XX
Capitolo: The undeniable power of human love.
“Vuoi
il mio aiuto?”
chiese Rachel abbassando la mazza.
“Si,
ma prima che ne dici di un caffè?” chiese
speranzoso Peter, sfoderando un sorriso.
Rachel
alzò gli occhi al cielo e preparò i
caffè.
“Certo
che sei diventata proprio bella, e da quanto
vedo mio nipote sembra essersene accorto! Anche se a giudicare dalla
massiccia
presenza dell’odore di Stiles deduco che tu stia con il
piccolo umano. E’
incredibile quanto sia intelligente e sveglio. Sarebbe un beta
perfetto,
peccato abbia rifiutato il mio morso.” Disse sorridendo il
vecchio Alpha.
“Qual
è il punto Peter?” chiese Rachel un po’
spazientita.
“Gerard
ha un piano: ora che Matt è morto e…”
iniziò
a spiegarsi l’uomo quando la ragazza lo interruppe.
“Matt
è morto? Come, quando è successo?”
chiese
incredula.
“Poco
fa alla stazione di polizia c’è stato un bel
po’di casino con il Kanima e gli Argent ed il risultato
è stata la morte di
Matt, senza contare che quella bellissima donna che è la
madre di Scott ha
scoperto la verità sul figlio. Quel che è peggio
è che quel vecchio pazzo è
diventato il padrone del lucertolone, e non oso immaginare cosa
potrà mai fare
con lui.” Concluse Peter stiracchiandosi sulla sedia.
“Stanno
tutti bene?” chiese allarmata la ragazza.
“Si
non ti preoccupare. Ed ora arriviamo alla parte
in cui entri in azione tu: anche io ho un piano, e suddetto piano
include
l’uccisione del Kanima ma al tempo stesso il salvataggio di
Jackson.”
“Come?”
“In
quale momento il Kanima non è Jackson?”
“Quando
è il Kanima.”
“Esatto,
ed in quel momento non è vulnerabile mentre
lo è quando Jackson è se stesso. Il piano
è quello di uccidere il Kanima
nell’unico momento in cui è vulnerabile: quando
Jackson è a metà tra la sua
forma umana e rettile. Tu dovrai distrarre Gerard, mentre la dolce
Lydia si
occuperà del nostro amico, in modo che io e mio nipote
potremo poi liberare
quel povero ragazzo da tutto ciò che sta passando. Ci
stai?” le chiese Peter
alzandosi e dirigendosi verso la porta sul retro.
“Rischierei
di farmi scoprire dagli Argent.” Rispose
Rachel seguendolo.
“Oh
ma sanno già cosa sei, mia piccola ed ingenua
Rachel. Solo non lo sanno tutti i membri della famiglia.”
“Gerard,
Allison e Chris.”
“Esatto,
tutti gli altri no.” Rispose Peter ed uscì
dalla porta.
“Aspetta!
Cosa devo fare!?” urlò la ragazza
rincorrendolo.
“Quando
sarà il momento ti contatterò. Salutami il
tuo caro zietto!” rispose lui scomparendo nel fitto della
foresta.
Rachel
rimase per un momento sulla soglia della
porta, poi corse a
prendere le chiavi
dell’auto quando si ricordò di non averle. Corse
in garage e, presa la bici, si
diresse velocemente alla stazione di polizia. Aveva bisogno di sapere
se Stiles
e suo zio stavano bene.
Arrivò
davanti all’edificio ed abbandonò la bici
davanti alla macchina di Derek.
Entrò
dentro ma venne fermata dallo zio.
“Cosa
ci fai qui! Ti avevo detto di stare a casa!”
le disse portandola fuori.
“Peter
è venuto da me e mi a detto cos’è
successo e
volevo sapere se stavate tutti bene. Dov’è
Stiles?”
“Peter?”
“Sì,
è tornato in vita ma non è questo
l’importante.
Stiles?”
“E’
con suo padre, stanno rispondendo a delle
domande. Gli Argent sono già andati via.”
“Gerard
è il nuovo padrone.”
“Di
chi?”
“Del
Kanima, ha ucciso Matt ed è diventato lui il
padrone. E sa cosa sono, lo sanno zio.” Disse Rachel, facendo
bloccare l’uomo
sul posto.
“…Ne
parliamo dopo a casa.” Rispose soltanto David,
dopodichè aprì la portiera alla nipote e si
sedette al posto del guidatore.
Per
tutto il tragitto aveva pensato e ripensato a
cosa fare e l’unica soluzione fattibile era andarsene il
più lontano possibile
sperando che i cacciatori non li seguissero.
