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Autore: Kaho    26/11/2012    1 recensioni
Un missing moment del viaggio di Brienne e Jaime verso Approdo del Re.
(No romance)
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bastiamo noi due per essere soli

 

 

 

«Per essere un cavaliere non sei molto sagace nel scegliere il luogo adatto per accamparsi…»

«Zitto, Sterminatore.»

Brienne era stanca, anzi no, era distrutta. La schiena le doleva non appena si piegava, le spalle faticavano a rimanere dritte e l’armatura le sembrava insopportabilmente pesante, proprio a lei, lei, che aveva rinunciato a ogni vestito per una corazza di ferro. Le gambe – intorpidite e insensibili – erano le uniche membra che non protestassero contro la sua ferrea decisione di allontanarsi il più velocemente possibile da un bosco in cui erano incappati cinque giorni prima, esteso e all’apparenza innocuo, se non fosse stato per delle tracce di stivali sul pantano di un ruscello. Era bastato quel segno per farla innervosire; aveva quindi deciso di proseguire lungo i margini del bosco, fino all’avvistamento di un tratto di pianura brulla che interrompeva la foresta, dividendola da parte a parte. Qualche lieve pendio e delle rocce potevano bastare per nascondersi; e in ogni caso era meglio che essere alla mercé delle bande di ladri che conoscevano quei luoghi sicuramente meglio di lei.

«Preferivo il bosco, almeno c’erano acqua, cibo e un tetto di foglie sotto cui ripararci. La pioggia ti rovinerà il viso, mia signora.»

Il tono di scherno di Jaime Lannister la fece grugnire di disapprovazione. Anche le sue orecchie erano stanche, stanche di quel continuo lamento.

«Giuro che se non stai zitto, ti rompo i denti uno per uno e infine ti taglio la lingua.» Lo minacciò, buttandolo senza cerimonie sull’erba secca e gialla di un piccolo tugurio scavato sotto una roccia. Era una semplice conca ormai ricoperta di sterpaglie, che forse era stato un vecchio abbeveraggio per animali; non molto ampio, ma abbastanza grande per lei e il suo grosso, lagnoso fardello abituato a materassi di piuma. Soprattutto, le permetteva una buona visuale sullo spazio attorno e un buon nascondiglio, lontano dagli occhi meno esperti.

Jaime non parve particolarmente turbato dall’avvisaglia: si mise a ridere, piegando il busto avanti e indietro e Brienne fu pronta a giurare che, se avesse avuto le mani libere, le avrebbe usate per tenersi la pancia.

Non vide arrivare il pugno che lo colpì sul muso. La mano di Brienne si era mossa veloce, precisa, e aveva sentito sotto le nocche la mascella del suo prigioniero battere contro i denti, un bel fracasso di molari e incisivi, e la fine di quella tediante risata. Sorrise fra sé, soddisfatta.

Jaime intanto sputò un grumo di saliva, forse insanguinata, Brienne non ci aveva fatto caso intercettando invece i suoi occhi verdi sgranati, che la guardavano come se fosse pazza. «Sei pazza!» esclamò diffatti l’uomo, con voce leggermente stridula per l’ira. «Avresti potuto tagliarmi la lingua!»

«Magari l’avessi fatto» replicò ironica ma pacata. «Ora vedi di non importunarmi più con i tuoi commenti da principessa. Muoviti e dammi una mano a raccogliere dei rami per il fuoco.»

«Con quali mani?» ribatté sprezzante Jaime, mostrandole le manette.

Brienne alzò le spalle. «Ti restano i piedi. Ingegnati.» E si aggirò vicino al rifugio momentaneo a cercare della legna, una corda in mano che le assicurava che il suo prigioniero non diventasse improvvisamente un fuggitivo.

 

Jaime ruttò con gran rumore, il gran piacere scritto sul suo viso.

