Ahah,
Qua
troverete una sana dose di puccioseria, di lol, di momenti seri e ancora puccioserie,
tanto perché a noi piace variare, e a quanto pare è
una cosa che ci viene benissimo!xD O forse è un
riflesso naturale dell’avere tra le mani [mh…:Q_] due
esseri dannatamente amabili come i fratelli Elric!<3
Detto
questo, solito inchino di ringraziamenti per chi legge e…
LET’S START <3
Niisan = neko
= baka
Capitolo 1
(dove abbiamo un Edward quasi miagolante
rincretinito dalla febbre e troppa medicina in giro)
"Niisan,
la medicina!"
Dicembre
inoltrato, tanta neve fuori da non vedere altro che
un'infinita distesa bianca. E il suo stupido fratellone, già con un principio di raffreddore, ha passato
tutto ieri a giocare fuori, ritrovandosi con un febbrone assurdo.
"Non
la voglio, Al... è amara..."
Ha gli
occhi lucidi e le guance infuocate. E' seduto sul letto, tutto avvolto nel
piumone.
"Ti fa
bene e la prendi! Ora!"
Il più
piccolo si mette le mani sui fianchi e lo guarda, severo.
Spera forse
di cavarsela così?
"Ma, io..."
Batte il
piede. Ovvio, non accetta ma. Né però. Insomma, niente contestazioni.
"Pren-di-la."
E'
... e poi, a diciassette anni, perché faceva ancora i capricci?
Perchè, a
tutte le età, la febbre ha il magico potere di rintronare le menti e farle
regredire fino ai cinque, sei anni. Massimo.
"Nooo..."
La voce di
Ed è infantile come il suo lamento, come il suo
sdraiarsi nuovamente e rifugiarsi nel morbido guscio delle coperte di piume
d'oca.
"Niisan..."
Gli si
avvicina, acchiappando i lembi della coperta e sollevandola. Aveva il viso
contratto in una smorfia di disapprovazione, e di ribrezzo per quella roba
verde che stanzia in una orrida bottiglia di vetro.
"Devi.
Non ci sono scuse che tengano."
Edward
lancia un'ennesima occhiata a quella robaccia.
Rimpiange i
tempi in cui gli sciroppi avevano il sapore di fragole e frutti di bosco.
"Ma
guarisco da solo... entro domani sto bene, davvero..."
La voce
assume un tono piagnucoloso.
Davvero, la
febbre sembra averlo fatto “involvere”. In un
qualcosa di non meglio definito.
(Però
gli ha lasciato l'originaria testardaggine.)
"Hai
detto la stessa cosa per il raffreddore..."
Al poggia
una mano sulla sua fronte, percependone il calore intenso.
Fosse
roba da poco, poi.
Scende a
sfiorare la guancia, la temperatura che gli da un colorito roseo, acceso in
confronto alla pelle pallida.
"E invece guarda come sei adesso. Prendila."
Voce ferma,
decisa.
Quasi
materna.
"Ma è
solo perchè sono uscito fuori... oggi sto a riposo,
promesso!"
Quasi per
cercare sollievo, abbraccia il fratellino, strusciando la guancia.
"Ti giurooo..."
"No,
niisan."
Poggia una mano sul materasso – l'abbraccio gli aveva fatto perdere l'equilibrio, e onde
evitare altri danni fisici...
"A
riposo ci starai, sì. Ma
prenderai anche la medicina! Guarirai prima così!"
Lo guarda
quasi supplichevole. In fondo si tratta solo di mandare giù una melmina verde! Cinque secondi, una caramella in bocca ed è
tutto passato!
"Se
prendo quella robaccia sto tutto il giorno fuori a prendere a pallate Mustang."
Ecco di chi
è la colpa, se il suo fratellone vessa in quelle
condizioni!
"Non puoi obbligarmi... sii buono..."
"E tu non puoi dire certe stupidaggini! - scuote la testa,
incredulo - Vuoi prenderti una polmonite per caso?"
