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Autore: The Mad Tinhatter    21/06/2007    3 recensioni
Una ragazza, Alicia, il cui destino è segnato dal passato, e da uno strano ritrovamento...
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ora... cambio di scenario!

Cap. 6: Gone Away

Era mattina presto, e Kristen si stava preparando per uscire di casa. Da quando aveva lasciato Urù’baen viveva a Yazuac, un piccolo paesino a nord. Era felice di essersi trasferita. Meglio vivere in quel piccolo paesino, piuttosto che restare in quella grande città. Aveva tentato di convincere la madre e la sorella a seguirla, ma loro avevano rifiutato, avevano preferito restare in città con suo padre, Glenwing. Lei, però, aveva preferito andarsene senza di loro. E ora viveva lì, in quella casupola di Yazuac.

In quel momento si stava preparando per uscire. Doveva andare a Daret, a far visita ad una sua vecchia amica.

Si vestì, poi uscì dalla sua stanza. Nella sala da pranzo c’erano una donna, e un bambino.

La donna si chiamava Michelle, ed era alta e magra. Sembrava molto giovane, in realtà aveva circa l’età della madre di Kristen, Eloisa. Suo marito era morto tanti anni prima, in circostanze misteriose. Michelle aveva accolto Kristen quando era arrivata, e da allora lei e suo figlio avevano cercato in tutti i modi di farla sentire a casa.

Il bambino, figlio di Michelle, si chiamava Francis, e aveva circa tre anni. In quel momento scorrazzava attorno al tavolo, mentre la madre preparava la colazione.

- Buongiorno Kristen – disse Michelle – ecco la colazione - .

Kristen prese la ciotola di latte che Michelle le porgeva, si sedette, poi bevve, accompagnando il latte con dei biscotti fatti in casa. Ogni tanto Francis si avvicinava al tavolo, e prendeva un biscotto dal vassoio. La madre lo guardava, torva.

- Ne hai già mangiati abbastanza prima, Francis – gli disse.

- Ma no, lascialo fare – disse Kristen, baciando il bimbo sulla fronte e porgendogli un altro biscotto.

Kristen finì di mangiare, poi si alzò dal tavolo.

- Quanto resterai via? – chiese Michelle.

- Dovrei essere di ritorno stasera. Non preoccupatevi. Non sto certo partendo per la guerra – rispose Kristen.

- No, ma di questi tempi… sai, è sempre pericoloso mettersi in viaggio, ormai - .

Kristen riusciva a capire Michelle. Del resto, il mistero della morte di suo marito stava nel fatto che lui era partito, e mai più tornato. Dopo un paio di giorni, però, un contadino del posto ne ritrovò il cadavere, vicino al paese, e aveva dato l’allarme. Quindi era piuttosto naturale la preoccupazione di Michelle.

- Non preoccuparti – continuò Kristen – so badare a me stessa - .

- Posso venire con te? – strillò Francis a Kristen, beccandosi un’occhiataccia da parte della madre.

- No, meglio di no, Francis. Il mio cavallo non può portarci tutti e due – rispose Kristen.

Michelle sorrise. – Allora, a dopo – disse, mentre Kristen usciva.

Kristen chiuse la porta della casa, e si diresse verso la piccola stalla. Si diresse verso il suo giovane cavallo, Zoccolodiferro, e lo sellò. Poi ci montò sopra e, cavalcando, uscì dalla città.

*

Kristen tornò soltanto verso sera. La sua amica era stata molto felice di vederla, tanto da riempirle la bisaccia con pane, dolci e, addirittura, un pezzo di carne secca e una bottiglia di vino. Michelle sarà contenta, pensò Kristen, mentre entrava in città.

