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Autore: Rota    09/12/2012    1 recensioni
[Imayoshi Shoichi x Kasamatsu Yukio - Pre slash]
Lo sveglia il rumore di qualcosa di grosso che sbatte e poi cade, il tonfo poco discreto di un corpo umano che si rivela tale nella lamentela dolorante che emana quando il silenzio e la totale immobilità giungono allo stesso tempo. Apre gli occhi di scatto nel buio, ma gli ci vuole qualche secondo per rendersi conto per davvero cosa stia succedendo attorno a lui: non è molto abituato a essere disturbato a quel modo, almeno non più da qualche tempo. Una volta che lo comprende razionalmente, e si convince che non è un sogno molesto, sbuffa e volta la testa sul cuscino: la sveglia segna le tre di notte, più qualche minuto.
Imayoshi, al di là della porta, si sta ancora lamentando, pronunciando parole a caso e dallo scarsissimo senso compiuto circa quanto sia bella la polvere che copra il pavimento dell'ingresso.
Genere: Commedia, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shoichi Imayoshi, Yukio Kasamatsu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ingannevole è il cuore (più di ogni altra cosa)'
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*Autore: margherota
*Titolo: Senza macchia di debolezza alcuna
*Fandom: Kuroko no Basket
*Personaggi: Imayoshi Shoichi, Kasamatsu Yukio
*Generi: Introspettivo, Commedia, Triste
*Avvertimenti: What if...?, One shot, Slice of Life
*Rating: Giallo
*Challange: Staffetta in piscina, della community di LJ piscinadiprompt, sfida 5
*Prompt: Qu'importe le passé qu'on porte derrière soi {trad. Che importa il passato che ci si porta dietro } [Personne n’est personne– Le Roi Soleil OST]
*Note: Siccome la prima mi è piaciuta molto, personalmente parlando, ho deciso di farne un'alta XD Riprendo il cliché della sbornia, ma diciamo che c'è sia un rimando alla prima fanfic che ho scritto sia c'è un discorso dietro ben specifico.
Si ringrazia, tra le altre cose, MirakoKodomo per l'ispirazione e l'aiuto, e le mie meravigliose beta d'occasione che sono rimaste sveglie fino alle due di notte per aiutarmi XD
Buona lettura :D












Lo sveglia il rumore di qualcosa di grosso che sbatte e poi cade, il tonfo poco discreto di un corpo umano che si rivela tale nella lamentela dolorante che emana quando il silenzio e la totale immobilità giungono allo stesso tempo. Apre gli occhi di scatto nel buio, ma gli ci vuole qualche secondo per rendersi conto per davvero cosa stia succedendo attorno a lui: non è molto abituato a essere disturbato a quel modo, almeno non più da qualche tempo. Una volta che lo comprende razionalmente, e si convince che non è un sogno molesto, sbuffa e volta la testa sul cuscino: la sveglia segna le tre di notte, più qualche minuto.
Imayoshi, al di là della porta, si sta ancora lamentando, pronunciando parole a caso e dallo scarsissimo senso compiuto circa quanto sia bella la polvere che copra il pavimento dell'ingresso.
Kasamatsu sbuffa una seconda volta e si decide ad uscire dalle coperte calde del proprio letto. Accende la lampada del comodino solo per rintracciare le ciabatte da casa e per sfregarsi le mani in faccia senza per questo rimetterci un occhio o qualcos'altro. Quando, uscendo dalla propria stanza, vede Shoichi disteso per terra, ha un moto di rigetto che a stento reprime dentro di sé. Anche l'altro lo vede, e gli porge un sorriso che non è molto consapevole – ha la giacca completamente aperta e la cravatta slacciata, la camicia fuori dai pantaloni e una scarpa mancante; avvicinandosi, Yukio sente la puzza di alcool e di fumo sui suoi vestiti, ed è una cosa che lo disgusta alquanto.
-Kasamatsu-kun...
