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Autore: Rota    07/12/2012    3 recensioni
[Imayoshi Shoichi x Kasamatsu Yukio]
Sbatte contro qualcosa, perde l'equilibrio e cade in avanti. Per la quarta volta nell'arco di una sola giornata Shoichi lo sente imprecare, aspramente e con tutte le proprie forze – o almeno lo sente provarci spalmato sul pavimento com'è in quel momento; almeno, sa che ha una ragione valida per farlo, e questa considerazione lo fa sorridere appena.
Chiude la porta dell'appartamento alle spalle e si china verso l'uomo, barcollando a propria volta sui talloni dei piedi. Riesce ad acquattarsi al suo fianco e rimane immobile a fissarlo, con le mani congiunte in avanti e davvero poca lucidità negli occhi.
Yukio volta la testa e appoggia la guancia a terra, con un solo occhio aperto lo guarda malamente e continua a borbottare. Parole sconnesse, frasi che all'improvviso diventano più aspre del dovuto – se non fosse assolutamente sicuro che è quantomeno brillo, Imayoshi non vedrebbe nulla di diverso dal normale in tutto quello, perché oramai venire insultato per il semplice fatto d'esistere è una routine parecchio consolidata.
Genere: Commedia, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shoichi Imayoshi, Yukio Kasamatsu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ingannevole è il cuore (più di ogni altra cosa)'
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*Autore: margherota
*Titolo: Senza ombra di malizia alcuna
*Fandom: Kuroko no Basket
*Personaggi: Imayoshi Shoichi, Kasamatsu Yukio
*Generi: Sentimentale, Commedia, Triste
*Avvertimenti: What if...?, Shonen ai, One shot, Slice of Life
*Rating: Giallo
*Challange: Staffetta in piscina, della community di LJ piscinadiprompt, sfida 5
*Prompt: See no evil
*Note: Gnah, nulla di speciale, in realtà questa canzone mi ispira molto su loro due XD e tanto basta :D











Sbatte contro qualcosa, perde l'equilibrio e cade in avanti. Per la quarta volta nell'arco di una sola giornata Shoichi lo sente imprecare, aspramente e con tutte le proprie forze – o almeno lo sente provarci spalmato sul pavimento com'è in quel momento; almeno, sa che ha una ragione valida per farlo, e questa considerazione lo fa sorridere appena.
Chiude la porta dell'appartamento alle spalle e si china verso l'uomo, barcollando a propria volta sui talloni dei piedi. Riesce ad acquattarsi al suo fianco e rimane immobile a fissarlo, con le mani congiunte in avanti e davvero poca lucidità negli occhi.
Yukio volta la testa e appoggia la guancia a terra, con un solo occhio aperto lo guarda malamente e continua a borbottare. Parole sconnesse, frasi che all'improvviso diventano più aspre del dovuto – se non fosse assolutamente sicuro che è quantomeno brillo, Imayoshi non vedrebbe nulla di diverso dal normale in tutto quello, perché oramai venire insultato per il semplice fatto d'esistere è una routine parecchio consolidata.
Allunga una mano verso l'altro, e con un dito comincia a palpare la sua guancia morbida, priva di barba. Lo ha visto quella mattina stessa radersi e ancora non l'ha toccato, quindi si sente in dovere di rimediare in qualche modo. La cattiveria con cui l'occhio di Kasamatsu lo fissa si fa più profonda, così come la sua voce più aspra e cattiva, ma Imayoshi non se ne cura poi molto: se da lì non si è ancora mosso, nonostante lui lo stia infastidendo a quel modo, significa che non ha neppure la forza per picchiarlo.
-Dovrai andare fino in camera da solo, Kasamatsu-kun...
Shoichi alza la testa, giusto per vedere il corridoio che si allunga davanti a loro due. L'appartamento che condividono non ha molte stanze e non è neanche così grande da potersi perdere dentro con facilità. L'unica cosa che, in questo momento più che mai, crea qualche problema, è la posizione della camera da letto, situata proprio a finire di quei cinque metri che compongono la lunghezza di tutto l'appartamento. Farli strisciando sul parquet è davvero una faticaccia, e lui lo sa bene – esperienza personale poco allegra ed edificante. Ma d'altronde, non può neanche permettersi di pensare di dargli una mano, un po' perché l'unico compenso che riceverebbe in cambio sarebbe un pugno in viso, un po' perché considera già abbastanza miracoloso pensare, figuriamoci stare in piedi con un peso addosso.
