Premessa: Salve a
tutti!
Cercherò di non dilungarmi troppo in chiacchiere
perché ho una marea di cose da
dire, e se mi lascio andare è la fine^^”
Questa storia si ispira alla tradizione cinese e alla sua novellistica; il tema ripreso è quello della donna-volpe.
Le donne-volpi sono esseri sovrannaturali che uniscono tratti umani a tratti animali e che presentano generalmente (ma non sempre) un carattere maligno. Essi, raggiunti una certa età, assumono sembianze umane femminili che adoperano per mimetizzarsi fra gli uomini e sedurre uno di essi. Essendo esseri femminili, concentrano in sé la potenza dello yin, e per ottenere la vita eterna necessitano di controbilanciarla con energia maschile yang. Queste creature sono quindi pericolose per la vita dell’uomo, che spesso diventa succube del loro vampirismo sessuale.
La volpe, nel complesso, incarna la seduzione femminile (in questa storia sarà però maschile) e non solo per la sua incredibile bellezza, ma anche per il carattere giocoso, vivace e malizioso.
Le informazioni che vi ho qui fornito sono state riprese da “Il Pennello di lacca” di M. Sabattini e P. Santangelo, Laterza Editori.
2. Questa fic si rifà in particolare alla novella “Volpe la Bella” di Li Changqi, che potrete trovare nel libro sopracitato.
3. Nella tradizione cinese gli spiriti maligni distolgono l’uomo da quella che è la via retta da seguire. In poche parole spesso venire ingannato da uno spirito, significa lasciarsi sedurre dalle passioni terrene (come la lussuria) e assumere un comportamento amorale e socialmente condannabile. Il rischio di rimetterci le penne è una chiara dimostrazione di ciò che ci attende se ci lasciamo andare troppo ai desideri.
4. Anche se si tratta di mitologia cinese, la fic non è ambientata in Cina. Non viene mai specificato né il luogo, né l’epoca in cui si svolge la vicenda, quindi siete liberi di immaginare ciò che volete.
5. Questo, grazie al cielo, dovrebbe essere l’ultimo punto XD Questa storia è a rating arancione per espliciti riferimenti sessuali. Ma attenzione! Non si tratta di una pwp. Inoltre, questa storia è drammatica. Siete stati avvisati XD
!
Scusatemi per questo papiro, ma era necessario che riferissi queste informazioni^^” Sperando che non siate tutti scappati via, buona lettura! :3
-Moon
bound-
Sono
tre i valori che contano nella vita: il lavoro, la famiglia e lo status
sociale.
Che
Jonghyun ci credesse o meno, non aveva poi molta importanza –
la sua opinione
sarebbe caduta nel vuoto come quella di molti altri, così
che anche solo farne
parola si sarebbe rivelato inutile.
Tenersi
aggrappato a questi tre elementi era tutto ciò che un bravo
figlio potesse
fare, non solo perché il rispetto del volere paterno era
tanto sacro quanto il
frutto della terra e l’aria del cielo, ma anche
perché la minaccia incombente
di spiriti maligni gravava su qualsiasi passo falso.
Aveva
perso il conto di tutte le storie e leggende che narravano di demoni
seduttori
e ingannatori, pronti a rubare in un soffio la vita di qualunque uomo
pensasse
bene di allontanarsi dalla strada della rettitudine.
Jonghyun
non voleva morire.
Però
questa – intrisa del sudore del lavoro e delle catene di
tutti – non aveva il
sapore di vita.
Sgobbava
sotto il sole cocente e osservava le gocce di sudore scivolare via da
sé e
seccare la sua pelle bronzea; studiava giorno e notte e guardava la sua
vitalità sfuggire via ad ogni respiro; ammirava le belle
ragazze da lontano e
rinunciava a quel sentimento che sapeva non potersi permettere.
Jonghyun
viveva ogni giorno secondo quei tre valori fondamentali; ma quella non
era
vita.
