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Autore: lady hawke    06/12/2012    4 recensioni
La nascita di Tyrion Lannister ha cambiato per sempre gli equilibri della sua famiglia. Inconsapevole causa della morte di sua madre deve fare i conti fin dalla più tenera età con la sua deformità, il disprezzo di suo padre e l'odio malcelato della sorella e della corte. C'è un solo membro della famiglia disposto a trattarlo come merita e a mostrargli gentilezza e rispetto nonostante i metodi poco ortodossi, ed è suo fratello Jaime. Perchè un trattamento da pari, a volte, può avere anche più valore di un amore sincero.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Note: Buonsalve a tutti. Questa storia partecipa al concorso Piccoli Lord di Writers Arena, concorso di cui sono particolarmente felice, perché mi ha dato la possibilità di usare i personaggi di questa saga in versione infanti! I giudizi usciranno non so quando, ma la scadenza del bando è prossima, per cui, se vi va, incrociate le dita per me! L’avvertimenti incest è sì presente, ma non fateci troppo caso, perché il tema è davvero accennato.
La storia ha tendenzialmente come base il telefilm, ma per onestà intellettuale devo rendervi partecipi del fatto che ne La Regina dei Draghi Tyrion fa una riflessione sul fatto che l’ultima volta che sua sorella Cersei l’ha baciato è stato per scommessa con Jaime. Non ricordo se la frase/pensiero sia stata riportata anche nella serie, se così non fosse perdonatemi la licenza poetica. Ciò detto Buona lettura!

