impotente. Inizio ad attorcigliarmi i capelli castani, mentre sento l’angoscia invadermi.
La porta si apre all’improvviso, guardo terrorizzata il suo braccio sinistro e sento che la terra viene meno sotto ai miei piedi: Annabeth ha il laccio rosso.

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Spazio autrice:
Salve a tutti, sono Filakes. Questa è la prima storia di fantascienza che scrivo, al momento ne sto scrivendo una fantasy con molta passione e altre tre che però sono in fase di riposo...L'idea per questa storia mi è venuta tempo fa, dopo un brutto sogno, e poichè avevo già voglia di scrivere una storia al presente ed in prima persona, ho deciso di cimentarmi in quest'impresa. Spero davvero che vi possa piacere, fatemi sapere! :)
Filakes

   
 
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