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Autore: zaynsnote    29/11/2012    19 recensioni
“Vado spesso al cimitero, quando piove, così che la gente non capisca che io sto piangendo. Provo a parlarle, le racconto delle mie giornate, della mia vita, di lei dottore, di ciò che faccio, di ciò che faremo quando saremo ancora insieme e prima di andare le ripeto sempre che la amo. Grazie a lei ho imparato a vivere mezzo vivo.”
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I learned to live half-alive.

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“Dunque, com’è che l’hai conosciuta?” Mi chiese l’uomo seduto di fronte a me sulla sua poltrona in pelle rossa. Aveva le mani incrociate sulle ginocchia, la schiena incurvata e mi scrutava da sotto le sue lenti spesse facendomi sentire leggermente a disagio.
La stanza era buia, ma una luce accecante era puntata verso di me, sdraiato su un lettino bianco, appoggiato sui gomiti, che guardavo verso l’alto cercando un pizzico di coraggio, la forza e la volontà di sfogarmi, una volta per tutte.
Non sarebbe servito a nulla, ne ero sicuro, ma quell’uomo m’incitava a parlarne ogni volta, diceva che girarci intorno era inutile e che ero lì per quello.
“E’ una storia lunga…” Tentai di persuaderlo e fargli cambiare idea.
“Abbiamo tutto il tempo.” Ma era piuttosto testardo.
Decisi di raccontare una parte di me che non avevo mai detto a nessuno, perché mai nessuno era stato al mio fianco da quando i miei genitori mi avevano lasciato. La solitudine era sempre stata la mia migliore amica, non mi dispiaceva. Adoravo trascorrere il tempo nella mia stanza, ascoltando della musica dolce, da solo. Erano i momenti in cui mi liberavo di tutte le preoccupazioni, ma i ricordi riuscivano a penetrare in quel mio piccolo angolo di paradiso rovinando la quiete che mi circondava. Allora iniziava la stessa solita storia; provavo a dimenticare, non ci riuscivo e me la prendevo con tutto e tutti, non sapendo di essere il primo a voler ricordare. Le immagini del suo sorriso impresse nella mente, erano l’unico modo di riviverla ancora un po’.
Sospirai, boccheggiai per qualche secondo, ma ce la feci.
“Camminavo per le vie di Bradford, accompagnato dai miei pensieri e dal silenzio del mondo di sera. Dei rumori attrassero la mia attenzione; c’era una ragazza seduta su una panchina in pietra. Mi chiedevo cosa ci facesse lì, seduta al freddo, da sola. Le andai vicino ed iniziammo a parlare, lei mi spiegò che aveva litigato con il suo ragazzo. Parlavamo come se ci conoscessimo da una vita, come se cercassimo di rubarci un po’ di tempo ed un po’ di amore a vicenda. Chiacchierammo del più e del meno; si fece tardi. Era buio. Le chiesi se voleva che l’accompagnassi a casa ma lei rifiutò. Dopo vari tentativi si decise a parlare e mi disse che non voleva tornare perché a casa non c’era nessuno che l’aspettava.”
Mi fermai, mi faceva male parlare di lei e di come ci eravamo conosciuti, portava a galla troppi dolori, riapriva vecchie ferite e bagnava altre lacrime, ma l’uomo mi incitò a continuare.
“Perché non l’aspettava nessuno?”
“Anche lei, come me, aveva perso i genitori da bambina e viveva con una zia benestante e i suoi tre cugini, ma questi non l’amavano e non la rispettavano perché era orfana e perché avevano sempre avuto problemi con i suoi genitori quando erano vivi.”
“Capisco, cosa faceste allora, quella sera?”
Sorrisi al ricordo, eravamo pazzi ma almeno quella sera ebbi l’opportunità di conoscere una ragazza stupenda.
“Decisi di portarla a casa mia, vivevo solo, non avrebbe dato fastidio ma, ovviamente, come ogni persona con la capacità di ragionare, rifiutò ancora. Ero pur sempre uno sconosciuto. Decidemmo allora di passare la notte lì, sulla panchina nonostante la sua perplessità. Potevo sembrare un pazzo o un maniaco, ma mi dimostrai un ragazzo che voleva aiutarla e lei si fece aiutare.”
Forse era quello che dovevo fare anche io, dovevo lasciarmi aiutare.
Mi mordevo il labbro inferiore, come mi era solito fare quando ero nervoso. L’uomo dalla barba bianca e gli occhi vispi e di un blu intenso che mi scrutavano, mi chiese come finì la nostra storia. Alla parola ‘fine’ il mio cuore perse un battito, era davvero finito tutto. Lei, io, la mia vita, il mondo. Sarebbe stato difficile da raccontare perché la fine della nostra storia non fu a causa di un litigio o di un tradimento, ci eravamo lasciati perché era stato il destino a volerlo.
“Aveva un problema, soffriva per una malattia, riuscimmo a stare insieme per poco tempo quando arrivò dall’ospedale una notizia stravolgente. Le sarebbe rimasta solo una settimana di vita.”
Le lacrime che credevo fossero terminate inumidirono i miei occhi e una di queste solcò il mio viso. Odiavo mostrarmi debole davanti agli altri, ma lei aveva cambiato anche questo lato di me. Era riuscita a trovare una parte buona anche in me.
Mi asciugai velocemente la lacrima e continuai a parlare.
“Decisi di farle trascorrere la settimana più bella della sua vita; lei non si interessò a capire quale fosse la sua malattia, sapeva che le rimaneva poco e che non si poteva rimediare. Sì, sapeva solo questo”
Guardai l’uomo, sorrideva, ricambiai il sorriso. Sentivo una scintilla brillare nei miei occhi. Amavo parlare di lei, anche se mi faceva del male. Era una ragazza così forte, piena di carattere, affrontava tutto con positività e la sua allegria poteva contagiare tutti, anche il cuore più freddo.
“Cosa facesti per farle trascorrere la sua settimana più bella?” Mi chiese.
“Ogni giorno facemmo qualcosa di diverso, qualcosa che le piaceva.”
“Il primo giorno?”
“Beh, il primo giorno era lunedì.”


