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Autore: Timoria    26/11/2012    1 recensioni
« ‹ SCAPPATE! › il grido acuto della bionda squarciò il silenzio; ma nessuno volette eseguire quell'ordine. »
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Leon Scott Kennedy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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     C'era fuoco ovunque; la superficie degli oggetti emanava tanto calore da sembrare liquida, ed il cielo era spruzzato di nuvole rossastre che davano l'idea di vaporose emanazioni sanguigne. Immersi lì, in quel catasto confuso di container, cercavamo - e volevamo - soltanto una via d'uscita: eravamo entrambi stanchi, anche se spinti a continuare dal nostro stesso istinto di sopravvivenza ed autoconservazione. E correvamo. Non sembravamo capaci di far altro da qualche mese, oramai. Correre, correre, correre - fino a perder fiato, con i sensi perennemente all'erta per scampare ad ogni sorta di pericolo che ci si proponesse davanti.
      Ci distaccavamo di qualche metro. Io vegliavo tacitamente alle sue spalle, e lei mi guidava sapientemente nella direzione giusta... fino a quando non incontrammo due figure; Sherry rallentò, ed io con lei. Sentii un ringhio arrampicarmisi su per la gola e graffiarla, risuonando amplificato nella cavità orale senza il mio consenso: non varcò mai le mie labbra, serrate ed irrigidite, rese aride dall'atmosfera incandescente. I miei occhi arpionarono avidamente gli altri due che, di scatto, si voltarono a guardarci. Come primo istinto, mi soffermai a studiare le fattezze dell'uomo con cui la mia partner cominciò a scambiare qualche parola: alto quasi quanto me, fisico asciutto ma temprato da sforzi fisici notevoli, lineamenti deformati dall'evidente apporto di fatica, capigliatura... stramba. Arricciai il naso, avvicinandomi di un passo alla bimba bionica impegnata nella discussione - ero diventato la sua ombra. Assottigliai lo sguardo sulla donna bruna che accompagnava lo sconosciuto, alienandomi temporaneamente dalla discussione.
      Fu un attimo.
     Lo vidi protendersi pericolosamente in direzione di Sherry, e mi sembrò che la mia mano si muovesse da sola - gli si piantò sullo sterno e fece pressione, tanto da bloccare la sua avanzata. Ci fu un nuovo ringhio, e questa volta non riuscii a tenerlo per me, tant'è che si unì allo scoppiettare vorace delle fiamme che divoravano affamate l'ossigeno. Lessi negli occhi chiari della bionda un'emozione in bilico tra la sorpresa e la perplessità; in fondo per me era un estraneo, e Sherry era troppo preziosa anche solo per essere sfiorata. Mi serviva, ed io servivo a lei - equa come cosa, no?
     Leon - era questo il nome che mi sembrava aver intuito dagli unici stralci di discorso recepiti - dopo avermi indirizzato un'occhiataccia, si ritrasse, ristabilendo la "distanza di sicurezza" con la mia compagna. Mi sentii immediatamente sollevato, sebbene la cosa non durò a lungo. Qualcosa alle nostre spalle gettò una lunga ombra sul terreno, che arrivò ad oscurarci tutti e quattro; non ebbi neanche il tempo di pensare. Seguendo semplici e diretti impulsi cerebrali, mi lanciai in direzione della mia partner e la atterrai poco più in là, facendole evitare una specie di container che finì per schiantarsi contro una parete poco lontana. Una volta che io e Sherry ci fummo rialzati, ci voltammo tutti e quattro simultaneamente nella direzione da cui era provenuta la recente minaccia di morte. E comparve lui: Ustanak.
     « SCAPPATE! » il grido acuto della bionda squarciò il silenzio; ma nessuno volette eseguire quell'ordine.
     Mettemmo tutti mano alle nostre armi, e cominciammo a scandire ritmicamente la danza di proiettili che si fiondarono contro l'enorme bestia, la quale, come un toro imbizzarrito, ci corse goffamente incontro minacciandoci con il braccio metallico sventolato pesantemente in aria. Era mostruoso - imbattibile. E ci perseguitava da tanto, troppo tempo.
