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Autore: Delirious Rose    20/06/2007    3 recensioni
Song fic sull'omonima canzone di Carmen Consoli, ho cercato di raccontare attraverso gli occhi di Clef i momenti prima che Emeraude evocasse i Cavalieri.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Consiglio d'ascolto: Quattordici Luglio di Carmen Consoli

Sfoglio i miei libri cercando una risposta: da circa quattro mesi Sephiro ha qualche problema. Niente di grave, è ovvio: qualche mostro in più, nelle regioni meridionali non piove da tre mesi, fra alcuni villaggi c'è attrito per lo sfruttamento dei pascoli. 
L'ultima volta che ho visto qualcosa di simile è stato quando la Principessa Jinko era il Pilastro, circa 200 anni fa: ma Jinko era malata. La Principessa Emeraude, invece, ha sempre goduto d’ottima salute anche se un raffreddore non ha mai risparmiato il Pilastro. Ma un raffreddore dopo una settimana è guarito. Deve esserci qualcos’altro, qualcosa che impedisce alla Principessa Emeraude di pregare, che disturba i suoi pensieri. Ho qualche sospetto, non lo nego, ma non ho conferme e potrei anche sbagliarmi. Forse ho trovato il libro che cercavo... mmh, non viene via....
Una valanga di pesanti, logori e antichi volumi mi cadono sulla testa. Dolorante, emergo dalla montagna e tossisco: quanta polvere! Ma io non ho il tempo di spolverare la biblioteca. Un momento: questa è la punizione perfetta per il Principe! Se solo non pensasse a vagabondare come un comune ragazzo di 219 anni... 
“G-Guru Clef?” Una timida voce pronuncia il mio nome: sulla soglia una delle dame di compagnia della Principessa Emeraude mi osserva timorosa. Sempre tossendo, tolgo la polvere dal mio abito e appoggio il libro sul tavolo. La dama respira profondamente e si avvicina di qualche passo. 
“Posso aiutarti, Giulietta?” 
“N-no, sono qui solo per... la Principessa Emeraude desidera pranzare con voi: vi aspetta al Padiglione delle Rose fra mezz'ora. Con permesso.” 
Giulietta s’inchina ed esce. Per i Managuerrieri, è già ora di pranzo? Ma soprattutto, sono davvero così spaventoso? È vero che Giulietta è timida, ma il suo comportamento è esagerato. Sospiro e mi rendo più presentabile prima di raggiungere la Principessa: sicuramente dovrà dirmi qualcosa d’importante.

Guardavo le sue mani che stuzzicavano insolenti una rosa finta 
Ed era così dolce il modo in cui 
Nascondeva l'imbarazzo 
Mentre parlava e sorrideva ironicamente 
Delle proprie sventure teneva gli occhi bassi

Il Padiglione delle Rose è situato nell'angolo più appartato dei giardini: alcuni rosai s’inerpicano sulle sottili colonne di candido marmo scolpito e sulla cupola di ferro e vetro, le splendide rose bianche e rosa pallido spandono il loro delicato profumo. La Principessa Emeraude mi aspetta osservando il bocciolo di rosa, bianco come neve, fra le sue mani e mormora qualcosa. Una cameriera sta disponendo le pietanze sul basso tavolo di legno laccato: zuppa di molluschi in salsa bianca, gamberi in agrodolce, salmone bollito con verdure, crostata di mirtilli e al centro del tavolo un cesto di frutta e una brocca di vino bianco. Sorrido: il pesce è il piatto preferito della Principessa Emeraude. Ah, lo avevo dimenticavo: lei è nata e cresciuta ad Austina, fra la rena e il mare rincorrendo i gabbiani. La Principessa Emeraude mi guarda e sorride. Io mi avvicino e la saluto, poi mi siedo sui cuscini. Iniziamo a mangiare senza parlare: non avevo visto i canapé e il carpaccio di pescespada. 
“Clef, io...” Sposto gli occhi dal gambero che stavo per addentare al volto della Principessa: cerca di nascondere il suo imbarazzo. Sospira e ricomincia a parlare. “Clef, cosa pensi di Sephiro? Rispondimi sinceramente.”
“È il mondo in cui vivo, l’amo molto: ogni volta che devo andare via mi manca molto.”
“Ah, capisco.”
La Principessa Emeraude mi guarda e sorride: buffo, mi viene in mente il modo in cui suo fratello la chiama, Emi-hime[i]. Parliamo del più e del meno, poi improvvisamente lei mi guarda e dice. 
“Ho deciso di evocare i Leggendari Cavalieri Magici.”