Agita le braccia verso di lui, come per attirare la sua attenzione. Lui lo guarda ancora in viso, e vede gli occhiali storti sul naso che cadono a terra senza che il proprietario faccia assolutamente nulla per fermarli.
-Non riesco a camminare.
A Yukio servono pochi minuti per constatare che davvero, davvero Imayoshi è ridotto male: prova a rotolare su se stesso per poi alzarsi, ma tutto quello che ottiene è una collisione tra il suo cranio e il suolo, con tanto di sbuffo rammaricato e mortificato. E per quanto possa pensare che è fin troppo divertente vederlo in quello stato, per quanto possa ricordare quanti e quali torti deve far pagare a quel maledetto, si avvicina di un passo a lui e si piega sul suo corpo. Lì la puzza è più forte, ma non può far molto per questo; lo prende per la spalla e lo solleva, non senza qualche difficoltà.
Shoichi accompagna tutto il tragitto canticchiando un movimento natalizio, circa la beltà della stella da posizionare sopra l'albero e le palle colorate che lo decorano. Soffia soddisfatto quando sente la morbidezza del materasso contro la schiena e agita ancora le braccia, perché sembra che si diverta particolarmente.
La coscienza di Kasamatsu gli inchioda i piedi in quel posto, perché davvero non si fida a lasciarlo solo in quello stato: non vuole rischiare di dover lavare, il giorno dopo, rigetti poco igenici di stomaco dal tappetto del coinquilino, e di sicuro il colorito pallido del viso di Shoichi non lo porta alla rassicurazione. Invece, Imayoshi impiega venti secondi precisi per stendersi in maniera degna e prendere sonno.
Kasamatsu sospira pesantemente e gli porta le gambe sul letto, togliendo quello che gli rimane addosso. L'altro mormora appena nel sonno, ma non oppone la minima resistenza.
Solo lasciando la stanza a Yukio pare di sentire qualcosa che assomiglia davvero ad una parola.
-Grazie...

In realtà, Imayoshi non gli ha mai dato motivo di pensare male della sua persona – almeno, non fino al punto di trovare normale una sbornia di quel calibro. Più di una volta ha trovato alcolici all'interno del loro frigo, ma solo in quelle rare occasioni di visite d'amici o giorni particolari di festa nazionale, roba di classe che probabilmente è il rimasuglio di una vita sopra la media e che, come vizio, non l'ha mai abbandonato davvero.
Non sono affari suoi: Yukio se lo ripete ancora e ancora, rigirandosi tra le coperte del proprio letto.
D'altronde, convivono da un tempo troppo limitato per cominciare a impicciarsi vicendevolmente nelle vite dell'altro a quel modo, e di sicuro Kasamatsu non ha quella natura becera da donnetta triste di strada che trae soddisfazione solo dal sapere tutto di tutti, seguendo quella strana malattia che è il gossip intransigente e che proprio gli fa ribrezzo.
Tuttavia, convivono da abbastanza tempo perché si convinca, almeno nella giusta misura da rimuginarci sopra, che qualcosa non torna nel suo comportamento. Non è l'abitudine del vederlo sempre a posto, sempre in ordine sulla propria persona, che gli suggerisce una tale soluzione: ha imparato da tempo a non essere così superficiale, almeno da quando un certo famoso compagno minore di scuola lo ha affiancato e ha smontato sotto i suoi occhi tutti i possibili pregiudizi circa la leggerezza e la frivolezza di categorie umane come i modelli o gli appassionati di moda. Non è neanche la mancanza di malizia nel suo sorriso, perché certo in un contesto del genere Yukio non può pretendere che sia tanto controllato da gestire movenze e parole, giustificando così una liberalità che gli è un poco estranea.
Quello che sente sicuro, in sé, è la totale mancanza di casualità in un fatto del genere. Non può credere che Shoichi sia stato indotto a bere in maniera spropositata e che non si sia frenato in tempo apposta, prima di raggiungere un tale livello di degrado. L'orgoglio che gli ha sempre riconosciuto come proprio non glielo avrebbe assolutamente permesso.