Uno strano presentimento la invase. La città era troppo silenziosa. Nonostante fosse sera, e tutti sicuramente fossero a casa, quel silenzio era innaturale, quasi tetro. Le luci delle case erano accese, ma sembrava che nessuno fosse dentro. Kristen continuò ad andare avanti, fino ad arrivare al centro della città. Quando arrivò nella piazza centrale, non potè fare a meno di urlare. Lo spettacolo che si presentava davanti a lei… era terribile….

Davanti a lei stava un mucchio di cadaveri, ancora gocciolanti di sangue. Al centro del mucchio era piantata una lancia, dove era conficcato un altro cadavere. Smontò da cavallo, tutto il suo essere scosso da una muta disperazione. Si avvicinò a quel mucchio di cadaveri, e osservò di nuovo quello conficcato nella lancia. Era Francis. Francis, il bimbo che qualche ora prima le aveva chiesto se poteva andarsene con lei. L’avesse portato via con sé….

Kristen cadde in ginocchio, il volto sepolto tra le mani, invasa dalla più tremenda disperazione. Riconobbe altre persone: Michelle, il fornaio, l’oste, il medico, la guaritrice… tutti i paesani. E nessuno mostrava la minima scintilla di vita. Tutti morti. Ma cosa, o chi aveva potuto uccidere tutte quelle persone, avere soltanto il coraggio di alzare un’arma contro qualcuno, contro un uomo, una donna, un bambino?

Urgali, pensò Kristen. Solo creature come quelle, senza un cervello e senza un’anima, avrebbero potuto compiere un’azione simile senza apparente motivo. Cosa avevano fatto i paesani per meritare una morte simile? Nulla. Vivevano in pace, lontani dal trambusto delle città, e ancor più lontani dalle intricate e complesse faccende riguardanti il potere.

Ma ora, un altro pensiero si fece largo nella mente di Kristen. Dove andare? Cosa fare? Ormai era rimasta sola, e non poteva restare lì. Qual’era la cosa più logica da fare?

Kristen lo sapeva, sapeva la risposta a quella domanda, anche se non aveva effettivamente voglia di farlo. Sarebbe dovuta ritornare a Urù’baen, e ricongiungersi ai suoi genitori e ai suoi fratelli.

E sapeva che, anche se non l’avesse voluto, sarebbe stato quello il suo destino. Tutta colpa di quell’antica magia, quella regola antica che nessuno era mai riuscito ad eludere… quella stupida legge di Galbatorix….

Quando Galbatorix prese possesso di Urù’baen, ordinò, per mezzo della magia, che chiunque abitasse o nascesse ad Urù’baen non potesse andare a vivere stabilmente da nessun altra parte. In molti avevano provato ad andarsene, ma senza successo; prima o dopo tutti erano ritornati in quella maledetta città. E ora toccava anche a lei… sarebbe dovuta ritornare….

Però, se proprio doveva farlo, doveva anche muoversi: sicuramente quel luogo non era più sicuro, e lei, sfortunatamente, non aveva armi con sé. E, anche se le avesse avute, non avrebbe saputo maneggiare qualcosa di più di un pugnale. Decise che almeno quello poteva permetterselo, e, suo malgrado, entrò nella bottega del fabbro, deserta, per prenderne uno. Così fece, poi uscì di nuovo.

Accarezzò Zoccolodiferro, poi ci montò sopra, e uscì, galoppando, dalla città.

*

Kristen galoppava, diretta verso sud, verso Urù’baen. Il raggiungere la città non era una cosa che la entusiasmava più di tanto, ma sapeva che avrebbe dovuto fare così. Ma al momento non doveva pensarci. Prima di vedere Urù’baen, sarebbero trascorse settimane di viaggio, e Kristen immaginava che non sarebbero stati giorni piatti come i primi dieci minuti. Quindi, avrebbe certamente avuto tante altre cose a cui pensare.

Prima di tutto, avrebbe dovuto trovare un posto per passare la notte, e dove rifornirsi di viveri. Purtroppo non vi erano altre città nei paraggi, quindi si sarebbe rassegnata a dormire all’aperto. Per quanto riguardava i viveri, sarebbe tornata dalla sua amica, a Daret. Era l’unica cosa possibile, al momento.