Continua a torturarlo, almeno finché non sente i suoi tentativi di morderlo. A quel punto smette di molestarlo, ma lo fissa in silenzio.
Kasamatsu comincia la sua traversata, impiega anche un paio di tentativi a vuoto di mettersi ritto prima di capire che non riuscirà a farcela per più di mezzo passo: non è che abbia bevuto più di Imayoshi, è solo disabituato a reggere la cosa senza finir schiantato al suolo.
Shoichi interviene solo quando Yukio arriva alla porta della propria camera da letto, rigorosamente chiusa al mattimo, e ne gratta l'anta con le unghie, non riuscendo ad arrivare alla maniglia. Anche lui sbatte contro il muro, di testa, ma almeno riesce ad arrivare a destinazione in meno di dieci minuti e ad aprire la stanza. Il dolore lo sentirà poi, quando sarà il nuovo giorno e tutto il peso delle cose imbarazzanti che ha fatto e ha detto quella sera gli graverà sulle spalle, oltre alle pulsazioni per la sbronza presa.
Prende Kasamatsu per le spalle e lo trascina fino al letto, lo solleva appena e lo adagia come meglio può sopra il materasso – in realtà vi si butta di peso assieme a lui, ma questi sono dettagli insignificanti.
Il giovane uomo si appallottola in un angolo e rimane lì, ad ascoltare Shoichi che tenta di infilarsi sotto le lenzuola prima di prendere sonno. Vuole solo evitare di prendere ulteriore freddo o di assumere posizioni assurde nell'incoscienza, non che non abbia fatto già abbastanza danni fino a quel momento. Yukio russa quando Shoichi raggiunge il cuscino, occhiali e completo addosso, e neanche ha il tempo di tirargli un calcio per farlo smettere che già dorme.

Non dorme in quel letto dall'ultima volta che si è ubriacato davvero, e la sensazione che prova è malinconia e strana tenerezza assieme.
Quando si sveglia dopo tre ore precise, disturbato dal rumore di Yukio che vomita in bagno a qualche metro di distanza, chissà come e chissà quando arrivato lì tutto da solo, l'unica cosa in grado di non farlo imprecare è la morbidezza del cuscino che sta sotto la sua nuca. Perché il pavimento contro le spalle e le gambe in aria non sono per nulla piacevoli e sinceramente, più che chiedersi per quale assurdo motivo ha assunto una posa del genere, sta pensando con quali modi torturare per l'eternità quel disgraziato che l'ha scaraventato giù dal letto a quel modo indegno. Rotola per terra, per poi accorgersi d'essere impedito nei movimenti a causa dei pantaloni stretti che ancora indossa e della camicia mezza aperta che gli lega le braccia in un intreccio strano. Mugugna e si allunga come può, togliendosi quanto di scomodo ha addosso: rimane in mutande e canottiera, senza neppure gli occhiali, immobile ancora sul pavimento mentre fissa il vuoto.
La nausea gli è sparita di poco e sente una leggera lucidità farsi strada nella propria coscienza. Questo lo aiuta a riconoscere l'identità dell'ombra che all'improvviso compare sull'ingresso della stanza prima ancora che questi pronunzi parola e gli si rivolga in modo aspro.
-Imayoshi, vedi di raggiungere il materasso prima che ti calpesti!
Shoichi a volte pensa che la cattiveria con cui Yukio Kasamatsu gli si rivolge è in stretta relazione col suo grado di salute: più è acre, più sta bene. E allora, quando gli vengono dirette minacce di morte, fa anche a meno di preoccuparsi dell'altro.