Non sono affari suoi.
Yukio si rigira nel letto, ancora e ancora. Non trova una posizione comoda e maledice qualunque cosa e qualunque persona per questo – a cominciare dal coinquilino molesto.
Ciò che lo induce ad alzarsi davvero, verso quelle che la sveglia del comodino gli suggerisce essere le cinque e tre quarti del mattino, è il rumore dello sciacquone del water del bagno affianco.

-Ho tentato di preparare il caffè.
Imayoshi lo saluta così, con gli occhiali ben ancorati sul naso, mentre ancora la macchinetta accanto a lui borbotta contrariata e manda una inquietante lucina rossa ad intermittenza. Quella cosa appartiene a lui, gliel'ha presentata tempo prima come un regalo di compleanno degli anni passati, eppure non è mai riuscito a capire come funzioni davvero. Dopotutto, sembra divertirsi un mondo a dare all'altro ulteriori motivi per sentirsi una perfetta casalinga, a cominciare dalla sua incredibile capacità di fare la spesa senza per questo perdersi per ore e ore nel reparto del pesce surgelato – cosa che per lui è sempre stato alquanto impossibile.
Kasamatsu ha solo una lunga felpa addosso e le pantofole per la stagione fredda, a malapena quattro ore di sonno nelle occhiaie e i pochi e corti capelli spettinati in maniera imbarazzante: non è pronto per una lotta con gli elettrodomestici, non quella volta.
-Stacca la spina e metti l'acqua in un fornello. Oggi beviamo tè.
Shoichi lo guarda un poco stupito, ma esegue gli ordini senza fiatare. Tanto, più di così non saprebbe davvero fare, da solo.
Si ritrovano in silenzio a sorseggiare liquido caldo, sgranocchiando qualche biscotto amaro comprato per le emergenze come quelle. Yukio è troppo stanco per considerare altro che la propria tazza e il cucchiaino che vi è immerso dentro, men che mai la mancanza di qualche segno sul viso dell'altro. Tuttavia, è proprio Imayoshi a destarlo dal suo torpore.
-Ieri notte ti ho svegliato?
A quel punto Yukio concentra uno sguardo cattivo sulla sua persona e scarica almeno una parte della sua irritazione nel tono acre che gli rivolge.
-Ti ho raccolto dal pavimento e ti ho portato in camera tua.
Senza nessun pentimento evidente ad animarlo minimamente, Shoichi palesa un'espressione affranta.
-Oh, me ne dispiaccio.
-Sapessi io.
Non ci sono scuse, non ci sono mai da parte sua. A Kasamatsu ha rivelato, una volta, che chiedere scusa è come pentirsi delle azioni fatte, e lui non ha mai provato rancore nell'agire in un determinato modo. Ovviamente Yukio ha colto quell'occasione specifica per avere con lui un ulteriore confronto morale – rigido nel proprio pensiero com'è sempre stato, con facilità cade nell'errore nel volerlo rivaleggiare – ma in quel momento non ha molta voglia di sottolineare la sua totale mancanza d'educazione, anche perché sospetta che un simile trattamento l'altro lo riservi solo a lui e a qualche altra persona speciale. Come se si sentisse libero d'essere completamente se stesso a certe determinate condizioni.
Shoichi finisce quella miseria che è la propria colazione in silenzio e, lasciando sul tavolo le poche cose da lavare, lo saluto col primo vero sorriso della giornata.
-A stasera, Kasamatsu-kun.

La metropolitana si ferma piano, aprendo le proprie porte a un luogo conosciuto, che gli occhi chiari di Kasamatsu riconoscono praticamente subito e senza sforzo alcuno: tre anni facendo lo stesso, identico tragitto rende abitudinari certi paesaggi, quasi integranti una quotidianità irrinunciabile.
Così, riconosce la locazione del cestino, il tabellone luminoso in alto che fa scorrere, veloce, i caratteri di orari e avvisi, la banchina stretta dove regolarmente si affolla più gente del dovuto. È questione di pochi attimi, perché poi la metro si chiude di nuovo e riparte verso un'altra meta.