Inguaribile.
In tutti i sensi.
E poi,
Cielo. Mustang è sempre presente, quando c'é qualche
problema.
Fissazione
del fratello, o divertimento del Colonnello?
Fatto sta
che poi, a sorbirselo malato, e regredito a minor età, era lui.
"Posso
obbligarti eccome."
Gli tira
una guancia, carne morbida stretta tra indice e pollice.
"Ahiaaaa..."
Con la lacrimuccia all'occhio, Ed torna
nel suo caldo nido di coperte, allontanandosi da Al.
"Non
la voglio..."
Sa risultare estremamente odioso.
(Il
fatto che sia tremendamente carino, coi capelli sciolti tutti arruffati e gli
occhi lucidi è secondario. Soprattutto ora che Al dev'essere
obbligatoriamente arrabbiato con lui.)
"Sto
qua al calduccio e sto bene..."
Tira su col
naso.
"Stai
qui con me, Al?"
"Il
fatto che tu non la voglia, niisan, non vuol dire... - si siede sul lettone, a
guardarlo implorante e ad accarezzargli i capelli, la fronte umida e calda -
Che tu non debba prenderla..."
Si china
sulla sua fronte, a dargli un bacio.
"E... se non prendi la medicina, no.
Poi mi contagi!"
Inarca un
sopracciglio, per poi sorridere.
Fratellone
bambino.
"Siamo
fratelli, i fratelli condividono tutto, anche le malattie..."
Un altro
colpo di tosse e gli occhi ancor più lucidi.
"Dai..."
"Tu
deliri, niisan! - una mano veloce tra i capelli, a scompigliarli ancora di più
- Adesso prendi la medicina, ti riposi, e poi starai
meglio!"
Bottiglietta
maligna tra le sue dita.
E uno
sbiancare progressivo sul volto di Ed.
"Non
avvicinatevi! Tu e quella cosa! Al, non la voglioooo!"
Però la
forza in gola per urlare come uno scemo ce l'ha
eccome.
Il suo odio
verso quella roba è crescente, come nei confronti di una bottiglia di latte.
"Non
fare il bambino!"
L’altro sale
sul letto, puntellando le ginocchia sul materasso e svitando il tappo di quella
tanto terribile sostanza.
Doveva
prenderla e basta.
"Poi
ti do una caramella!"
"Non
la voglio! Né la medicina né la caramella!!"
Si
allontana più che può, scontrando la schiena contro il muro e stringendo forte
un cuscino.
"Non sono un bambino, tu sei crudele!"
Gattona, Al, affondando la mano libera nel calore delle coperte,
l'altra che tiene in precario equilibrio la bottiglietta.
"Sì
che lo sei, niisan!"
Trascina le
gambe, guardandolo tra l'implorante e il divertito.
Così
adorabile.
"Se non fossi un bambino, prenderesti la tua medicina senza
fare storie!"
Un bambino
che ha quasi le lacrime agli occhi.
"E'
amara! Fa schifo! E' inutile! Guarisco da solo!!"
E agita
la testa, stringendo ancor di più il cuscino al petto.
Sospira, il
più piccolo, chiedendosi se per caso all'anagrafe non ci fosse
stato qualche errore.
"Niisan..."
La versa
sul cucchiaio, piano, davanti al suo naso.
Oh beh,
l'odore non è dei migliori, è da ammetterlo.
Ma è la
sua salute, ancora. E pazienza se è amara. O se fa schifo. O se è inutile.
Tanto da
solo non guarirà!
Ed
chiude saldamente la bocca, quasi avessero una cerniera.
Fa mille e mille cenni di diniego col capo, destra-sinistra
sinistra-destra.
Ma si
vede costretto a fermarsi a guardare.
Al apre la bocca.
"Bambino."
E poi porta
dentro il cucchiaio, la faccia un poco schifata dal
sapore che invade le sue papille.
Ancora con
le labbra serrate, Ed guarda il fratello con aria
incuriosita.
