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Autore: giambo    19/11/2012    4 recensioni
"Crilin sospirò quando sentì l’ennesimo soprammobile della villa andare in frantumi. Che la giornata non sarebbe stata propriamente rilassante l’aveva capito a colazione quando sua moglie aveva dichiarato che sarebbe andata a riscuotere ciò che le spettava." ... “Ora ascoltatemi bene!” dichiarò con voce glaciale prima ancora che Trunks e Goten potessero aprire bocca, “Io mi devo occupare di una piccola faccenda di denaro. Se mi promettete che farete i buoni e che non combinerete alcun disastro, io vi prometto che potrete mangiare tutto quello che volete nel miglior ristorante della città. a mie spese ovviamente.”
Storia, divisa in due capitoli, tratta dall'OAV "l'iiriducibile bio-combattente" con in aggiunta un finale di mia inventita totalmente assente nel film.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Crilin, Goten, Mr. Satan, Trunks | Coppie: 18/Crilin
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premetto subito una cosa: questa era una one-shot all’inizio, ma notando che più scrivevo e più si allungava, ho deciso di dividerla in due parti. Tuttavia, penso sia doveroso dire subito che, essendo questa settimana piuttosto impegnato, non ho idea di quando riuscirò a pubblicare la seconda parte. Infatti, anche se è già scritta, devo riguardarla. Inoltre non sono molto convinto su un paio di punti. Quindi spero che, se mai vi dovesse piacere, possiate avere un po’ di pazienza. Diciamo, fino a sabato al massimo.

La storia è tratta da uno dei pochi OAV di Dragon Ball che trovo di mio gusto. Il primo capitolo si baserà, principalmente sulla trama del film, la seconda parte invece è tutta farina del mio sacco e prevede i possibili avvenimenti che ci sono tra Crilin e C18 la sera dopo la battaglia contro Broly.

Il motivo per cui l’ho scritta è molto semplice: rivedendo l’OAV ho pensato “Che cosa ha provato l’orgogliosa C18 nell’essere sconfitta da Broly? E quando suo marito, pur disobbedendole, viene a salvarla?” ecco, diciamo che questa era il tema centra della storia. Che poi si sia allungata a dismisura è una cosa che può capitare quando hai, all’inizio della storia, solo un abbozzo di trama. In ogni caso, spero che vi piaccia. Come sapete apprezzo moltissimo qualunque tipo di recensione, anche negative, dato che le considero un ottimo modo per migliorarmi.

Un’ultima cosa! È probabile che Mr. Satan sia vista in maniera piuttosto denigratoria in questa storia. Vorrei specificare che io non lo considero assolutamente nel modo in cui è descritto in questa storia (anzi è uno dei miei personaggi preferiti), ma essendo visto dal punto di vista di C18, ho dovuto allinearmi al pensiero della scorbutica cyborg che, sicuramente, non la pensa come me sul campione dei campioni.

E ora non mi resta che augurarvi buona lettura!

Il compito di ogni uomo

La grande di villa di Mr. Satan era tra le abitazioni più imponenti di tutta la Città dell’Ovest che, da quando Cell era stato ‘sconfitto’ dal campione dei campioni, era stata ribattezzata Satan City.

La villa era stata progettata dallo stesso Mr. Satan che, ancora ebbro di gioia ed alcool per la vittoria conseguita contro il terribile androide, aveva deciso di costruire una dimora per se stesso e sua figlia che, una volta completata, sarebbe diventata il simbolo della metropoli da cui ora prendeva orgogliosamente il suo nome.

I motivi per cui non era diventata il simbolo della città non furono mai svelati. C’è chi dice che il grande campione di arti marziali avesse progettato, all’inizio, una dimora ancora più imponente e grande di quella attuale ma, a causa del costo esorbitante che la costruzione di una simile villa avrebbe comportato, si era dovuto ‘accontentare’ di una dimora ‘normale’. Certo, Villa Satan era una delle dimore più lussuose ed imponenti della città, ma non si poteva definire il simbolo di Satan City.