La facoltà di Lettere non è distante, tuttavia la lunghezza del tragitto è sufficiente perché Yukio possa immergersi nei propri pensieri ancora una volta, fissando le pagine del libricino che tiene tra le dita infreddolite, mentre l'andatura del mezzo lo fa ballare a destra e a sinistra con tutto il busto.
Non prova molta nostalgia dei tempi andati né del periodo delle superiori, lo sa in maniera consapevole, eppure tiene cari alcuni ricordi nel proprio animo, perché lo accompagnino ovunque sia diretto. Il passato ha per lui una simile funzione e fa di tutto, davvero di tutto, per non demonizzarlo né santificarlo, ed evita di pensarci troppo spesso, tanto preso dalla realtà del presente da non poter sprecare neanche un minuto per farlo.
È stato allora, però, che ha conosciuto per la prima volta Shoichi, in qualità di capitano di una squadra avversaria. Quello che pensa di lui, nell'oggi, corrisponde in gran parte a quello che pensava di lui da allora: l'impegno che mette nel conseguire il proprio scopo è da ammirare in maniera inversamente proporzionale alla sua mancanza di scrupoli nel volerlo ottenere a ogni costo possibile, senza rifiutare un certo tipo di scorrettezza di fondo che rende sporco tutto il gioco. Per la sensazione di malizia che ne ha sempre tratto, non ha mai trovato gradevole la sua vicinanza né la sua presenza.
Ma ha dovuto adeguarsi per cause di forza maggiore, nel ritrovarsi acquirente del suo medesimo appartamento, ad un giorno dall'inizio delle lezioni del primo anno senza una possibilità concreta di trovare posto altrove. Stessa età, stessa Università, stesso scarsissimo budget di partenza, stesso bisogno disperato di trovare sede in una città che non fosse la propria, lontana da famiglia e altre conoscenze poco gradite: quello li ha accumunati e fatti trovare, non di certo un qualche strano destino beffardo. Per Kasamatsu, esistono solo le coincidenze – sfortunate, alquanto bizzarre, ma niente più di quelle.
Pensandoci a mente fredda, all'epoca provava per l'altro un'antipatia, ricambiata, alquanto infantile, basata per lo più su quanto visto all'interno del campo da gioco in qualità di avversario agonistico. Anche i primi tempi è stato così, in quella calma piatta e distaccata che ha avvolto il loro appartamento per più di un mese. Prima che Shoichi cominciasse a fargli i primi dispetti, prima che lui cominciasse a rispondere alle sue provocazioni in maniera forse anche esagerata; se non fosse stato per quello, non avrebbero neppure cominciato a parlare. A ricordarlo, la prima frase che gli ha rivolto che non fosse di convenienza è stata assai fraintendibile, riguardante una certa sua mania per l'anguilla e il fatto che non cucinasse altro da circa sette giorni. Da quel momento in poi, in compenso, Imayoshi s'è rifiutato di cucinare in sua presenza, obbligandolo a provvedere da sé alla nutrizione di entrambi. Le cose dopo si sono stabilizzate da sole, col passare del tempo, anche perché hanno cominciato ad essere tanto presi dai propri studi da non riuscire neanche ad organizzare vere e pensate scaramucce. Shoichi, poi, finisce spesso con l'uscire dai suoi laboratori quasi a sera e raramente rientra prima delle otto a casa, quando già lui si è ritirato in camera e ha già preso a ripassare le proprie lezioni – in compenso, riesce benissimo a sentire la puzza di disinfettante e altri prodotti simili che ha costantemente addosso al camice che si porta sempre appresso anche al di là della porta chiusa.
Yukio non riesce a focalizzarsi sulle probabili conseguenze che porterebbe infrangere quel delicato equilibrio di indifferenza che regge entrambi, che la metropolitana arresta la corsa e si apre alla sua fermata. Una nuova giornata di lezioni gli si para davanti e lui relega il cervello a quel tipo di attività, decisamente più stimolante e proficua.