Intuisce
poi, dal suo approssimarsi, le sue intenzioni.
"Mh... mh..."
Tradotti, i
mugolii sarebbero un continuo no, perchè ha decisamente
capito quel che Al vuole fare.
E non
gli piace.
Non gli
piace quel suo avvicinarsi furtivo.
Non gli piace, ma poco da fare, Al è già lì, di fronte a lui, con lo
sguardo determinato.
Quella
medicina va presa. Cinque secondi.
Inghiottisci
e via, non è difficile!
E con un
sospiro, poggia le labbra sulle sue, calde, mentre la mano si sposta una sul
muro, l'atra sulla sua testa, ad accarezzarla.
Forse la
sorpresa, forse il tocco di Al che mancava da giorni,
ma Ed spalanca la bocca.
E giù per
la gola lo sciroppo.
"Al...!!"
Tossisce
forte.
"Sei...
cattivo!!"
E ha gli
occhi lucidi e lacrimevoli.
Dio che voglia di stringerlo.
"Ho
vinto!"
Esulta il
minore, felice di esser riuscito nel suo intento, stirando le braccia per poi
farle cadere sulle sue spalle.
"Ora
posso stare con te quanto vuoi, niisan!" aggiunge poi, passando un pollice
sotto l'occhio, a scacciare le lacrime schifate da quel gusto.
Sì, era
proprio amaro.
"No!
Ora te ne vai!!"
Ancora
sputacchia e si pulisce la lingua col dorso della mano.
"Sei
un... traditore!!"
Nonostante
le parole, la voce risulta tenera, ovattata dalla febbre.
E Al lo
percepisce, rivolgendogli un sorrisetto.
"No,
tuo fratello!"
Un altro
bacio sulla fronte, e poi si mette sulle ginocchia, davanti a lui.
"O il tuo tutore, ancora devo capirlo..."
Gli
scompiglia i capelli, ridacchiando.
"E ora su, sotto le coperte..."
"No."
Mette il
broncio, discostando le coperte, rimanendo solo col pigiama addosso.
"Non
mi va."
"Aaw, niisan... - porta le braccia ai fianchi, sarà la
seconda o la terza volta che lo fa in pochi minuti, e lo fissa - Non serve a
nulla fare così..."
Cade col
sedere sul materasso e uno, due rimbalzi, è giù dal
letto.
"Se non stai al caldo..." comincia,
prendendo i lembi delle coperte e tirandoli verso di lui.
"E'
uguale."
Labbro
inferiore di fuori e sopracciglia aggrottate, non risulta
credibile con le guance rosse gonfie da criceto e gli occhi lucidi e per metà
chiusi.
"Sei
un traditore."
"E tu sei malato. E tutto è
lecito."
Gliele
sistema per bene, attorno alla vita, fino al petto.
"E basta lamentarti, o te ne darò un altro po'!"
Finto duro, perché Al non era capace di cattiverie.
Solo
qualche astuzia per piegare sul fratello al volere della medicina.
Non
risponde e si volta dall'altra parte, sbuffando e incrociando le braccia.
"Non
lo fai perchè altrimenti te lo sputo tutto in
faccia!"
Un silenzio
ch’è un falso sollievo.
Sia mai che
Edward Elric se ne stia zitto e buono senza
commentare.
La schiena di Al flette in avanti, il mento poggiato sulla sua spalla
calda, come il resto del corpo, mentre una mano si posa sull'altra,
accarezzando il braccio.
"Non
lo faresti mai, niisan!" sorrise, socchiudendo gli occhi.
"Questo
lo dici tu."
Ancora
sbuffa, il cocciuto, ma un leggero piacere lo invade, sentendo le lievi carezze
del fratello.
L’altro struscia
la guancia sulla sua, sorriso sornione sul volto.
Lo adora
anche di più, quando fa così.
Insopportabile
e amabile al contempo.