Arrivò il momento di fermarsi. Kristen tirò fuori due pietre focaie, e le usò per accendere un piccolo fuoco bruciando delle sterpaglie. Infine si stese per terra e, tentando di non pensare a quanto fosse duro il terreno e al fatto che potessero attaccarla da un momento all’altro, si addormentò.

Si risvegliò che era già mattino; anche se l’alba era passata da poco. Con gli occhi un po’ assonnati, Kristen cercò nella sua borsa qualcosa da bere e da mangiare. Ricordò a se stessa di ringraziare ancora una volta la sua amica per i doni del giorno prima, in quanto in quel momento erano le uniche cose commestibili che possedeva.

Finì di mangiare e, piuttosto rinvigorita, Kristen si rimise in viaggio. Arrivò a Daret verso mezzogiorno.

Kristen attraversò a cavallo la città, poi giunse alla casa della sua amica. Il suo nome era Isolde, ed era la figlia di uno dei funzionari più potenti ed influenti della città. Abitava in una grande villa nella periferia della città. Kristen lasciò il cavallo nel grande cortile della casa, poi bussò.

Ad aprire fu Isolde.

- Ciao, Kristen! Come mai sei di nuovo qui? – disse la ragazza.

- Ho avuto qualche problema in paese. Ma forse è meglio che non te ne parli qui, per strada – rispose Kristen.

- Si, hai ragione… forse è meglio entrare – disse Isolde, e condusse Kristen dentro casa.

La sala dove erano entrate era enorme; era il salone della casa. Il pavimento e le colonne erano in marmo bianco, e una lunga scala di ferro battuto portava ai piani superiori. Isolde fece accomodare Kristen sul grande divano bianco al centro della stanza.

- Allora, raccontami tutto – disse Isolde.

Kristen le raccontò tutto, di come era tornata in paese e di ciò che aveva visto. Isolde assunse un’espressione inorridita e sorpresa.

- Fortuna che eri qui, Kristen – disse ancora Isolde.

- Già… grazie per avermi invitata, e grazie anche per i doni che mi hai fatto… anche se non ho viaggiato molto, per ora, sono state le uniche cose che ho potuto mangiare – rispose Kristen.

- Oh, di niente. Piuttosto, ora cos’hai intenzione di fare? –

- Tornerò dai miei parenti, ad Urù’baen –

- Davvero? Ma non è pericoloso? –

- Si, ma la mia famiglia è l’unico punto di riferimento che ho, per ora. A parte questa casa, ma non posso stare qui in eterno –

- Quando hai intenzione di ripartire? –

- Domani, sicuramente. Resto qui giusto il tempo per rifornirmi, poi me ne vado. Mi fermerò a Gil’ead, credo, poi andrò dritta verso Urù’baen. E dovrei arrivarci tra tre settimane, Urgali permettendo –

- E come farai? Non possiedi armi. Il tuo viaggio è una pazzia –

- Lo so. Ma anche se avessi qualche arma, non saprei come usarla –

- Capisco. Ma devi per forza viaggiare? –

- Si. Anche stare qui non sarebbe sicuro. Come hanno fatto una strage a Yazuac, potrebbero farla anche qui –

- Ma… allora, il popolo? Come si fa? Non si può far spostare un’intera città senza dare nell’occhio –

- Beh, un’intera città no. Tu puoi venire con me, anche se non saprei cosa fare per la tua famiglia –

- Mio padre è partito, assieme a mia madre. Non torneranno prima di domani. E comunque, senza offesa, non voglio viaggiare fino ad Urù’baen. È sempre molto pericoloso. Ma potrei fermarmi a Gil’ead. C’è una mia zia, lì. Potrei andare da lei, e starci un poco –

- E per i tuoi genitori? Come farai? –

- Lascerò loro un messaggio. Dirò loro di raggiungermi a Gil’ead –

- Va bene. Ti lascerò a Gil’ead, allora – rispose Kristen.