Il folletto, il cavaliere e la principessa

Alti e attraenti: questa è generalmente l’immagine che i Lannister danno di loro al mondo. E’ così per Cersei che ha quattordici anni ed è una ragazza ormai pronta per diventare la bellissima moglie di un signore potente e forte. Lo stesso vale per Jaime; anche lui ha quattordici anni, è forte, maneggia la spada con grande maestria e sicuramente diventerà un cavaliere così famoso che si scriveranno ballate in suo onore.
Tyrion invece ha solo sei anni, e il suo arrivo è stato decisamente una sorpresa. Una sorpresa di quelle spiacevoli: sua madre è morta dandolo alla luce, lasciando tre bambini orfani e il padrone di Castel Granito, Tywin Lannister, vedovo. Questa sarebbe una ragione sufficiente per considerare Tyrion un bambino sfortunato, ma i Sette Dei non sono stati generosi con lui, perché il piccolo non è destinato ad essere come gli altri Lannister. E’ un nano, ha gli occhi di colori diversi, uno verde, l’altro nero, non perfettamente in linea, e un viso che nessuno potrebbe definire nemmeno carino. Anche la sua sopravvivenza, alla nascita, era stata messa in dubbio, e nessuno della famiglia ha mai fatto mistero del fatto che, se non fosse riuscito a sopravvivere, non sarebbe mancato affatto. Perfino la balia a cui era stato affidato non si era sentita lusingata da quel compito che chiunque avrebbe trovato davvero ingrato, e di certo poco sentite furono le ninne nanne che cantò per il bambino.
Nonostante tutto Tyrion è sveglio e intelligente, ed è ben consapevole di quello che al castello si pensa di lui: lo chiamano il Folletto, soprannome che di per sé potrebbe non essere considerato offensivo, se non fosse sempre pronunciato con un tono colmo di ribrezzo. È una parola che ferisce il bambino e che lo fa soffrire ma, in fondo, è sempre meglio del nome nano, così diretta e cruda; per questa ragione cerca sempre di non sembrare triste, dicendo a se stesso che anche lui troverà la sua via. Se il padre mostra il suo disappunto semplicemente ignorandolo e lasciandolo alle attenzioni dell’istitutore, convinto che da un ibrido del genere non potrà mai ricavarne nulla, la sorella Cersei è sempre stata incapace di celare il suo odio. Ogni volta che lo vede comparire trova un appellativo o una frase acida con cui cacciarlo in malo modo. Certo, non osa mai dire nulla del genere di fronte al padre, ma sono sempre troppe le occasioni che la ragazza trovava per denigrarlo.
Una mattina, ad esempio, Tyrion era passato quasi per caso davanti alla stanza della sorella; la porta era aperta, e si poteva scorgere all’interno la giovane lady con i capelli biondi che le ricadevano sulla schiena, mentre una serva glieli pettinava con cura e glieli acconciava in morbide trecce. Si era soffermato solo per un momento ad osservarla, ma era stato un momento di troppo: Cersei l’aveva scorto, e non aveva resistito alla tentazione di aprire bocca.
- Mi sorprende sempre che nostro padre permetta agli animali di dimorare nel castello, a te no, Tyrion? – si era voltata verso di lui con un sorriso freddo e glaciale, fissandolo negli occhi.
Il bambino non era riuscito a far altro che rimanere impassibile e sparire il più velocemente possibile, per quanto potevano permetterglielo le sue gambe storte.
Non c’era mai niente di nuovo nelle parole della sorella, eppure ogni volta Tyrion si sentiva avvilito e sconfitto, due sensazioni che non amava provare. Colpito dalle parole di Cersei, era faticosamente sceso dalle scale di Castel Granito fino a raggiungere le scuderie, andando a nascondersi tra i mucchi di fieno per i cavalli. Lì, certo che nessuno l’avrebbe sentito, si era messo a piangere. Era rimasto così per un po’, raggomitolato in un angolo e con la paglia in testa, senza muoversi. Tirò su con il naso un paio di volte, ma si bloccò quando avvertì dei passi che si avvicinavano.
- Tyrion? Sei qui? – la voce di Jaime, suo fratello, lo raggiunse all’improvviso.
- Vai via. – pigolò.
Sulle prime Tyrion credette che il fratello se ne sarebbe andato sul serio, e in un certo senso la cosa non gli piacque, ma poi sentì la mano di Jaime posarsi sulla sua testa. Alzò appena lo sguardo e lo vide intento a ripulirlo dal fieno che aveva addosso.
- E’ un buon nascondiglio, ma perché sei qui? Il maestro ti starà cercando. – era probabile che il ragazzo avesse notato i segni del pianto sul viso del fratello, ma ebbe il buon gusto di tacere.
- E’ il mio posto. Cersei ha detto che sono un animale. – rispose Tyrion, mentre gli occhi diventavano di nuovo lucidi. A quelle parole il ragazzo sospirò, per nulla sorpreso.
- E perché te lo ha detto?
- Mi sono fermato davanti alla porta della sua stanza, prima.
- Pensavo di averti già detto di non disturbarla mai, soprattutto quando è impegnata a farsi bella. Diventa antipatica. – spiegò Jaime.
- Ma io non volevo!
- Non volevi, ma si è arrabbiata lo stesso. - la voce del fratello era calma e aveva assunto il tono rassegnato di chi è abituato ad assistere a scene simili.