"Niisan
dai... - gli cinge le spalle con le braccia, iniziando a
cullarlo - Posso stare con te? Dai..."
E' troppo
debole, il niisan, per poter ribattere e cacciarlo via.
Si limita a
sospirare e a girarsi e ad affondare il viso nel suo petto.
"Mh..."
Soddisfatto,
gli bacia la fronte, accarezzandogli i capelli.
"Posso
entrare nel letto?" chiede poi, poggiando le labbra sulla sua guanciotta calda.
"Uhm..."
Uno sbotto
contrariato che sarebbe, circa, una risposta positiva.
"Fai
come ti pare."
E,
felice, scioglie l'abbraccio per farsi spazio tra le coperte.
"... come
stai?" dice poi, mentre un braccio va sotto la sua schiena, e l'altro gli
accarezza la guancia.
"Male,
quello schifo mi bucherà lo stomaco."
Ma un
poco, giusto un poco, si crogiola nelle coccole ancor più sentite dal solito
dal corpo sensibilizzato dalla malattia.
"Dai... - allunga il collo, sfiorando appena la guancia - Ti farà
bene!"
Sorrise,
sbuffando un poco su quella pelle calda.
Sperava che
la sua presenza servisse a farlo stare meglio.
Aiutato
dalla medicina, ovvio.
"Uhm..."
Si stringe
al fratellino, circondandogli la schiena con le braccia, la testa sotto il suo
mento.
"Lo
dici tu..."
"Lo
vedrai da te..."
Le dita
scendono al mento, a solleticarlo come fosse un gatto.
"Domani
avrai di che ringraziarmi..."
"Uhm...
non credo..."
I grattini.
Un suo
cavolo di punto debole che solo Al conosce.
E sa
bene come sfruttare.
"Mh..."
Una risata
infrange il silenzio, dolce, cristallina.
Lo aveva
scoperto per caso. Perché lui si lamentava di stare sempre coi
gatti, sempre coi gatti! E lui per giocare gli aveva
piazzato le dita sotto il mento e aveva cominciato a toccarlo.
Ed
Edward era decisamente andato.
"Io
dico di si, niisan..." aggiunge,
stringendosi di più.
"No..."
Dio, è
andato in brodo di giuggiole.
E' un
continuo mormorio e brividi lungo la schiena.
"E ho ragione io..."
E ogni
cosa è amplificata dalla febbre.
"Si,
niisan..."
Un bacio
tra i capelli dorati.
"Tranne quando fai il bambino."
E
gratta, gratta, gratta, fino a far diventare quel mugugnare qualcosa di simile
a delle fusa.
Dio, quant'era adorabile.
"Mmh..."
Ed si
stringe ancor di più al fratellino, la presa alla schiena che si fa più
possessiva.
E la testa
che si struscia sotto il mento di Al.
"Io
non faccio mai il bambino..."
"Anche adesso stai facendo il bambino, niisan!"
Un altro
bacio sulla fronte, l'ennesimo della giornata.
Che non
era neanche finita.
Sorride,
sentendo la stretta farsi più forte. Se fino a pochi minuti
prima, fuori dalle coperte, il gelo dell'inverno gli penetrava le ossa,
ora sì, sta decisamente meglio.
"O il gatto, vedi tu!"
"Aah, ma quale gatto?! Non sono nessuno
dei due!"
Del bambino
ha il comportamento.
Del gatto le fusa - poco ci manca che si metta a miagolare.
Ma mai
ammetterlo.
Testardo.
"Ahah..."
D'altronde,
se non lo fosse, non sarebbe Ed.
Non sarebbe
stato quel così tenero, adorabile cocciuto che aveva avuto al suo fianco fin
dalla nascita.
"Ne
sei sicuro? Dovresti guardarti..." mormora,
sorridendogli.
Ed lo
guarda negli occhi, sbuffando contrariato.
Si sente
trattato in modo molto infantile.
"Perchè,
cos'ho?"