Quella sera, approfittando di un fagiano che Brienne era riuscita a catturare il giorno prima nel bosco, avevano mangiato bene. Lei aveva ancora un po’ di fame, ma cercò di placare lo stomaco ingoiando alcuni mirtilli rossi, gli ultimi della stagione. Era stato un miracolo trovarne: l’autunno si faceva sempre più rigido e freddo.

«Due bacche anche a me?»

«Dovrei tenermele tutte per me» bofonchiò Brienne, ma allungò comunque verso quell’ignobile cavaliere una manciata di bacche scure e sanguinee. Jaime allungò entrambe le mani, riempì il pugno e lo portò alla bocca masticando di gusto.

Quell’uomo pareva sempre trovare divertente ogni cosa, anche quando era incatenato e costretto a dividere il giaciglio con un colosso come lei. Non sembrava mai malinconico, mai triste, mai sconsolato nonostante tutti i piagnistei. Brienne gli invidiava quella capacità di ricostruirsi, di nascondersi, di… ah, forse solo il Guerriero poteva sapere cosa rendesse Jaime Lannister così impermeabile ai tiri mancini della fortuna.

Con un sospiro appena percepibile, Brienne si avvicinò al fuoco e lo coprì con della terra. Non potevano permettersi di attirare sguardi indesiderati, un’eventuale battaglia li avrebbe rallentati e lei non aveva tempo se voleva che le figlie di lady Stark potessero riabbracciare la madre. Molta felicità dipendeva dalle sue mani. Lady Stark aveva fiducia in lei.

«È ora di dormire, Sterminatore» annunciò senza inflessioni particolari, la sagoma scura di Jaime ancora intenta a masticare le bacche.

«Buonanotte, mia signora» rispose con pacata ironia lui mentre Brienne si sdraiava, accovacciandosi faticosamente, imbrigliata nell’armatura. Cominciava a rimpiangere i morbidi pantaloni e la comoda maglia di lana che indossava al di fuori delle battaglie.

Qualche minuto dopo sentì Jaime muoversi nell’alcova naturale. Le braccia, benché stanche, si irrigidirono pronte a scattare in caso di aggressione; ma pareva che gli spiriti ribelli del giovane leone erano stati vinti dalla stanchezza della camminata. Jaime si mosse ancora, come a cercare una posizione, e infine sembrò averla trovata, dato il silenzio che era calato su di loro come la notte che, nel giro di una mezzora, li aveva raggiunti. Brienne non aveva visto il tramonto, non aveva notato l’oscurità farsi pesante come un manto; le palpebre – più forti della sua vigile mente – le avevano serrato la vista.

Quando si risvegliò, il buio l’accolse e per pochi secondi Brienne ebbe la sensazione di mangiare sabbia, un breve attacco di panico che le serrò la gola. Furono le stelle a ricordarle che si trovava all’aperto, perché, dove (più o meno), con chi soprattutto.

La prima domanda che si pose fu: perché sono sveglia? I suoi sensi sviluppati avevano sicuramente avvertito qualcosa che l’aveva destata dal sonno pesante. Allungò la mano lentamente e silenziosamente verso la cintura, e le dita si strinsero attorno all’elsa del coltello. Chiuse gli occhi, inutili in quell’oscurità, e si concentrò sul resto.

Un rumore. Non impercettibile, ma nemmeno chiassoso, come… come se qualcuno stesse sfregando la stoffa di un vestito.

Deve essere lo Sterminatore, si disse sollevata. Si muoverà nel sonno.

Accostò la mano lungo il fianco, e richiuse gli occhi.

Il rumore, ora che l’aveva identificato, era insistente e snervante. Per le fiamme di Valyria, che sta combinando quello là?, ebbe il tempo di chiedersi prima di identificare chiaramente un gemito sommesso.