Apre la porta di casa e sente un telefono squillare. Fa qualche passo e vede, appoggiato sul tavolo della cucina, il cellulare di Imayoshi che vibra e si illumina – a giudicare dagli altri suoni che provengono dalle restanti stanze della casa, sembra che l'altro uomo sia sotto la doccia e non faccia nulla per sbrigarsi ad uscire da lì. Oltrepassa quella porta e si avvia verso la propria camera, per cambiarsi e mettersi in ordine, riemergendovi solo quando il suddetto cellulare non inizia per la quarta volta a reclamare attenzioni e a disturbare con la propria suoneria il suo studio. A quel punto torna in cucina, prende l'apparecchio e si posiziona di fronte all'entrata del bagno, bussando con un certo qual entusiasmo.
-Imayoshi, il tuo cellulare non fa altro che squillare. Vedi di rispondere!
Pochi secondi e Shoichi appare, accompagnato da una nuvola di vapore caldo e un ascuigamano stretto in vita. Non indossa gli occhiali e la sua espressione è più stupida del solito.
-Non avevo sentito.
Vorrebbe anche essere credibile, ma è evidente che non ha mosso dito per la mancanza effettiva di non voler rispondere. Gli prende il telefono dalla mano, ne guarda il display e sembra sorridere appena – di un sorriso simile ad un ghigno tirato, come di quelli che tanto tempo prima gli aveva visto fare. Poi torna normale e gli fa un cenno con il capo.
-Grazie.
Muove un passo verso la propria camera da letto, lasciandolo lì senza aggiungere una sola parola.
Ed è un attimo, perché Kasamatsu abbia il tempo di ripensare a dubbi e domande ai quali vuole dare quantomeno pace.
Ed è un attimo, perché Kasamatsu si renda conto d'essere stufo di una situazione che lo sta portando lontano dalla propria natura e dalla propria inclinazione.
Ed è un attimo, perché Yukio si ricordi cosa voglia significhi essere umano, nonostante tutta la prassi della discrezione e del tatto.
-Dovresti chiamare quella persona, Imayoshi. Sembrava davvero tenerci a parlare con te.
Shoichi si ferma nel punto che ha raggiunto, con una mano già protesa verso la maniglia della porta. Lo guarda un poco confuso, per poi trasformare la sua espressione in qualcosa che comunica beffa e ironia.
-Ti stai preoccupando per me?
Malgrado l'autocontrollo che tenta di imporsi, Kasamatsu sente le guance colorarsi di rosso e il tono della voce farsi decisamente troppo alto, troppo alterato per sembrare anche solo vagamente normale.
-No, mi dà fastidio sentire la suoneria di quell'affare così tante volte!
-Cercheremo di essere più silenziosi la prossima volta.
-Non deve capitare una prossima volta, Imayoshi!
L'altro sogghigna e finalmente entra nella propria camera da letto con un passo, lasciandolo solo con le sue imprecazioni.

Non riesce più a fare finta di nulla.
Ha creduto per qualche istante, mentre l'acqua bollente della doccia gli colpiva ripetutamente la pelle della schiena, di poter resistere ancora, almeno finché quell'uomo non l'avesse smessa di insistere nel volergli parlare. In realtà, comprende di essersi solo illuso.
Imayoshi getta il proprio cellulare sul materasso del letto e si acquatta per terra, sul tappeto lungo che copre quasi tutto il pavimento della stanza. Si prende la testa tra le mani e si piega in avanti, guardando il vuoto. Non sente più freddo, non sente più caldo – ma quando quell'aggeggio torna a squillare, compresso tra le coperte e il muro verticale, il dolore a livello del fegato si fa insistente e acutissimo.
Stringe la presa e inizia a tirare i capelli, inerme per quanto gli sta accadendo. Non riesce a fare più nulla, e si raggomitola su se stesso come un verme.
