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Autore: rhys89    15/12/2012    4 recensioni
A volte basta un semplice sogno per risvegliare sentimenti che si credevano sopiti.
Perché non sempre "lontano dagli occhi" significa anche "lontano dal cuore"...
Sorridi intenerito nel notare che Jack non è cambiato affatto, in tutti questi anni: stessi capelli bianchi e spettinati, stessa risata cristallina, stessa espressione dolce e scanzonata al tempo stesso.
E stessi, incredibili, occhi azzurri, che adesso ti stanno osservando con interesse.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jack Frost, Jamie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Buongiorno bella gente!
Ohibò, eccomi infine qui tra voi con una storiella su Jack e Jamie. Una storia che non era neanche lontanamente prevista, ma che mi è balzata agli occhi come un fulmine a ciel sereno nel momento esatto in cui, al cinema, osservavo l'ultimo - bellissimo - dialogo tra i due. Per farla breve, l'Ispirazione in persona ha richiesto questa fanfiction. E non si può chiudere la porta in faccia all'Ispirazione, quando si degna di farti visita ù.ù
Tra l'altro, con mio sommo gaudio, ho poi scoperto di non essere l'unica pervertita yaoista (che poi c'è così tanta differenza? xD) ad aver adocchiato questa coppia dolcissima che la Dreamworks ci ha gentilmente offerto...
Ma veniamo a noi. La storia è ambientata otto anni dopo la notte della sconfitta di Pitch, dunque ho ipotizzato che Jamie avesse sedici anni e Jack (al momento della sua morte e conseguente rinascita in Jack Frost) circa quindici.
Non so che altro dire, se non che è stato tremendamente difficile scrivere questo piccolo esperimento: fatta eccezione per una drabble, io non ho mai scritto nulla su cartoni animati (ndr: anime diverso da cartone animato), e ho provato ad adattare il mio stile a quello - molto più semplice - della storia originale... finendo, molto probabilmente, col fare un gran casino. Vabbé, ce la vie.
Il titolo è ripreso, ovviamente, dal dialogo già citato, in particolare quando Jack dice "Smetti di credere al sole quando le nuvole lo coprono?".
E... direi basta così. Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e/o commenteranno questa storia e vi informo che sono, come sempre, disponibile per qualunque chiarimento.
Disclaimer: I personaggi e la storia di Le 5 leggende non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^

Come il sole dietro le nuvole

Otto anni. Sono già passati otto anni da quella sera, quella in cui tu e i tuoi amici avete contribuito a salvare il mondo da Pitch.
Quella in cui lo hai visto per la prima e ultima volta.
Jack Frost.
Chissà che fine ha fatto…
Sbuffi e ti alzi dal letto, avvicinandoti alla finestra.
Lo sai bene che fine ha fatto: è là fuori da qualche parte, a scatenare bufere, a giocare a palle di neve e a far chiudere le scuole per la gioia dei bambini.
E anche a proteggerli tutti, perché in fondo adesso è un guardiano, anzi, una leggenda. E, come tutte le leggende, anche Jack ha un fondo di verità circondato da un alone di mistero…
La voce di tua madre, nel corridoio, interrompe quel nuovo flusso di pensieri.
«Tesoro mettiti la sciarpa se esci, o Jack Frost ti morderà il naso.»
Sorridi intenerito, quasi nostalgico, quando la senti citare quel modo di dire che ti è tanto caro. Ma presto il sorriso ti muore sulle labbra.
«Smettila mamma, lo so che Jack Frost non esiste!» Replica seccata tua sorella, dall’alto dei suoi quasi dodici anni.
Poi la porta d’ingresso si chiude pesantemente, e il silenzio torna a farla da padrone.
Sospiri e ti appoggi di nuovo al davanzale, guardando distratto il panorama invernale.
Nemmeno Sophie crede più in quei personaggi tanto speciali che avete conosciuto, come pure tutti i tuoi vecchi amici: ormai solo tu sei convinto che quella notte non sia stata solo uno splendido sogno.
Dopotutto Babbo Natale, la Fata Dentina e compagnia bella sono favole per bambini, e voi siete troppo cresciuti per rientrare ancora in quella categoria…
Forse è per questo che non riesco più a vederlo.
