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Autore: CianetheDevil    16/12/2012    26 recensioni
Odio le introduzioni...! In ogni caso questa è una fanfiction PitchXJack ed è stato DOVEROSO scriverla. Sensuale come sempre, datele almeno una chance :)
"Immerso in questi ragionamenti Jack quasi non si accorse che Pitch lo aveva raggiunto: era così naturale sentirlo inginocchiato dietro di sé, così conforme alla situazione sentire il suo braccio cingergli la vita e la sua mano poggiarsi sulla propria spalla, così giuste le parole con cui lo invitava a non protrarre la sua sofferenza inutilmente. Si abbandonò completamente all'altro, che lo strinse ancor di più a sé, aderendogli alla schiena; avvertì sottili spire di sabbia magica risalire lungo il petto, e non si oppose: era quanto di più simile ad una coccola che avesse mai ricevuto in tutta la sua lunga esistenza."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Jack Frost, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NIENTE SI SPOSA MEGLIO COL FREDDO DELL'OSCURITA' – PRIMA PARTE

 

 

Jack prese la rincorsa e fece per lanciare lo scrigno contenente i suoi dentini giù dal dirupo, ma all'ultimo la volontà mancò, e lo tenne stretto in mano: nonostante tutte le disgrazie conseguite alla ricerca dello stesso non riusciva a liberarsene. Non voleva, non poteva gettare l'unica cosa che gli avrebbe svelato il suo passato, e che lo avrebbe illuminato sul suo futuro: l'unica cosa in grado di chiarirgli lo scopo, il perché lui esisteva ed era Jack Frost.

Sbuffando esasperato corrugò la fronte, cercando di riflettere su cosa fare, ma una voce profonda interruppe il breve flusso dei suoi pensieri.

«Sapevo che sarebbe successo. Non hanno mai creduto davvero in te. Ho cercato di fartelo vedere. Ma io ti capisco...».

Furente il ragazzo si voltò, l'espressione deformata dalla rabbia, e attaccò con un gelido raggio il nemico che gli si parava di fronte, urlando: «Tu non capisci niente!».

Pitch si difese, parando il colpo con uno scudo di sabbia magica, e passò al contrattacco: neri tentacoli di nebbia uscirono dalle sue mani, allungandosi verso Frost, mentre con tono imperioso gli rispondeva: «Credi che non sappia cosa vuol dire essere cacciati via?».

Sfruttando il vento al suo comando il giovane si librò sopra l'antagonista, e quasi ringhiando indirizzò un colpo potente contro di esso; per l'impatto venne scagliato indietro e atterrò sul suolo del Polo Sud in una lieve pioggerella di cristalli di ghiaccio e oscurità; cercò di individuare l'altro, disorientato dalla visuale confusa, e lo avvertì avvicinarsi alle sue spalle.

«Nessuno che crede in te! Desiderare...una famiglia...» disse l'Uomo Nero, con voce incrinata dalla tristezza e un'espressione tanto genuinamente carica di dolore da indurre Jack a sbarrare gli occhi e abbassare il bastone.

«Tutti questi anni nell'oscurità ho pensato: “Nessun altro sa come ci si sente”...ma ora so che mi sbagliavo» proseguì l'uomo, avvicinandosi lentamente a lui; «Non dobbiamo essere soli, Jack. Io credo in te, e anche i bambini crederanno in te!».

«In me?» chiese Jack incredulo.

«Sì! Guarda cosa possiamo fare!» disse Pitch mostrandogli l'imponente scultura frastagliata di ghiaccio e sabbia nera che avevano creato durante il combattimento. «Niente si sposa meglio con il freddo dell'oscurità! Noi li costringeremo a credere, noi gli daremo un mondo in cui tutto, tutto è...».

«Nero come Pitch?» intervenne il ragazzo.

«...e freddo come Frost, il gelo» si affrettò a completare l'altro; «Crederanno in tutti e due».

«No, avranno paura di tutti e due, e non è questo che voglio» replicò Frost, e concluse: «Ora per l'ultima volta: voglio restare da solo».

Senza aspettare una risposta si allontanò con passo leggero, cercando di assumere un'aria indifferente, ma il turbine di emozioni che gli scuoteva i nervi era così prorompente da non poter essere soffocato. Dopo pochi metri si fermò, passandosi la mano sinistra sugli occhi, e cercò con tutte le sue forze di riflettere, riprendendo il filo dei pensieri che era stato interrotto dall'arrivo del nemico. Invano, ovviamente. Più si sforzava di pensare agli errori commessi, alle delusioni date al Coniglio di Pasqua, all'impotenza provata nel perdere Sandman, al senso di disorientamento nel non sapere perché esisteva, ad un qualsiasi modo per migliorare la situazione, e più vedeva focalizzarsi di fronte a sé l'immagine di Pitch, piegato, sofferente, la voce incrinata dal dolore mentre gli spiegava che, in fondo, si era sempre sentito perso. Come lui. Possibile che fossero così simili? Due spiriti affini? L'Uomo Nero sembrava così crudele, così perfido, disposto a servirsi di qualunque trucco pur di vedere anche un solo bambino piangere per causa sua, eppure l'espressione dipinta sul suo volto mentre gli confidava i suoi sentimenti non poteva essere più umana. Che dicesse il vero? Lui poteva provare sentimenti tanto complessi, e apparentemente contrastanti con la pura malvagità che rappresentava?