Anche se si
stringe di più, in cerca del calore di Al. Quel calore
tutto particolare che non può essere ritrovato in nessun altro essere umano.
Gli gratta
di nuovo il mento, sentendolo di nuovo cedere.
Rantola
proprio come un gatto.
"Fai
le fusa. Sei un gatto!"
Ed
strizza gli occhi, ancora mugolando.
"Non
sto facendo le fusa! Smettila!"
Sta
cercando di negare il Sole, in quanto la schiena è leggermente tremula e l'espressione di piacere sul volto è tutto fuorché nascosta.
"E allora, spiegami, cosa stai facendo?"
S'inganna
con la sua stessa voce, il fratellone. Con quella voce rauca un po' per la malattia, un po' per quelle
coccole feline.
E il viso un po' rosso per il febbrone e un po' per il piacere.
"Ma
che ne so, è il mio corpo, io non c'entro."
"Te lo
dico io, niisan, stai facendo le fusa! - bacino sulla
guancia - Fidati, sono un esperto!"
"Non
sto facendo nien..."
Le dita di Al riprendono a solleticargli il mento, con evidente
divertimento del minore.
"Aaawww..."
E
riparte per la tangente.
Tanto da
cominciare addirittura a strusciarsi, proprio come un micio.
"Niente?"
Lo guarda
in faccia, vedendo un'espressione mista di piacere e disappunto in quei due
pozzi d'oro.
Si ferma un
attimo, e anche quel tenero rumore sfuma.
"Niente.",
ripete Al. E riprendere a muovere le dita, e riprende
anche quel mugolare.
Gli mancano
le orecchie e la coda, ed il suo fratellone sarebbe diventato un adorabile gatto.
"Nienteeee..."
Si stringe
nelle spalle per i brividi, mentre la mano di Al vaga
dietro l'orecchio.
"Mmmmmmmhaaaah..."
Si stringe
ancor di più, muovendo la testa sul petto del fratello ripetutamente.
Al ama quel calore che gli pervade il petto in quel momento,
così caldo e soffice.
Sente
l'antenna di Ed solleticargli il mento, e si lascia
scappare un'altra risata.
"Gatto,
gatto!" ripete più volte, quasi come un bambino
che dice una parola nuova per la prima volta.
"Piantala Aaaaal!"
Protesta
quasi come se gli desse del tappo.
Ma quando
gli si da del tappo non ha quell'espressione
terribilmente carina in volto, né struscia il corpo su quello del fratello,
oramai dipendente dalle sue coccole.
"Mh..."
"Sei
sicuro?"
Ferma le dita, accarezzandogli il collo e poggiando poi la mano sulla
sua spalla.
Ama fare
domande come quella. Perché nella sua risposta
irritata vede tutta la voglia che ha di continuare a ricevere quelle
attenzioni.
Anche se
lo fanno sembrare un felino!
"Smetti
di dire che sono una palla di pelo..."
Sbuffa, con
il labbro inferiore leggermente di fuori, mentre sempre di più affonda nel
petto del fratello.
Già
normalmente, per lui le coccole di Alphonse sono
qualcosa d'indispensabile e sempre più apprezzate - e sempre più volute,
soprattutto ora che ha di nuovo il suo corpo umano.
E ora, che
volesse o no ammetterlo, che non sta decisamente bene,
non avrebbe più voluto staccarsi da lui.
"Meow..."
Al gli fa
il verso, sapendo che non avrà mai risposta.
Non
caldamente positiva, almeno.
La mano che
posa sul collo scivola dietro la nuca, massaggiandogliela, con calma, con
dolcezza.
Che
bella sensazione.
"Si
sta veramente bene, qui..."
Tra il
calduccio delle coperte e quello della pelle di Al.
Che in risposta muove il viso, strofinandolo sui capelli
morbidi.
"Già..."
riesce solo a rispondere, socchiudendo per un attimo
gli occhi e stringendo più a sé il fratello.