“Tempo
una settimana, massimo dieci giorni e
partiamo.” Comunicò alla nipote una volta giunti a
casa.
Rachel
si fermò sulle scale e si voltò verso lo zio.
“Cosa?
No, io non me ne vado!” rispose.
“Lo
farai. Andremo dalla zia Muriel e staremo con
lei. Domani la chiamo per informarla.”
“No!
Non sappiamo nemmeno che intenzioni abbiano gli
Argent! Perché scappare?”
“Che
intenzioni credi che abbiano Rachel! Ti
uccideranno appena ne avranno l’occasione, ecco cosa faranno!
E non andrai alla
partita di lacrosse di questa settimana ma resterai qui mi sono
spiegato?”
rispose severo l’uomo con un mezzo ringhio.
Rachel
stava per rispondere quando sentì l’auto di
Stiles che veniva parcheggiata nel vialetto.
Senza
pensarci due volte corse fuori e quando lo
vide scendere dall’auto si fiondò letteralmente su
di lui e per poco non lo
fece cadere a terra.
“Hei…
sto bene tranquilla.” Disse il ragazzo
abbracciandola.
Rachel
si staccò un po’ ed istintivamente
iniziò ad
annusarlo e strusciò il viso sul collo del ragazzo.
“Stai
bene… Non hai idea di quanto fossi
preoccupata! Quando Peter è venuto da me e mi ha detto che
c’erano stati dei
problemi alla centrale mi sono spaventata. Oh quasi dimenticavo,
sì Peter è
tornato in vita grazie a Lydia, ma non so bene in che modo.”
Disse tutto d’un
fiato la ragazza per poi dare un bacio al ragazzo.
“Quell’uomo
è estremamente inquietante.” Rispose
Stiles stringendo di più la ragazza a sé.
“Mi
accompagni in casa? Io… non mi va di stare da
solo. Sai, papà sta ancora rispondendo alle domande e poi
parteciperà alle
ricerche di Matt…”
“Matt
è morto, lo ha ucciso Gerard che è diventato
il nuovo padrone di Jackson.” Rispose Rachel incamminandosi
con il ragazzo.
“Oh
male, molto molto molto male… Ma rimandiamo a
domani questo discorso ok?” rispose Stiles aprendo la porta
di casa.
Rachel
poteva sentire la paura che si era
impossessata del ragazzo e vedeva come saltasse ad ogni minimo rumore
inaspettato.
“Hai
una soffitta da cui si veda il cielo?” chiese
ad un tratto la ragazza.
“Si,
perché?”
“Vedrai.
Prendi una coperta Batman.” Rispose Rachel
alzandosi dal letto su cui si erano sdraiati abbracciati
l’uno all’altra.
Stiles
fece come le aveva chiesto la ragazza e le
fece strada.
Certo
quel luogo non era dei più puliti tra le
ragnatele e la polvere, ma dalla finestra più grande avevi
una vista
spettacolare sul cielo.
Stiles
si rifugiava spesso in quel posto quando
combinava qualche marachella da bambino.
Stesero
la coperta proprio sotto quella finestra e
la ragazza vi si sdraiò sopra, facendo segno al ragazzo di
imitarla.
“Devi
rilassarti almeno un po’ e ti aiuterò a
farlo.” Disse Rachel una volta che Stiles fu accanto a lei.
“Chiudi
gli occhi.” Gli ordinò ed il ragazzo
obbedì.
“Ora
immagina di essere su un’isola deserta, senti
il rumore delle onde intorno a te. Riesci a sentirle?”
“Si,
ci riesco.”
“Bene,
ora immagina che sia sera, e tu sei sdraiato
sulla sabbia a guardare il cielo. Ora apri gli occhi e magia! Sei
sull’isola.”
Disse la ragazza.
Incredibile
ma vero, a Stiles sembrava di essere
davvero su quell’isola a fissare il cielo notturno.
Istintivamente
prese la mano della ragazza nella sua
e disse:
“Però con me ci sei anche tu.”
Rachel
sorrise ed insieme fissarono il cielo fuori
dalla finestra senza dire nulla, l’unico rumore era quello
dei loro respiri e
dei loro cuori.
“Dove
hai imparato? A fare questa cosa intendo.”
Chiese rompendo il silenzio il ragazzo.
“Me
lo ha insegnato la mamma. Quando papà è morto
avevo paura a dormire da sola e la mia cameretta aveva una finestra
proprio
come questa. Ci mettevamo sul letto e quando iniziavo ad avere attacchi
di
panico o a piangere mamma mi raccontava questa storia, se
così possiamo
definirla. Questa sera l’ho rivista, mia madre. Credo fosse
un’allucinazione
dovuta allo strozzalupo…” rispose Rachel lasciando
a metà la frase.