     Più volte mi ritrovai accanto all'uomo sconosciuto, ed entrambi cercavamo di proteggere Sherry come potevamo; "mi ha salvato la vita a Raccoon City" - era questo che aveva risposto la mia compagna quando la accusai di aver disobbedito all'ordine di non tenere contatti con nessuno. Nessuno dei due cercò di ostacolare l'altro, anzi, si creò una collaborazione perfetta che ci permise di realizzare il nostro obiettivo senza troppa fatica.
     Almeno fino a quando Leon non venne brutalmente avvinghiato dalla mano metallica di quell'essere, per poi essere sollevato a qualche metro da terra. Ricordo ancora cosa si prova a finire tra le sue grinfie: i muscoli vengono compressi fino a far male, e sembra che il cuore arrivi quasi a scoppiarti - l'afflusso eccessivo di sangue al cervello ti annebbia la vista, ed i polmoni diventano prigione invalicabile per l'ossigeno che non riesce più ad entrarvi né ad uscirvi. Con la coda dell'occhio, notai la figura di Sherry e della donna bruna fiondarsi in direzione della creatura. Mi affiancai a loro e, dopo aver assestato qualche calcio alle gambe massiccie del nostro carnefice, Leon fu finalmente rilasciato - atterrò saldamente a terra, ai piedi di Ustanak, e gli sparò un colpo di una precisione tanto millimetrica da colpirlo al centro esatto della fronte, facendolo barcollare ed indietreggiare. Ci scambiammo un'occhiata e poi ci indicò una parete metallica posta a qualche metro di distanza, verso cui corremmo.
     « Jake! » vidi la mia partner pronta al salto per scavalcare quel muro non troppo alto, e così Leon; ero riluttante all'idea di lasciarla nelle sue mani, ma poi mi convinsi che era la cosa giusta da fare. Mi fermai ad una manciata di centimetri dalla lamiera, flessi entrambe le gambe e preparai le mani all'altezza del basso ventre, unendole a coppa - la compagna di Leon mi imitò, e ciò ci permise di dare lo slancio ad entrambi per un salto abbastanza alto da superare la barriera d'alluminio che si interponeva con quella che pareva essere l'unica via di fuga possibile.
      Seguii la figura esile di Sherry sparire dietro il muro, e lo stomaco mi si strinse fastidiosamente. Sbuffai dalle narici e mi accostai alla donna che si presentò come Helena - anche se non ci fu poi tanto tempo di scambiarsi convenevoli, dato che Ustanak riapparve a pochi metri da noi, in una posizione sopraelevata - torreggiava su un container, stagliato contro l'inquietante cielo cremisi che si apriva sopra le nostre teste.
     « Cazzo. » sibilai tra i denti, impugnando nuovamente l'arma e puntandola contro la bestia: entrambi cominciammo a sparargli, mentre Leon e Sherry combinavano non so cosa al di là della lamiera. Ero fottutamente preoccupato. E non per la mia salvezza, stranamente.
     Una volta che il carnefice discese pesantemente dal container, io ed Helena cominciammo a correre in direzione opposta - qualche volta mi fermai, giusto per piantargli un'altra manciata di proiettili in quello schifo di carne tumefatta. Ma le munizioni stavano finendo, e la mia pistola era fin troppo leggera tra le dita. Dopo aver imprecato silenziosamente, mi distaccai dalla mia momentanea compagna per cercare qualcosa, qualche residuo di proiettile o scatola di munizioni abbandonata tra quei container sgangherati; trovai qualcosa mandando in frantumi un paio di scatole di legno dalla forma rettangolare, e sentii un urlo alle mie spalle - riconobbi immediatamente la voce della bruna. Voltandomi, inizialmente non riuscii ad inquadrare la sua figura, perché mi accorsi solo dopo qualche momento che era stesa a terra, con la pistola puntata davanti a sé nel tentativo disperato di cacciare l'energumeno che le si stava avvicinando, minacciandola con il braccio metallico.