- Perfetto. Ora vado a preparare la borsa, poi partiamo subito – disse Isolde.

- Sei sicura? In fondo non ti sto costringendo –

- Non preoccuparti. Erano mesi che stavo attendendo quest’occasione per lasciare la monotonia di questa città. Non potrà farmi che bene –

- Si, ma se veniamo attaccate? Cosa faremo? –

- Ah, ma allora il pericolo sarebbe per entrambe. Tanto vale che anche tu resti qui. E ora fammi preparare la borsa. Preferirei partire subito – disse Isolde, e sparì su per le scale.

Kristen si accasciò sul divano. Ma cos’aveva in testa quella ragazza? Di certo non si sarebbe aspettata quella reazione da lei. Aveva pensato che avrebbe rifiutato di lasciare casa sua, che non avrebbe avuto voglia di viaggiare. E invece no. Voleva scappare dalla monotonia, cercare la morte. Almeno lei, Kristen, era stata costretta a scappare. Invece Isolde no. E fortuna che non aveva accettato di raggiungere Urù’baen, altrimenti Kristen avrebbe pensato che fosse seriamente impazzita.

Isolde ritornò poco dopo.

- Siamo pronte? – disse, con tono serio.

- Si. Andiamo – rispose Kristen.

Le due ragazze uscirono dalla casa, e Isolde si diresse verso un grande capanno sul retro della casa. Da lì ne uscì con un bellissimo cavallo bianco.

- Ti presento Codazzurra - disse Isolde, indicando il cavallo.

Kristen sorrise. Era davvero un bell’animale.

Lei e Isolde poi montarono sulle proprie cavalcature, e uscirono dalla città.

*

- Tra quanto tempo dovremmo arrivare a Gil’ead? – domandò Kristen.

- Domani, spero. Ho fatto questo tragitto altre volte, e non ci ho mai impiegato più di una giornata - rispose l’altra.

Stavano cavalcando da ormai due ore, e il paesaggio era sempre lo stesso: erba, alberi e campagna. Non un villaggio, o nemmeno un’abitazione, o anche soltanto un’anima viva, a parte qualche animale selvatico. Le due giovani stavano cominciando a spazientirsi, e volevano incontrare qualcuno che potesse perlomeno parlare con loro. Certo, erano in due, e parlavano tra di loro, ma non era rimasto molto da dirsi.

Arrivò la notte, e le due dovettero fermarsi per strada.

- Cosa facciamo? È arrivata la notte, e non abbiamo neppure una coperta per ripararci! – disse Isolde, allarmata.

- Semplice. Accendiamo un fuoco, e dormiamo per terra. È ciò che ho fatto io ieri notte – rispose Kristen.

- Cosa? Dormire per terra? Io… non credo… - .

Ecco, pensò Kristen, la sua vecchia amica Isolde era tornata. Insomma, Isolde era ricca, e poco abituata a trascorrere la notte all’addiaccio. Kristen era ormai abituata a vivere in un ambiente povero e semplice, perciò non si preoccupava più di tanto.

- Su, fatti coraggio. Sarà solo per questa notte, giusto? Poi, quando sarai a Gil’ead, dormirai in un letto caldo e comodo. Ma ora, aiutami ad accendere il fuoco – le disse Kristen.

Isolde fece prima una faccia inorridita, come se l’idea di dormire per terra le facesse incredibilmente schifo, poi si rassegnò, sbuffò e aiutò Kristen ad accendere il fuoco.

Qualche minuto dopo un mucchio di sterpaglie bruciava sotto i loro occhi.

- Sarà abbastanza caldo? – chiese Isolde.

- E dai… non morirai mica di freddo! – le rispose Kristen, scherzosamente.