“E’
passato ormai, qualsiasi cosa tu abbia visto,
per quanto dolorosa possa esser stata, ricordati che non era
vera.” Disse
Stiles attirando a sé la ragazza ed abbracciandola.
Si
addormentarono così, e quando il giorno dopo lo
sceriffo tornò a casa li trovò ancora abbracciati.
Non
li svegliò.
Lasciò
un biglietto al figlio con scritto che quel
pomeriggio avrebbe parlato con la psicologa della scuola per
“superare” il trauma
della notte precedente ed andò a dormire esausto.
“Sai
che quando stai affogando, non inali realmente
finchè non svieni? E’ chiamata apnea volontaria.
E’ come se, non importa quanto
tu stia avendo paura, l’istinto di non far entrare
l’acqua è così forte che non
apri la bocca finchè non senti che la tua testa sta
esplodendo. Ma poi, quando
finalmente inspiri, ecco quando smette di far male. Non fa
più paura. E’ una
sorta di pace in realtà.” Disse Stiles alla
psicologa mentre continuava a
disfare e rifare la rete della mazza di lacrosse.
“Stai
dicendo che speri che Matt abbia avuto un po’
di pace nei suoi ultimi momenti?”
Stiles
espirò rumorosamente, quasi sbuffando, ed
alzò il viso in modo da poter guardare la Morrel negli occhi.
“Non
mi dispiace per lui.”
“Riesci
a dispiacerti per il Matt di nove anni che è
affogato?”
“Il
fatto che un gruppo di idioti l’abbia trascinato
in una piscina dove non sapeva nuotare, questo non gli da affatto il
diritto di
andare ad ammazzarli tutti, uno per uno.
E comunque, mio padre mi ha detto che hanno trovato un sacco di foto di
Allison
sul computer di Matt. E non solo due. Cioè, lui si
è inserito nelle foto con
photoshop.
Cose come, loro che si tengono la mano e si baciano. Come se avesse
costruito
un’intera relazione finta.
Allora sì, forse affogare quando aveva nove anni
è stato ciò che l’ha mandato
fuori di testa, ma quel ragazzo era già decisamente salito
sul treno dei
pazzi!”
“Una
cosa positiva, però, è uscita fuori. Tuo padre
ha riavuto il posto, giusto?”
“Sì.
Sì, ma sento ancora che c’è qualcosa di
strano tra noi. Non so. Tipo la
tensione quando parliamo.
E la stessa cosa vale con Scott.”
“Gli
hai parlato da ieri sera?”
“No,
quasi per niente. Cioè, lui ha già i suoi
problemi da affrontare.” Rispose Stiles, lasciando da parte
il fatto che la
madre dell’amico fosse terrorizzata dal figlio.
“Non
credo abbia parlato nemmeno con Allison. Ma
questa potrebbe essere stata più una scelta di lei. Sai, la
morte della madre
l’ha scossa molto. Ma credo l’abbia fatta
avvicinare al padre.
Jackson?
Jackson non è stato molto se stesso ultimamente.
In realtà la cosa divertente è che, adesso, Lydia
è l’unica che sembra la più
normale.
Persino Rachel ha i suoi problemi da dover affrontare con suo zio e se
stessa.”
“E
cosa mi dici di te, Stiles? Hai un po’ di ansia
per la partita di campionato di domani sera?”
“Perché
me lo sta chiedendo?” chiese il ragazzo
mentre teneva con la bocca un laccio della rete.
Quando
se ne rese conto, allontanò la mazza dalla
bocca e rispose.
“No.
Io… non ho mai giocato veramente. Ma, dato che
uno dei miei compagni è morto e l’altro
è scomparso, chi lo sa, giusto?”
“Intendi
Isaac. Uno dei tre fuggitivi. Non hai più
sentito nessuno dei tre, no?”
“Come
mai non sta annotando nulla?”
“Lo
faccio dopo l’incontro.”
“La
sua memoria è così buona?”
“Perché
non torniamo a parlare di te?” chiese la
Morrel e Stiles alzò gli occhi al soffitto per poi
abbassarli sulla mazza da
lacrosse.
“Stiles?”
Il
ragazzo alzò gli occhi e fissò la donna.
“Sto
bene.” Disse per poi sedersi meglio sulla sedia
e prima di continuare prese un respiro profondo.
“Sì,
a parte che non dormo, salto per ogni cosa, la
paura costante, irrefrenabile, schiacciante che qualcosa di terribile
stia per
accadere.”