Conoscendo i gusti di Satan, a vederla dall’esterno, la villa appariva insolitamente sobria. Molti sussurravano che era stata la figlia del ‘Maestro’ a decidere le decorazioni per l’esterno. Gli interni, invece, erano stati arredati da Satan in persona. Entrare a Villa Satan significava entrare in un universo dorato, ed apparentemente infinito, di stanze, salotti, corridoi, terrazze e bagni uno più lussuoso dell’altro. Il gusto dell’arredamento era piuttosto pacchiano. Ma era risaputo che chi votava la propria vita alle arti marziali difficilmente riusciva a trovare il tempo per dedicarsi ad altre attività. E tra queste attività, c’era sicuramente lo sviluppare un gusto decente per l’arte.

Tuttavia, se un fortunato visitatore trovava difficile la vista di tutto quel lusso, poteva tranquillamente rilassare la propria vista percorrendo i giardini della villa. Quest’ultimi infatti, ad eccezione della gigantesca piscina personale del ‘Maestro’, erano un oasi di silenzio, quiete e pace. Un posto dove la mente trovava finalmente la possibilità di liberarsi dai pensieri futili e di cogliere la vera essenza delle cose. La cosa straordinaria di questa piccola oasi di pace era che, pur essendo la villa costruita nel pieno centro cittadino della metropoli, possedeva il più totale isolamento acustico  nei confronti del caos e del rumore della città. Si diceva che venisse spesso a meditare nei giardini della villa la figlia di Mr. Satan, Videl. La quale cercava, attraverso la meditazione ed il controllo del respiro, di arginare le emozioni e le passioni che il suo carattere focoso le inviava.

Purtroppo, neppure il più saggio dei saggi sarebbe riuscito a trovare la pace e la tranquillità necessaria per meditare nei giardini di Villa Satan quel giorno.

Quel giorno infatti, una radiosa mattina di inizio estate, il giardino, di solito silenzioso e tranquillo, era infestato da strilli, imprecazioni, grida di supplica e, soprattutto, il rumore di molti, moltissimi oggetti che andavano in frantumi. Ovviamente quei rumori erano perfettamente udibili anche all’ingresso della villa dove, in quel momento, erano presenti tre bambini ed un adulto piuttosto sconfortato.

Crilin sospirò quando sentì l’ennesimo soprammobile della villa andare in frantumi. Che la giornata non sarebbe stata propriamente rilassante l’aveva capito a colazione quando sua moglie aveva dichiarato che sarebbe andata a riscuotere ciò che le spettava. Fin lì non c’erano stati problemi. Crilin avrebbe aspettato tranquillamente alla Kame House insieme a sua figlia ed al suo maestro che C18 svuotasse le tasche a Mr. Satan. Ma Marron, appena aveva sentito che sua madre andava a malmenare qualcuno, aveva deciso che ci sarebbe andata anche lei. Anche a costo di rompere i timpani a suo padre a furia di strilli. Evidentemente, alla bambina era ancora rimasto impresso lo spettacolare combattimento tra sua madre e i piccoli Goten e Trunks  travestiti da Mighty Mask al torneo Tenkaichi. Da allora Marron aveva preso a venerare sua madre, sviluppando un gusto sadico per la violenza piuttosto inusuale in una bambina di appena cinque anni e che preoccupava non poco suo padre. C18, invece, ne era abbastanza soddisfatta dato che non avrebbe mai accettato che sua figlia diventasse una donna debole e piagnucolosa.

In ogni caso, Marron voleva venire. E siccome era testarda come sua madre, se non peggio, i suoi avevano dovuto accontentarla. Ma la cyborg non si fidava a lasciare sua figlia da sola mentre lei era impegnata a convincere il campione del mondo a pagare ciò che le doveva. Quindi, seppur controvoglia, Crilin aveva dovuto seguire sua moglie per tenere sotto controllo la bambina mentre lei provvedeva alle finanze della famiglia. Il tutto condito con la precoce dipartita dell’orgoglio del terrestre che si vedeva ridotto a fare il baby-sitter a ben tre bambini.