Rotola ancora e riesce a reggersi sulle ginocchia, in modo tale da arrampicarsi sul letto e scivolare sotto le coperte. Kasamatsu non gli dice nulla e aspetta che lui abbia preso posizione per sedersi sul letto e sdraiarsi, con il viso rivolto dall'altro capo del materasso. Passano solo cinque secondi prima che Imayoshi si azzardi a dire qualcosa.
-Il cuscino è da questa parte.
L'altro sbuffa e si posiziona meglio con qualche borbottio sommesso e altri rumori simili.
-Ci sei anche tu, da quella parte.
-Fino a dieci minuti fa non era un problema.
-Perché ero incosciente!
Shoichi non dice più nulla a riguardo, si allunga la coperta fino a sopra il mento e affonda ancora di più all'interno del cuscino morbido. Chiude le braccia contro il petto, in posizione fetale, ed è quasi pronto a riprendere sonno quando sente di nuovo un movimento capace di tenerlo sveglio. Poco dopo. Kasamatsu gli è contro la schiena.
-Fa freddo.
-Siamo a Marzo, dopotutto.
-Già.
Ha il tempo giusto di muoversi un poco, contro di lui, per occupare lo spazio che gli spetta, che l'altro quasi scatta, come una molla – o forse semplicemente ha ancora voglia di parlare e gli da fastidio tutto quel silenzio teso venutosi a creare.
-Non allungare le mani.
Sorride non visto e fa una faccia strana, nonostante la rivolga al muro.
-Sei un po' prevenuto nei miei confronti, Kasamatsu-kun. L'ultima volta che è successo sei stato tu a iniziare.
Ricordare, seppur in quella situazione e con la testa che ancora pulsava, non è poi così difficile per nessuno dei due. Hanno impiegato diverso tempo ad abituarsi l'uno all'altro, creando almeno all'inizio contesti di conflitto non indifferenti, che più di una volta hanno lasciato chiuso fuori casa l'uno o l'altro, o dentro il bagno per ore, o all'ospedale col sospetto di meningite fulminante per più di due giornate. C'è stato un particolare, però, che ha portato a suo tempo Yukio ad abbassare la guardia quel tanto da lasciarsi andare, a considerare che il sospetto non fosse poi così fondato.
Anche in quel momento, dopotutto, sentire le spalle contro le sue ha un ché di rassicurante.
-Buona notte.

Si risveglia ricordando qualsiasi cosa, e questo lo mette ancora di più di cattivo umore. Apre gli occhi e si ritrova a fissare la nuca di Shoichi, sgombra dei capelli neri che sono rivolti tutti verso il basso.
Ha le labbra che quasi toccano la sua pelle.
Arretra di scatto e si alza a sedere, porgendo quindi uno sguardo alla stanza che gli ridia l'idea esatta dello stato delle cose. Vede troppe cianfrusaglie sparse in giro, sul pavimento, sulla scrivania e in mezzo ai propri libri dell'Università – si chiede come mai la propria camicia azzurra sia finita in mezzo alle scarpe ma solo per quell'attimo in cui si rende conto che neppure con tutta la buona volontà del mondo può dare la colpa di un tale misfatto a Shoichi; rinuncia semplicemente.
Alzandosi, raggiunge le proprie calze e agguanta le ciabatte, si copre le spalle con una felpa e sbadiglia nell'aprire la porta della stanza per uscire. Imayoshi si muove giusto nel momento in cui il suo piede varca la soglia, così che Yukio non lo veda rotolare sul materasso, non incontrare resistenza e quindi distendersi per largo, con la faccia stranita di chi ancora non ha ben capito cosa stia succedendo. Il suo braccio pende dal lato del letto, nel vuoto, e la mano molle rivolta in basso è priva di vita. Deve sbattere due volte le palpebre ed è di nuovo nel mondo.
Sente l'acqua del rubinetto del bagno aprirsi e scorrere veloce, sorride al pensiero che Kasamatsu stia tentando di riprendere pienamente coscienza prima di arrivare in cucina – o quella stanza rettangolare che loro, per economia e dignità, avevano ribattezzato come tale. Non dice nulla e non si muove quando l'altro esce dal bagno e si dirige altrove, sente una porta aprirsi con più energia del dovuto e poi l'anta del frigo aprirsi.