- Sicura? –

- Certo! Cosa credi, che il fuoco accanto a cui ho dormito ieri fosse molto più caldo? E, come puoi ben vedere, sono ancora viva e sana come un pesce! - .

Queste ultime parole bastarono a convincere Isolde, che disse: - E va bene - , poi si stese per terra, e chiuse gli occhi. Kristen la imitò, e si addormentò.

Il giorno dopo Kristen si svegliò all’alba. Vide che Isolde ancora dormiva. E dire che nemmeno voleva addormentarsi, pensò Kristen. Si avvicinò all’amica addormentata. Stava proprio dormendo della grossa…. Doveva trovare un modo per svegliarla che la tenesse vigile e che le impedisse di assopirsi a cavallo… qualcosa di molto forte….

Si guardò intorno, e, spostandosi un po’ dai resti del fuoco, trovò una piccola sorgente d’acqua. Allora prese dalla bisaccia la bottiglia che la stessa amica le aveva dato, e la riempì d’acqua. Poi si avvicinò all’amica addormentata, e le buttò addosso tutta l’acqua della bottiglia.

- Ma che, sei matta? – strillò Isolde, svegliandosi di soprassalto, il vestito bianco tutto bagnato, i capelli biondi che le si appiccicavano al viso grondante d’acqua.

Kristen rise.

- Non c’è nulla da ridere! Mi beccherò anche un malanno, per questa doccia… - continuò Isolde, cercando di scrollarsi via l’acqua.

- E dai… ti asciugherai a cavallo… -

Isolde sospirò, poi sorrise.

- Hai la mia salute sulla tua coscienza – disse, scherzosamente, poi montò a cavallo.

Kristen fece lo stesso, poi le due ripartirono.

*

Videro Gil’ead soltanto dopo il tramonto. Gil’ead era una grande, popolosa città. Kristen, che ormai si era disabituata alle dimensioni di Urù’baen, guardò stupita quell’enorme gruppo di case e palazzi.

E fu ancora più stupefacente quando entrarono: ormai la notte stava scendendo, e luminosi fuochi venivano accesi all’esterno delle case. Uomini, donne e bambini vociavano per strada. Ogni singolo abitante fissava le due nuove arrivate, e il fatto che fossero a cavallo non aiutava certo a farle passare inosservate.

- Dov’è casa di tua zia, Isolde? – domandò Kristen, piuttosto ansiosa di raggiungere un ambiente chiuso e con un numero limitato di persone dentro.

- Mia zia abita proprio qui vicino. La sua casa è lì, in quella via a destra – rispose Isolde, e passò davanti all’amica per farle da guida.

In breve arrivarono davanti ad una grande casa. Non sembrava un’abitazione di gente ricca, ma senza dubbio non era nemmeno di un contadino. La casa aveva un piccolo cancello, che dava su un cortile pieno di erba e varie piante. E poi, proprio in mezzo al giardino, stava la casa.

Nel cortile stava giocando un bambino. Reggeva in mano un cavallino di legno, e si divertiva a muoverlo per tutto il giardino. Ma, al sentire gli zoccoli dei cavalli delle due ragazze avvicinarsi, decise di prestare attenzione alle copie viventi del suo giocattolo.

Accanto a lui stava una donna sulla quarantina, che guardava sorridente il bambino che giocava.

- Mamma, mamma! È arrivata Isolde! – gridò il bambino alla donna.

La donna voltò il suo sguardo verso i due cavalli che si stavano avvicinando, e riconobbe la nipote. Il suo sorriso si allargò ancora di più, mentre andava ad aprire il cancello alle due ospiti.

Kristen e Isolde entrarono con i cavalli, e si fermarono al centro del cortile.

Non appena Isolde scese dal cavallo, corse ad abbracciare la zia e il cugino.

- Kristen, questi sono mia zia Lisa e mio cugino Mish – disse Isolde, presentando all’amica gli altri due.