E’ il
tepore mancato per anni. E’ la cosa che più gli è mancata
quando l'armatura lo costringeva ad annullare i cinque sensi.
Sentire
calore, bearsi del piacevole tepore di un abbraccio.
"Al..."
Una sillaba sonnacchiosa, pronunciata con le labbra contro la stoffa
della camicia.
"Ho fameee..."
"Vuoi
del latte?"
Non ci ha
pensato. Nel senso, Dio, sembra così tanto un gatto
che quelle parole sono spontanee.
Ci pensa
dopo, all'errore che ha commesso, e prendendo fiato rimedia.
"Scherzavo!!"
Ed, con le
poche forze che ha, gli rifila un pizzicotto alla
schiena, troppo debole per sbraitare.
"Fai
tu..."
Al mugugna un poco, divertito dalla sua reazione.
Fortuna per
lui che è malato!
"D'accordo...
vado e torno!"
Porta le
gambe fuori dal letto, il freddo del pavimento che gli
penetra nei piedi.
"Okayyy..."
Solo, si
rigira nel letto, avvolgendosi di nuovo nel nido del piumone scuro.
Spera solo
che Al faccia presto. Sta letteralmente morendo.
Dalla
cucina giungono alle sue orecchie rumori di stoviglie e la voce del fratellino
che canticchia qualcosa di incomprensibile.
Probabilmente note mugugnate alla rinfusa.
"Niisan
- sente poi, nitido - Ti va un panino?"
O vuole
far veloce, o qua c'é qualcuno che ha dimenticato di fare la spesa...
"Non
c'é null'altro!"
Infatti.
"Va
bene tutto, Al... basta che mi metti qualcosa in bocca, muoioooooh...",
rantola Ed da camera sua, metà della voce che rimbalza
sulla coperta.
"D'accordo,
d'accordo!" ridacchia, per poi tornare in camera
pochi minuti dopo, un bel panino imbottito in una mano e succo d'arancia
nell'altro.
Si infila
di nuovo sotto le coperte, facendo attenzione a non sporcare in giro con
briciole o bibite, e da il nutrimento al suo gatto.
"Tieni!"
E il micino, orecchie abbassate e coda fra le gambe per il
febbrone, guarda il fratellino, l'adorato padrone.
"Non ho la forza... m'imbocchi tuuu?"
"Aaah, niisan!!"
Gli spinge la testa un poco indietro, premendo l'indice sul suo naso
arrossato dal raffreddore, poi agita il panino davanti alla sua bocca,
dopo aver accuratamente poggiato il bicchiere pieno sul comodino.
"Fai aaahm..."
Senza fare
il verso, Ed apre la bocca, e con un morso ne fa fuori
mezzo.
"Grazie..."
Ha tutto il
viso sporco di briciole, ma sembra un po' più felice di prima. Forse perchè
finalmente riempe lo stomaco dopo ore.
Al non
risponde, se non con un tenero sorriso, continuando a reggere il panino.
"Potevi
dirmelo prima che stavi morendo di fame, sarei uscito
a comprar qualcosa!"
Tutto per
lui, anche uscire di casa con una bufera in corso!
"E'
uguale...", risponde l'altro, sputacchiando briciole ovunque.
Ne addenta
l'altra metà, arrivando a lasciare il segno dei denti sulle dita del povero
fratellino.
"Ouch! - sbotta, strizzando un occhio - Non mangiare anche
me! Se vuoi te ne faccio un altro!"
E
l'altra mano passa sul suo viso, a pulirlo da quel poco di pane sulla sua
bocca.
"Perchè
no? Hai un buon sapore..."
La febbre
gli fa un gran male, se lo porta a pronunciare cose che neppure sotto tortura avrebbe fatto uscire dalla sua bocca.
Al, d'altro canto, sente le guance riscaldarsi.
... che anche a lui si stia alzando la temperatura?
"Aw, smettila!" ride poi, dandogli una pacca sulla
testa.
No, è il
lieve imbarazzo per sentire certo cose provenire dalla sua bocca.