Conta i secondi, perché è abbastanza sveglio da ricordarsi cosa sia la perfidia. Ma non arriva nessuna reazione violenta, nessun urlo e nessun passo veloce. In realtà lui ha già pensato ad un piano di fuga per ogni evenienza, perché sa che certe sorprese Kasamatsu non riesce a gestirle e allora strilla, si agita, lo picchia, fa tutto ciò che serve per farlo divertire male. Come quando gli ha fatto trovare una scatola di preservativi multi color sotto l'albero di Natale, accompagnando il pacco con un biglietto che gli augurava una vita dall'aspetto sessuale tutt'altro che monacale.
Anche Yukio deve aver imparato molte cose, dalla convivenza con Shoichi. Per esempio, che un pugno o una torta in faccia non lo fanno desistere dal tentativo di seminare malvagità nel mondo, e di sicuro non lo mettono in salvo in alcun modo. Per esempio, che auto-imporsi violenza in diversi modi, come le sbronze o il rigetto violento di stomaco, è una forma come un'altra per esprimere i propri sentimenti, e certo non un modo poco divertente e molto doloroso di mettersi in mostra.
Prende il dolce tra le mani e lo posiziona in mezzo alla tavola, guardandolo un poco strano. Ricorda che per tutta la giornata precedente Shoichi s'è guardato bene dal farlo avvicinare alla cucina e allora capisce molte cose. Per certi versi, Imayoshi è più goffo di lui nel mostrare affetto. Prende la macchina del caffè e la riempie d'acqua.
-Imayoshi, la colazione è pronta.
Si appoggia al bordo del lavabo e incrocia le braccia al petto, per fissare con quel cruccio simile al divertimento non ammissibile la scritta messa male sul lato esposto del dolce. Una cosa semplice, “Complimenti per la laurea, Yukio-kun”, giusto per ricordare l'evento che li ha spinti ha festeggiare due giorni di seguito con tutto l'alcool che i loro risparmi ha potuto offrire loro. Per una volta si è astenuto da fargli qualcosa di imbarazzante ed effettivamente questo sforzo deve essergli riconosciuto. Per questo motivo apparecchia con tazze, piattini e posate prima che l'altro arrivi in cucina, arrivando persino a servirlo di una fetta grossa di torta piena di glassa.

Shoichi è felice e non ha molta intenzione di nasconderlo: mangia con gusto il dolce, ricordandosi la buona etichetta che richiederebbe quantomeno decenza di fronte al destinatario del dono culinario. Non tocca cibo zuccherato da circa due mesi, dall'inizio della sessione d'esame che l'ha portato alla laurea – perché sia lui che Yukio sanno bene cosa comporta, per l'organismo di quest'ultimo, l'assunzione di glucosio in eccesso durante i periodi di forte tensione, e certo Imayoshi non gradisce più molto l'idea di avere a che fare con una persona iper-attiva. Ha una coperta addosso e le gambe nude, le ciabatte buttate altrove senza troppi pensieri: è in uno di quei momenti in cui non ha proprio intenzione di ricordarsi cosa sia lo stato civile in cui l'umanità di norma si preserva, anche se con qualche difficoltà, e lascia andare ogni freno inibitore per comportarsi come gli viene detto dal cuore.
Sembra quasi un'altra persona.
Kasamatsu non lo guarda neanche più con aria stranita, ha già passato con lui diversi periodi della vita universitaria tanto da non farsi più alcun genere di domande in merito alle fasi che il suo comportamento attraversa, ma piuttosto si concentra con una certa preoccupazione sulla terza porzione di dolce che l'altro uomo prende per sé, allungandosi tutto verso il tavolo. Senza gli occhiali sembra meno cordiale, ma è anche vero che fino a quel momento non ha detto ancora una parola che potesse essere mal interpretata: si è limitato a sorridergli e a ringraziare col capo la buona forchetta che gli ha servito la colazione. Non ha ancora toccato il caffè né lo ha guardato in faccia.