Un pensiero improvviso che è come una pugnalata al cuore, tanto fa male.
Appoggi la fronte contro il vetro freddo mentre senti le lacrime cominciare a pizzicarti gli occhi, fastidiose ed insistenti. Perché se davvero i guardiani si mostrassero soltanto agli occhi dei bambini, allora… allora non avresti più speranze.
No – ti dici, scuotendo deciso la testa – non può essere vero. Non deve essere vero.
Tu hai sempre creduto in loro e sei anche stato il primo a credere in lui, in Jack. Tu eri l’ultima luce, Santo Cielo, ed è solo grazie a te se i guardiani non sono stati sconfitti da Pitch! Loro non possono ignorarti così… lui non può ignorarti così!
Dai un pugno alla parete vicina, per sfogare in minima parte la frustrazione che hai dentro.
E subito dopo ti senti ridicolo, perché oltre a non aver risolto niente adesso ti fa pure male la mano.
Grandioso.
Ti massaggi piano le nocche, e intanto la mente vola lontano, lungo strade ormai fin troppo familiari.
Jack.
Più che un pensiero fisso, la tua è diventata proprio un’ossessione… e tutto per colpa di quel dannatissimo sogno.

È successo un paio di anni fa, all’inizio della primavera. Era un periodo strano per te, quello, pieno zeppo di cambiamenti – fisici e mentali – e di scoperte più o meno gradite.
Il periodo delle prime battute spinte con gli amici, dei primi baci in bocca alle ragazze e delle prime erezioni imbarazzanti al mattino appena svegli.
Quel fatidico giorno aveva anche nevicato – l’ultimo strascico dell’inverno passato – e tu istintivamente avevi pensato a Jack e all’avventura che avete vissuto insieme.
Forse è stato per quello, forse perché non era la prima volta che Sandman ti faceva rivedere – almeno in sogno – il tuo amico di ghiaccio e i suoi compagni guardiani, o forse per via degli ormoni impazziti dell’adolescenza… forse anche per tutto questo insieme.
Fatto sta che quella notte l’hai sognato. Solo lui, nessuna delle altre leggende.
Hai sognato di sentire un gran freddo, come se qualcuno avesse spalancato di colpo la finestra all’aria gelida di fine marzo. Hai socchiuso appena gli occhi – sentendoli pesanti come se ti fossi davvero appena svegliato – ed è stato allora che l’hai visto. Jack. Hai visto il suo viso davanti al tuo, e i suoi occhi azzurri sgranati dallo stupore.
«Scusa.» Aveva detto, ritirandosi subito indietro. «Non volevo svegliarti.»
Ricordi di aver risposto qualcosa come “Non importa”, soffocando a stento uno sbadiglio. Poi gli avevi chiesto cosa ci facesse lì, in camera tua. Sul tuo letto, per giunta, visto che era ancora seduto sulle tue ginocchia – anche se tu non ne avvertivi il peso.
Jack era rimasto in silenzio per un tempo che ti era parso infinito – guardandosi intorno imbarazzato – prima di mormorare «Volevo baciarti.» a voce tanto bassa che, probabilmente, nella realtà non l’avresti sentita.
Ma quello era un sogno – un bel sogno – e si sa, nei sogni non ci sono limiti né paure.
Per questo non ti ha stupito sentire la tua voce ribattere con un «E perché non l’hai fatto?» che ha totalmente spiazzato il tuo amico. Per poco, comunque. Pochi istanti dopo, infatti, lo spirito della neve sorrideva radioso, avvicinandosi di nuovo a te.
Hai sorriso anche tu, chiudendo gli occhi e aspettando quel bacio che non tardò ad arrivare, lieve e freddo come le ali di una farfalla di ghiaccio.
Quando poi, al mattino, ti sei svegliato sul serio, eri da solo in quella piccola camera. E la finestra era chiusa.

Ti porti una mano alle labbra, accarezzandole appena, mentre qualcosa nel tuo stomaco sussulta violentemente e il tuo cuore accelera i battiti. E tutto per un piccolo, innocente, bacio a stampo ricevuto in sogno a quattordici anni.
