five (o’clock)
#1
{ as sweet as candy }
Certi
bambini ricordavano per tutta la vita il loro primo giorno di scuola; questo
Henry Mills lo sapeva bene, perché era così per più o
meno tutti gli eroi dei suoi libri preferiti. Del suo primo giorno di scuola in assoluto, però, Henry non ricordava
molto. Per quanti sforzi facesse, tutto ciò che riusciva a visualizzare con una
certa chiarezza era la classe profumata di dolci della signorina Claire, il suo
sorriso luminoso, i soldatini dipinti di colori brillanti che abbellivano tutte
le mensole di un enorme armadio dei giocattoli, in cima al quale svettava un
castello delle favole circondato da un laghetto nel quale nuotavano piccoli
cigni meravigliosi – ma nient’altro. Qualche volta se ne dispiaceva; aveva
l’impressione di non essersi affatto concentrato su una fase importantissima
dei suoi primi anni di vita, e a pensarci adesso
che di anni ne aveva dieci, gli sembrava una cosa... be’, sbagliata.
Tuttavia, la quinta elementare non si inizia
mica tutti i giorni.
La maestra era bella, e il suo sorriso era
luminoso come quello della signorina Claire, ma Henry aveva imparato da tempo a
non fidarsi più dei sorrisi delle maestre. Erano lì, sembravano sapere tutte le
cose del mondo, e poi bastava far loro una domanda facile facile
– come ad esempio perché in città lui
fosse l’unico a cambiare classe, ad andare avanti, a crescere – ed ecco che tutta la loro sicurezza svaniva, e ci
pensavano per un po’, ma alla fine si limitavano a dire che era così e basta.
Tutte. Sempre. Perciò, quell’anno,
Henry si risparmiò anche solo di porre la sua solita domanda dalla risposta
impossibile. Si limitò ad accettare la mano gentile della signorina Blanchard, chiedendosi soltanto come mai la mamma avesse
un’aria più contrariata del solito mentre si chinava a baciarlo prima di andare
via verso il suo noioso e grigio lavoro di sindaco di Storybrooke.
La signorina Blanchard
sapeva di buono. Anche la sua aula sapeva di buono. Henry avrebbe voluto
tenersi la sua diffidenza ed evitare di lasciarsi coinvolgere più di tanto, ma
crescendo si era reso conto che era un po’ stupido continuare a cercare
giustificazioni fantastiche al suo essere diverso – e forse poi non era affatto
un bene, quel suo essere diverso. No,
non sarebbe mai arrivata nessuna lettera via gufo a dirgli che c’era stato uno
sbaglio e che il suo vero posto non era lì, in quell’assurdo posto senza tempo,
bensì in una scuola magica dove si studiavano incantesimi e dove si preparavano
pozioni e dove, soprattutto, tutti i
bambini crescevano allo stesso modo – dove non esisteva un Peter Pan al
contrario.
«Ecco, Henry, c’è un posto vuoto nel banco di
Paige.»
Henry sfilò le dita infreddolite da quelle
calde, curiosamente rassicuranti, della signorina Blanchard
e s’incamminò adagio verso l’ultima sedia libera. Quella accanto era occupata
da una bambina dai capelli biondi, che lo osservò con curiosità e poi gli
sorrise.
Si sedette senza guardarla. Tanto, andava a
finire sempre nello stesso modo. Aveva avuto degli amici, al giardino
d’infanzia e poi anche qui alla scuola elementare, ma ogni volta quei bambini avevano cominciato a rivolgergli occhiate
preoccupate quando lui aveva iniziato a parlare di tempo che non funzionava
come avrebbe dovuto e a chiedere loro da quanti anni fossero in questa o in
quella classe. Non gli andava proprio che anche questa nuova compagna, Paige,
diventasse sua amica soltanto per finire a pensare che fosse pazzo, come tutti
gli altri – come sua madre, che l’aveva affidato al dottor Hopper senza
prendersi il disturbo di parlarne prima con lui, senza ascoltare, senza capire.
Incrociò le braccia sul banco e guardò verso la
signorina Blanchard, che aveva portato con sé una
gabbietta con dentro un uccellino blu.