Lui solleva la propria tazza e guarda altrove, preso da altri pensieri. Un foglietto appiccicato sull'anta del frigorifero gli ricorda che deve telefonare al signor Ling, il proprietario dell'appartamento: quel pomeriggio devono contrattare sui termini ultimi del contratto, sulla fine del rapporto e altre varie cose. L'idea di tornare a casa dopo tutto quel tempo non l'ha ancora affrontata davvero, ed è colpito dalla forza con la quale per semplice pensiero lo attraversa. Entro pochi giorni la sua realtà sarà qualcosa di totalmente diverso.
Torna a guardare Imayoshi e si accorge che finalmente l'uomo ha alzato gli occhi su di lui. Sorride, con ancora la forchetta sporca di cioccolata tra le labbra. Non vuole intendere proprio nulla, quel gesto, se non comunicargli una tranquillità pacifica che accomuna mente e corpo in un unico sentimento.
-Dovrò cominciare a chiamarti Kasamatsu-san, d'oggi in poi?
Yukio quasi si strozza con la propria bevanda, tanto è preso alla sprovvista da quella domanda. Solo per quello non sorride.
-Dovresti proprio evitare, invece.
Imayoshi non si fa tanti scrupoli a sogghignare, seppur con la mano davanti alla bocca – Yukio è sicuro che, fintanto che non si separeranno, continuerà a chiamarlo con quel nomignolo. E in effetti conclude che gli va bene così.
-Tu sarai Imayoshi-san, allora?
-Perché no? Mi piace come suona. Ha qualcosa di musicale.
Shoichi torna dal proprio dolce, lasciando perdere il resto. Affonda con convinzione la forchetta nel cioccolato e ne prende un boccone davvero grosso; sembra quasi che non si ricordi d'essersi ubriacato la sera precedente, tanto è pimpante in quel momento: Yukio, dopo il primo boccone e mezzo, ha cominciato a considerare l'idea di desistere dallo sfamarsi oltre.
L'ha visto cucinare poche volte, per lo più pesce o altre cose del genere, mai dolci o piatti complessi. Kasamatsu si chiede davvero chi mai cucinerà per lui, una volta lasciata quella casa. Ha quasi voglia di chiederglielo, ma ricorda all'improvviso una frase che l'uomo stesso ha detto non più di cinque giorni prima, nel momento in cui si stava auto-convincendo che l'esame era andato bene e lui non aveva niente di cui preoccuparsi, circa un appartamento familiare nei pressi della capitale che gli dava tutta l'autonomia del mondo. Il perché una persona del genere, abbastanza facoltosa da potersi permettere di vivere in un appartamento a spese dei propri genitori, fosse capitata tra le sue stesse quattro mura sarebbe rimasto per sempre un mistero, più o meno come l'interesse nato in lui per questioni del genere.
L'ultimo sorso del caffè di Yukio è il più amaro di tutti.

Sente qualcosa avvolgerlo a livello della vita e lo riconosce come familiare, dal tipo di tocco e dal calore, prima che il pensiero della sua vicinanza si faccia davvero tale. Imayoshi poggia il mento sopra la sua spalla e guarda le sue mani immerse nell'acqua calda, piena di schiuma e di bolle.
-Kasamatsu-san, sei proprio una perfetta casalinga.
Yukio gli lascia spazio sufficiente per mettersi comodo, inclinando appena il capo di lato. Continua a lavare quei pochi piatti che sono rimasti sporchi, reduci dagli ultimi giorni di totale disordine – lui odia, di norma, ogni tipo di caos, ma non è stato in grado di badare a Imayoshi, a se stesso e alla loro casa tutto in una volta, quindi ha lasciato indietro ciò che non era indispensabile. Però in quel momento paga la sua inefficienza, grattando forte una macchia di sugo dal piatto, che proprio non ne vuole sapere di pulirsi per bene.
Il corpo di Imayoshi si fa più vicino, lo sente contro la schiena come un'unica, estesa fonte di calore. Lascia spazio anche al suo piede, quando questi si intrufola tra le sue gambe per cercare una posizione migliore, senza dire una sola parola.
Shoichi lo nota subito.
-Sei più gentile del solito. C'è qualcosa che non va?
-Perché la mia gentilezza deve essere sintomo di malessere?