***
Non
era un sogno, per quanto irreale potesse sembrare, ne era certo
Quel
manto ambrato e brillante, quegli occhi vispi che risplendevano sotto
la luna
erano veri quanto le orme che lui aveva lasciato nel terreno fangoso
poco
prima.
Gli
spiriti sono esseri insidiosi, Jonghyun lo sapeva; nessuno li vede o li
riconosce, ma si nascondono in ogni anfratto di questo mondo.
Però se quelli fino ad allora erano stati avvertimenti di un
vecchio padre
austero, ora ne aveva la prova davanti agli occhi.
Avrebbe
dovuto andarsene, sì.
Avrebbe
dovuto tornare a casa e chiedere perdono per essersi avventurato nel
bosco, di
ritorno dalla città.
Perché non bisogna mai abbandonare la strada tracciata per
te.
Ma
Jonghyun voleva concedersi il gusto della scelta,
dell’avventura, dell’ignoto e
non gli importava se le sue decisioni lo avrebbero portato alla sua
rovina.
Quella
gli sembrava vita, per la prima volta.
Il
muso della volpe era coperto da uno strano teschio cornuto, bianco come
l’avorio e luccicante sotto i raggi della luna. La
osservò muovere le zampe in
maniera metodica e cadenzata, lasciando solchi nel terreno umido,
così profondi
che riusciva a scorgerli sin da là. Nonostante
ciò, i suoi movimenti apparivano
armoniosi, delicati, e quando vide quella coda soffice dondolare
dolcemente,
ebbe l’impressione che quella magnifica bestia stesse
danzando sulle note di
una melodia primordiale e sconosciuta.
Jonghyun sarebbe dovuto tornare a
casa, ma rimase lì.
La
volpe rivolse lo sguardo alla luna e il suo corpo prese a vibrare e
contorcersi: le sue zampe si allungarono in maniera strana e
innaturale, il suo
muso si ritirò e la schiena si appiattì.
Quello
che ne rimase fu un ragazzo.
Uno splendido ragazzo dalla figura longilinea e dalla pelle lattea.
Jonghyun
aveva sentito abbastanza storie e ammonizioni da sapere cosa fosse
accaduto, ma
questo non rese la scena meno affascinante e spaventosa di quanto fu;
tutto
quello che conosceva da sempre non impedì al suo cuore di
martellargli in petto
e alla sua testa di girare.
Prima
ancora di potersi fermare fece un passo avanti ed un altro ancora, non
curandosi delle piante e delle foglie che frusciavano al suo passaggio.
Lo spirito rizzò subito la testa, non appena udito il rumore
e Jonghyun pensò
che quegli occhi felini dovevano contenere tutta la luce della luna
nelle loro
iridi.
Quando capì che quell’essere, allarmato dalla sua
presenza, era pronto a
scappare da lì da un momento all’altro –
o di aggredirlo, non sapeva –, decise
di rallentare il passo.
-Sta
tranquillo, non dirò a nessuno il tuo segreto –
sussurrò, mostrando avanti le
mani come a dimostrarsi innocuo.
Osservò
la bestia tentennare, indecisa sul da farsi.
Era
comprensibile: quale essere umano avrebbe mai lasciato scappare indenne
una
presenza maligna?
Anche fosse stato, lo spirito non si sarebbe potuto permettere che uno
sciocco
ragazzo qualunque avvisasse tutti gli altri della sua presenza e delle
sue
finte sembianze.
I
piedi fremevano nel fango, tesi e pronti a correre – no, era
più probabile che
si preparassero ad assaltarlo.
Ma
Jonghyun non voleva fargli alcun male.
Mai
e
poi mai.
Incurante
del pericolo, incatenò il suo sguardo a quello
dell’altro, continuando ad
avvicinarsi cauto.
-Tranquillo,
voglio…voglio solo vederti da vicino.
Sapeva
che la sua voce aveva tremato perché succedeva sempre ogni
volta che mentiva.
Persino la volpe sembrava essersene resa conto ed essersi fatta ancora
più
tesa. Eppure ancora non osò muovere un muscolo, forse rapita
dallo sguardo di
Jonghyun.
