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Autore: Vale11    04/12/2012    1 recensioni
“Ragazzino, ce l’hai un nome?”
Le sembrava abbastanza sveglio da essere in grado di rispondere, dopo essere riuscita a convincerlo a infilarsi qualcosa nello stomaco. Era magro, ma aveva un fisico decisamente tirato. Un fascio di muscoli e nervi, ecco cos’era.
“E questo che razza di accento sarebbe?”
“Un accento italiano, biondo. Ce l’hai un nome?”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Jumonji, Kuroki e Togano non erano idioti. Nossignore. Non si erano mai bevuta la storia delle scale, no grazie. Hiruma che cade. Quel demone che scivola? Yoichi Hiruma aveva i piedi piantati all'inferno, e da quella posizione è difficile perdere l'equilibrio. Per spaccarsi le costole in quel modo, poi, serviva un pugno. E non ci si fa un occhio nero cadendo dalle scale, a meno di non atterrare con la faccia sul corrimano. Lussarsi la spalla ci stava anche, ma la spalla destra e le costole sinistre? Difficile. Jumonji lo sapeva, che quelle erano botte. Un po' ne capiva, grazie tante. Ma Jumonji, Kuroki e Togano erano anche consapevoli dell'esistenza di quei piccoli spazi personali che nessuno ha il diritto di toccare, e che per il capitano del Deimon quello era uno di quei piccoli santuari in cui non avrebbe permesso a nessuno di entrare. O quasi nessuno. Musashi e quella ragazza italiana, Irma, probabilmente ne sapevano qualcosa. 

Era dura, però. 

Era dura vedere qualcuno così forte, così feroce come Hiruma costretto a letto. Qualcuno che sembra indistruttibile, onnipotente, fermo per necessità. Non è facile relazionarsi con situazioni del genere. Ed era per questo che i tre linemen del Deimon fissavano la porta della camera d'ospedale del loro capitano da un po', senza essere ancora entrati. Perchè non avrebbero saputo cosa dire. Centro, entrare volevano entrare, ma il timore di una situazione da panico stava cementando i loro piedi sul pavimento.

Finchè un cespuglio di rasta non fece capolino dalla porta, cercando evidentemente qualcuno che non c'era, e li vide.

Li fissò.

Alzò un sopracciglio.

E disse in perfetto giapponese con un accento non indifferente.

"E voi sareste fratelli?"

"Fratelli un accidente!"

Fece eco la voce di Hiruma dall'interno.

 

Jumonji si trovò a pensare, pochi centesimi di secondi dopo, che quella era una delle situazioni più paradossali che avesse mai visto. Anezaki, Hiruma e Irma, la tizia rasta, tutti raccolti intorno al letto del quarterback a litigare su strategie e tempi di reazione. Non aveva mai visto una discussione del genere animata da una maggioranza tutta femminile. Musashi aveva ragione a dire che Irma era la degna sorella di Hiruma. Sicuramente, era fuori di testa quanto lui.

Ma, soprattutto, non lo temeva affatto. Forse il demone biondo non aveva niente con cui ricattarla, ma a Jumonji pareva molto più probabile che non fosse interessato a farlo. Come Musashi, Irma doveva essere una persona a cui teneva, e in cui riponeva la sua fiducia cieca. Rarissimo, ma non impossibile. Evidentemente, quella ragazza se la meritava.

Detta ragazza lo trascino per un braccio fino al letto del capitano e ringhiò qualcosa del tipo e tu vorresti mettere in campo uno sweep con loro? Lo sai che li farai ammazzare?

Jumonji non sapeva se essere lusingato per la sua preoccupazione o offendersi per l'implicita supposizione di inadempienza al suo dovere.

Aspetta. Uno sweep con chi?

"Testa rossa, sarebbero solo le riserve in caso di scontro con gli Stati Uniti. Non traumatizzarmi la linea per piacere".

"Lo sai che succede, se quel tizio tatuato americano ti arriva addosso?"

 

Yoichi la fissò, poi fece una cosa che non si aspettava facesse. Mai, tipo. Sospirò. Ma non un respiro-mi-apro-i-polmoni-e-ti-urlo-dietro, un sospiro sospiro. Vero. 

"Testa rossa, non so nemmeno se sarò in campo contro gli Stati Uniti".

Lo disse quasi solo a lei, fissando il copriletto. Poi si rituffò nel litigio sullo sweep con Mamori.

E Irma fu attraversata dal classico momento oh merda.

 

"Certo che ci sarai"

"Testa rossa, non ora"

"Ci sarai"

"Non rompere"

"Al 100%"

"…Testa rossa, non ora!"

"E quando?"

Jumonji guardò quei due matti discutere, poi gli scappò di bocca un certo che ci sarai.

