My soul in your hands
Scoprì a sue spese, però, che la vita da anima errante non era così semplice, non era soltanto stare accanto a persone sempre diverse, era anche soffrire per la perdita della persona con cui avevi passato del tempo. Scoprì che, nonostante non avesse un corpo materiale, non fosse un essere umano, poteva provare emozioni, sensazioni fisiche, dolore. La separazione dal suo primo legame fu devastante: John sentì tutto il suo corpo decomporsi, ma al contempo rimanere vivo, mentre ondate di paura, sorprendendolo, lo facevano sussultare e gli provocavano spasmi incontrollabili alle membra.
Le stesse sensazioni si presentavano ogni volta che un legame si interrompeva – o stava per farlo – e dopo tutti quei secoli, dopo tutte le vite degli altri che aveva vissuto, aveva creduto che gli sarebbero divenute familiari, che il dolore sarebbe stato meno sordo. Invece rimase tale e quale e, anche quella volta – nella Londra moderna, molto cambiata dalla Londra in cui era nato –, disteso sul pavimento accanto al cadavere del suo ultimo legame Simon, vittima di un serial killer, l'angoscia lo distrusse.
Era incredibile da realizzare, per lui che quelle emozioni l'aveva già provate quando era vivo, ma in quel momento ebbe paura della paura che lo assaliva. Tremò terrorizzato, mentre le sue ossa, i suoi muscoli, facevano sempre più male e la sua mente si perdeva nel dolore. Le convulsioni cessarono e John rimase semplicemente lì, inerme e senza forze, mentre l'appartamento si riempiva di poliziotti che non potevano vederlo.
Poi mentre la pelle si ritraeva, raggrinzendosi, vide qualcun altro entrare nella stanza e sentì subito la sensazione di calore, segno di un nuovo legame, invaderlo e un benessere familiare che piano piano lo guariva dargli la forza di appoggiarsi sulle braccia – ancora deboli, ma non più come prima –per guardarlo negli occhi. Un ragazzo alto, magro e pallido – che le persone nella stanza chiamarono Sherlock e che immaginò fosse o un altro poliziotto o un consulente – ricambiò il suo sguardo, fissando prima il cadavere accanto a lui e poi la sua figura invisibile.
- Mi vedi?- gli chiese per assicurarsi che fosse davvero lui il suo prossimo legame.
Sherlock non rispose, ma si avvicinò per analizzare il corpo di Simon e si inginocchiò, guardandolo con la coda dell'occhio, mentre prendeva mentalmente appunto degli elementi più rilevanti nella stanza e degli indizi che gli sarebbero serviti per risolvere quel caso di omicidio. Continuò a guardare nella sua direzione e John pensò che stesse analizzando anche lui e stesse osservando come il suo corpo guariva grazie alla sua vicinanza. Alcuni riccioli neri gli cadevano davanti agli occhi, mentre lo scrutava, ma questo non fermò i suoi ragionamenti.
Però, all'improvviso, distolse lo sguardo, si alzò in piedi e gli diede le spalle, confondendolo.
- Mi vedi davvero?- chiese nuovamente, mentre anche le sue gambe si sanavano velocemente grazie alla forza del legame appena creato, permettendogli di muoverle.
John ebbe la sua risposta nel momento esatto in cui Sherlock si girò verso di lui e accennò un sorriso, annuendo. Lo ricambiò, sapendo già che la vita con lui sarebbe stata molto interessante.