Lui
non voleva soltanto vederla.
Desiderava
toccarla.
Aveva
bisogno di viverla.
Era
sicuro che anche lei lo avesse capito e che per questo si fosse
progressivamente calmata: perché ingaggiare una lotta con
una vittima
volontaria?
Ora
che era quasi sicuro che lo spirito si sarebbe lasciato avvicinare
senza
rimostranze, accelerò un poco il passo, fino a sedersi
lì, di fronte ad esso. Allungò
esitante una mano, lasciando un piccolo respiro nel momento in cui le
sue dita
ruvide e rovinate sfiorarono la pelle liscia della sua guancia.
Il
ragazzo chiuse gli occhi al contatto, spingendo un poco più
la testa verso
quella piacevole sensazione. Era consapevole dell’adorazione
con cui Jonghyun
non si perdeva nessun suo movimento e sembrava compiaciuto
dell’attenzione
ricevuta.
-Come
ti chiami? -domandò
prima di potersi
frenare. Era stupido chiedere ad uno spirito qualcosa di
così terreno e
prosaico come un nome – perché le loro esistenze
aere e fallaci non potevano
certo essere schiave di un nome.
Nondimeno
lo vide riaprire gli occhi e fissarlo intensamente.
-Puoi
chiamarmi Kibum.
Jonghyun
non avrebbe saputo dire cosa vi fosse scritto in quello sguardo.
***
Quella
notte era stata solo il primo dei loro incontri.
Jonghyun
sgobbava tutta la mattina sotto il sole cocente, trascorreva
l’intero
pomeriggio chino sui libri ed osservava le belle ragazze di passaggio.
Sulla
lunga strada di ritorno, però, decideva senza rimpianti di
abbandonare quel
percorso già tracciato ed addentrarsi nel bosco.
La
selva era un fitto e labirintico intreccio di vegetazione, ma il
giovane non
aveva alcun dubbio su come arrivare in quella piccola radura dove si
trovava
Kibum. La volpe lo attendeva ogni sera: lo aspettava stesa
sull’erba, a
malapena coperta da quei pochi stracci che era riuscito a procurargli.
Avrebbe
quasi potuto pensare che essa vivesse solo per accoglierlo come una
moglie
devota, se solo non fosse stato per le sue membra ogni giorno
più stanche.
Eppure
Jonghyun non riusciva a dispiacersi di nulla – se non per la
consapevolezza che
prima o poi con la sua vita si sarebbe lasciato alle spalle anche
Kibum.
Forse era un pensiero egoista da parte sua quello di non voler dire
addio a
quell’innaturale ed empio sentimento, ma andava bene
così; è nella natura umana
essere avidi.
Si
compiaceva che suo padre non avesse pronunciato alcuna parola quella
mattina.
I suoi pensieri e i suoi timori erano pesati nell’aria che
respirava e nella
mano che gli aveva posato sulla spalla, prima di salutarlo. Tuttavia
non aveva
aperto bocca, forse convinto che la sua debolezza fosse dovuta al suo
zelante
impegno. O forse ancora, illudendosi di essere in tempo per portarlo su
quella
strada retta e sicura, ma così prevedibile e opprimente.
Era
sicuro che l’indomani non avrebbe più visto il suo
volto austero e solcato di
rughe, tuttavia non aveva ritenuto necessario mormorare un addio. Gli
sembrava
che un simile saluto spettasse solo a chi fosse stato scontento di
quello che
lo attendeva, ma Jonghyun non poteva dirsi spaventato o insoddisfatto
che
quella fosse la sua ultima giornata in vita.
Aveva
aspettato l’arrivo di quel momento, vi si era gettato in
pasto senza la minima
esitazione; perché Kibum valeva qualsiasi sacrificio, anche
quello della morte.
Giunto
di fronte allo spirito, lo vide avvicinarsi lento e sensuale a lui,
prima di
posargli pigramente la testa in grembo.
-Allora
Jonghyun, com’è stata questa giornata?