Non sente neanche Kasamatsu che irrompe nella sua stanza e si blocca sulla porta, abbastanza stranito dalla visione che gli si presenta davanti.

Quella volta è Yukio a fare il caffè, mettendo l'acqua al posto giusto e toccando i tasti corretti, tanto che l'elettrodomestico gli restituisce versetti soddisfatti e appagati.
Sulle spalle di Shoichi c'è una coperta spessa di lana, alle gambe i pantaloni stretti di una tuta di Kasamatsu, un vecchio regalo su cui lui non si è mai davvero soffermato. E si ritrovano di nuovo allo stesso tavolo, in silenzio, a sorseggiare il liquido caldo con lentezza estenuante.
-Forse dovresti vomitare.
Imayoshi alza lo sguardo su di lui – ha le lenti degli occhiali appannati e farebbe anche un poco ridere se solo la sua espressione non fosse così drammaticamente contrita.
Kasamatsu fa rotolare tra i palmi delle mani la propria tazza, nel mentre.
-Non l'hai ancora fatto da ieri sera. Ti farebbe sentire meglio.
Shoichi sorride appena, quando gli risponde, e si chiude meglio nella propria coperta.
-Da quando sei esperto in queste cose?
-Ho assistito molte persone nelle tue stesse condizioni.
-Sei un uomo di mondo, Kasamatsu.
-No, mi circondo di persone con una capacità emotiva più profonda di un cucchiaino.
Ripensa a Kise, ripensa alla Kaijo, ripensa al passato che è stato e che l'ha formato come uomo del presente. Quelli sono stati i suoi esempi di umanità sentita e commovente, che confrontati con quello che ha ora davanti non può che rimandargli evidenti e chiari rimandi; stupido lui che non se n'è accorto prima.
Shoichi si sistema gli occhiali sul naso, dopo aver bevuto un sorso.
-Devo considerarlo una sorta di complimento?
Gli rivolge uno sguardo duro e fermo, immobile com'è nell'intera persona nel suo intento.
-Smettila di fare lo sbruffone.
E l'altro ride, cercando di nascondere in quello un movimento leggero delle ossa che sembra tremore, che pare frenesia immotivata – l'emergere dell'emotività repressa a lungo.
Eppure, sa perfettamente di non aver più alcun riparo.
-Suvvia, lasciami almeno un modo con cui difendermi.
Yukio non abbassa gli occhi, neppure per un istante. Lo fa Shoichi, trovando così tanto interessante il proprio caffé da cominciare a fissarlo con insistenza.
-Se poi mi lascio andare, non saprei più costruirmi delle difese appropriate.
-Mi senti come una minaccia?
-Non direi. Diciamo come un valido avversario.
-E non pensare allora che potrei approfittarmi di una tua debolezza.
Gli sorride, dolcemente, e torna a guardarlo.
C'è qualcosa in lui che ancora gli è proprio, tuttavia Yukio deve farsi forza per considerare la persona che ha davanti proprio Imayoshi Shoichi.
-Non sono abituato a una tale schiettezza.
Sta per tornare al proprio caffè, quando l'altro lo richiama con tono autoritario e quasi lo fa sobbalzare sul posto.
-Non abbassare lo sguardo, Imayoshi.
Non vuole chiedergli nulla – non lo farà, non userà le parole contro di lui, non i gesti e nient'altro: se avesse voluto farlo a pezzi, l'avrebbe fatto nel momento stesso in cui si è reso conto della sua difficoltà.
Limpido è lo sguardo, senza macchia di debolezza alcuna.
Shoichi pensa, razionalmente e a lungo, che quegli occhi gli piacciono davvero tanto.
-Se le persone che mi hanno sempre circondato fossero state almeno in parte come te, oggi non ti avrei arrecato proprio alcun disturbo.
-Non avrei mai detto che la tua personalità fosse il risultato di fattori esterni.
-Perché?
-Ti ho sempre considerato indifferente al mondo, ai limiti dell'umano quasi.
-No, non credo sia il mio caso.
