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Autore: li wei    09/06/2007    3 recensioni
Tu che sul palco sei pura energia, ed io che non posso che stare al di sotto a rimirarti.
Tu mora, io bionda, tu aggressiva, io dolce. Non sono mai riuscita a trovare nulla di te, in me. Siamo troppo diverse, eppure non so come spiegarmelo, ma mi sento collegata a te.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cari lettori, questa fanfic nasce dalla lettura nel numero 31 italiano di Nana e si basa su uno dei terribile flash-forward che Ai Yazawa ci regala per farci soffrire. Se non avete ancora letto quel numero, vi pregherei di non leggere questa fanfic. Non mi perdonerei mai di aver rovinato un manga come questo a qualcuno.

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Me lo ricordo quel giorno, Nana, come fosse ieri.
Ti ho detto che sarei andata a vivere con Takumi, che avrei cresciuto con lui il figlio che portavo in grembo, e che avrei lasciato il nostro appartamento.
Mi ricordo il tuo sguardo, Nana, di rimprovero e disapprovazione, mentre cercavi di trattenere la tua voglia di chiedermi di restare.
Adesso che sono qui, e sto guardando i soliti fuochi d’artificio, mi accorgo come non sia cambiato nulla da allora.
Anche in questo preciso istante io sento di starti perdendo, ancora di più.
Il ricordo di te si sgretola, è troppo il tempo passato lontano dalla tua immagine, e ti sento andare via, e per l’ennesima volta non ho modo di fermarti.

Molto spesso mi alzavo nel cuore della notte e venivo in camera tua.
Ti fissavo… è da folli vero?
Ti guardavo e mi chiedevo se c’eri davvero o se eri frutto di qualche allucinazione che voleva allontanarmi dalla realtà, e farmi sognare di poter aver anche io una amica più pazza di me, di cui prendermi cura, come Junko ha sempre fatto con me.
Mentre dormivi avevi un aspetto diverso, la tua solita ruga di espressione tra le sopracciglia era rilassata e sembravi felice.
Forse facevi bei sogni, Nana, e mi sento così male per non averti aiutato a realizzarli.

Portiamo lo stesso nome noi due, eppure quando mi guardo allo specchio mi sforzo di trovare qualcosa che mi ricolleghi a te, nei miei lineamenti o nei miei atteggiamenti.
Tu che fuori sembri così fisicamente fragile ma caratterialmente inespugnabile, in realtà sei così debole e delicata.
Io così goffa e dalla parvenza da cagnolino indifeso, ho invece scoperto di avere un carattere ben determinato e fermo.
Tu che sul palco sei pura energia, ed io che non posso che stare al di sotto a rimirarti.
Tu mora, io bionda, tu aggressiva, io dolce.
Non sono mai riuscita a trovare nulla di te, in me. Siamo troppo diverse, eppure non so come spiegarmelo, ma mi sento collegata a te.

Sento quando soffri il dolore straziante che ti attanaglia, anche quando fai di tutto per non farti capire. Percepisco la tua gioia e il tuo amore trattenuto per paura di rimanere ferita e sola, il tuo grido d’aiuto nella tua voce, e la speranza nei tuoi occhi.
E proprio adesso, sotto queste luci che danzano, sento il tuo dolore, sento che lentamente stai svanendo da dentro di me, e questo ci logora entrambe.
Sento che ti stai dibattendo perché il ricordo non diventi labile e fugga via per sempre, in mezzo a qualche lacrima che sicuramente piangerò.

Quando hai iniziato ad avere alcuni sintomi, ho pensato che sicuramente ci sarebbe stato chi ti sarebbe stato vicino, a partire dal tuo amato Ren, ed anche Yasu, loro non ti avrebbero mai abbandonata.
Anche se il nervoso, l’ansia, la tristezza e la solitudine che provavi mi giungeva dritta al cuore al primo tuo sguardo rivolto verso di me, credevo di non essere più io, quella che poteva permettersi di aiutarti, credevo che ti avrebbe infastidita la presenza di una mammina che cercava di prendersi scioccamente cura di te.
Fumavi e sorridevi, inclinando leggermente il tuo capo verso destra, in una espressione dolce e rassicurante, per farmi capire che non era necessario muovere un solo passo verso di te, mentre i tuoi corti capelli neri ti scivolavano sull’occhio, distraendoti da me.
Con un cenno alzavi gigantesche barriere, che nulla avrebbe distrutto, se tu non avessi voluto.