Immerso in questi ragionamenti Jack quasi non si accorse che l'uomo lo aveva raggiunto: era così naturale percepirlo inginocchiato dietro di sé, così conforme alla situazione sentire il suo braccio cingergli la vita e la sua mano poggiarsi sulla propria spalla, così giuste le parole con cui lo invitava a non protrarre la sua sofferenza inutilmente. Si abbandonò completamente all'altro, che lo strinse ancor di più a sé, aderendogli alla schiena; avvertì sottili spire di sabbia magica risalire lungo il petto, e non si oppose: era quanto di più simile ad una coccola avesse mai ricevuto in tutta la sua lunga esistenza.

Nel sentire il ragazzo rilassarsi Pitch si fece più audace: lasciò che i tentacoli di oscurità si allungassero, attorcigliandosi intorno al suo collo fino a raggiungere la mandibola; con la destra sfiorò leggero le sue clavicole sporgenti, mentre insinuava la sinistra sotto la felpa blu ad accarezzare quel fianco tanto asciutto; e fu una conseguenza del tutto ovvia che l'uomo chinasse il viso fino a raggiungere l'incavo del collo di Frost, depositandovi lievi baci.

Il giovane sussultò a quel contatto, stupito dalla dolcezza con cui l'altro lo trattava, e istintivamente si irrigidì; immediatamente l'uomo si interruppe, costringendolo a voltare il viso, e fissandolo dritto negli occhi sussurrò: «Te l'ho detto, Jack: non dobbiamo essere soli».

Jack faticò ad ascoltare quelle semplici parole, poiché cadde vittima dell'incantesimo di quello sguardo meraviglioso: aperto, profondo, puro nel colore dorato delle sue iridi, eppure così misterioso per le fiamme oscure che ardevano anche lì, come se tutta la figura dell'Uomo Nero dovesse essere permeata da esse. Restò immobile quando questi si avvicinò, e avvampò nel sentire le sue labbra aderire alle proprie. Cos'era quel gesto? Quello che gli umani chiamavano...bacio? Non ne aveva mai dato, né ricevuto uno, non sapeva nemmeno come si facesse, ma avvertiva che lo faceva stare bene, che lo faceva sentire completo come mai prima: fu facile, per lui, chiudere gli occhi e lasciarsi andare.

La lingua di Pitch gli accarezzò le labbra, lasciva, inducendole ad aprirsi, e si insinuò nella sua bocca, attirando la gemella in una danza silenziosa e sensuale e strappando al ragazzo un sospiro sommesso. A mano a mano che Frost imparava a rispondere e accantonava l'imbarazzo l'Uomo Nero approfondiva il contatto, stringendolo a sé in un abbraccio, rendendo il bacio sempre meno casto e dolce, disegnando infiniti ghirigori sul suo corpo con le dita magre e la sabbia nera.

Il giovane si sentì sopraffare completamente da quelle sensazioni tanto aliene, e tanto strane considerato la creatura che gliele stava facendo provare, e un calore a lui sconosciuto gli prese il basso ventre, indebolendogli le gambe e imporporandogli le gote per la prima volta da quando era nato. Accantonando ogni riserva gettò le braccia al collo dell'uomo, affondando le falangi in quei capelli setosi, scoprendo un lembo di pelle sulla vita e dandogli implicitamente il permesso di approfittarne; l'uomo non se lo fece ripetere due volte e insinuò i palmi sotto la felpa, percorrendo ogni centimetro di quella pelle candida e inviando tentacoli scuri per amplificare il piacere trasmessogli.

Un gemito sfuggì dalle labbra del giovane per l'intimità di quel contatto, il segnale della sua resa totale: brividi caldi gli percorrevano la schiena, risalendo dal ventre al collo, e non riusciva a sentire che Pitch. La sua bocca morbida, le sue mani seriche, la sua sabbia come velluto sulla propria pelle erano tutto per lui in quel momento: non riusciva a percepire altro, né il suolo gelido sotto i propri piedi, né il proprio corpo, né il bastone che stringeva in mano...il bastone...il bastone!