“E’
chiamata ipervigilanza, la sensazione persistente
di essere in pericolo.”
“Ma
non è solo una sensazione. E’…
è come un attacco
di panico. Come se non riuscissi nemmeno a respirare.”
“Come
se stessi affogando?”
“Sì.”
“Allora,
se stai affogando, e provi a tenere la
bocca chiusa, fino all’ultimo momento, cosa accadrebbe se
scegliessi di non
aprire la bocca? Per non far entrare l’acqua?”
“Beh
si fa comunque. E’ un riflesso.”
“Ma
se tieni duro fino a quando il riflesso non si
manifesta, hai più tempo no?”
“Non
molto tempo.”
“Ma
più tempo per combattere per andare in
superficie?”
“Credo
di sì.”
“Più
tempo per essere salvato?”
“Più
tempo per stare in un dolore agonizzante. E si
dimentica della parte in cui senti come se la tua testa stesse
esplodendo?!”
“Se
è per sopravvivere, non vale la pena soffrire un
po’?”
“E
se peggiora e basta? E se è sofferenza adesso e
poi… e poi solo l’inferno dopo?”
“Allora pensa a quello che Winston Churchill disse una volta: ‘Se stai attraversando l’inferno, continua a camminare.’” Rispose la Morrel e Stiles non fece altro che annuire, più a se stesso che alla donna.
Derek
continuava a cercare delle risposte.
Ogni
libro che sfogliava veniva poi gettato a terra,
catalogato come totalmente inute.
Doveva
capire come uccidere il Kanima.
Doveva
capire come sfuggire ai cacciatori.
Doveva
capire come tenere unito il branco.
Dei
passi attirarono la sua attenzione.
I
battiti dei loro cuori erano veloci, segno che
ormai avevano deciso.
“Avete
deciso.” Disse girandosi verso Erica e Boyd.
“Quando?”
aggiunse con aria dura.
“Stasera.”
Rispose la bionda.
“Saranno
tutti alla partita e abbiamo pensato fosse
il momento migliore.” Aggiunse Boyd.
“Non
è che vogliamo farlo.” Disse Erica.
“Che
cosa volete?” chiese spazientito l’Alpha.
“Dato
che ho compiuto diciassette anni il mese
scorso non mi dispiacerebbe prendere la patente. Non posso prenderla da
morta
sai?” rispose sempre la bionda.
“Beh
vi avevo detto che c’era un prezzo da pagare.”
Rispose Derek.
“Non
ci avevi detto sarebbe stato tanto alto.”
Rispose Boyd.
“Si
ma vi ho insegnato come sopravvivere! A farlo
come un branco! E non c’è un branco senza
un’Alpha.” Rispose Derek dando loro
le spalle, salvo girarsi nuovamente quando Boyd rispose.
“Lo
sappiamo.” Disse il ragazzo.
“Volete
cercarvi un altro branco? Avete almeno idea
di come trovarlo?” chiese scettico l’Alpha.
“Forse
l’abbiamo già fatto.” rispose Boyd.
“All’improvviso
abbiamo sentito tutto questo
ululare. Era incredibile.” Aggiunse Erica.
“Ce
ne devono essere stati a dozzine!” rincarò Boyd.
“Forse
anche di più.” Rispose ancora la bionda.
“Sì,
o forse solo due. Sapete cos’è l’effetto
‘beau
geste’? Se modulano i loro ululati con un rapido cambio di
tono, due lupi
riescono a sembrare venti!” rispose Derek.
“Ascolta,
non importa ok? Qua fuori c’è un altro
branco. Ci deve essere. Abbiamo deciso ormai.” Rispose Erica
avvicinandosi di
più a Boyd.
“Abbiamo
perso Derek. E’ finita. Ce ne andiamo.”
Disse il ragazzo.
“No.
No, voi state scappando. E, se cominciate, non
finirete più di farlo. Sarete sempre in fuga.”
Rispose l’Alpha.
Erica
prese per mano Boyd che stava per replicare e
se ne andarono.
Avevano
fatto la loro scelta.
Certo
sbagliata, ma avevano scelto, e Derek sapeva
di non poter fare più nulla.
Si
voltò nuovamente verso i libri e prese in mano un
frammento di specchio che lanciò contro l’uomo
alle sue spalle.
“Mi
aspettavo un benvenuto leggermente più caloroso.
Ma… messaggio ricevuto.” Disse Peter allontanando
il pezzo di vetro che aveva
fermato a pochi millimetri dalla pelle della sua gola.