Infatti, dato che le grane, come i guai, non arrivano mai da sole, poco prima di partire dalla Kame House era arrivata una telefonata da parte di Bulma. La scienziata era in difficoltà. Quel giorno era venuto Goten a trovare Trunks, ma lei era costretta ad andare via tutto il giorno per via di una conferenza di lavoro. Di lasciare quei due satanassi sotto il controllo di Vegeta non era neanche possibile immaginarlo. Era probabile, infatti, che il principe dei saiyan li avrebbe lasciati liberi di combinare tutti i disastri che volevano, mentre lui si sarebbe allenato all’interno della sua inseparabile Gravity Room. Lo stesso effetto si sarebbe ottenuto lasciandoli dai genitori dell’azzurra che, svagati com’erano, non si sarebbero accorti neppure della distruzione della città. In definitiva, rimaneva solamente lui che poteva cavarla da questo impiccio.

In realtà, più che una richiesta, quello di Bulma era un ordine bello e buono. E neppure quando Crilin tentò,  seppur timidamente, di togliersi quella responsabilità dicendo che lui e la sua famiglia erano via tutto il giorno, la scienziata cambiò parere.

“Ottimo! Quindi potete portaveli via con voi. I ragazzi ne saranno felici. Passate pure tra una mezzora, ma vi prego, non siate ritardatari, perché oggi sono proprio di fretta.”

E senza neanche dare il tempo al piccolo guerriero di controbattere, Bulma aveva messo giù il telefono.

Quando Crilin aveva comunicato la notizia a sua moglie, quest’ultima non l’aveva presa affatto bene. La cyborg passò il viaggio a ripetere che era senza un minimo di spina dorsale e che, se lei avesse avuto mano libera, avrebbe fatto abbassare velocemente la cresta a quella donnicciola di Bulma. L’unico lato positivo per il terrestre  era la presenza di Marron. Davanti a sua figlia, infatti, l’androide fu costretta a trattenersi con gli epiteti e gli insulti.

Tuttavia, una volta che una frettolosissima Bulma consegnò ai due coniugi i bambini, C18 sorprese ancora una volta suo marito.

“Ora ascoltatemi bene!” dichiarò con voce glaciale prima ancora che Trunks e Goten potessero aprire bocca, “Io mi devo occupare di una piccola faccenda di denaro. Se mi promettete che farete i buoni e che non combinerete alcun disastro, io vi prometto che potrete mangiare tutto quello che volete nel miglior ristorante della città. A mie spese ovviamente.”

I due piccoli saiyan rimasero letteralmente a bocca aperta davanti a quella proposta che superava ogni loro più rosea aspettativa. Anche Crilin lanciò un’occhiata sorpresa verso sua moglie. Occhiata a cui C18 rispose facendo l’occhiolino. Il terrestre era rimasto colpito dal pragmatismo della cyborg. Quest’ultima, infatti, aveva compreso che le costava molto meno sfamare quei due satanassi in miniatura, piuttosto che tentare di farli stare buoni con le minacce.

E fu così che, per motivi assai diversi, Trunks, Goten, Crilin e sua figlia aspettavano che la cyborg terminasse la sua operazione di riscossione in fretta. I due piccoli saiyan non vedevano l’ora di mangiare fino a stare male nel miglior ristorante della città, Marron era entusiasta all’idea che sua mamma picchiasse qualcuno, Crilin invece, desiderava solamente che quella faccenda terminasse il prima possibile.

“Mi auguro che C18 non stia calcando troppo la mano.” Borbottò il terrestre quando sentì l’ennesimo urlò di dolore di Mr. Satan. Quegli strilli non gli dicevano niente di buono e, conoscendo sua moglie, il piccolo guerriero era convinto che avrebbe raso al suolo l’intera villa pur di ottenere i suoi soldi.

Di umore del tutto diverso era sua figlia che, mentre con una mano teneva quella calda e callosa del padre, con l’altra manina sorreggeva un piccolo cono gelato al limone che leccava con gusto. I suoi occhi cerulei, ereditati chiaramente dalla madre, erano del tutto rivolti al suo gelato, ma dentro di sé la bambina si stava chiedendo perché mai il suo papà fosse così depresso in una giornata così divertente.

Avvinghiati alla ringhiera che delimitava la proprietà di Mr. Satan c’erano Trunks e Goten che, sempre più insofferenti, fissavano il gigantesco edificio da cui provenivano tutti quei rumori strani.

“Zio, ma veramente zia 18 manterrà la sua promessa?” domandò per la quinta volta un affamato Goten.