Yukio non sorride ma l'espressione sul suo viso si ammorbidisce appena, quando torna a parlare dopo qualche attimo di silenzio – beve il suo caffè con calma, anche se ormai è freddo e amarissimo.
-Mi sorprendi.
-Invece tu no. Continui a essere il buon capitano che eri un tempo: empatico, altruista, attento.
-Di sicuro, mai avrei pensato di finire a bere caffè con te allo stesso tavolo, sotto lo stesso tetto.
-Questa è stata la sorpresa più grande di sempre, in effetti.
-Non che rimpianga qualcosa. Dopotutto, non sei male come coinquilino.
-Neanche tu, Kasamatsu.
Squilla di nuovo il telefono, in una stanza lontana. Dentro di sé, Shoichi si sorprende che quella donna abbia aspettato così tanto per tentarci un'ultima volta; dentro di sé, Kasamatsu pensa che non sopporterà mai più il suono di quella dannata suoneria.
-Hai intenzione di rispondere?
-No. Per quanto possa essere insistente.
-Vedi almeno di mettere il silenzioso. Non voglio stare sveglio tutta la notte per causa tua.
-Hai ragione.
Kasamatsu si alza e prende la sua tazza ancora mezza piena. Tanto lo sa che non ha intenzione di bere altro, quindi non ha intenzione di insistere.
Gli da le spalle e si avvicina al lavandino, per sciacquare quelle due cose e poi ritirarsi definitivamente per la notte. Senza la stanchezza addosso, un peso non più indifferente.
Ma sente anche che non può lasciarlo andare così, e lo chiama un'ultima volta, prima che esca da quella stanza e non possa più essere salvato. Perché non è il passato che conta, non più. Non è quello che fu o quello che è stato – sarebbe ipocrita e terribile lasciarsi condizionare a quel modo.
-Imayoshi.
L'altro si ferma e lo ascolta, ancora una volta.
-Kasamatsu?
Non lo guarda più in viso – apre l'acqua del rubinetto e insapona la spugnetta, per non doverlo affrontare direttamente.
-Sei una brava persona. Dovresti davvero cominciare a crederlo.

Ci impiega due ore, quasi: aspetta che Yukio finga di dormire e che il silenzio avvolga di nuovo quella casa.
Poi va in bagno e rigetta tutto ciò che ha tentato di ingerire in quei due giorni. Cena, pranzo, colazione e spuntino. La pancia gli si schiaccia così tante volte che gli vengono i crampi lungo i fianchi e per tutto il busto. Le ginocchia arrivano ad avere la stessa temperatura del pavimento e la gola gli brucia come se fosse ustionata.
Piange per ogni bruttura, per ogni parola ricevuta, per tutto l'odio subito, giustificando almeno a se stesso quell'eccesso di sentimenti e di debolezza come un malessere fisico e incontrollabile.
Non fa altro che pensare a una frase e questo gli basta per restare con la testa nel water per più di un'ora.
-Non saresti dovuto nascere.
Poi l'immagine della matrigna sfoca, i ricordi veri e propri sfociano in quella che lui ricostruisce essere stata una sbronza autoindotta e il nulla di seguito se non un malore insopportabile al ventre. In realtà sa di essere lui, quello stupido: nessuno dei suoi parenti ha mai nascosto di odiarlo per quello che ha fatto alla sua vera madre.
Si alza di nuovo barcollando e ha la sola forza necessaria per alzarsi e sciacquarsi la faccia, con un getto tanto freddo che quasi gli ghiaccia la pelle.
Uscendo dal bagno, la prima porta su cui posa lo sguardo è quella della camera di Kasamatsu. Impiega qualche secondo a realizzarlo, ma alla fine non riesce più a distorgliere gli occhi da lì.
Entra nella stanza e lascia l'ingresso spalancato – quando giunge al letto, Yukio si sposta di quel tanto per lasciargli il giusto spazio e quindi rimane fermo immobile, per tutto il resto della notte.
   
 
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