“Certo
che ti sei cacciato in una bella situazione, Derek.
Voglio dire, sono fuori dai giochi per un po’ e
all’improvviso ci sono uomini
lucertola, vecchi psicopatici e tu vai in giro a mordere ogni
adolescente privo
d’autostima della città.” Aggiunse con
un tono che aveva del divertito.
“Che
cosa vuoi.” Chiese con tono severo l’Alpha.
“Beh,
voglio aiutarti. Sei mio nipote. L’unico
parente che mi è rimasto. Sai, c’è
ancora un sacco che ti posso insegnare.
Possiamo solo farci due chiacchere?” chiese lo zio
avvicinandosi al nipote e
posandogli una mano sulla spalla.
“Certo.”
Rispose Derek spostando lo sguardo sulla
mano dello zio.
“Parliamo.”
Disse ancora per poi spingere Peter
contro le scale dell’ingresso.
“Non
penserai davvero che voglia essere un Alpha
un’altra volta? Non è stata la mia prestazione
migliore, considerando che è
finita con la mia morte. Cioè, di solito sono
più… Ok, fai pure! Avanti fallo!
Colpiscimi, colpiscimi!” disse Peter dopo
l’ennesimo colpo da parte del nipote.
“Capisco
che sia un momento difficile per te. Stai
lasciando andare tutta la rabbia, l’odio per te stesso, e
l’odio che proviene
dal totale e completo fallimento. Io sono quello che prende le botte,
Derek, ma
tu sei già stato picchiato. Quindi fai pure. Colpiscimi, se
questo ti fa stare
meglio. Dopotutto ho detto che volevo aiutare.” Disse ancora.
Derek
caricò un altro pugno ma non lo sferrò e
lasciò andare lo zio.
“Tu
non mi puoi aiutare.” Disse con il fiato corto
per la rabbia l’Alpha.
Andò
a sedersi su uno scatolone in quello che una
volta era un salotto e si massaggiò la mano.
“Vedi?
Il primo esempio. Non sto guarendo in fretta.
Tornare dal mondo dei morti non è una cosa facile, sai. Non
sono più forte come
un tempo. Ho bisogno di un branco. Di un Alpha come te. Ho bisogno di
te,
quanto tu ha bisogno di me.” Disse Peter specchiandosi in
quel frammento di
specchio.
Derek
emise una brava risata, del tutto priva di
felicità.
“Perché
dovrei volere aiuto da uno psicopatico?”
chiese l’Alpha.
“Punto
primo, non sono uno psicopatico. E comunque,
tu sei quello che mi ha tagliato la gola. Ma siamo tutti in una fase
transitoria, giusto? Quindi abbiamo bisogno l’uno
dell’altro. A volte, quando
hai bisogno d’aiuto, ci si rivolge a persone
inaspettate.” Rispose lo zio.
Derek,
spazientito, si allontanò da quell’uomo che
era stato in così poco tempo di capire tutto il casino che
aveva dentro e si
andò a sedere sulle scale, seguito a ruota dallo zio.
“Hai
provato a crearti il tuo branco. Hai cercato di
prepararti al peggio. Non eri pronto. Perché Gerard sta
vincendo. Si è preso il
suo tempo. Sta giocando con Scott. Sta cercando voi lupi, uno ad uno.
Sta
assaporando la sua vittoria!” disse Peter.
“Che
ne dici di dirmi qualcosa che non so già?”
rispose seccato l’Alpha.
“Oh
lo sto per fare. E ti farà capire perchè
dovresti fidarti di me. Perché hai bisogno di fidarti di me.
Perché ti sto per
spiegare come fermare Jackson.”
“Che
intendi dire? Sai come ucciderlo?”
“A
dire la verità, come puoi salvarlo. C’è
un mito
secondo cui puoi curare un licantropo semplicemente chiamandolo con il
suo nome
di battesimo.”
“E’
solo un mito.”
“Beh,
a volte i miti e le leggende nascondono una
piccola verità. I nostri nomi sono un simbolo di
ciò che siamo. Ma un kanima
non ha identità. Ecco perché non cerca una
scatola vuota.”
“Cerca
un padrone.”
“E
chi altri cresce senza origini? Senza identità?”
“Un
orfano.”
“Come
Jackson. Ed ora, la sua identità è scomparsa
dietro la sua pelle da rettile. Devi farlo tornare indietro.”
“Come?!”
chiese esasperato Derek.
“Attraverso
il suo cuore! Come sennò!?” rispose
Peter.
“Sai,
nel caso non l’avessi notato, Jackson non ha
poi così tanto cuore per iniziare.”