Guardavo le sue mani che s’intrecciavano 
Tra i ricami di una tovaglia 
Riuscivo a stento a trattenere la voglia 
Di afferrarle di aggredire il suo dolore

Ho gli occhi sbarrati, la bocca semiaperta e la forchetta che impugno cade rumorosamente sul piatto: ho sentito bene? 
“Eh? Cosa?!” 
“Ho deciso di evocare i Cavalieri Magici, Guru Clef.” La Principessa Emeraude ripete con voce rotta e posso vedere le lacrime nei suoi occhi. Lei nasconde il viso delicato fra le sue mani, il bocciolo giace sul suo grembo. “Cerca di capirmi: io... io non posso e non voglio continuare in questo modo! I-io mi sono sforzata, mi sono impegnata con tutte le mie forze, te lo assicuro: ma non ci sono riuscita.” 
I suoi occhi color fiordaliso mi squartano l'anima: così tristi, così disperati, così dolorosamente angosciati. Sospiro e cerco di calmarla, di fungere da figura paterna. “Cosa non sei riuscita a fare, Principessa Emeraude? Perché vuoi evocare i Cavalieri della leggenda?” 
Lei mi guarda singhiozzando, poi abbassa gli occhi e ride senza gioia, ironica, tremante. “Io... io mi sono innamorata e lui ricambia il mio amore. Te lo giuro su questo diadema che indosso, Clef, ho fatto il possibile per disamorarmi di lui, ma più cercavo di allontanarlo dal mio cuore, più il mio sentimento cresceva: ho cercato di vedere in lui i peggiori difetti, ma vedevo solo i suoi pregi, evitavo di stare nei luoghi in cui era più facile incontrarlo e lo incrociavo nei corridoi.” 
Le porgo un bicchiere e lei sorseggia lentamente il vino, sembra essersi calmata: questo è bene, perché ora è più padrona di sé e può spiegarmi meglio la sua situazione, il suo problema. Anche io bevo: devo cercare di controllarmi, devo sapere, devo avere delle conferme, devo trovare un modo per aiutare la Principessa Emeraude.

Misto all'incenso il sapore di un pasto frugale 
I ricordi storditi dal tempo 
Pur essendo simile a tante e tante altre persone 
Era speciale... speciale

L'incenso brucia nel piccolo braciere d’ottone e il sottile filo azzurrino che si avvolge in volute e si spande in nastri assomiglia ai miei pensieri: la Principessa Emeraude è innamorata. 
L'amore. 
L'amore per me è un lontano ricordo di gioventù, quando ero ancora uno studente: ho imparato quello che so su questo sentimento dai libri di letteratura. E dal mio vecchio compagno di stanza, Cano: non lo vedo da quasi 600 anni, chissà dove è adesso. Da lui ho imparato che l'amore è l'avere una donna e che bisogna cogliere al volo ogni occasione: Cano trascorreva intere notti spiegandomi come scegliere la ragazza più adatta a ciò che si era prefissato e come conquistarla. 
Devi adularla sempre, vecchio mio: dirle che è la donna più bella di Sephiro anche se ha la faccia di un maiale; se lascia i capelli sciolti dille che preferisci le ragazza acqua e sapone e se, invece, usa arricciarli, che i suoi ricci ti fanno impazzire. Una delle cose importanti è la gelosia, che deve essere nella giusta misura: la mancanza e l'eccesso spingono la tua amante fra le braccia di un altro uomo.” 
Cano aveva una concezione troppo materiale dell'amore, per questo mi giravo sotto le coperte e gli dicevo buonanotte. 
Su libri ho imparato che l'amore è il sentimento più puro, bello e umano che un uomo possa provare, capace di condurlo sia alla beatitudine sia alla dannazione. Un sentimento che eleva l'anima fino al bene supremo e che la rende completa. Tanta luce, tanta gioia, pace e serenità interiore. E allo stesso tempo oscurità, dolore e sofferenza, tormentata passione intrisa di lacrime e trasudante sangue. Un sentimento che riflette la duplicità dell'uomo, essere fra la luce e l'oscurità. 
Anche il Pilastro è un essere umano, è naturale che lei sia innamorata: nulla è più normale di una giovane donna -e splendida per giunta- innamorata e di un uomo che la ami a sua volta. E come non si può non amare Emeraude Xepphirine, principessa di Austina e Pilastro di Sephiro? Non amarla sarebbe un delitto. Il suo amore potrebbe essere felice se le nostre leggi fossero diverse. 
Compito del Pilastro è sorreggere Sephiro, renderlo prospero e in pace con le sue preghiere. Suo unico dovere è pregare unicamente per la stabilità del pianeta e la felicità comune. 
È questo che i maestri insegnano ai nostri bambini: se siamo felici dobbiamo ringraziare il Pilastro. Ma il Pilastro è felice? Egoisticamente la gente pensa solo al proprio tornaconto, ma anche Emeraude è un essere umano, una donna e come tale anche lei ha diritto di essere felice: l'amore è uno dei mezzi per raggiungere la felicità. Amare è un suo diritto naturale.