- Molto piacere – disse Kristen, stringendo la mano alla donna e facendo una carezza al bimbo.

- Mi fa molto piacere, Isolde, che tu sia venuta. Ma ora, entriamo tutti dentro, così parliamo un po’ davanti ad una tazza di tè caldo – disse zia Lisa, poi vide gli abiti sgualciti ed ancora umidicci di Isolde, e disse: - Isolde, cosa è successo? Sei tutta bagnata –

- Niente, zia… ti racconto come entriamo –

- Ma poi cambiati! –

Kristen, Isolde, la zia e Mish entrarono dentro la casa. L’ambiente era caldo ed accogliente, e proprio nella stanza d’ingresso stava un piccolo camino acceso con davanti tre piccole poltrone.

- Accomodatevi – disse la zia, indicando le poltrone.

Le ragazze si sedettero, mentre Lisa preparava delle foglie di tè in una piccola teiera.

- Allora, Isolde – continuò Lisa, mettendo la teiera sul fuoco – come mai sei qui? E come mai hai portato con te anche la tua amica? –

Isolde cominciò a raccontare alla zia tutto ciò che era successo, lasciando però alcune parti del racconto a Kristen, che aveva vissuto in prima persona tutta la faccenda.

- E così – disse Lisa a Kristen – vorresti andare ad Urù’baen? –

- Si, Lisa. Ho intenzione di partire domani mattina, dopo essermi rifornita di viveri –

- Ragazza mia, è troppo rischioso. Una donna, sola, a fare un viaggio che nemmeno un soldato oserebbe fare, per raggiungere cosa? La città del nemico –

- E dove vive la mia famiglia. Ho intenzione di ricongiungermi alle persone che mi sono più care –

- Ma così non farai altro che metterti in pericolo! Hai visto tutto quello che hanno fatto nel tuo paese? figuriamoci cosa potranno fare se sapranno che sei sopravvissuta! –

- Non m’importa. Uniti si vince, dice un detto. E se mi riunirò alla mia famiglia, senza dubbio sarò più forte che non qui. Mio padre è un elfo, è capace di proteggere me, mia madre, mia sorella e mio fratello –

- E così, sei una mezzelfo, giusto? Allora perché sembri così… umana? – domandò il bambino, che fino a quel momento era rimasto zitto. La madre lo fulminò con lo sguardo.

- Perdonalo, Kristen… è solo un bambino, non sa che dice… -

- Non preoccuparti, Lisa. Mish, io si, sono una mezzelfo, ma evidentemente ho preso più da mamma… e poi, anche la vicinanza al mondo elfico conta molto. Io non sono mai stata molto vicina a mio padre, nonostante io gli voglia un mondo di bene. Lui si occupava di armi, di poemi… da lui ho imparato solo le nozioni fondamentali, come saper leggere e scrivere, e come maneggiare un pugnale, ma null’altro. Quella che trascorre molto tempo con lui è mia sorella. Ha soltanto tre anni in meno di me, ma è una spadaccina formidabile, e ha letto un sacco di poemi elfici. Lei si che sembra una mezzelfo… anche fisicamente – rispose Kristen, mentre Mish la guardava, rapito.

- Bene, una mezzelfo… sei proprio a posto, Kristen… se ti trovano e scoprono chi sei, sono guai! Ma se vuoi partire, fai pure. Tu, Isolde… non mi dire che parti anche tu! – disse Lisa.

- No, zia. Resterò un po’ con te, qui, almeno finchè le acque non si saranno un po’ calmate… -

- Brava, nipotina mia… anche se non so se Gil’ead resterà sicura a lungo… ogni tanto qualche ufficiale passa di qua, per riferire messaggi da parte del re… e non sembrano affatto messaggi per cui gioire –

- Per esempio? – domandò Isolde.