Si trovò con cinque persone che lo fissavano. Dieci paia di occhi a forma di padella, finchè Hiruma non sputò il suo commento velenoso della giornata.

"Ti sei messo a fare gli oroscopi, adesso?"

 

"Niente oroscopi"

Hiruma lo fissò, aspettando che elaborasse. Non voleva ammetterlo, ma Jumonji gli andava a genio. Gli sarebbe dispiaciuto dovergli lanciare il comodino dietro. Sperò per il suo bene che non se ne uscisse con una cazzata qualsiasi.

"Ci sarai perchè te lo abbiamo promesso. Te l'ho detto, che ti avrei trascinato avanti anche se avessi dovuto legarti una corda al collo"

"Stavamo parlando del Christmas bowl, deficiente. E' fatto. Passato. E…"

"La corda al collo vale ancora"

 

Kuroki e Togano lo fissarono. Non aveva mai interrotto Hiruma prima d'ora. Forse non l'avrebbe più fatto in futuro, perchè lo videro girare sui tacchi, prendere la porta e andarsene. Lo seguirono.

 

Jumonji si appoggiò al muro appena fuori dalla stanza di Hiruma. Aveva ribattuto a tono al diavolo in persona, era vivo e non gli sembrava che il quarterback se la fosse presa più di tanto. Forse gli aveva dato ragione, forse quello che aveva detto gli aveva fatto piacere ma, certamente, gli era sembrato stanco. Tirato. Nervoso e più fragile del solito. Prima non se ne sarebbe mai uscito con un  non so nemmeno se sarò in campo. Cristo, era tornato in campo con un braccio rotto e aveva fatto un passaggio lungo, avevano vinto perchè lui era rientrato! Non potevano prendersi in giro: per quanto la partita sembrasse carburare, senza Hiruma il Deimon perdeva una buona percentuale della sua forza distruttiva in attacco. E non certo grazie alla sua forza bruta praticamente assente, ma al suo cervello perennemente in movimento. Si domandò se di notte sognasse strategie. Affogò in un caffè troppo lungo della macchinetta al piano di sotto.

 

"Hai una bella squadra"

Irma non si era ancora mossa, era rimasta a fissare la porta da quasi mezzo minuto. Mamori credeva che le fosse venuta una sincope.

"Certo. Come no. Sentimentalismi da imbecilli"

"Non diciamo cazzate, per cortesia"

Irma si era seduta di nuovo, gli aveva strappato di mano il blocco degli appunti.

"Perchè ti incaponisci così tanto sulle strategie se credi di non essere in campo per la partita?"

 

Mamori prese al volo il blocco che Irma le aveva lanciato. Avevano legato quasi subito, dopo aver superato la prima impressione di oddio, di Hiruma ne bastava uno. Aveva quasi tirato un sospiro di sollievo quando aveva scoperto che Irma in realtà non era sorella del quarterback. Che fosse piuttosto in la, comunque, era fuori da ogni dubbio.

"Irma ha ragione, Hiruma-kun. Uno sweep lascia il quarterback troppo esposto per giocare contro gli Stati Uniti, con un lineman come Don in campo potrebbe diventare pericoloso."

Ma Hiruma non la stava a sentire. Nemmeno per sbaglio. Allungò il braccio buono verso il comodino, raccattò una gomma senza zucchero.

"Non ho detto che non credo di esserci, ho detto che potrei non esserci. E non è detto che lo sweep sia giocabile solo con me, con la velocità di lancio di Kid sarebbe perfettamente realizzabile."

"Ineccepibile, angioletto"

Mamori dovette ficcarsi una gomma in bocca, rubandola dal pacchetto di Hiruma, per non scoppiargli a ridere in faccia.

Angioletto. Lui.

 

"Ineccepibile, ma con un problema. In questo modo Kid è esposto continuamente alla forza della linea statunitense, un solo passo falso e lo stendono. Lo sai, si, che voi giapponesi siete gracilini rispetto a loro?"

Lo fissò.

"Anche se, a dire la verità, tu sei gracilino e basta"

"Testa rossa, il tuo livello di testadicazzaggine è in continuo incremento. Sono commosso di essere partecipe dei tuoi progressi".

"Certo, ne sono consapevole e oltremodo fiera."

 

Hiruma affondò le zanne nella gomma, riprendendo possesso del quaderno degli schemi con uno strattone che gli fece guadagnare un'occhiata truce da parte della manager.

"Yoichi"

Fissò Irma.

"Lo sai che sarai in campo, vero?"

Ghignò.

"Eccome, testa rossa".

 

Irma tirò un sospiro di sollievo. Eccolo di nuovo,lo schizzato che conosceva. Quello era un ghigno con tutti i crismi. Ora doveva solo sperare che il suo telefonino non squillasse. 

  
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