Lunedì 22 Maggio.
 “Zayn! Guarda qui!” Mi chiamò lei.
Ero qualche passo più lontano di lei, mi avvicinai e mi sedetti sull’erba verde. Era fresca e umida, tipica di quelle giornate primaverili.
Vidi Sarah sporgersi in avanti e ammirare due fiori, uno di un colore viola che andava verso il blu e un altro più piccolo, delicato, di un rosa pallido con sfumature lilla. Davano un senso di delicatezza, proprio come la mia ragazza.
“Guarda, questo alto sei tu e quello più piccolo sono io.”
“Li vuoi prendere?” Le chiesi.
“No, voglio che rimangano qui, nella loro casa con i loro amici.
“Ma se sono soli?!”
“Si fanno compagnia insieme, come facciamo noi.” Si voltò verso di me e mi regalò un sorriso malinconico, ma caldo come un camino in pieno inverno.



 “Era una ragazza adorabile.”Mi disse l’uomo.
“Sì, non avrebbe osato far del male a nessuno.” Mi spostai leggermente e mi sistemai meglio sul lettino.
“Il secondo giorno cosa avete fatto?”


Martedì 23 Maggio.
 “Non sapevo fossi così bravo a cucinare!” Esordì lei mangiando un ultimo pezzo di sandwich.
“E’ solo un po’ di pane con del prosciutto, qual è la difficoltà?”
Rise, la sua risata cristallina capace di contagiare tutti.
“Ma è buono, ahah”
Eravamo rimasti a casa perché delle nuvole scure nascondevano il sole e delle gocce d’acqua sarebbero cadute dal cielo a momenti.




 “IL terzo giorno, mercoledì, decidemmo di andare al lunapark.


Mercoledì 24 Maggio.
 “Zayn, andiamo lì?”
“Ma no dai, è troppo alto.”
Guardai con diffidenza la ruota panoramica troppo alta per i miei gusti. I suoi occhioni verdi m’imploravano con gentilezza di accontentarla, la scintilla che emanavano mi accecava.
Dopo vari tentativi riuscì a convincermi, volevo farle trascorrere la sua ultima settimana nel migliore dei modi e avrei fatto di tutto.
Salimmo sulla giostra e mi strinse la mano; anche lei aveva un po’ paura. Quando ci trovammo al punto più alto decisi di rendere il momento memorabile, per quanto fosse stato possibile.
Le lasciai un umido bacio sulle labbra, arrossì violentemente spiazzata dal mio gesto. Non avevo mai fatto una cosa del genere con lei, ci frequentavamo da un bel po’, le volevo bene come lei voleva bene a me, ma non le avevo mai dimostrato che invece l’amavo perché forse non me ne ero accorto neanche io prima.



“Le hai dimostrato di amarla, hai detto.”
“Sì, perché io l’amavo e ancora oggi la amo.”
“Cosa avete fatto il giovedì?


Giovedì 25 Maggio.
Le piaceva andare in bici così decisi di portarla in montagna.
Pedalava velocemente ed io facevo fatica a starle dietro, ma mi piaceva vederla sorridere guardando i fiori e stando attenta a non calpestare i piccoli scoiattolini che le si facevano avanti.
Trascorremmo il tempo a raccogliere frutti sconosciuti e a osservare gli insetti che entravano nelle loro tane. Stare con lei mi faceva bene. Riusciva a captare tutto, fino agli ultimi particolari per goderseli bene, li guardava come se volesse scattare una fotografia in modo da ricordarli per sempre.


“Probabilmente sapeva benissimo che era poco il tempo che aveva per provare tutto quindi cercava di goderle per bene. Sai, le persone affette da malattia hanno l’istinto di vivere il mondo da un punto di vista diverso cercando di trovare tutti i lati positivi possibili e trovando fantastiche piccole meraviglie a cui noi non facciamo neanche caso.”
“Già, Sarah faceva proprio così.”