“Stai tranquillo. La zia mantiene sempre la sua parola. Dopo che avrà ottenuto i suoi soldi, vi farà morire dal mangiare!” Rispose leggermente esasperato il terrestre.

La risposta del piccolo guerriero sembrò tranquillizzare il secondogenito di Goku. Tuttavia, Trunks non era del tutto persuaso, anche per il fatto che suo padre non aveva mai parlato bene di sua zia. Certo, neppure ‘zia 18’ aveva un’alta reputazione del suo papà, ma Trunks si fidava ciecamente di lui, pur volendo molto bene a sua zia.

“Guarda  che se non è vero ti strappo i capelli uno ad uno zio!” esclamò con tono minaccioso il figlio di Vegeta.

“Non ci provare nemmeno!” borbottò Crilin mettendosi una mano tra la sua arruffata chioma nera. “Ci ho messo un sacco di tempo a farmeli crescere, e non permetterò a due satanassi in miniatura come voi di farmi tornare pelato!”

Sentendo quella risposta, i due piccoli amici scoppiarono a ridere. Avevano sentito un sacco di volte le loro madri raccontare che il loro zio aveva la ridicola abitudine di rasarsi la testa da giovane.

Nel frattempo, Marron, dopo aveva finito il suo gelato, aveva deciso di dedicarsi all’ascolto di quei strani rumori che provenivano dalla grande casa davanti a lei. Sapendo che era la sua mamma a creare tutto quello sconquasso, la bambina batté le manine tutta contenta nel sentire l’ennesimo oggetto andare in frantumi.

“Che bello! Che bello! La mamma è tanto forte!” cinguettò la piccola al settimo cielo.

Crilin sospirò. Non gli andava a genio che sua figlia sviluppasse un gusto così sadico per la violenza alla tenera età di cinque anni. Tuttavia, sapendo che quello era il volere di sua moglie, il terrestre non disse nulla. Si limitò a pulire con un fazzoletto il viso sporco di gelato di sua figlia. Marron, che non aveva sembrato fare molto caso al fatto che oltre mezzo gelato si fosse spalmato sulla sua faccia, non sembrò apprezzare il gesto di suo padre, ma Crilin su questo punto fu irremovibile. Se proprio sua figlia doveva diventare una manesca, almeno sarebbe stata una manesca pulita e con un minimo di buone maniere.

In quel momento, tuttavia, l’attenzione di Marron fu catturata da un rumore più forte di quelli che venivano dalla villa. Incuriosita, la piccola alzò lo sguardo verso l’alto, e fu con grande sorpresa che vide una lussuosa auto nera avvicinarsi alla grande casa di fronte a loro.

“Papà, C'è una grossa auto.”

Crilin all’inizio non ascoltò sua figlia. Poi, notando un’ombra sopra di se, il piccolo guerriero alzò la testa e notò un’auto, che probabilmente valeva quanto l’intera Kame House isola compresa, atterrare all’interno della villa.

“E adesso che diavolo succede?” pensò il terrestre sperando, in cuor suo, che non ci fossero altri problemi in arrivo.


C18 stava perdendo la pazienza. Se non fosse stato per i soldi che quel buffone le doveva, avrebbe distrutto volentieri ogni cosa.

Il motivo principale della sua irritazione era quella pagliacciata a cui era stata obbligata, dietro lauto compenso si intende, a partecipare. Tuttavia, lo scopo per cui doveva battere quelle specie di mostri mutanti mal riusciti le era sconosciuto. Aveva sentito vagamente che si trattava di una specie di vendetta tra il buffone che le doveva i soldi e quella specie di gnomo che le dava il voltastomaco solo a guardarlo. Non c’era solo il fatto che era addirittura più basso di suo marito, ma era anche grasso, idiota e non sapeva tenere le mani a posto. Era vedere uomini del genere che la faceva sentire, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, orgogliosa di suo marito. Crilin era dolce, gentile, discretamente bello e con un ottimo fisico. Tutto il contrario di quel rivoltante individuo. In cuor suo, l’androide si promise che, se avesse tentato ancora approcci disgustosi, lo avrebbe ucciso nel modo più lento e doloroso che conosceva.