Era
sempre la prima cosa che chiedeva, quasi le buone notizie potessero
compensare
quello che di lì a poco lo avrebbe atteso. Il giovane, come
sempre, rispose in
maniera positiva e cominciò a raccontare ogni singola cosa
accadutagli
quell’oggi – le sue chiacchiere scandite dalle
lente carezze che intrecciava
fra i capelli dorati di Kibum.
A
dire
la verità, molte delle cose che riferiva non erano mai
avvenute; però aveva
l’impressione che allo spirito piacesse sentirsi raccontare
della vita comune
di un essere umano e che la notizia che Jonghyun anche quel giorno
fosse stato
sereno lo rallegrasse e rassicurasse.
Era
sicuro che questi non fosse uno spirito così maligno come
tutti gli avevano
sempre raccontato: lo leggeva nelle sue premure e nei suoi baci
innocenti,
nella giocosità dei suoi gesti e nel modo in cui intrecciava
le dita fra le
sue.
Non gli rimproverava il fatto che non avesse mai provato a riportarlo
su quel
sentiero: non era solo la volpe a non volere che lui vi andasse, era
Jonghyun
stesso che non aveva alcuna intenzione di tornare indietro sui suoi
passi.
Di certo Kibum lo aveva compreso.
Quando
il suo raccontò finì, lo spirito gli
posò un bacio leggero, per poi stendersi
sull’erba fresca, ormai disfattosi di ogni vestito.
Lui
rimase ad osservare la sua pelle pura, incapace persino di sbattere gli
occhi.
-Ho
freddo – sussurrò malizioso, spalancando le
braccia in un chiaro invito. Le sue
labbra a cuore erano increspate in un ghigno giocoso, che di innocenza
non
aveva neanche la maschera – riscaldami.
Jonghyun
obbedì – da ragazzo diligente che era sempre stato
– e lasciò che quelle dita
nivee lo stringessero al petto e che quelle gambe snelle gli si
allacciassero
alla vita.
La
danza dei loro corpi ricominciò d’accapo, come
ogni notte.
Non
si
spiegava come quelle membra così fredde divenissero calde e
accoglienti fra le
sue braccia; o come quei piccoli schiocchi di labbra sulla sua
mandibola
risultassero più potenti di qualche afrodisiaco; o
perché il dolore di quel
passaggio troppo stretto per lui dovesse scuoterlo di piacere e
donargli
leggeri brividi lungo tutta la schiena.
L’unica
cosa di cui era consapevole era che amava Kibum e il modo in cui gli
donava la
vita ogni notte – proibita, morbosa, illusoria che fosse; e
che si sentiva
stordito dal modo in cui gemeva sommessamente il suo nome e gli
sussurrava
dolci parole d’affetto e di conforto.
I
loro
movimenti si erano ormai fatti più violenti e i suoi respiri
più deboli.
Tutto
sarebbe finito di lì a poco, nella furia delle sue spinte
disperate e nei
vogliosi fianchi della volpe che veniva incontro ai suoi movimenti.
Eppure
mentre sentiva la sua vita scivolare via, non poteva fare a meno di
sorridere
al pensiero che essa si sarebbe congiunta con quella di Kibum, fino a
diventare
una cosa sola e inscindibile; fino a che le loro anime non si fossero
indissolubilmente unite, per sempre.
Jonghyun
spirò con il sorriso sulle labbra e con il bacio del suo
amore.
Perché
la morte era solo un piccolo sacrificio dovuto, per chi gli aveva
donato
finalmente la vita.
Se devo essere
sincera, non so bene cosa dire, se non che mi dispiace per il finale^^"
Spero non vi abbia fatto rimanere troppo male, ma personalmente penso
fosse l'unico risvolto possibile.
Non volevo uccidere quel poveraccio di Jonghyun^^"
Però
almeno è morto felice.
(non uccidetemi^^")
Spero che nonostante tutto questa flash-fic
vi sia piaciuta^^" Grazie per esservi fermati a leggere! :3
Fatemi sapere cosa ne pensate :P
Alla prossima!