Sospiri sconsolato – sei senza speranza – e torni ad osservare il parco davanti casa tua, giusto per avere qualcosa da fare. È nevicato parecchio, ieri, e alcuni bambini hanno ingaggiato una battaglia a palle di neve.
Li guardi ridere e rincorrersi, per poi lanciarsi a braccia aperte in quei soffici mucchi bianchi.
Ma all’improvviso qualcosa – anzi, qualcuno – attira la tua attenzione.
«Non è possibile…» Sussurri alla stanza vuota.
Eppure pochi secondi dopo sei già uscito all’aperto, tra le mani solo la tua giacca e alle spalle un «Mamma esco!» urlato verso la cucina.
Indossi in fretta il giubbotto – il freddo non perdona, in questa stagione – e per un momento rimpiangi di non aver preso sciarpa né guanti. Ma non torni indietro: infili le mani in tasca e continui a camminare, in mente solo quell’immagine che ti ha condotto fin qui.
Arrivi ai limiti di quel parco giochi improvvisato senza quasi accorgertene e ti fermi tra due grossi tronchi, in silenzio. Il ragazzo di fronte a te è talmente preso dalle sue creazioni che non si è neanche accorto del tuo arrivo e tu ne approfitti per guardarlo come mai ti era stato concesso di fare, studiandone ogni particolare e riempiendoti gli occhi della sua presenza. Sorridi intenerito nel notare che Jack non è cambiato affatto, in tutti questi anni: stessi capelli bianchi e spettinati, stessa risata cristallina, stessa espressione dolce e scanzonata al tempo stesso.
E stessi, incredibili, occhi azzurri, che adesso ti stanno osservando con interesse.
Non fai in tempo a dire nulla – neanche un banalissimo “Ciao” – che ti ritrovi con la faccia ricoperta di neve.
«Ma che diavolo…» Imprechi a mezza voce.
Ma poi Jack ti sorride – un sorriso luminoso e sincero, bello da togliere il fiato – e la protesta ti muore in gola.
«Avanti, Jamie!» Ti incita mentre, con un ampio gesto del braccio, crea decine di palle di neve e le fa rotolare un po’ ovunque.
E nonostante quella fosse l’ultima cosa che avevi in mente, quando sei uscito di casa, non puoi fare a meno di essere travolto dal suo entusiasmo. Sorridi anche tu e raccogli qualche munizione, concedendoti – per la prima volta da anni – il lusso di tornare un po’ bambino. E corri, schivi, lanci, colpisci e vieni colpito, mentre il cuore accelera i battiti, le guance si scaldano e l’aria invernale si riempie delle vostre risate.

«Basta, mi arrendo!» Esclami, lasciandoti cadere a terra.
Jack sbuffa un po’ ma non dice niente, limitandosi a giocherellare col suo bastone mentre tu riprendi fiato.
«Sei già stanco davvero?» Ti chiede stupito dopo qualche minuto di silenzio. Forse pensava scherzassi.
Lo guardi dal basso, alzando un sopracciglio.
«Ho sedici anni ormai… sono troppo vecchio per queste cose!» Rispondi infine, guadagnandoti un suo sorriso divertito.
Dio, quanto è bello quando sorride…
«Sciocchezze… io ne ho trecento di anni, eppure sono ancora pieno di energie. La verità è che ti sei rammollito, ammettilo!» Ti prende in giro, facendoti il solletico con la parte ricurva del legno.
«Ok, ok, lo ammetto.» Riesci a dire, tra una risata e l’altra.
Jack sembra soddisfatto così, quindi smette di stuzzicarti e si siede invece al tuo fianco. Il sole splende alto nel cielo, ma sai che tra non molto inizierà la sua lenta discesa verso l’orizzonte – verso l’ora in cui dovrai rientrare.
Così poco tempo, e così tante domande…
Vorresti chiedergli com’è essere un guardiano, se ha dovuto combattere altre volte, come si trova con le altre leggende… e poi vorresti chiedergli che ci fa qui – proprio in questo parco, di fronte a casa tua – e perché non si è mai fatto vivo in tutti questi anni…
Ma poi un dito freddo ti passa leggero sulla fronte, distogliendoti dai tuoi pensieri.