-Sarà l'abitudine a sentirti sempre sbraitare che mi mette in allarme...
Shoichi si accomoda meglio sulla sua spalla, fissandolo con una certa insistenza.
Senza occhiali sul naso, non solo ha il potere di diventare più schietto e meno malizioso, ma il suo sguardo arriva ad essere tanto diretto da risultare imbarazzante, come se già lui non fosse abbastanza insistente di suo.
A Kasamatsu non rimane che essere evasivo, e basta.
-Non c'è niente che non vada, Imayoshi.
Se l'altro avesse evitato di ricordargli di dover finire la propria valigia, nell'alzarsi dal tavolo una volta conclusa la colazione, sarebbe stato decisamente meglio. Non può fargliene una colpa, perché dopo tutto non c'è altro che la semplice constatazione dei fatti nelle sue parole. Crea disagio il non saper bene che reazioni voler mostrare, quali sentimenti dover provare. Di contro a quella tranquilla quotidianità che hanno raggiunto, negli anni, il cambiamento sembra tanto sorprendente da cancellare tutto il progresso effettuato.
Rimangono solo le mani di Shoichi ancorate al suo ventre, il mento sulla spalla: del resto, Yukio non ha ancora totalmente disimparato a sentirsi osservato e scrutato da lui, come un pezzo da laboratorio di fronte allo scienziato pazzo di turno – quella è stata la sensazione con la quale l'ha accolto, il primo giorno di convivenza, nata dall'esperienza passata durante il periodo delle scuole superiori.
Una volta che ha finito di insaponare tutto, passa i diversi piatti sotto l'acqua corrente e li sciacqua in questo modo, appoggiandoli poi sul lavello perché si asciughino per bene. Shoichi non si scolla da lui, tanto da rendergli difficoltosa ogni mossa, e lui si vede costretto a reclamare un briciolo di libertà per non dover per forza appoggiarsi a qualcosa per mantenere l'equilibrio. Quando finisce, sono le dita di Imayoshi a liberarlo del grembiule con il quale si è protetto dagli schizzi d'acqua.
Shoichi è felice quando Yukio si volta verso di lui, e non sembra affatto curarsi dell'espressione corrucciata che il giovane uomo gli rivolge, non per cattiveria o noncuranza, ma perché non vuole che l'altro si faccia dominare da essa, o nel miglior dei casi possibile, gli parli davvero.
Un tempo l'avrebbe preso a pugni senza pensarci troppo, spinto dalla giustificazione di diversi fattori: l'espressione da idiota, la vicinanza eccessiva, la discrezione decisamente poco considerata. Ora risulterebbe solo un gesto infantile, perché immotivato da una reale ragione, e farebbe capire quanto profondo è il turbamento che sta provando nel proprio animo; non può permetterselo, per una lunga serie di cose.
In tre anni, ha capito quanto Imayoshi sia ambizioso. In tre anni, ha capito che non bastano le apparenze per poter conoscere una persona e neppure per farsi ben giudicare dagli altri, che la sostanza ha il suo peso ma l'umanità mostrata fa arrivare davvero lontano. In tre anni, ha passato più giorni curato da lui che non curando lui, più sere a parlargli che a litigarci. In tre anni, ha capito quale sia il suo posto e quale quello dell'altro.
Per quanto strano sia, non saranno posti vicini.

Shoichi si china in avanti e lo bacia. Così, senza preavviso, perché quel silenzio non piace neanche a lui, quindi fa la prima cosa che gli viene in mente, la prima che sa di certo che non gli darà reazioni strane o poco gradite, la prima che si sente di dover fare.
La coperta che fino a quel punto ha protetto le sue spalle scivola a terra, lasciandolo con le braccia nude. Kasamatsu ricambia il suo abbraccio e, avvolgendogli il collo, sente il freddo sulla sua pelle – non ne ricava una bella sensazione, ma non per questo rinuncia a chiudergli le mani contro la schiena.