“Non
è vero. Non lo ammetterebbe mai ma c’è
una
persona. Una giovane donna con cui Jackson ha un vero legame. Una
persona che
potrebbe raggiungerlo. Che potrebbe salvarlo.”
“Lydia.”
“Sai,
il tuo miglior alleato è sempre stata la
rabbia Derek. Ma quello che ti manca di più è un
cuore. Ecco perché hai sempre
saputo di aver bisogno di Scott più di chiunque altro. E
anche uno morto e
bruciato dentro come me ha di meglio da fare che sottovalutare il
semplice
eppure innegabile potere dell’amore umano.” Rispose
Peter sorridendo al nipote.
***
“Vai
al supermercato e prendi qualcosa da mangiare.
Andrò io al tuo posto ad aiutare Peter e gli altri.
Raggiungi la zia Muriel
prima che puoi e non tornare indietro.” disse David mentre
chiudeva il
bagagliaio della macchina della nipote, seduta al posto di guida. Suo
zio aveva
anticipato la partenza a quella sera, dopo che aveva saputo di Peter e
del suo
piano.
“Non
salutare Stiles. Non salutare nessuno. Non
devono sapere che te ne stai andando, intesi?” le chiese e la
ragazza annuì.
Prima
aveva visto Stiles entrare in casa con il
volto pieno di lividi e sangue ed aveva provato ad andare da lui, ma
era stata
bloccata dallo zio.
“Starà
bene non preoccuparti. E’ un ragazzo
intelligente, capirà. Quando questa storia sarà
finita dirò a Derek dove ci
troviamo, nel caso avessimo bisogno d’aiuto. Ora vai
Rachel.” Disse lo zio e
quando vide che la ragazza non accennava a partire aggiunse
“Va’!” con tono
severo, facendo sobbalzare la ragazza che mise in moto e
partì.
Aveva
la vista appannata dalle lacrime e sapeva che
stava sbagliando ad andarsene in questo modo.
Quando
posteggiò nel parcheggio del supermercato
ricevette un messaggio da Stiles:
“Dove
sei? La tua macchina non c’è e nemmeno quella di
tuo zio.”
Spense
il cellulare.
Non
ce la faceva a vedere il volto di Stiles che
sorrideva tutte le volte che le arrivava un messaggio.
Entrò
nel supermercato e si diresse subito verso i
dolci. Prese quante più schifezze poteva e quando
svoltò in un’altra corsia
andò a sbattere contro una donna, facendo cadere tutto
ciò che aveva tra le
mani.
“Scusi,
non l’avevo vista.” Disse prontamente la
ragazza, chinandosi per raccogliere ciò che le era caduto.
“Non
preoccuparti, succede.” Rispose la donna con
voce ipnotica mentre aiutava Rachel.
Quando
ebbe raccolto tutto la ragazza guardò la
donna: era alta, snella, un fisico atletico, i capelli scuri e corti e
la
carnagione mulatta. Quel che più colpì la ragazza
però fu lo sguardo della
donna: sembrava scavarle dentro l’anima, la guardava come se
la conoscesse.
E
poi aveva quell’odore, così simile a quello
di…
“Derek.”
Sussurrò la ragazza.
“Come
scusa?” Rispose la donna sorridendole.
“Niente,
pensavo ad alta voce.” Rispose la ragazza.
“Kalì!”
Esclamò un uomo, vestito con giacca e
cravatta, occhi quasi blu e capelli castano chiaro.
“Arrivo
Deucalion. E’ stato un piacere conoscerti
Kiki.” Rispose la donna e raggiunse l’uomo col
quale uscì poi dal supermercato.
Rachel
era perplessa.
Come
faceva quella donna a conoscere il suo nome?
Perché
aveva un odore simile a quello di Derek?
Perché
quello che sembrava il suo compagno aveva
anche lui un odore familiare?
Decise
di non pensarci ed andò alla cassa, pagò e
tornò in macchina.
Riprese
a guidare ma dopo cinque minuti si fermò.
Doveva
tornare indietro.
La
sua famiglia, il suo branco, le persone a cui più
voleva bene erano rimaste e rischiavano la loro vita mentre lei
scappava via.
Non
le importava che suo zio si incazzasse, non
poteva abbandonarli.
Fece
inversione di marcia e si diresse verso casa.
Scese
velocemente dall’auto ed entrò nel garage.
Aprì
una cassa da cui prese una pistola che caricò
con proiettili allo strozzalupo e prese un paio di caricatori di
riserva.
Se
pensavano che sarebbe giunta in loro aiuto a mani
vuote si sbagliavano di grosso.