«Se continui così ti verranno le rughe prima del tempo.»
Sollevi lo sguardo sul tuo amico e solo allora ti rendi conto di essere rimasto in silenzio per un bel po’. Tanto che ormai tutti i bambini sono andati via.
Ti accorgi anche che la tua schiena inizia a congelarsi, a forza di stare sdraiato, e allora sollevi il busto e ti siedi a gambe incrociate.
«Stavo pensando…» Borbotti a mo’ di scusa, grattandoti la nuca imbarazzato.
«A cosa?» È la naturale domanda che ti senti fare poco dopo.
Ma la fatica di scegliere una risposta ti viene tolta dallo stesso Jack.
«Dammi le mani.» Ti chiede all’improvviso, porgendoti le sue.
Lo guardi perplesso, ma ubbidisci. Il suo tocco leggero sulle tue dita intorpidite è come una scarica elettrica all’altezza del cuore. Una parte di te registra anche che avete la stessa temperatura, adesso.
Glielo dici con un sorriso, ma la sua espressione diventa ancora più seria.
«Sono gelide…» Sussurra, dispiaciuto.
Ovvio, visto che hai giocato con la neve senza guanti.
Ma comunque non ti importa. Non adesso che Jack ti ha tirato verso di sé, portando le tue mani nella tasca della sua felpa per scaldarle.
«Va meglio?» Ti chiede poi, stringendole da sopra la stoffa.
Il suo respiro freddo ti solletica il viso, tanto siete vicini.
«Un po’…» Mormori, impacciato.
In effetti cominci a sentire un gran caldo…
Rimanete immobili per un tempo indefinito, aspettando chissà cosa, mentre quelle domande mai fatte perdono pian piano d’importanza, annegate nell’azzurro dei suoi occhi.
Lo vedi aggrottare appena le sopracciglia, prima di sollevare una mano per accarezzarti il viso.
«Hai la barba.» Dice poi, sorpreso.
«Ti sembra così strano?» Gli chiedi, divertito dal suo sguardo perplesso.
«L’ultima volta che ci siamo visti non ce l’avevi.»
Sbuffi.
«Tante grazie, l’ultima volta avevo otto anni!»
«Veramente ne avevi quattordici.» Ti contraddice lui, improvvisamente imbarazzato.
Silenzio.
Poi, in un lampo, tutti quei particolari che eri certo di aver dimenticato si affacciano prepotenti alle porte della tua coscienza.
La finestra di camera non chiusa, ma solo accostata
I panni sulla sedia ancora umidi per la neve che credevi di aver sognato…
Quell’odore strano ma al contempo tremendamente familiare rimasto sulle coperte…
Non è stato solo un sogno.
Sorridi: suona bene.
Lo ripeti anche ad alta voce e il tuo amico ti guarda interrogativo, ma tu stringi la sua felpa e non rispondi, continuando a sorridere tanto che ti fanno male le guance. E poi Jack scuote la testa e ti sorride a sua volta, e allora è naturale sporgerti verso di lui e premere le labbra sulle sue.
Di nuovo.
Continuate a sorridere entrambi in quel bacio dolce e un po’ impacciato, felici di qualcosa che neanche voi sapreste spiegare cos’è.
E poi, lentamente, quel semplice sfiorarsi si trasforma in qualcosa di più. Qualcosa che vi porta ancora più vicini, avvinghiati in un abbraccio tanto stretto che fa quasi male.
Quasi.
Mordi piano il suo labbro inferiore e lo senti mugulare appena, prima che le sue mani si insinuano tra i tuoi capelli e la sua lingua torni a cercare la tua.
E poi – troppo, troppo presto – Jack si allontana da te, in volto un’espressione che non gli avevi mai visto.
Sembra quasi un sorriso triste.
«Jamie…» Sussurra col fiato corto.
E all’improvviso decidi che non vuoi sapere cos’ha da dirti – forse perché lo immagini già.