"Oh, è
vero, cos'hai da dire su?"
Ed
sbuffa, richiedendo poi da bere.
Che ha
detto di così strano?
E' la pura
verità.
"Ma no, niente..."
Si porge
verso il comò, prendendo saldamente il bicchiere per portarlo vicino alla sua
bocca.
"E'
che non... ci sono abituato, ecco!"
E avvicina
il vetro alla sua bocca, le labbra di Edward dischiuse
ad attendere la bevanda.
Poi ad accoglierla,
la gola felice del sollievo.
"Uhm,
capisco..."
Con una
mossa veloce, lo prende per il polso e lo trascina giù, di nuovo a letto.
Ghigna.
"Qui,
a farmi compagnia..."
E ancora
a strusciare il mento.
"Sto
qua, niisan!"
Avvicina la
mano al mento, muovendo il pollice sul mento, le
briciole rimaste che cadevano sulle lenzuola.
"Rimango
qua..."
E
finalmente torna a bearsi di quel piacevole tepore.
"Uhm...
per sempre, niichan?"
Domanda che
gli esce spontanea dalla gola e s'infrange nell'aria tiepida. Parole
pronunciate senza esser soppesate e pensate. Ma
dettate da una paura naturale, acuita dalla febbre.
L’altro lo
guarda, sbattendo un attimo le ciglia, colto alla sprovvista dalla domanda.
Ma il fatto
che Ed non avesse mai dato a vedere determinate cose,
non necessariamente significava che non ci pensasse.
Pensando poi che avevano vissuto per anni in bilico tra promesse e
paure...
Beh, è
lecito, alla fine, che sia così.
"Sì. -
fa, cingendogli le spalle - Per sempre, niisan."
"Sicuro?"
Lo
abbraccia, fortissimo, come se fra un po' il suo corpo di sangue e carne dovesse scomparire.
Un
abbraccio carico di tutte le ansie che la sanità del fisico non può far
emergere.
E il più
piccolo percepisce quelle paure solo dal suo tocco, dal suo sguardo basso, dal
suo fare domande inusuali.
Lo stringe
più forte a sé, le labbra poggiate sulla spalla, le braccia che si muovono a
cullarlo.
"Al
cento per cento."
Volta il
viso, e stampa un bacio sulla guancia calda di lui.
"Non
te ne andrai mai?"
Quasi non ne avesse mai abbastanza di quelle promesse e di quei
giuramenti e di quelle risposte pronte e solide nella loro sicurezza.
"Mai?"
"Mai."
Un altro
bacio. Stavolta sulle labbra.
"Mai -
un altro - mai - ancora - mai." di nuovo.
Vive con
lui, vive grazie a lui, vive per lui. Mai si sarebbe
neanche sognato di allontanarsi dalla sua ragione di vita.
"Mh..."
Affonda
ancor di più il volto nel petto di Al.
C'è
un'insicurezza di fondo, quel vuoto incolmabile.
E le
parole sembrano non bastare mai.
"Giuramelo.
Su ciò che hai di più caro."
Lo stringe,
forte, continuando a cullarlo, facendogli sentire tutto il suo calore.
"Lo
giuro su di me."
Un respiro.
"Perché se mi succedesse qualcosa, tu ne soffriresti, vero
niisan? E io non voglio che tu soffra. Quindi non mi accadrà mai nulla. E
io sarò sempre con te. Sempre, sempre, sempre."
"Mh..."
E le
parole rimangono nelle orecchie, sull'orlo del bicchiere della sua ansia
liquida e palpabile - bicchiere uso a traboccare con la goccia della malattia
che lo rende fragile.
"Mi
ami, Al?"
Solita
domanda da persona paurosa.
"Sì,
niisan."
Non sa cosa
sia l'esitazione, Al. Perché il suo cuore, il suo animo, il suo cervello, sono tutti guidati da quel piacevole tepore che sente ogni
volta che sta con lui. Poco importa il quando, il dove o il come.