Guardavo le sue mani che enfatizzavano 
Opinioni con eleganza 
Tra le improvvise somiglianze 
Simbiotiche intuizioni l'amichevole trasporto

La Principessa Emeraude posa il bicchiere sul tavolo e si asciuga gli occhi, poi prende fiato. Una volta. Due volte. 
“Io... io amo Zagato.” Tace, come se aspettasse il mio rimprovero: afferro la sua mano pallida e fredda per infonderle coraggio. Sospettavo che Emeraude amasse Zagato, in fondo è la persona che le è più vicina. Riprende a singhiozzare, nuove lacrime scorrono sul suo viso, simile ad una miniatura preziosa. “All'inizio pensavo che il mio sentimento fosse semplice affetto, lo stesso che provo per mio fratello, per te e per ogni abitante di Sephiro. Però un giorno mi sono accorta di desiderare la sua felicità prima di quella di chiunque altro: questa scoperta mi mise un gran terrore addosso. Mi dissi che era qualcosa di passeggero, perché Lantis era andato via; mi promisi che avrei cercato di eliminare questo desiderio dal mio cuore. Ma ogni volta esso tornava con veemenza e s’imponeva sui miei doveri: non riuscivo più a pregare con la serenità necessaria.” 
La sua voce leggera, scossa da singulti, mi offre i suoi tormenti e le sue mani accompagnano ogni parola, cercando disperatamente di estorcermi un rimedio. Mi sento impotente, inutile e stranamente vuoto: vorrei aiutarla, davvero, e vorrei trovare una soluzione diversa dall'evocare i Cavalieri Magici. Per quanto mi sforzi non riesco a pensare, non so cosa dire, cosa fare. 
“Allora ho cercato di allontanarlo fisicamente. Ricordi quando con Ferio sono tornata ad Austina? E quando ho chiesto a Zagato di rappresentarmi a Pharen? Quella volta avrei potuto mandare un'altra persona, una qualsiasi, ma ho mandato lui. Però, quando non lo vedevo, quando era lontano da me, mi sentivo così male e non riuscivo a fare niente e questo era peggio. Ero così lunatica che Ferio pensò che fosse colpa sua, perché non si applicava abbastanza negli studi ed è per questo che ora è in giro chissà dove. 
Poi mi venne un'illuminazione: per Zagato ero solo il Pilastro del mondo in cui viveva, cui doveva rispetto e fedeltà, non amore. Questo pensiero mi aiutò a superare la crisi e per qualche tempo le cose andarono discretamente ed io ero relativamente serena. Ma era solo la dopo la tempesta.” La sua confessione si arresta davanti al punto cruciale del suo dramma. Mastica nervosamente un dattero per calmarsi. “Dovrebbero essere trascorsi quattro mesi da quel giorno, il giorno più sublime e tremendo della mia vita. 
Era il quattordici luglio ed io non riuscivo ad addormentarmi, così decisi di fare una passeggiata fino allo stagno delle ninfee per vedere le lucciole. Mentre ero lì, mi venne una strana idea in mente e dissi al mio riflesso: ‘Emi-hime, perché per un'ora non diventiamo grandi e ci divertiamo a spaventare le guardie?’” La principessa Emeraude sorride amaramente al ricordo di quella burla infantile, poi socchiude gli occhi e improvvisamente la sua voce si tinge di leggera passione. “Così il mio corpo di bambina si trasformò in quello di una donna adulta e ridevo immaginando la faccia delle guardie mentre imitavo un fantasma. Poi mi accorsi che qualcuno mi osservava: era Zagato. Lui si avvicinò e mi chiese il motivo di quel cambiamento; io lo pregai di mantenere per sé quello che aveva visto.” 
Lei continua il suo racconto e spesso arrossisce. Il suo imbarazzo è palpabile e contagia anche me: so che sta glissando su certi particolari e di certo io non voglio sapere i dettagli della sua vita privata, anche se devo ammettere che questo va ben oltre i miei sospetti. Quando finisce mi guarda negli occhi e mi dice. 
“Ti prego, affida Mokona ai Cavalieri Magici e quando tutto sarà finito, porgi loro le mie scuse.” 
Con queste parole è avvolta in un fascio di luce che mi acceca. Quando riapro gli occhi, dove prima c'era la Principessa Emeraude, vedo una strana creatura bianca, pelosa e con una gemma rossa in fronte. 
“Principessa Emeraude…”

Misto all'incenso il sapore di un pasto frugale 
I ricordi sbiaditi dal tempo 
Pur essendo simile a tante e tante altre persone 
Era speciale... speciale

Mi lasciavo sedurre dalle sue manie 
Mi lasciavo sedurre dalle sue manie 
Mi lasciavo sedurre dalle sue manie 

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[i]Emi-hime: semplice gioco con un possibile diminutivo di Emeraude e la parola "hime" (principessa in giapponese).

   
 
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