Ho pensato che saresti potuta andare avanti, che la tua carriera coi Blast era solo agli esordi, e che il tuo futuro ti avrebbe riservato la realizzazione dei tuoi sogni, e una famiglia con Ren.

Quando si è frantumato tutto, Nana?
Quando dentro di te hai capito?
Quando hai deciso di tenermi fuori?
Quando hai stabilito che non avrei più avuto il privilegio di vederti, di sentire una tua canzone, di ammirare la tua determinazione, di condividere con te tutto quello che da sempre desideravi?

Quando hai deciso di privarti dei tuoi sogni?

Non riesco a spiegarmi perché te ne sei andata via da me. Ho ancora il tuo kimono ad aspettarti, e ogni anno, quando lo appoggio sul letto, mi chiedo come ti starebbe, ma tu sei sempre stata così bella, che non potrebbe che esserti perfetto.
Togliendolo dall’armadio, questa mattina, mi sono fermata a contemplarlo.
L’ho immaginato rivestire la tua figura e per un attimo mi sei apparsa davanti, per svanire subito.
Quando Nobu e gli altri sono arrivati, mi hanno riportato alla realtà. Si sono sentiti in imbarazzo di fronte al mio sguardo perso, ne sono sicura, si capisce da come mi parlavano e dal fatto che non ti hanno voluta nominare.
Ho cucinato, anche per te, come ogni anno. Ammiravi la mia cucina e vorrei che tu potessi apprezzare i miei miglioramenti, avere una figlia ti cambia molto…

A mia figlia ho parlato di te, della grande Nana dei Black Stones, la migliore cantante di un gruppo punk-rock che il Giappone abbia mai avuto, una leggenda che ho avuto l’onore di conoscere.
Ho parlato di Nana Osaki, una ragazza piena di sogni e di paure, di incertezze e di sconforto, una ragazza che incontrai per caso su un treno e che mi cambiò la vita.
Lei mi ha chiesto dove sei, e se mai ti potrà incontrare ed io, col cuore in gola, ho voluto dirle di si, che un girono ti incontrerà.
Perché voglio crederci, Nana, voglia sperarci fino all’ultimo.
Fino a quando l’ultima paura non sarà diventata certezza, io continuerò a credere di non averti perso per sempre, e di vederti un giorno qui, nel nostro appartamento, arrivare all’appuntamento ed indossare quel kimono.

Ti piacevano i fuochi d’artificio, Nana?
Avrei voluto vederne molti con te, ed esprimere un desiderio sperando che si realizzi, come con una stella cadente.

Sono qui con gli altri, ma la tua non presenza è più forte di tutto.
Io desidero, Nana, desidero davvero rivederti.
Non voglio credere a quello che hanno detto i giornali, non voglio credere a quello che tu hai voluto farci credere.

Voglio farti conoscere mia figlia, ma non la porterò di fronte a qualche insulsa tomba vuota.
Mentre il ricordo del tuo volto si annebbia, io riesco ancora a vederti, in qualche locale, chissà dove, avvicinare il microfono al tuo volto, mentre dai vita ai meravigliosi suoni di cui è capace la tua voce.

Dentro al mio cuore lo sento che ci sei, che ti vedrò ancora, che il tuo canto non si è ancora concluso.

Nobu mi appoggia una mano sulla spalla e mi sorride, lo sa cosa provo, perché anche per lui è lo stesso.
Ti aspettiamo tutti, Nana, non pretendiamo niente da te, né spiegazioni, né racconti, né decisioni.
Rivogliamo solo il tuo sorriso e l’onore di sentire ancora un’ ultima volta la tua voce vibrare, con la potenza che ti è consona.
Vorremmo solo poterti dire quanto ti amiamo, e quanto da quel giorno, con te, siamo morti anche noi.
  
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