Dopo aver sconfitto quelle specie di strani individui dai colori repellenti, la cyborg aveva sperato di poter intascare i suoi soldi e di potersene andare a casa da sua figlia e suo marito. Tuttavia, il ciccione libertino sembrava non essersi deciso a smetterla di tirare fuori esseri ridicoli da quella specie di laboratorio. C18 sospirò esasperata. Non solo doveva fingere di essere la discepola di quell’idiota di Mr. Satan, ma era costretta a perdere la propria giornata dietro a quelle stronzate invece di poter giocare con sua figlia. Fu solamente ricordandosi il motivo per cui aveva partecipato al Torneo Tenkaichi che riuscì a mantenere la calma. Andarsene, significava buttare via tutto quello che aveva fatto fin lì.

Il motivo per cui la bionda voleva quei soldi a tutti i costi non era l’avidità, ma l’orgoglio. C18 non sopportava che la sua famiglia dovesse dipendere dai soldi di Bulma. Tuttavia, non si trattava del fatto che fosse Bulma a darglieli, ma il fatto in sé di vivere con i soldi degli altri. Non sopportava più vedere suo marito umiliarsi con la sua amica d’infanzia per permettere a lei e a loro figlia di fare un vita dignitosa. Non voleva che sua figlia, una volta che fosse cresciuta, vedesse suo padre come un fallito. Dentro di lei, C18 sapeva che Crilin era il miglior padre che Marron potesse avere. Ed era anche per lui che faceva tutto quello. Non voleva che i suoi sacrifici fossero, un giorno, disprezzati da colei per cui li stava facendo.

Per molti anni la cyborg aveva dovuto inghiottire il rospo amaro di vivere con le donazioni di Bulma. Non che la scienziata lo facesse pesare. Anzi, la donna diceva più volte, un po’ per scherzo un po’ sul serio, che di soldi ne aveva così tanti che non sapeva cosa farsene. Darli alle famiglie dei suoi più cari amici era un modo come un altro per spenderli bene.

Eppure, nonostante sapesse che la scienziata non lo faceva di controvoglia, per C18 quella era una vera e propria vergogna. All’androide le pareva che ogni cosa che comprasse non appartenesse veramente a lei. Se si concentrava, la cyborg riusciva vedere i propri vestiti indosso all’azzurra, con un conseguente travaso di bile da parte della bionda che ribolliva di rabbia ed umiliazione.

Crilin aveva sempre saputo del tormento segreto di sua moglie. Il terrestre aveva cercato più volte di trovare una soluzione cercandosi un lavoro, impresa non facile per uno che ha dedicato tutta la propria vita alle arti marziali. Ma la difficoltà a trovare un lavoro ben retribuito, unito alla mostruosa gelosia di sua moglie che gli proibiva anche solo di sfiorare qualsiasi donna che non fosse lei, avevano resi vani questi suoi tentativi.

Poi, quando ormai si stava rassegnando a vivere con i soldi degli altri, era arrivato il Torneo Tenkaichi con i suoi ricchi premi, e C18 aveva capito come poteva finalmente liberarsi di quella fastidiosa situazione. Non le interessava minimamente che avrebbero partecipato avversari molto più forti di suo marito e lei quali Goku, Vegeta, Piccolo e Gohan. Avrebbe usato anche i trucchi più sporchi e meschini pur di vincere. Su questo era stata sicura.

Tuttavia, quando era stato il momento di fare sul serio, era arrivata la minaccia di Majin Bu, e suo marito se ne era andato via con gli altri. All’inizio C18 era stata piuttosto contrariata al fatto che, al posto di due premi, ne avrebbero vinto solo uno. Ma poi aveva notato che tutti quelli che potevano metterla seriamente in difficoltà se ne erano andati. Aveva campo libero.

Probabilmente era stato lo scontro con i suoi due ‘nipotini’ a farla arrivare fino a quel punto. Non si era aspettata di trovarsi contro un avversario serio dopo che i saiyan avevano abbandonato il torneo. E fu solamente usando un trucco per farli squalificare che riuscì a batterli. Altrimenti, e questo era stato un brutto colpo per il suo orgoglio, avrebbe dovuto impegnarsi al massimo delle sue potenzialità.

Era stato per questo che, una volta battuti Goten e Trunks, accaldata, ferita nell’orgoglio e veramente stufa di quella buffonata, C18 aveva avuto un’idea che le era parsa, all’inizio, veramente geniale.

