Che bella che eri negli anni sessanta.
I tuoi ventitré anni sono stati troppo pochi, giusto il tempo di rialzarti in piedi dopo quella difficile nascita.
Tutti quei tuoi diritti ricevuti un po' dopo i diciotto mesi, tutte quelle speranze che si sono andate creando nei tuoi primi anni di vita e, soprattutto, in quelli della tua preadolescenza, quando molti credevano che fossi ancora una bambina, mentre tu iniziavi a dimostrare quanto fossi già grande.
Tutto sarebbe dovuto andare bene, benissimo.
Poi quel dicembre del tuo ventitreesimo anno di vita. A un giorno da Santa Lucia e tredici dal natale il tuo cuore è stato ferito, distrutto per sempre. Anche se adesso ci sei ancora ci portiamo dietro quell'indimenticabile strazio, quel male che ti ha torturata per oltre vent'anni e che ancora ha lasciato tracce visibili sul tuo corpo e su di te, tracce che oggi più che mai fanno paura, apparendo quasi una ricaduta.
E non potremmo mai scordare che bella che eri negli anni sessanta, Italia nostra.
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Il titolo viene da una canzone de "I soliti idioti".