Qualcosa gli picchiettò il gomito. Henry si
distrasse, si voltò. La bambina dai capelli biondi gli tendeva una caramella al
miele, sorridendo.
«Non si può» bisbigliò Henry. «Non si dovrebbe
mangiare in classe prima della ricreazione.»
Lei fece spallucce, senza smettere di sorridere,
e scartò una seconda caramella. Rispose nello stesso bisbiglio. «Io mangio
dolci quando voglio... Per me, è come se fosse sempre l’ora del tè.»
Henry pensò che fosse una cosa stupida... ma
forse non molto più stupida del suo aspettarsi nonostante tutto una lettera via
gufo. Anzi, a pensarci bene, quella
stramba teoria del tempo fermo a una certa ora – una qualsiasi ora – aveva
addirittura un senso. Sbirciò la
signorina Blanchard, vide che non lo guardava,
accettò la caramella dalla mano di Paige. Anche lei aveva dita morbide e calde.
Rispose al sorriso, e per un attimo si sentì di nuovo un bambino piccolo, nella
classe della signorina Claire, al cospetto del grande armadio dei giocattoli
con in cima il castello sorvegliato dai cigni. Si sentì come non si era più
sentito da allora: nel posto giusto.
Il miele non gli era mai piaciuto quanto la
cannella, però in quel momento era
proprio buono.
Forse, dopotutto, questo primo giorno di scuola l’avrebbe davvero ricordato per tutta
la vita... Anche se non si fosse rivelato magico come quello di Harry Potter.
Spazio
dell’autrice
Vi trovate davanti a una
raccolta Henry/Grace e alla mia ventottesima storia nel fandom: sappiate che io lo considero un epic
win personale, quindi a prescindere dal risultato
sarò solo felice di averla scritta e pubblicata ♥ Anche perché mia mogliaH ha la febbre,
e quale modo migliore di scrivere per tentare di farla sentire meglio? :3 Sempre di non farla sentire peggio, lol.
Questo primo capitolo può
essere considerato una sorta di spin-off, o forse è meglio dire sequel, della
storia Changes
di RicksIlsa, che indaga sui primi anni di scuola di
Henry e sulla sua progressiva consapevolezza di essere l’unico, a Storybrooke, a crescere e di conseguenza a cambiare classe
alla fine di ogni anno scolastico. Ho sempre trovato alquanto bizzarro che per ventotto anni Mary Margaret abbia sempre
avuto gli stessi studenti e che non si sia resa conto di tale stranezza nemmeno
quando è arrivato Henry a rompere l’equilibrio, ma, come scrive Ilsa, quasi certamente lui ha posto delle domande che sono
state semplicemente ignorate. È anche per questo motivo che ho voluto fare
l’accostamento a Harry Potter, immaginando che il piccolo Henry si senta
diverso proprio come lui e che pertanto in cuor suo sia più che pronto – anche prima di leggere quel famoso libro di
favole – a credere in una spiegazione irrazionale alla sua strana città
illogicamente congelata nel tempo.
La signorina Claire,
invece, è un riferimento tutto mio al film d’animazione La favola del Principe Schiaccianoci, che rappresenta il primissimo
ricordo della mia vita e che vorrei tantissimo vedere riadattato in OUAT:
Claire è Clara, e l’armadio con tanto di castello e cigni è quello che compare nel film; ho pensato
che nessuna atmosfera sarebbe stata adatta a descrivere un asilo quanto quella splendida
stanza dei giocattoli che ancora oggi mi fa luccicare gli occhi. Sigh, adesso
mi è venuta voglia di riguardarlo, accidenti a me e alle mie licenze poetiche. ♥
Un altro riferimento è il
fatto che per Paige (Grace) sia sempre
l’ora del tè: ho voluto rappresentarla come la sua maniera inconscia di
restare legata a suo padre, il Cappellaio Matto – infatti nel romanzo originale
di Lewis Carroll il Cappellaio rivolge ad Alice una frase molto simile – e sì,
lo so che la caramella al miele c’entra poco o niente, ma certo non potevo far
sì che offrisse una tazza di tè a
Henry in piena lezione XD
Che altro dire? Se vorrete
seguirmi in questo mio ennesimo delirio, ne sarò onorata. Hope you like it.
Aya ~