Ti appropri di nuovo di quella bocca tanto invitante mentre il battito del cuore ti rimbomba nelle orecchie e il cervello sembra come congelato.
Il che potrebbe anche darsi, con lui. Ti ritrovi a pensare confusamente.
Jack risponde al tuo bacio con la stessa irruenta passione, ma quando l’aria torna a mancare siete costretti a separarvi di nuovo.
«Jamie.» Ripete il guardiano dell’inverno, scostandoti dolcemente i capelli dalla fronte. «Stai tremando. È meglio se ora torni a casa.»
Scuoti deciso la testa, – negando ostinato l’evidenza – incapace di dire qualcosa di più. Lo vedi sorridere di nuovo di quel sorriso triste che ti stringe il cuore e vorresti davvero consolarlo in qualche modo, ma una parte di te sa che non è possibile.
Chiudi gli occhi quando le sue labbra sfiorano le tue in un ultimo, casto, bacio, ma li riapri di scatto subito dopo. Giusto in tempo per vederlo alzarsi in piedi e tendere una mano per aiutarti a fare altrettanto.
Stringi le sue dita tra le tue ma resti seduto dove sei.
«Non andartene.» Una richiesta che sa di supplica, resa quasi irriconoscibile dal continuo battito dei tuoi denti.
Fa davvero un freddo cane.
«Devo.» Risponde soltanto, scendendo in ginocchio di fronte a te.
Abbassi la testa, incapace di reggere il peso di quegli occhi azzurri carichi di malinconia.
Non guardarmi così, ti prego…
«Non piangere, Jamie…» Sussurra nel tuo orecchio, stringendoti a sé.
Nascondi il viso nella sua felpa – come quella sera di tanti anni fa – e ti sforzi di ricacciare indietro le lacrime. Perché in fondo l’hai sempre saputo che sarebbe finita così: Jack è un guardiano, e ha fatto un giuramento ben preciso. E per quanto bene possiate volervi – perché sai che anche lui te ne vuole parecchio – la vostra rimane una storia impossibile.
Ti lasci cullare ancora un po’ contro quel petto freddo e accogliente, poi, a malincuore, ti sciogli dall’abbraccio. Le guance pizzicano per quelle scie salate ormai seccate dal vento, ma non potrebbe importarti di meno.
L’unica cosa a cui riesci a pensare, il respiro che pian piano ritorna regolare, è che devi trovare il coraggio di reagire. Per lui.
Così, con un profondo sospiro, sollevi di nuovo lo sguardo fino ad incrociare il suo e Jack stira appena le labbra nell’accenno di un sorriso, annuendo piano.
Incredibile quanto ti sembri familiare questa situazione…
Succede all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno: l’attimo prima ti specchiavi in quegli occhi che tante notti ti hanno tenuto compagnia, e quello dopo i pensieri volavano via, uno dietro l’altro, in un turbine di ricordi e sensazioni che per un momento ti lascia senza fiato.
E adesso, seduto sulla neve in questa fredda giornata invernale, ti ritrovi a sorridere senza un perché, mentre ogni singolo pezzo di quello strambo puzzle che è la tua vita sembra andare magicamente al proprio posto, come se avessi finalmente capito qualcosa di molto, molto semplice.
Qualcosa che tutti i bambini sanno bene, ma che tu avevi ormai dimenticato: solo perché un sogno è destinato a finire non significa che non devi essere felice per ciò che ti ha regalato mentre dormivi.
È con il cuore pieno di questa nuova consapevolezza che lo lasci finalmente libero di rialzarsi in piedi, seguendolo a ruota.
«Allora addio.» Lo saluti dopo qualche secondo di silenzio, la voce appena velata di tristezza – perché dopotutto fa ancora male pensare che non vi vedrete più.
Jack ti guarda perplesso un momento soltanto, prima di sorriderti apertamente.
«Non addio, Jamie… arrivederci.» Ti corregge.
E un attimo dopo è volato via, sparendo dalla tua vista ma certo non dal tuo cuore.
Come il sole dietro le nuvole.
Sorridi, raccogliendo col palmo della mano un fiocco di neve solitario.
«Arrivederci, Jack…» Sussurri al vento.
   
 
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