- Per esempio… il re ha ordinato che tutti gli uomini che siano capaci di brandire una spada o una qualsiasi arma siano arruolati nell’esercito. Perché credi che tuo zio non sia in casa, ora? È appena partito, e potrebbe non tornare mai più – rispose la zia.

- Mi dispiace – disse Kristen.

- Ah, e poi… ti ricordi, Isolde, quel castello, appena fuori dalla città? –

- Si, zia. Mi ricordo anche che mi avevi detto che un giovane vi si era rifugiato, e non ne aveva fatto più ritorno –

- Giusto, nipotina. Ebbene, mentre le mura fino a qualche settimana fa erano grigie come l’acciaio, ora sono diventate nere come la fuliggine. E spesso si sentono strani rumori provenire da lì. Non so cosa stia succedendo dentro quel castello, ma credo che non sia nulla di buono - .

- Chissà… solo entrando nel castello si potrebbe capire… - disse Isolde.

- E toglietevi dalla testa di poterlo fare! Tra te, Kristen e Mish non so più come fare per dissuadere la gente dall’essere imprudente! –

- Ma infatti non stavo pensando di farlo – rispose Isolde.

- E dico bene, ragazza! L’aspetto di quel posto mi dice proprio che non faresti in tempo a mettere un piede oltre il portone che saresti già cibo per cani! –

Kristen dovette ammettere che aveva ragione. Qualunque cosa si aggirasse da quelle parti, non sembrava molto rassicurante. E se avesse raggiunto la città? La ragazza cominciò a pensare che dopotutto l’idea di raggiungere Gil’ead non fosse stata poi tanto geniale.

- Meglio che nessuno di noi si occupi di queste faccende. Del resto, nessuno è ancora stato aggredito… e immagino che, nel caso qualcuno andasse a sbirciare, la… cosa… che c’è là dentro non sarebbe molto contenta… meglio che nessuno vada, se non vuole diventare la rovina della città! – continuò Lisa.

- Hai ragione, zia, hai ragione. Meglio lasciare la situazione così piuttosto che peggiorarla cercando di migliorarla –

- Che giro di parole, cugina! A Daret si imparano tutte queste parole? – disse Mish.

Isolde sorrise alla domanda del cugino.

- Si. Un giorno, se vieni, ti insegno tutto – disse la ragazza.

- No, non voglio. Sa troppo da grandi – replicò Mish.

- Infatti è da grande che imparerai a parlare così. Ma ora, a quest’età, i bambini devono imparare che questa è l’ora di dormire, vero Mish? – disse Lisa, che d’improvviso parve ansiosa di mandare a dormire il bambino.

- Ma mamma… io vi voglio ascoltare! –

- No, Mish. A letto –

- Uff… almeno accompagnami! - .

La donna finse di sbuffare, e uscì dalla stanza insieme al bambino.

Kristen e Isolde rimasero sole.

- Sei sicura di voler restare qui? – fece Kristen.

- Si, Kristen. Del resto, non è più pericoloso di continuare il viaggio con te. E poi, mica devo stare qui in eterno! –

- Hai sentito? Stanno arruolando uomini per la guerra! Capisci, la GUERRA! Arriverà prima o poi anche qui, e distruggerà tutto! Devi andartene –

- No, Kristen. Secondo la tua idea, non basterebbe che io ti segua! –

- Ah, no? –

- No, Kristen. Anche se io me ne andassi, resterebbero ancora migliaia di innocenti che meriterebbero di vivere. E allora, cosa fai, cerchi di convincere tutta Gil’ead a seguirti? La maggior parte di questa gente è ignorante, non sa che le battaglie che verranno combattute da questi uomini potrebbe toccarla da vicino. Pensano che siano battaglie lontane… e inoltre, dato che questi uomini stanno combattendo per l’Impero, molte donne pensano di essere al sicuro, qui… ma non sanno che, dopo o durante la guerra, Galbatorix cercherà di annientarli comunque –

- Quindi, resti? –

- Si, Kristen. Se resto qui, con ogni probabilità morirò… ma almeno sarò vicino a mia zia, a mio cugino… se scappo, penseranno che non voglia loro bene… intanto, morire qui o morire a Urù’baen è la stessa cosa… -

- Va bene. Rispetto la tua decisione, Isolde –

- Mi mancherai, Kristen –

- Anche tu, Isolde – .