Perché accontentarsi di dieci milioni? Con una cifra del genere la sua famiglia avrebbe potuto vivere comodamente solamente per qualche anno, per poi tornare ad elemosinare da Bulma i soldi per vivere. Non sarebbe stato meglio farsi raddoppiare il premio da quel buffone che le si parava davanti? Così, oltre a ad avere più soldi per mantenere la sua famiglia, avrebbe potuto partecipare senza problemi ad altri tornei in futuro. Continuando a chiedere soldi a Mr. Satan.

Ricatto. Così lo avrebbe definito suo marito, ma lei no. Lei si limitava a considerarlo come un modo sicuro per dare un ottimo futuro a sua figlia.

Ma adesso, ora che si trovava su quell’isola a sopportare una buffonata dietro l’altra, la bionda non era più sicura che la sua idea fosse così geniale come aveva pensato la prima volta.

“Dottore è il momento! Faccia uscire il bio-combattente speciale!”

Sentendo lo gnomo grasso urlare con la sua stridula voce, C18 si riscosse dai suoi pensieri.  Sapeva già cosa sarebbe successo di lì a poco. Mr. Satan le avrebbe chiesto di occuparsene lei, in cambio di un piccolo aumento del compenso che gli doveva ovviamente
.
“Ma questa volta mi faccio pagare come si deve.” Pensò l’androide esasperata mentre si incamminava contro il suo avversario.

 
Dolore. Un dolore atroce la pervase in tutto il suo corpo. I suoi circuiti sembravano impazziti nel cercare di quantificare il dolore che quell’armadio con la coda le aveva inflitto.

C18 si sentì i polmoni svuotarsi d’aria. Il colpo di quel colosso l’aveva privata di ogni energia. Con un solo colpo! Lei l’aveva tempestato di calci, ginocchiate e pugni senza fargli alcun danno, mentre lui l’aveva sconfitta con un solo colpo!

“Ma di che cazzo è fatto questo mostro?!” pensò spaventata mentre si sentiva tirare per i capelli dal suo avversario. “Sembra che non possa sentire dolore!”

Poi, un secondo pugno del bio-saiyan le fece sentire l’inferno. Un dolore atroce prese a diffondersi a velocità allarmante dal suo addome. Un dolore così devastante che la cyborg  pensò di impazzire. Mai aveva provato un dolore così potente. Neppure Cell era stato capace di colpirla con così tanta violenza. C18 urlò. Urlò dal dolore e dall’umiliazione mentre le pareva di andare a fuoco dal dolore che quel mostro le aveva inflitto.

Infine, ci fu il vuoto dell’incoscienza.

 
Quando si risvegliò, la prima sensazione che sentì fu il sangue dentro la sua bocca. Pochi istanti dopo, la bionda comprese di essersi morsa la lingua.

Sputò disgustata il grumo di sangue che le si era formato sul palato. Sentiva un male atroce in tutto il corpo, ma sapeva che i veri effetti dei colpi che aveva subito si sarebbero mostrati parecchie ore dopo averli incassati. Da cui dedusse che non era stata incosciente per troppo tempo.

Si guardò intorno con circospezione. Il laboratorio era distrutto. Tutto attorno a lei si udivano urli, strepiti, gemiti di dolore e terribili rimbombi di colpi. Da cui dedusse che il mostro che l’aveva ridotta in quello stato pietoso stava combattendo con qualcuno.

“Goten! Stai attento!”

All’improvviso, la voce di Trunks si levò sopra tutti gli altri rumori. Nel sentirla C18 sussultò. I due bambini stavano affrontando quel mostro. La cyborg pensò che erano dei pazzi. Che speranze potevano avere quei ragazzini contro un essere di quella potenza?

All’improvviso, l’androide sentì sopra di se l’urlo di dolore di Goten. Sollevando stancamente lo sguardo, C18 vide il secondogenito di Goku cadere pesantemente a terra e non rialzarsi più.

A quella vista, una collera immensa cominciò a ribollire nelle vene della cyborg. Quei due erano i suoi nipoti! Nessuno poteva far loro del male senza pagarla cara.

“Maledetto bastardo!”