Che stesse male? Che non avesse digerito i mirtilli? Che l’avesse per sbaglio avvelenato? Il dubbio le causò una leggera fitta allo stomaco, insieme a un frenetico eco di “ohMadre” nel suo cervello. Ma se fosse stato così, si sarebbe sentita male anche lei. Oppure per via della sua stazza il veleno circolava più lentamente? Non le pareva plausibile. Forse doveva chiedergli.

«Oooh

La vocale gorgogliata era erotta dalle labbra dello Sterminatore; ormai conosceva la sua voce, anche se quel suono non l’aveva mai sentito prima da lui né da nessun altro uomo. Brienne però non era una stupida, e aveva capito con cosa stesse amministrando il suo prigioniero.

Avvertì il rossore invaderle la faccia e il collo, e si morsicò una guancia, imbarazzata, cercando di capire cosa diavolo dovesse fare. Una nuova sfilza di “ohmadre” e di preghiere imparate a memoria durante l’infanzia le vennero in soccorso; Brienne ci si attaccò come un pupo al seno della madre, ripetendole come un mantra fra sé e sé, tentando di distrarsi dalla masturbazione che stava avendo luogo a meno di due metri da lei. Tanta era la vergogna che, se non fosse stata così testarda, avrebbe pianto.

Finalmente Jaime dovette aver finito. Non c’erano stati molti gemiti, per sua fortuna, per di più il fiato accelerato e qualche sospiro profondo dell’uomo.

Che schifo. Brienne aveva convissuto con gli uomini per tutta la vita, nel bene e nel male, ma non era mai stata così… intima con nessuno prima di allora. E la sensazione non era di totale ripugnanza, come credeva: a creare il disagio era piuttosto l’incapacità di accettare che fosse successo veramente, a lei, e il grande imbarazzo di aver partecipato allo spettacolo da comparsa, senza appartenere veramente a quel momento. Un’estranea a quel mondo.

Jaime intanto doveva essersi tirato su le brache, dai fruscii della stoffa. Gli scappò un grugnito soddisfatto mentre si rimetteva a terra, per dormire.

«Le tue mansioni non sono onorevoli» si fece scappare Brienne, ma la sua voce non suonò come un rimprovero, piuttosto fu un pigolio da pulcino che non le si addiceva proprio.

La voce di Jaime non nascondeva sorpresa. «Sei sveglia?» La sua risata riempì la notte. «Non pensavo fossi una sporcacciona, mia signora, la prossima volta se vuoi assistere lo farò alla luce del sole e con i tuoi occhi sul mio uccello.»

«Non mi è piaciuto» precisò Brienne, a disagio. «Non lo fare mai più. Non finché siamo legati l’un l’altro. Potrai sfogarti ad Approdo del Re non appena arriveremo.»

Jaime continuava a ridere. «Vuoi sapere la cosa strana? Mentre mi toccavo, ti ho pensata

Brienne non sapeva bene che fare. Non riusciva a pensare, sentiva un ronzio in testa, il rossore scaldarle il viso, il martellare del sangue sui polsi e il suo corpo irrigidirsi.

«Pensavo ai tuoi capelli biondi. E a quanto siano stoppi rispetto a quelli setosi di mia sorella. Me la fottevo tirandole i suoi, i nostri ricci biondi da leoni. Ti piace questa mia fantasia, mia signora?»

Era stato crudele, e il colpo Brienne l’aveva incassato; ma ne aveva ricevuti di peggiori, e quella malignità la rivestì di nuovo della corazza che aveva indossato sin da ragazzina.

«Stai zitto, Sterminatore.»

 

 

 

 

 

 

 

 

Semplice missing moment fra Jaime e Brienne, approdo a un nuovo fandom e un esercizio per dimostrarmi che sono ancora capace di scribacchiare qualcosa di decente. Spero vi sia piaciuta! (:

Grazie a chi leggerà, a chi commenterà e a chi aggiungerà eventualmente la storia fra le preferite o ricordate.

 

Bye,

Kaho

  
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