Venerdì 26 Maggio.
Quel giorno decisi di portarla in un laghetto nel bosco. Era un posto bellissimo e anche molto romantico. Uno di quelli che si trovano nelle favole, quando il principe chiede alla principessa di sposarla.
“Zayn, sei fantastico. Nonostante tutto quello che mi sta per accadere tu sei qui ad aiutarmi e non sai quanto  mi fa felice averti vicino e non sentirmi sola in questo momento in cui sto per lasciare il mondo, la vita e tutte le cose che amo.”
Non immaginavo che quello che stavo facendo per lei le facesse così bene.
Ci sedemmo sull’erba. Le presi la mano e la portai sulla mia gamba e con il pollice presi ad accarezzargliela mentre lei incantata o forse immersa nei pensieri osservava un punto fisso nel vuoto. L’amavo ogni giorno di più. Adoravo guardarla mentre era persa nei suoi pensieri, quando parlava dei suoi sogni, mi piacevano le sue labbra. Volevo che non smettesse mai di parlare.


“Soffriva e averti accanto le diede sollievo.”Annuii.


Sabato 27 Maggio.
Ci dirigemmo al mare. Volevo fare un bagno prima che arrivasse l’estate. Potevamo sembrare pazzi perché faceva ancora un po’ freddo, ma le acque erano caldissime, non c’era vento e il mare non era agitato. Una giornata perfetta, sembrava che Dio ce l’avesse donata così come per farci un regalo.
Non portammo costumi con noi, ci immergemmo vestiti e iniziammo a rincorrerci e  a schizzarci.
“Guarda, so nuotare meglio di te.”
“Sai nuotare anche sott’acqua?” Le chiesi io.
E senza ricevere risposta la trascinai con me dove l’aria non c’era, lei chiuse gli occhi ed io me ne approfittai per darle un altro bacio. Lo approfondì ma quando non riuscimmo più a respirare ci rialzammo e sempre in acqua l’abbracciai forte a me come se non volessi farla scappare.
Mi guardò dritto negli occhi, con i suoi due profondi pozzi verdi dalle mille sfumature, dalle mille emozioni che facevano capire il suo stato d’animo anche solo guardandoli.
Non volevo lasciarla, non ancora.



“Siamo arrivati all’ultimo giorno, cosa successe?”
Eravamo già arrivati all’ultimo giorno? Era già finita la nostra fiaba?


Domenica 28 Maggio.
Fu uno dei giorni più tristi della mia vita, ma volevo fosse bello per lei anche se era il suo ultimo, anche se si trovava in ospedale coperta da una vestaglia bianca in un lettino.
Sistemai delle candele sul suo comodino, chiusi le tende e la porta. Le diedi dei fiori.
“E’ tutto così bello.” Disse lei.
“Tu sei bella. Sarah, io ti amo. Hai fatto sì che i giorni con te fossero i più belli della mia vita con dei piccoli gesti, dei sorrisi, anche solo guardandomi. Mi hai reso una persona migliore e non riuscirò mai a dimenticarti perché non voglio che accada. Qualunque cosa sarai sempre qui.” Dissi indicando il mio cuore. “Nessuno ti porterà via da me.” Le dissi tutto per non avere rimpianti, volevo che sapesse.
Lei sorrise “Ti amo.” Ricambiava. La baciai, con passione, ma con paura di farle del male, era debole.
Fu qualcosa di stupendo, essere a contatto con lei metteva i brividi.
Il suo cuore cominciò a battere meno forte, strinsi la sua mano e un apparecchio diede un suono acuto.
Era finita.
Dei medici iniziarono ad entrare e uscire da quella stanza come se potesse succedere ancora qualcosa anche se era impossibile. Continuavo a tenerle la mano, non volevo lasciarla e solo quando un’infermiera mi passò un fazzoletto mi accorsi di piangere.
Fui costretto ad uscire dalla stanza e vidi nel corridoio, dai vetri, il suo corpo coperto, senza vita, senza fili o tubi che la facessero respirare.


FINE FLASHBACK.
“Dottore, è morta, ma rimarrà sempre viva nella mia mente, nel mio cuore, nessuno la sostituirà. Perché io la amo.”
Anche lo strizza cervelli si commosse.
E mi accorsi che il mio viso era bagnato da lacrime, lacrime calde, lacrime di Sarah. Lei era lì con me, dentro di me, la sentivo come se mi stesse abbracciando e come se mi stesse rassicurando. Era lei che mi dava la forza per andare avanti, perché sapevo che un giorno ci saremmo rincontrati.
“Vado spesso al cimitero, quando piove, così che la gente non capisca che io sto piangendo. Provo a parlarle, le racconto delle mie giornate, della mia vita, di lei dottore, di ciò che faccio, di ciò che faremo quando saremo ancora insieme e prima di andare le ripeto sempre che la amo. La mia principessa; Sarah in arabo vuol dire principessa. Quel nome era perfetto per lei. Grazie a lei ho imparato a vivere mezzo vivo."


BUONGIORNO PRINCIPESSE!
Ecco. volevo scrivere qualcosa di triste ed è uscito qualcosa di noioso, vero? çç
L'ho scritto in un momento di noia e nel finale mi sono commossa ma non perché èbello, perché io mi commuovo sempre D:
Spero che a qualcuno piaccia e di ricevere qualche recensione, xoxo.
-Sxx. 
  
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