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Autore: Marceline    25/11/2012    4 recensioni
Era una canzone che aveva scritto lui, di suo pugno, pensando a Frank che veniva abbandonato lentamente dalla sua vita. Un ragazzo che meritava tutto il bene del mondo, un ragazzo che non ci aveva capito un cazzo della vita, che aveva bisogno di sbagliare e andare avanti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: Il raiting è giallo per via di argomenti delicati quali il cancro e il suicidio.
 
 
Frank controlla per l’ennesima volta l’orologio attaccato alla parete di fronte al letto. Sono quasi le sette, finalmente. Manca poco all’orario della cena. Sinceramente non ha fame. Odia mangiare così presto, ma gli orari sono quelli in ospedale.
Frank si da una sistemata ai capelli troppo cresciuti, felice di poter toccare quei capelli che troppo a lungo gli erano mancati. Ha smesso la chemio da quasi tre mesi ormai.
La porta scatta, la maniglia si piega e uno spiraglio della luce del corridoio entra nella stanza buia. E Frank sorride come un bambino.
- La pappa è pronta! – L’infermiere ripete la stessa frase da quasi un anno. E Frank sorride come sempre durante quell’anno. Sorride solo quando Gerard entra nella sua stanza.
- Ho diciassette anni, non cinque, Gee. – Frank sorride e si tira a sedere sul letto. Ma le forze lo abbandonano e ricade su se stesso. Gerard posa in fretta il vassoio sul comodino e aiuta Frank ad alzarsi. Ogni giorno è sempre più debole…
- Ed io ho trentuno anni e ancora dico pappa, problemi? – Gerard è sempre molto bravo a far dimenticare a Frank quanto fosse debole e vicino alla fine. Ma Gerard ne è completamente consapevole, sa che manca poco.
- Per carità, nessun problema. – E il ragazzo sghignazza, o almeno ci prova. La risata leggera si trasforma in una tosse violenta che lo costringe e piegarsi in due. Gerard gli si fa vicino e gli massaggia lentamente la schiena.
In quell’anno si è affezionata da morire a Frank. Come può abituarsi all’idea che se ne sta per andare? E quanto manca? Un mese? Una settimana? O meno?
- Hai fame? – Chiede apprensivo Gerard. Frank si asciuga le lacrime che gli sono scesa dagli occhi, lacrime che sono sbucate fuori da quell’accesso di tosse improvviso. Scuote la testa e si accoccola a Gerard che si è seduto sul letto.
- Mi canti qualcosa? – Chiede con voce raschiata. E Gerard non può fare a meno di pensare che di quel ragazzo non sia rimasto nulla.
Il ragazzo spavaldo, pieno di tatuaggi e la chitarra in spalla di un anno prima è sparito. Quel ragazzo che “finita questa cazzo di chemio spacco il mondo con la mia band”. Ma poi gli amici erano andati via, stufi di passare le giornate in ospedale. E addio alla band. Era rimasto solo un ragazzo sempre più debole a suonare da solo in una stanza d’ospedale. Poi era diventato ancora più malato, non aveva nemmeno più le forze per imbracciare la sua amata chitarra.
E allora la voce di Gerard era l’unica cosa che gli permetteva di rimanere vicino alla musica. E a lui andava bene così. A Frank piaceva da impazzire la voce graffiata dell’infermiere, era sicuro che in un’altra vita quel ragazzo fosse stato un frontman con i controcoglioni.
Gerard annuì e prese a cantare una canzone. Era una canzone che aveva scritto lui, di suo pugno, pensando a Frank che veniva abbandonato lentamente dalla sua vita. Un ragazzo che meritava tutto il bene del mondo, un ragazzo che non ci aveva capito un cazzo della vita, che aveva bisogno di sbagliare e andare avanti.