- Mi odia, mi odiano tutti. - Tyrion fece del suo meglio per non piangere, ma non riuscì ad impedire alla sua voce di tremare.
Jaime rimase in silenzio; gli sarebbe piaciuto poter negare, ma Tyrion non era il genere di bambino a cui si potevano nascondere le cose. Diversi servi e stallieri erano pronti a giurare che l'ultimo di casa Lannister era una creatura diabolica che avrebbe portato alla rovina della famiglia, e il loro stesso padre lo considerava l'abominio che lo aveva privato della moglie. Non molto diversi erano del resto i pensieri della stessa Cersei.
In tutta onestà anche lui avrebbe preferito riavere indietro sua madre al posto di quel mostriciattolo di fratello, ma di certo quello che era accaduto non l'aveva voluto Tyrion, troppo piccolo ancora per poter arrecare volontariamente danno a qualcuno, e di solito molto attento a non essere mai di peso.
- Ti ho mai detto che io ti odio, forse? - chiese lui, a quel punto.
- Io... - si ritrovò a balbettare il fratello - ...  se avessi una madre nessuno direbbe così.
- Ma non ce l'hai, come non ce l'ho io. - Jaime fece un'altra pausa, pensando a come tirarlo fuori di lì. - Preferisci frignare come un bamboccio tutto il giorno e fare i capricci o cavalcare con me?
- A me non è permesso... - gli occhi del bambino si erano illuminati per un solo istante, prima di incupirsi di nuovo. - ... le mie gambe... - abbassò lo sguardo sui suoi arti storti, sconsolato.
- Salirai con me. - rispose prontamente Jaime, - Ma hai solo un minuto per decidere, o ti lascerò qui. - e così si alzò e uscì dal fienile. Il fratellino non ebbe bisogno di pensarci affatto e si accodò rapidamente con la sua strana andatura.
Erano un duo insolito, Jaime lo comprese dallo sguardo che lanciò loro il ragazzo di scuderia, ma quando gli ordinò di sellare il suo cavallo, un bell'esemplare baio, non fece una piega e si mise al lavoro. Tyrion assistette ai preparativi per lo più in silenzio, ponendo solo qualche domanda al fratello di tanto in tanto. Quando l'animale fu pronto, Jaime lo portò in cortile e si apprestò a montare in sella.
- E io? - pigolò appena Tyrion, prima di essere issato di peso sulla sella dal fratello.
- Per una volta sei più alto di me, ma non per molto. - gli disse, montando a sua volta, mentre il bambino ridacchiava. - Reggiti alla criniera, perché se cadi non tornerò indietro a riprenderti. - si raccomandò, prima che si avviassero. Il vento soffiava forte, quel giorno, e lo divenne ancora di più non appena uscirono dalle mura di Castel Granito. L'aria salmastra che faceva sibilare gli alberi in lontananza rendeva la cavalcatura di Jaime inquieta e nervosa, ma il ragazzo non ci faceva caso e il bambino, accoccolato davanti a lui, si costrinse a fare lo stesso. Cavalcarono attraverso i campi abbastanza a lungo da far venire a Tyrion i crampi alle gambe, ma troppa era la sua gioia perché potesse farci caso. Quando rientrarono, circa un'ora dopo, trovarono ad aspettarli Maestro Etel con aria arcigna.
- Il piccolo Tyrion ha perso le sue lezioni del mattino per colpa vostra, Jaime. Nessuno aveva idea di dove foste finiti finché non sono sceso a chiedere ai ragazzi nelle scuderie. Dovrò informare Lord Tywin vostro padre, per questo. - il padrone di casa, in qualità di Primo Cavaliere di Re Aerys II, era spesso lontano da Castel Granito, ma veniva costantemente informato dal maestro di quello che combinavano i suoi eredi. Le sue punizioni potevano tardare, ma erano sempre implacabili.
- Dubito che a Lord Tywin possa interessare che cosa succede al Folletto. - Jaime smontò di sella e aiuto il fratello, ormai stanco, a fare altrettanto. Fu un sollievo e un dolore insieme, per il piccolo, rimettere i piedi a terra. - Comunque è tutto vostro, io con lui ho finito. - concluse, dando una pacca sulla spalla al fratellino e apprestandosi a condurre via il suo cavallo.
- Mossa molto avventata e stupida, mio piccolo signore. - disse il maestro al bambino, non appena rimasero soli. Usava sempre appellativi del genere, e Tyrion non capiva mai se lo stesse prendendo in giro o meno.
- Non scriverete al lord mio padre, vero? - si premurò di chiedere lui, preoccupato.
- Non se recupererete in fretta le ore sprecate per affaticare le vostre gambe fragili. Andiamo. - con la catena di vari metalli che tintinnava, l'uomo si avviò con calma: era assai anziano e aveva un'andatura lenta, perfetta affinché il suo giovane allievo potesse tenere il passo. Raggiunsero entrambi le stanze del maestro e lì rimasero a studiare a lungo, ben oltre l'ora del pranzo, che fu servito loro privatamente. Per un bambino comune l'idea di mangiare in una stanza solitaria e spoglia, lontano dai fratelli e in compagnia di un vecchio, sarebbe stata intollerabile, ma a Tyrion non dispiaceva affatto, anche se questo significava dover finire la propria razione di verdure. Temeva l'ira di suo padre, e perciò si impegnò a fondo, senza mai fiatare.