Cerca la
sua mano, incrociando le dita con le sue, per poi stringere, dolce, presente,
protettivo.
"Ti
amo... - sussurro di zucchero - e non me ne stancherò mai."
"Mh..."
Gli vien quasi da chiedergli s'è davvero così, se ci crede
davvero.
Non tanto
per l'insicurezza nei confronti dell'amore del fratello.
Ma perchè
ha tanta paura che sia tutto un sogno di carta, così
fragile da mandare a fuoco.
"Ti
amo, - ripete, con ancora più convinzione, vedendo nei suoi occhi la fragilità
del momento - ti amo, e non ti libererai mai di me. Io non me ne andrò mai da te."
La mano
scivola sui suoi capelli, lenta, a tranquillizzarlo.
"Sei
la mia casa. Non ti lascerò mai."
L'espressione
dolorante s'infrange in un mezzo sorriso a fior di labbra. Neppure tanto
convinto.
"Ti
amo anch'io..."
Ed è una
costruzione di vetro. Soffia, soffia, e cade, morendo, se non la si tiene con cura.
Poggia la
guancia contro la sua, strusciando un poco.
"Ridillo, niisan..."
Era la
fonte da cui attingeva la vita. Era l'unica forza che serviva per andare
avanti.
Ed lo bacia,
lo bacia fortissimo, quasi fosse l'ultimo bacio dato ad un soldato che parte
per il fronte.
Della
nostalgia, dell'abbandono, dell'addio - sembra un toccar di labbra che porta
tutti questi sapori, questi odori, questi sentori.
"Non
ce n’è bisogno."
E lo
fissa negli occhi. E gli bacia il naso. E si stringe ancor di più.
(Nel
mezzo starnutisce, ma è cosa di poco conto.)
Il più
giovane sente il suo calore irradiarsi fino al cuore, e deglutisce, emozionato,
quasi fosse stata la prima volta, quasi come se fosse tornato indietro.
E riesce a
percepire la paura del fratello, che per quanto infondata sia, non fa altro che
smuovere in lui una tenerezza quasi fuori dal normale.
"Sì...
hai ragione..." gli sussurra all'orecchio,
affondando poi il viso nell'incavo della spalla.
"Io ho
sempre ragione, sai Al?"
Ghigna e,
per quel che la febbre gli permette, è il solito Edward Elric.
Struscia il
viso sotto il mento del fratello, tentando di prendere tutto il calore umano che quel piccoletto riesce a produrre. Che basta per lui, per entrambi.
"So
anche questo, niisan..." risponde ancora, beo di
quelle sensazioni che solo lui, solo ed esclusivamente lui riesce a dargli.
Muove le
mani sulle sue braccia, contro la morbidezza del pigiama, dandogli ogni
briciola del suo calore.
Perché
di quello voleva farlo vivere, fino alla dipendenza.
"Mh..."
Lo bacia in
fronte, veloce.
"Sai
che mi sono rotto di stare a letto? Comincio a non
sentirmi più nulla..."
"Aaw, niisan, non voglio che prendi freddo..."
In cambio
lo guarda negli occhi lucidi, sentendo l'indole paterna bussare ancora alla sua
porta.
"Naah, non prendo freddo..."
Ed si
scioglie dall'abbraccio, mettendo piede per terra e calzando le pantofole.
"Se sto in casa..."
Si volta e
guarda Al malignamente.
"Ma
non sto in casaaaaa!!"
E fugge,
fuori, buttandosi nella neve.
Le parole
del suo niichan lo hanno talmente rincuorato che si
sente rinato. Totalmente.
Al rimane un attimo imbambolato, mentre la porta d'ingresso
rimbalza ripetutamente sulla serratura, senza mai chiudersi.
E quando realizza che la voce felice veniva NON dalla casa, ma DAL
giardino, lancia un urlo disperato.
"NIISAN
TORNA SUBITO QUI!!"