Lisa ritornò.

- Accidenti, Mish non voleva proprio dormire… - disse la donna.

- I bambini… sono sempre così – disse Kristen.

- Me ne sono resa conto – disse Lisa – Ma… beh, cosa avete deciso? –

- Io me ne vado, domani – disse Kristen – ma Isolde resterà qui - .

- Bene – disse Lisa, guardando la nipote. Poi si rivolse di nuovo a Kristen.

- Sei sicura, Kristen, di non voler restare qui ancora un po’? –

- No, Lisa, no. Domani mattina mi alzerò presto, e partirò verso la mia destinazione - .

- Come vuoi. Ma forse, visto che dovrai partire presto, è meglio che tu vada a dormire –

- Va bene, Lisa –

- Allora seguimi, ti mostrerò dove dormire… -

Lisa si alzò, e Kristen la imitò, e la seguì. La condusse lungo una piccola rampa di scale, che portava ad un pianerottolo, su cui davano tre porte. Lisa varcò quella proprio davanti a loro, e Kristen entrò.

- Ecco, questa è la tua stanza – disse Lisa.

La stanza non era molto grande, ed era arredata in maniera molto semplice: un letto, una scrivania con uno specchio davanti, e una sedia. Sulla scrivania era posato un catino colmo d’acqua, e qualche asciugamano, un po’ rammendato e piuttosto sottile.

- Se vuoi lavarti, c’è il catino. Gli asciugamani non sono proprio nuovi, ma in questo periodo è molto difficile procurarsi roba di alta qualità senza spendere una fortuna – disse Lisa, sinceramente dispiaciuta.

- Non importa – rispose Kristen, sorridendo. Fino a quel giorno aveva vissuto in un ambiente non troppo confortevole, quindi non erano un paio di asciugamani rammendati a darle fastidio.

- Buonanotte, Kristen. E buon viaggio – disse Lisa, abbracciando la ragazza come se fosse anche lei, come Isolde, una sua nipote.

Lisa chiuse la porta, e Kristen rimase sola nella stanza. In quell’attimo, quell’istante in cui aveva sentito la porta chiudersi, una marea di pensieri cominciò ad affacciarsi nella mente di Kristen. Pensò a sua sorella, Alicia, a sua madre, al suo fratellino, a suo padre… pensò a cosa avrebbero potuto dire nel rivederla… aveva sentito, nelle storie che le venivano raccontate, di famiglie che si ricongiungevano… alcune ritornarono a vivere felici, altre no… suo fratello, cosa avrebbe fatto nel rivederla? Erano ormai passati tre anni dal giorno in cui era partita, e lui aveva soltanto quattro anni… magari nemmeno si ricordava più di lei… l’avrebbe trattata come un’estranea, o l’avrebbe accettata subito come sorella? E anche Alicia… avrebbe mai accettato di riaverla accanto? O l’avrebbe accusata di essere una vigliacca, una che fugge di fronte al pericolo?

I pensieri della sua famiglia la assalirono come fantasmi dimenticati… in quell’attimo si rese conto di quanto le mancassero tutti quanti….

Si sedette sul letto, e si mise a piangere. Si rese conto di quanto fossero stati vuoti quegli anni… erano stati sicuri, ma vuoti… Michelle non avrebbe mai potuto farle da madre, né Francis da fratello….

Si asciugò le lacrime. Piangere le sembrava così stupido….

Si lavò, poi si mise addosso il cambio che si era portata da casa. Infine, si buttò sotto le soffici coperte, e si addormentò.

   
 
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