Frank non sapeva nulla. Non sapeva cosa fosse l’amore, non sapeva cosa vuol dire amare una persona da stare male. La vita gli aveva consegnato solo una fine triste e brutale. Frank era nato per morire, forse per dare una lezione a Gerard. Perché Gerard si era innamorato di quel ragazzino tatuato e innamorato della musica.
Aveva amato i suoi occhi color foglia dal primo istante. Forse Frank era stato messo al mondo per mettere a dura prova la vita di Gerard. Perché Gerard sapeva che Frank era l’unica persona che potesse completarlo, Frank doveva passare tutta la vita con lui. Ma, invece, quella bastarda della vita non voleva.
Voleva far soffrire Gerard e voleva far morire un ragazzo che della vita non aveva visto nulla. E allora perché pregare un dio che non ti ascolta? Perché chiedere aiuto ai miracoli? Che cosa rimaneva a quei due sventurati se non cantare che non avevano paura di andare avanti da soli?
Ma camminare quel mondo da solo, per Gerard, non sarebbe stato per nulla facile. Come poteva continuare a lavorare, arrivare in quella stanza e trovarci un altro paziente in fin di vita?
Ma forse non era proprio quello il suo mestiere? Vedere le persone morire. Come Caronte, traghettare le anime dall’altra parte del fiume. Un lavoro ingrato, un lavoro triste e privo di potere. Perché Gerard voleva salvare Frank, ma non poteva.
- Come si chiama questa canzone? – Chiese appena la parola “alone” abbandonò la bocca di Gerard. L’infermiere ci pensò un po’ su e poi capì che un nome a quella canzone non lo aveva dato.
- Frank’s song? – Chiese scherzando e stringendo il ragazzo a sé, sempre più vicino, come a non volerlo lasciar andare via.
- Ma no! – Disse Frank ridendo, e anche arrossendo un po’. – Che ne dici di Famous Last Words? – Domanda il ragazzo.
Gerard sorride. Frank sapeva sempre come dire la verità alterandola un po’, mentre lui era solo capace di distrarre Frank. Quelle parole forse erano le ultime che si stavano scambiando. Forse Frank era più vicino alla morte più di quanto Gerard credesse.
Frank ha un nuovo colpo di tosse, più violento del precedente. Stringe le braccia deboli intorno alla vita stretta dell’altro, il volto abbandonato sul petto scarno di Gerard.
- È un bel titolo per una canzone… - Dice Gerard, ma è consapevole che Frank non può più sentirlo.
È consapevole che ormai in quella stanza c’è solo lui. Sente che l’unico respiro a riempire quel silenzio spettrale è il suo, l’unico cuore che batte e pulsa sangue è il suo.
Si sporge oltre il corpo ancora caldo di Frank e prende il flacone di pasticche sul comodino. Fortunatamente è quasi pieno. Gerard quasi sorride.
Stappa il flacone senza togliere un braccio da intorno alle spalle  di Frank, aiutandosi con l’altra mano e la bocca. Sputa via il tappo e ingoia con foga tutte le pastiglie all’interno del tubicino di plastica.
Fa fatica a inghiottirle ma ci riesce.
La vita ha messo a dura prova quelle due povere anime. Frank non l’ha lasciato vivere, a Gerard ha tolto l’unica ragione per continuare a vivere. È giusto? La vita è giusta? La vita è bastarda?
Gerard sente la testa annebbiarsi, la vista appannarsi e le mani tremare. Il sudore scende gelidamente dalla sua fronte, sente il sangue sparire dalle sue vene per pompare in fretta al cuore.
Si china su Frank e gli lascia un dolce bacio a fior di labbra.
Il primo e ultimo bacio che si sono mai scambiati.
 
 
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So che fa tremendamente pena questa one-shoot.
Purtroppo sono in camera al buio, con Only You dei The Pretty Reckless a palla e leggo storie sul cancro.
Volevo scrivere qualcosa di carino, ma è uscito ciò.
Nel caso fosse piaciuta a qualcuno, le recensioni sono sempre molto gradite.
Un bacio, Marceline- Flavia.
  
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