Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: Walpurgisnacht    26/11/2012    1 recensioni
Immagini, pensieri, azioni, psicopatia ambientati prima, dopo e durante la saga che ha rapito tutti i vostri cuori... ehm, portafogli.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Homura Akemi, Mami Tomoe, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Puellaception!'
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Titolo: Sayaka Lecter preferisce il sangue di vergine al Chianti.
Personaggi: Homura Akemi, Sayaka Miki in Lecter.
Collocazione: una delle ventordici linee temporale precedentemente vissute da Homura.
Generi: goreangst.
Traccia: Be the broken or the breaker/be the giver or the undertaker/unlock and open the doors/be the healer or the faker/the keys are in your hands/realize you are your own sole creator/of your own master plan (Gateways - Dimmu Borgir), orfana. Scritta per la quinta sfida della Staffetta in Piscina della Piscina di Prompt.


Corri Homura, corri. Forse fai ancora in tempo. Non so a far cosa, considerato il casino che è appena successo.
Sei alla... quante ripetizioni ci sono sul taccuino? Dovrebbero essere... trentuno? Trentadue? Circa una trentina, comunque. Di solito faccio il conteggio dopo aver riavvolto.
Dicevo, sono alla trentesima ripetizione e mai, mai, mai, mai una linea temporale era deviata a tal punto da diventare il peggior incubo immaginabile.
Perché mai, mai, mai, mai Sayaka Miki era impazzita in questo modo.
Sono appena uscita da casa di Mami Tomoe e mi sto dirigendo verso la chiesa sconsacrata dove una volta il padre di Kyōko Sakura officiava messa. Quindi, adesso come adesso, ho lasciato un cadavere per vederne probabilmente un altro.
Io ho sviluppato una notevole resistenza a certe scene e oramai solo un corpo morto non mi fa granché effetto. Ma quel che ho visto aperta la porta è stato veramente atroce.
Sono entrata chiamando la padrona di casa e sperando ingenuamente di trovarla ancora viva. Eppure avevo già assaggiato di cos’era capace quella ragazza dai capelli azzurri completamente privata dei freni inibitori. Avevo ancora sotto gli occhi le immagini dei cadaveri, la maggior parte dei quali senza testa, che coprivano la strada come un manto d’erba. Se un alieno fosse sbarcato a Mitakihara avrebbe potuto tranquillamente pensare che i terrestri usano dell’asfalto rosso per ammantare le loro vie.
C’è chi segue il sentiero di mattoncini gialli e chi segue la scia di corpi senza vita.
“Mami? Mami?” chiesi con una punta di timore. Era pur vero che lei non sarebbe stata per forza una vittima inerme, ma era altrettanto vero che Sayaka aveva già dimostrato che l’essere uscita di senno le aveva conferito una forza spropositata. Chiedere al palo della luce che ha piegato con un pugno per chiarimenti.
“A-A-A-Akemi-san...” fu la moribonda risposta che con fatica giunse alle mie orecchie.
Avanzai verso la fonte della voce, preparandomi mentalmente al peggio.
E giunsi impreparata.
Mami era distesa sul tavolino, a pancia in su. Inutile dire che c’era sangue ovunque e che il suo mobilio da centro commerciale di quarta categoria era da buttar via. Ma fin qui, considerato cosa avevo già visto, non era poi neanche troppo tragica tutto sommato.
Peccato non si fermasse lì.
Notai immediatamente un dettaglio apparentemente non importante: era a piedi scalzi. Qual è il problema di essere a piedi scalzi? Nessuno, se le tue dita sono integre. Le sue non lo erano. Gliele aveva scarnificate, dalla prima all’ultima. Per fortuna del mio stomaco non vi era traccia del materiale così grezzamente asportato.
In compenso vedere le ossa sporgenti mi costrinse a trattenere un conato di vomito.
“Mami!” urlai precipitandomi su di lei. Non che sperassi di poterla aiutare, era evidente che fosse spacciata. Oh già, perché la mia attenzione è stata attirata dal particolare delle dita, ma non avevo mancato di cogliere la gigantesca ferita a forma di X che solcava tutto il suo torace. Chiaro come il sole che non ne aveva per molto, ed anzi era già un mezzo miracolo che respirasse ancora.