***

- Ho sentito che hai portato a spasso il piccolino, oggi. - Cersei aveva la testa china, e lavorava con cura al suo ricamo accanto alla sua dama di compagnia Hael, in una delle belle stanze che i figli di Tywin avevano in comune. Jaime era da poco rientrato dal suo addestramento con la spada e si era ripulito e cambiato: la gemella non l'avrebbe mai accolto gentilmente, se si fosse presentato da lei come un reduce di battaglia.
- Qualcuno gli aveva dato dell'animale e voleva cambiare un po' aria. - rispose Jaime, tranquillo, andandosi a sedere alla tavola. Al centro c'era un vaso di fiori freschi, quasi certamente raccolti dalla sorella.
- Quel qualcuno immagino conosca bene il valore della sincerità. - Cersei sorrise impercettibilmente.
- Non distraetevi, mia lady, potete conversare e ricamare insieme. - le disse Hael, indicandole in punto in cui aveva eseguito il ricamo in maniera grossolana per guardare negli occhi il fratello.
- Diventerai una bravissima ricamatrice. - la schernì il fratello.
- Se fossi nata uomo sarei diventata un cavaliere abile quanto te e con tanto coraggio quanto te. - rispose lei, irrigidendo la schiena. - Perciò se devi rimanere qui a indispettirmi puoi anche andare altrove.
Jaime rise e si alzò per avvicinarsi alla sorella e baciarle la guancia. - Perdonami, non era assolutamente mia intenzione, sono certa che saresti stata abile con la spada quanto con l'ago, ma sul coraggio... - le sussurrò.
Cersei sbuffò, interrompendo il lavoro. - Ho coraggio quanto te, e lo sai.
- Allora, se è così, perché non dimostri per una volta il tuo affetto a Tyrion, schioccandogli un bel bacio sulla guancia?
- Cosa ci guadagno, io? - Cersei lo disse a voce troppo alta, perché Hael la sentì e la rimproverò su quanto fosse sbagliato scommettere su cose simili. Cersei finse di darle retta, mentre Jaime tornava a sedersi. Rimasero in silenzio finché la dama non chiese il permesso di assentarsi un attimo; come Hael lasciò la stanza, Jaime andò a sedersi al posto occupato da lei prima, incalzando la sorella.
- Che cosa ci guadagno, se lo faccio?
- Tutto il mio fraterno amore e il mio rispetto per il cavaliere mancato Cersei. - rispose Jaime, avvicinandosi di nuovo a lei per baciarle la guancia.
- Non prendermi in giro. - invece della guancia, offrì al fratello le labbra che le baciò con dolcezza. Si staccarono appena prima che dama Hael rientrasse.
- Vincerò la mia scommessa prima che sorga il sole. - disse Cersei rivolta al fratello, mentre questo si alzava e lasciava la stanza.


***


I tre fratelli si riunirono per cena, e mantennero tutti un dignitoso contegno. Parlarono poco e garbatamente, anche se Jaime e Cersei bisbigliarono tra loro ben più di quanto le buone maniere avrebbero concesso. Tyrion stette per lo più in silenzio, rispondendo cortesemente solo quando veniva interrogato da dama Hael o da maestro Etel.
Presto, dopo che i piatti furono portati via e dopo qualche racconto fantastico da parte del maestro, per il piccolo Tyrion venne l'ora di andare a dormire, che si era molto stancato durante la giornata.
- Prima che tu vada, fratello mio... - Cersei si era improvvisamente alzata ed era come scivolata elegantemente davanti a lui. Guardandola da vicino Tyrion poteva ben capire come mai fosse una delle dame più desiderate di Westeros: non pareva nemmeno reale, con quel suo viso perfetto e regolare come quello di una bambola. - E' giusto che ti auguri come si deve la buonanotte. - si chinò con grazia, fino ad abbassarsi all'altezza del fratello e gli baciò dolcemente una guancia. - Sappi che l'ho fatto solo perché ho scommesso con Jaime, oggi. Non ti ci abituare. - gli sussurrò poi nell'orecchio, prima di rimettersi in piedi. - Fai buoni sogni.
Il bambino, dapprima sospettoso per l'atteggiamento della sorella, poi incantato da quel gesto e raggelato dalla rivelazione finale, era arrossito violentemente ed era rimasto immobile, mentre Hael si congratulava con la sua protetta per la sua bontà d'animo. Si voltò appena per osservare Jaime che sorrideva raggiante alla sorella, per poi rivolgersi a lui e fargli l'occhiolino. Subito dopo aveva augurato la buonanotte ai presenti ed era stato portato nella sua stanza, per riposare.
Mentre era sotto le coperte in attesa di assopirsi, si chiese cosa potesse aver promesso Jaime alla loro sorella perché si dimostrasse così cedevole ed affettuosa con lui. Sicuramente il fratello non gliel'avrebbe mai rivelato, e in fondo non era così certo di volerlo sapere. Cersei e Jaime erano un universo a sé del quale non avrebbe mai fatto parte, e forse era anche giusto così. La sorella l'aveva baciato senza vero affetto, senza sentimento, e gli aveva parlato con voce sì dolce, ma di una freddezza inquietante. Ciò nonostante il suo cuore di bambino ne era contento, e doveva essere grato a Jaime, per quello. Certo, la mattina dopo sarebbe stato tutto dimenticato, ma anche se con l'inganno e per poco, sua sorella l'aveva trattato da pari. Era una cosa che non avrebbe dimenticato e che avrebbe cercato di ottenere sempre più spesso, in futuro. Era un Lannister, e avrebbe ottenuto quello che voleva.
  
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