Imayoshi si separa una prima volta e lo guarda in viso, leggendogli nell'espressione tutt'altro che stupore. Lo bacia ancora e lo sente più vicino, il suo abbraccio più stretto; lo spinge contro il lavandino ma non fa ulteriore pressione, non porta le mani se non ai suoi fianchi e lì le fa rimanere. Il terzo bacio lo inizia Yukio, quando vede che lo sguardo di Shoichi ha lasciato il suo ed è andato altrove; gli prende i capelli e glieli tira, come quando fa durante le notti in cui rimangono stretti l'uno all'altro per ore, senza volersi più mollare: la foga non è la stessa, ma uguale è il sentimento di disperazione che lo muove.
A quanto pare, non è bastato ubriacarsi per lasciar andare tutte le emozioni trattenute, non vomitare a quel modo né mangiare il dolce.
Shoichi sorride e non sa neanche perché lo stia facendo, Kasamatsu lo morde e lo graffia sugli avambracci, per farsi lasciare. L'altro gli prende il mento con una mano e inizia il quarto bacio, più violento degli altri – Yukio lo morde ancora ma non arretra, non finché le sue mani sono ancorate a lui.
Shoichi sbatte quasi il sedere contro il tavolo, quando l'altro lo spinge di forza, ci sale sopra e si siede lì, avvolgendo le gambe attorno alla vita di Kasamatsu in modo da attirarlo appresso sé. Così che ha luogo, per forza di cose, il quinto bacio.
Non si tolgono i vestiti a vicenda, e anche se sanno bene quanto sia scomodo fare l'amore in un luogo che non sia il letto non è quello il motivo che li trattiene dal prendersi violentemente, contro una superficie qualsiasi. Non c'è erezione che li scaldi più di così, solo il sapore l'uno dell'altro sulle labbra e sulla lingua che basta, basta a far tremare d'aspettativa le dita e renderle come isteriche.
Riprendono fiato, si riprendono di nuovo, non respirano più. Chiudono gli occhi e si graffiano, perché anche Imayoshi sa essere violento quando vuole e come vuole, specie in certi ambiti, anche se con Yukio non si è mai spinto oltre un certo limite: non poteva permetterselo, con quel carattere tanto intransigente che si ritrovava. La prevaricazione che di norma attua a chiunque, con l'altro non avrebbe mai funzionato e lui l'ha sempre saputo, fin dal primo sguardo che si sono rivolti. Non è una questione di debolezza o di forza, neanche di orgoglio o di eccessiva purezza e malizia: il rispetto per la personalità forte ha cancellato, a suo tempo, ogni desiderio circa i tentativi di soggiogarlo in maniera subdola. Quell'intento ha portato ad una relazione più complessa del dovuto, fatta di complicità inaspettata e di quella sottile rivalità che mai, mai ha smesso d'esistere e sempre li ha tenuti legati.
Imayoshi se lo ricorda quando sente le sue dita calde sul collo, nell'ennesimo tentativo di allontanarlo. Questa volta lo lascia fare e allora lo obbliga a guardarlo negli occhi, in modo che non fugga più.
Gli occhi chiari di Yukio sono una delle cose che più gli piacciono di lui, perché sono forti e limpidi, puri anche di fronte alle oscenità più terribili – anche di fronte a lui. Sa perfettamente cosa leggerci dentro e quali conclusioni trarre, quali azioni compiere perché vengano smantellati o distrutti, ma non lo vuole e non lo fa. Quei sentimenti appartengono a Kasamatsu e a lui soltanto.
La presa attorno al collo si allenta un poco e lui può tornare ad avvicinarsi all'altro. Poggia la propria fronte contro la sua e respira piano, o almeno ci tenta.
-Mi mancherai, Kasamatsu-san.
Yukio lo bacia per la sesta volta, non aggiungendo una sola parola.

Un sorriso, un sorriso senza ombra di malizia alcuna. Dare la colpa all'umanità celata non è una cosa nobile, ma Yukio non può farne a meno: nel momento esatto in cui è riuscito a vedere Shoichi spoglio del demone che si crede di essere, ha saputo con certezza che altro di più bello non sarebbe riuscito ad ammirare. E quello, più di ogni altra cosa, l'ha condannato ad una pena infernale.
   
 
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