In un improvviso lampo di paura spalancò gli occhi, tentando di sgusciare via dalla presa dell'Uomo Nero, e fece spaziare lo sguardo, in cerca dell'oggetto che lo aveva accompagnato per tutta la vita. Lo individuò immediatamente, abbandonato sul terreno gelato sotto di lui, e fu l'ultimo istante in cui lo vide integro.

Con un ghigno malvagio l'uomo lo schiacciò sotto il proprio ginocchio, spezzandolo in due e seminando minute schegge all'intorno; contemporaneamente Jack avvertì un dolore lancinante al petto, come se il cuore gli fosse stato strappato via, e scivolò a terra, incapace di reggersi sulle gambe.

Rapido Pitch si affrettò a sostenerlo, afferrandolo per le spalle e sussurrandogli con voce suadente: «Oh Jack, mi dispiace, davvero, non sarei voluto arrivare a tanto, ma hai preso questa brutta abitudine di interferire: non posso permetterti di vanificare i miei piani».

Il ragazzo si riprese al suono di quelle parole e si sentì travolgere dalla rabbia: con le ultime forze rimaste alzò il capo e si lanciò contro l'avversario, cercando di afferrarlo per il bavero; un lampo di paura attraversò gli occhi magnetici dell'Uomo Nero a quella reazione inaspettata, ma con un agile scarto riuscì ad evitarlo e lo attaccò con la sabbia magica.

Frost, ormai inerme, si sentì sollevare verso l'alto e schiantare contro un muro di ghiaccio alle sue spalle; impotente e tramortito dal colpo cadde nel crepaccio sottostante, urtando ripetutamente le pareti e ferendosi ancor di più. A pochi centimetri dall'imminente impatto col suolo, però, due forti e calde braccia lo afferrarono, stringendolo quasi amorevolmente, e lo posarono dolcemente a terra; risvegliato dal morbido tepore che lo avvolgeva il giovane aprì gli occhi, e ciò che vide, nonostante la debolezza che gli invadeva le membra, lo stupì.

L'uomo, infatti, era inginocchiato al suo fianco, chino sul suo volto: col braccio destro lo sosteneva dietro le spalle e la nuca, mentre con la mano sinistra gli accarezzava lascivo la linea della mascella; usando la sabbia nera gli aveva avviluppato le gambe, in una presa delicata e per nulla possessiva, circonfondendolo di un'aura scura in eterno movimento che tentava di riscaldare quegli arti sempre gelati; il suo sguardo, infine, quello sguardo cangiante e misterioso, era carico di preoccupazione.

Non appena Pitch lo vide riaversi, tuttavia, scosse il capo, cancellando quell'espressione così umana, e sussurrò suadente: «Jack, Jack, fai il bravo bambino, non costringermi ad essere cattivo con te».

Il giovane tossì e fece per scostare quelle dita che ancora gli sfioravano la guancia; non appena avvertì sotto i polpastrelli l'epidermide setosa dell'Uomo Nero, però, ogni briciolo di volontà sparì, insieme all'odio per la crudeltà commessa nel frantumargli il bastone e alla rabbia per essere stato sconfitto. Fu così che strinse la presa e avvicinò l'arto a sé, per sentire tutto il palmo di quella mano grande e affilata aderire alla sua pelle congelata.

L'uomo sorrise malizioso e disse: «Oh Jack, non sai quanto vorrei stare qui con te, ma devo portare a termine la mia battaglia».

Un velo di tristezza calò sui suoi occhi dorati ed egli avvicinò ancor di più il viso a quello di Jack prima di mormorare: «Ma te lo prometto Jack: quando avrò vinto tornerò a prenderti».

Come a voler suggellare quella promessa si appropriò ancora una volta delle sue labbra, carezzandogli la lingua con la propria, corteggiandogli il collo con le falangi sottili fino a strappargli un gemito sommesso, segno della sua totale sottomissione.

A quel suono Pitch sorrise e si dissolse in una solida nebbia; si soffermò ancora qualche istante vicino al viso del ragazzo, solleticandogli l'orecchio e sussurrandogli: «Aspettami, Jack...».

Poi sparì in un flusso violento che si lanciò contro la parete del crepaccio, smaterializzandosi in chissà quale luogo del mondo.

Jack si riebbe al suono di quelle due parole, tanto semplici quanto cariche di significato e promesse, aspettative e lussuria, e quando non avvertì più la sua presenza rabbrividì e si rannicchiò su sé stesso, stringendosi le braccia al corpo magro: mai nella sua esistenza aveva provato tanto freddo come in quel momento.

 

 

 

 

LA FANFICTION CONTINUA, IL TITOLO E' “NIENTE SI SPOSA MEGLIO COL FREDDO DELL'OSCURITA' – SECONDA PARTE” !!!

  
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