Un urlo di rabbia uscì dalle labbra della bionda. Una riserva di energia inaspettata fuoriuscì dal suo essere, permettendole di contrastare il dolore e di lanciarsi verso il suo nemico.

Lo colpì con tutte le sue forze, mettendoci in quel colpo tutta la rabbia ed il disprezzo che provava per quell’essere rivoltante. Purtroppo sembrava che nessun dei suoi colpi avesse effetto contro quella specie di mostro. Dopo aver compreso di non avere speranze in uno scontro ravvicinato, la cyborg si allontanò velocemente per pensare ad una nuova strategia. Tuttavia, i colpi subiti precedentemente, l'avevano resa troppo lenta e goffa. Il suo avversario, infatti, con una velocità sorprendente per la sua mole, la colpì violentemente con un calcio allo stomaco, facendola sbalzare all’indietro. Tuttavia, prima che C18 toccasse la parete dietro di lei, il suo avversario la colpì con altri due, devastanti pugni, mettendola definitivamente al tappeto.

La cyborg era sfinita, e anche il suo pensiero, di solito sempre lucido, era ormai offuscato dal dolore. Dai suoi occhi socchiusi vedeva le rovine di quel laboratorio dove la sua vita sarebbe terminata. Nonostante sapesse di essere spacciata, l’androide riuscì a trovare la forza di sorridere a quell’ironia del destino. Lei, che era un cyborg ed aveva cominciato la sua nuova vita dentro un laboratorio segreto, avrebbe dovuto dire addio ad essa in un luogo del tutto simile.

Sentì il suo avversario avvicinarsi da dietro, pronto ad infliggerle il colpo finale. C18 chiuse gli occhi. Le dispiaceva dire addio a quella vita che solo negli ultimi anni aveva assaporato veramente, ma la cosa che più le causava dolore era non essere stata capace di dire addio alla sua famiglia e di dire loro che li amava tantissimo. Ma se esaminava, nel tempo che le restava da vivere, il motivo per cui adesso moriva non aveva rimpianti. Sarebbe morta nel tentativo di dare il miglior futuro possibile a sua figlia.

Il suo avversario era pronto. Così come era pronta lei ad abbandonare quella vita.

“Crilin…Marron…grazie di tutto.” Pensò con le sue ultime forze.

Per gli dei! Stava per morire e si abbandonava a simili debolezze e sentimenti che aveva sempre disprezzato! Ma dentro di sé la cyborg sapeva che, se non si fosse abbandonata in quegli ultimi istanti di vita a quelle sensazioni, l’avrebbe rimpianto per sempre. Qualunque cosa l’attendesse dopo la morte.

Sentì partire il ki-blast del suo avversario. Chiuse gli occhi, sperando di non soffrire troppo.

Per sua fortuna non soffrì affatto.

Perché, invece di sentire il gelido abbraccio della morte che le afferrava la gola, C18 sentì due braccia calde e muscolose cingerla con delicatezza per portarla via dalla sua presunta tomba. Sentì il fiato caldo del suo salvatore e lo riconobbe subito. In quegli istanti, mentre suo marito la portava via da lì, C18 sentì di amarlo con tutta se stessa.

“Stai bene?” le domandò con premura Crilin una volta che erano fuori pericolo. Vedendo che sua moglie sbigottita di vederlo in quel posto, si affrettò a darle una spiegazione.

“Ero preoccupato per te. Così, vedendo che non tornavi, ho riportato in tutta fretta Marron a casa, e poi ti ho raggiunto seguendo le aure dei ragazzi.”

“P-perché d-diavolo sei venuto?” ansimò con difficoltà l’androide.

Sentendo quella domanda, l’espressione di Crilin, fino a quel momento tesa e preoccupata, si distese in un ampio sorriso.

“Sono venuto a salvarti. Non è forse compito di ogni uomo difendere la donna che ama?”

Sentendo quella risposta, persino C18 non seppe più che cosa dire. Un sentimento di gratitudine nei confronti di suo marito la invase, mentre si abbandonava, per qualche istante, al caldo abbraccio di suo marito.

Attorno a loro la battaglia imperversava più furiosa che mai, ma per C18, in quel momento, non esisteva più nulla. C’erano solamente lei e il suo uomo.

CONTINUA
  
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