Suo
zio le aveva insegnato come usare una pistola,
quindi perché sprecare l’occasione di mettere in
pratica i suoi insegnamenti?
Uscì
dal garage e risalì in macchina e solo in quel
momento si rese conto che la macchina di Stiles non c’era.
Partì
velocemente diretta al vecchio deposito dei
treni.
Quando
entrò vide Scott, Derek ed Isaac combattere
contro il kanima.
Derek
lo colpiva e veniva lanciato dal lato opposto,
poi arrivava Scott che faceva la stessa cosa ed idem Isaac che venne
però
raggiunto da Allison che pensò bene di usarlo come affila
coltelli.
Con
una mossa repentina il kanima graffiò Derek che
cadde a terra semi paralizzato.
Rachel
vide suo zio, vivo e paralizzato, tenuto in
piedi da Chris.
Gerard
scambiò qualche battuta con Scott e Chris, ma
Rachel non riuscì a capire cosa stessero dicendo
poiché era troppo lontana.
Scott
si avvicinò a Derek e lo sollevò, portandolo
verso Gerard.
“No
Scott, non farlo. Sai che mi ucciderà una volta
che avrà ottenuto ciò che vuole. Sarà
un Alpha.” Disse Derek.
“E’
vero. Ma penso che lo sappia già, vero Scott? Sa
che il premio finale è Allison. Fai questo piccolo lavoro
per me e loro
potranno stare insieme. Tu sei l’unico pezzo che non va bene
Derek. E nel caso
in cui tu non l’abbia ancora capito, non
c’è competizione con un giovane
amore.” Rispose Gerard sorridendo soddisfatto mentre Scott
fece in modo che
Derek aprisse la bocca e sfoderasse le zanne.
Fu
in quel momento che Rachel smise di pensare.
Se
il problema per Scott era l’incolumità di
Allison, avrebbe fatto in modo che questa fosse salva.
Prese
la mira e premette il grilletto.
La
pallottola si conficcò nel collo del kanima, che
lasciò andare la presa sulla ragazza e si voltò
verso di lei.
“Oh
Rachel, ma che piacevolissima sorpresa! Sei
venuta qui per salvare l’Alpha e il tuo branco? Che pensiero
delizioso. Peccato
che quella pistola non ti serva a nulla.” Disse Gerard con
tono canzonatorio.
Rachel
per tutta risposta puntò la pistola verso il
vecchio che però rise.
“Non
avresti mai il coraggio di uccidermi, piccola Rachel.
Hai sparato a Jackson solo perché sapevi che non gli avresti
fatto del male.
Quanto sei ingenua.” Disse ancora il vecchio, che
fissò per un breve istante il
kanima e poi tornò a concentrarsi su di lei.
“E’
un peccato che tu non assista alla morte del
resto della tua famiglia e del tuo branco, ma la vita va
così a volte.” Disse
Gerard.
Appena
il vecchio ebbe finito di parlare il kanima
si diresse verso la ragazza, che gli puntò la pistola contro.
“Guarda
come sono buono Derek, ti permetto di vedere
la fine della vita della tua genitrice! Sono convinto che ti
piacerà come
spettacolo, dopotutto sei abituato a veder morire tutte le persone che
ami.”
Disse ancora il vecchio.
Ormai
Jackson era sempre più vicino e Rachel
camminava all’indietro per mantenere le distanze ma sapeva
che per uscire viva
da quella situazione avrebbe dovuto sparare.
Non
voleva fargli del male, ma doveva sopravvivere.
Esplose
uno, due, tre, quattro colpi, tutti a segno,
ma il kanima non accennò a fermarsi.
Continuò
a sparare e cambiò il caricatore mentre
continuava ad indietreggiare.
Improvvisamente
la lucertola spiccò un balzo e
scomparve alla vista.
Rachel
iniziò a guardarsi intoro, ma non riuscì a
vedere Jackson da nessuna parte.
Un
movimento alle sue spalle la fece voltare e si
ritrovò il kanima difronte che, una volta che
l’ebbe disarmata, la prese per la
gola, sollevandola da terra.
Da
qualche
parte qualcuno, probabilmente suo zio o Derek,
ringhiò.
Rachel
non riusciva a respirare.
La
vista iniziò ad appannarsi e le orecchie a
fischiare.
Il
kanima aumentò la presa e la ragazza chiuse gli
occhi.
Sapeva
che ormai le mancava poco prima di perdere i
sensi.
Pensò
a Stiles, a quanto avrebbe voluto salutarlo un’ultima
volta.
Pensò
a suo zio, che sapeva la stesse guardando,
probabilmente con lo sguardo in preda al terrore.