     « Aiuto... » la sua voce era bassa, flebile - tremante come le sue mani strette attorno all'impugnatura scura della pistola. Facendo appello alla più totale fermezza, feci indietreggiare Ustanak e guadagnai tempo ferendolo con una decina di proiettili, piantati tra il collo e la tempia; successivamente mi precipitai da Helena e la rimisi in piedi - anche se tremante e sfinita - dandole un colpetto all'altezza del cuore, così da fargli riacquistare un battito regolare. Fu proprio in quel momento che Leon e Sherry intervennero - fu lei il mio angelo custode in quel caso: sfondarono il muro d'alluminio con un camion che investì la creatura e la scaraventò ad una distanza tale che mi permise di far ingoiare ad Helena qualche compressa d'erba medicinale tale da farle recuperare lo stretto indispensabile di energie per proseguire quella lotta accanita che ci vedeva tutti e quattro protagonisti. Una volta scesi dal camion, gli altri due ci offrirono man forte in quello che pareva un combattimento senza fine, nel quale gli unici destinati a perdere eravamo noi: quel coso era impossibile da abbattere.
     « Si è portato dietro i cambi... » osservò ironicamente Leon, quando il bestione si svitò il braccio metallico e se ne montò un altro, le cui dita lunghissime e sottili erano decisamente inquietanti - sembravano le zampe di un ragno gigantesco, in quel loro muoversi freneticamente. Sentii il mio volto contorcersi in una smorfia, e vidi quello di Sherry fare altrettanto; lei, però, era lo specchio della spossatezza, mentre io ero il fantasma fremente della rabbia.
     Eravamo tutti terribilmente provati, chi più, chi meno; quando Ustanak tornò a caricarci, la scarica di proiettili era meno fitta e sonante, tant'è che non riuscimmo a bloccare la sua avanzata.
     Fu così che arrivò ad avvinghiare Sherry.
     La sentii esplodere in un grido, ed il mio corpo reagì di conseguenza - pressocché meccanicamente: riposi la pistola nella fondina - avendo oramai esaurito i proiettili - e percossi la creatura con una raffica di pugni e calci, a muscoli tesi, preda di un furore inumano che mi faceva agire inconsciamente, e ciò mi permise di liberarla - la raccolsi tra le braccia, premendola contro il petto ancora agitato dal ritmo di un respiro irregolare ed affaticato. Incrociammo lo sguardo per un istante, che mi parve dilatarsi all'infinito: nell'azzurro terso dei suoi occhi, lessi gratitudine e... qualcosa di indecifrabile.
     « SCANSATEVI! » ci intimò tonante Helena, con un piglio da comandante impeccabile. Sherry scivolò via dalle mie braccia ed entrambi corremmo verso destra, ricongiungendoci agli altri due ancora impegnati a giocare al tiro al bersaglio con Ustanak. Fu allora che Leon lanciò una granata incendiaria in direzione della bestia, e trovammo dunque il tempo per riuscire a scappare infilandoci tra i container. Ma il fuoco stava divorando tutto, e fu proprio quello la causa della nostra separazione: una torretta in fiamme si rovesciò tra noi e loro, rubandoli alla nostra vista. Sherry scambiò qualche altra informazione con Leon, ma successivamente il rombo delle fiamme divenne tale da nasconderci anche le loro parole. Tuttavia era riuscita a rivelargli l'ubicazione di Simmons - o la nostra attuale meta.
     E non nascondo che provai un moto di rabbia mista a gelosia nel catturare il sottile velo di nostalgia steso sul suo sguardo perso tra le fiamme, alla ricerca dell'uomo che le salvò la vita.

Note dell'autrice
Non scrivo da.. tanto - troppo. E me ne dispiaccio.
Avendo cominciato l'università, sto cercando di ambientarmi lì,
e, quest'estate, ho avuto la maturità..
insomma, un bel casino.
Mi è sinceramente mancata EFP, e mi è mancato scrivere.
Ho deciso di riprendere traendo spunto - o meglio, raccontando in modo romanzato -
una scena epica di un altrettanto epico gioco:
Resident Evil 6.
Amo la coppia JakexSherry, oltre ad amare il gioco in sé..
quindi è probabile che scriva altro al riguardo - magari una raccolta, chi lo sa.
Spero a presto.
Anzi.
A prestissimo. :*

P.S. chiedo venia per eventuali errori ed imprecisioni di trama,
ma ho passato questo capitolo da un po'..
e, a volte, la memoria mi gioca brutti scherzi. >w<
 
     
  
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