“S-S-S-Sayaka... è a... and... data alla... vec... chia... chiesa...”. Cercai subito le sue mani per afferrarle e provare stupidamente a confortarla nei suoi ultimi momenti ma... porca vacca. Anche le dita delle mani.
Non ebbi la forza di prenderle fra le mie.
“Fer... fermala... Kyō... ko...” riuscì a balbettare, sempre più debole.
E, come in altre mille occasioni, mi trovai nella condizione di dover fungere da boia per una compagna che, fosse perché stava soffrendo troppo o fosse perché si stava per trasformare in strega, mi chiedeva silenziosamente di porre termine alla propria agonia.
Tirai fuori la Beretta dal mio scudo, gliela puntai alla testa, chiusi gli occhi, la salutai e BANG.
È stato meglio così, credetemi.
Ora sono qui, a correre come una matta verso quel luogo.
Ho già deciso: riavvolgerò. Madoka è viva e sta bene, ma stando così le cose è solo questione di tempo prima che Kyubey riesca a fregarla con le sue promesse da marinaio e la convinca a desiderare che tutto questo venga in qualche modo cancellato. Senza contare che, se non fermo Sayaka, quel viva e sta bene potrebbe presto trasformarsi in un morta in maniera raccapricciante.
E poi devo vedere. La mia parte più masochista sta spingendo come un treno, vuole che assista con i miei occhi. Vuole che mi si imprimi a fuoco lento cosa può voler dire il fallimento più completo. Vuole che sia realmente pronta per la prossima volta.
Mi ci vuole un po’ ma arrivo. Durante il tragitto ho contato circa quindici cadaveri.
Giungono rumori di lotta dall’interno. Potrei riuscire a salvare almeno Kyōko.
Entro.
Quelle due si stanno azzuffando dove una volta c’era il bancone delle cerimonie, ormai un rudere. E Sayaka mi appare sin da subito in netto vantaggio. Costringe Kyōko sulla difensiva tempestandola di fendenti e facendola indietreggiare sempre di più.
Poi, con un colpo degno di un branco di bufali imbizzarriti, la disarma e senza neanche darle il tempo di dire “ah” la trafigge alla gola. Dalla mia invidiabile posizione riesco a vedere benissimo la spada che esce dalla nuca.
...
Non ho parole per descrivere.
“Ecco la tua punizione, bastarda! Così ci penserai meglio, nella prossima vita, a venire e impormi il tuo inferno!” sbraita con voce demoniaca. L’altra risponde gorgogliando, il sangue che comincia a farle capolino dagli angoli della bocca.
Le si avventa addosso mentre quella sta cadendo e...
No, non ci voglio credere.
Le ficca le mani sugli occhi e comincia a spingere. Le dita affondano nella carne come se fosse burro fuso.
“Raaaaaaaaaaaaargh!”.
Uno strappo secco e Sayaka alza i suoi due nuovi trofei al cielo.
Questo è davvero troppo. Cado sulle ginocchia.
Devo aver fatto troppo rumore perché percepisco immediatamente il suo sguardo su di me.
“Oh, guarda chi è arrivato. Ansiosa di far parte del club meno esclusivo di Mitakihara?”.
Taci, maledetta assassina. Hai finito di farti la doccia nel sangue altrui.
WHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIRL.
Divento l’unica persona sulla faccia della Terra in grado di muoversi.
Mi alzo. Mi avvicino a lei.
La guardo senza trattenere le lacrime.
Nonostante tutto mi dispiace. In quest’occasione Sayaka Miki ha scelto di essere colei che distrugge, non colei che viene distrutta. Ha scelto di essere il becchino e non il guaritore. Ha preso le chiavi a forma di teschio e ha aperto la porta degli orrori.
Tutto questo rende quanto mi accingo a fare solo più triste.
Le afferro la testa e compio il movimento per torcerle il collo oltre la sua naturale resistenza.
Sei la dodicesima Puella Magi che uccido da quando ho cominciato quest’odissea, Sayaka. Porto il ricordo di tutte voi dentro di me. Ogni vostra singola morte peserà per sempre sulla mia anima.
Senza neanche attendere che il tempo riparta riavvolgo.
Madoka, per la trentaduesima o trentatreesima volta sto per tornare da te.
   
 
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