Pensò
a Derek, che continuava a ringhiare.
Pensò
ai suoi genitori, che probabilmente avrebbe
rivisto molto presto.
Pensò…
E
ad un tratto la presa intorno alla sua gola
scomparve e l’aria tornò dolorosamente ad entrare
nei suoi polmoni.
Aprì
gli occhi e capì di essere distesa a terra, il
kanima poco più in la che lottava con Isaac.
L’urlo
di Gerard attirò la sua attenzione e vide il
vecchio tenere il braccio teso verso l’alto, il segno di un
morso ben visibile.
Ad
un tratto però dalla ferita, dagli occhi, dalle
narici, dalle orecchie e dalla bocca iniziò a colare un
liquido nero.
“Strozzalupo!”
esclamò il vecchio per poi cadere a
terra e vomitare un’ingente quantità di quella
poltiglia nera.
“Uccidili
tutti!” urlò al kanima prima di crollare a
terra.
I
presenti si guardarono tutti per un momento,
quando un’auto, più precisamente la povera vecchia
Jeep di Stiles, irruppe nel
magazzino e prese in pieno il Kanima, che si stava preparando a
combattere.
“L’ho
preso?” chiese voltandosi verso Lydia che era
seduta vicino a lui.
“Sì!”
rispose Scott, quando però il kanima saltò sul
cofano dell’auto e i ragazzi uscirono velocemente
dall’abitacolo.
Il
ragazzo raggiunse Scott, ma Lydia si fermò
davanti al kanima.
“Jackson!”
esclamò tenendo tra le mani una chiave.
Il
kanima la prese in mano e tornò semi trasformato.
Si
allontanò da Lydia e si voltò verso Derek,
facendogli un cenno d’assenso.
L’Alpha
e Peter scattarono e trafissero il ragazzo
con gli artigli, dopodiché si allontanarono e lasciarono che
Lydia lo
raggiugesse.
“Tu
ancora…Tu ancora.” Tentò di dire
Jackson.
“Sì,
ti amo ancora.” Rispose la ragazza senza riuscire
a trattenere le lacrime abbracciando il ragazzo. Appoggiò il
suo corpo a terra
e si rialzò quando Jackson iniziò a guarire. Si
alzò da terra e quando aprì gli
occhi erano di color azzurro elettrico.
Ringhiò
forte, dopodichè, tornato normale, corse ad
abbracciare Lydia, sotto lo sguardo stupefatto di tutti i presenti.
Intanto
Stiles aveva raggiunto Rachel e la teneva
stretta a sé senza mostrare la minima intenzione di voler
sciogliere l’abbraccio.
Il
rumore di una pistola che veniva caricata attirò
l’attenzione del ragazzo che sciolse l’abbraccio.
Chris
Argent stava puntando l’arma verso Rachel,
sebbene sembrasse combattuto se premere il grilletto.
“Papà
non farlo!” urlò Allison raggiungendo il
padre.
“Devo,
è uno dei pilastri del codice.” Rispose
l’uomo
con espressione dispiaciuta.
Stiles
si mise tra il cacciatore e la ragazza, facendole
scudo con il suo corpo e fissando l’uomo con sguardo di sfida.
“Lei
può essere l’eccezione che conferma la regola!
Papà ti prego!” insistette Allison, strattonando
il padre.
Chris
tenette ancora la pistola puntata verso la
ragazza per un lasso di tempo che parve infinito, poi
l’abbassò e dopo aver
fatto un cenno d’assenso uscì dal magazzino.
“Serata
a dir poco movimentata!” esclamò Peter,
dando una pacca sulla spalla al nipote mentre aiutava David a
camminare, ancora
paralizzato dal veleno del kanima.
“Andiamo,
-disse Rachel prendendo la mano di Stiles
nella propria- andiamo a casa.”
NdA:
Eccoci
finalmente giunti all’ultimo capitolo!
Ma attenzione attenzione!
Manca
ancora l’epilogo, che ho deciso di pubblicare
separatamente! :D
Che
dire?
I ringraziamenti smielosi li riservo per l’epilogo, per ora
mi limito a
ringraziarvi tutti quanti per essere arrivati fino a questo punto!
Ma avete visto che bel capitolone lungo lungo??
Sono ben 17 pagine gente, ho battuto ogni mio record! :D
Detto
questo, vi ringrazio in anticipo se aveste
voglia di lasciare una recensione piccina, piccina, picciò
:3
Mi
fareste davvero contenta! :D
Ok
ora vado, a presto lupetti!
Saluti,
Kiki.