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Autore: Rico da Fe    23/12/2012    2 recensioni
Come Italia conobbe Danimarca...
Storia dedicata al nostro amico Italia, spesso deriso e calpestato, e a Danimarca, altruista nazione a due facce, vero spirito nordico...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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"Non ne posso più! Basta!" gemette Italia.
L'ascia pesava come un macigno tra le sue mani, le dita scorticate bruciavano, e i polsi gli dolevano per lo sforzo.

"Vuoi diventare forte? Vuoi diventarlo, sì o no?" Danimarca roteava la sua ascia senza alcuna apparente fatica, come se stesse sventolando una bandiera.
"Certo che..."
"ALLORA MUOVITI!!!" urlò il danese, colpendo l'italiano col manico dell'arma.
Un dolore lancinante gli artigliò il costato, costringendolo a piegarsi in due. L'ascia gli scivolò dalle mani sanguinanti, abbattendosi rumorosamente sul pavimento di pietra.
Ansimò.
Non credeva che Danimarca, il suo solitamente allegro e scanzonato amico, fosse così dispotico negli allenamenti.
Era addirittura più severo di Germania...
E forse era un bene: Germania, sempre così indulgente con lui, alla fine non era riuscito a inculcargli alcun principio dell'arte militaresca.
L'unico risultato ottenuto era stato rendere Italia se possibile ancora più goffo, pavido e incapace di prima.
E le altre nazioni ne approfittavano, infischiandosene della sua autorità e deridendolo.
"Coraggio, in piedi, IN PIEDI!" Danimarca continuava a roteare la sua ascia, simile a un mulino a vento, ma un'occhiata stravolta di Italia lo costrinse, di malavoglia, a gettare l'arma sul selciato e a sedersi.
Italia gli rivolse un'espressione colpevole, ma il danese non lo guardava. 
Non lo aveva mai visto così serio e accigliato.
Si accorgeva solo ora di quanto fosse forte e autoritario; spesso mascherava questo aspetto del suo carattere con la solita aria allegra e gioviale, risultando, con i suoi sorrisi, addirittura cretino.
E invece non era così.
Italia, in quei tre mesi di duro allenamento al castello di Helsingøre, aveva avuto modo di vedere chi fosse realmente Danimarca: una nazione apparentemente cordiale e chiassosa, ma anche all'occorrenza fredda e determinata. 
Una nazione forte, capace di imporsi e prevalere anche sulle nazioni più potenti.
In altre parole, quello che Italia non era.
"Arriva la merenda!" Russia emerse dal portone affacciato sul cortile con un vassoio tra le braccia: si avvicinò ai due e sedette, appoggiando i dolcetti sul ruvido e freddo selciato di Helsingøre.
Mentre mangiavano, l'italiano ripensò a quando, esasperato dagli insulti e dalle risate di scherno di Inghilterra e dei suoi amichetti, aveva chiesto a Romano se per caso conoscesse qualche nazione capace di renderlo più forte e autorevole.
Il fratello lo aveva mandato da quel danese sciocco e irritante che incontrava spesso alle riunioni dell'UE.
Ma il danese non si era rivelato affatto sciocco e irritante.
Dopo averlo accolto in casa, aveva chiamato Russia e insieme avevano messo sotto il povero italiano.
Sveglia prima dell'alba, doccia gelata, corsa di almeno mezz'ora nel gelido cortile del castello, colazione a base di dolcetti e leccornie danesi, lezione di autostima, lezione di freddezza e intimidazione, lezione di maniere forti con Russia, pranzo luculliano, pratica con le armi pesanti da Danimarca e allenamenti sfiancanti fino alla lauta cena, allenamenti che terminavano dopo il pasto con un'altra corsa nel cortile del castello.
A letto prestissimo, in modo da potersi alzare prestissimo la mattina seguente.
Un metodo terribile, ma efficace: Italia si era accorto, dopo tre mesi, del cambiamento fisico e mentale:
era diventato più forte e robusto, sapeva maneggiare abilmente qualsiasi tipo di arma e era diventato più freddo e autoritario.
Non aveva però perso del tutto la sua innocenza e il suo candore, e questo, a detta del danese, era un buon segno.
"Significa che hai carattere. E che sei una testa dura" gli diceva.
"Coraggio, al lavoro" fece Danimarca alzandosi e interrompendo il flusso di ricordi dell'italiano.
Il giovane si alzò, recuperò l'arma dal pavimento e, chiamata a raccolta tutta la sua forza di volontà, si scagliò contro il danese.
I colpi si susseguivano senza posa, le asce mulinavano scontrandosi e cozzando violentemente tra di loro.
Danimarca sembrava danzare nell'aria gelida del tardo pomeriggio, roteando l'arma con movimenti esperti ed eleganti, bello e letale come uno scorpione.
Italia gli stava tenendo testa.
Parava e attaccava con metodo e precisione, secondo quanto insegnatogli dal danese.
Contemporaneamente, mettendo in pratica gli insegnamenti di Russia, dissimulava la concentrazione e la paura di sbagliare con un'espressione tranquilla e serena, a tratti addirittura strafottente e canzonatoria, proprio come il danese mentre duellava contro di lui.
Un rapido scatto, e Danimarca incespicò; fulmineo, Italia lo placcò sul grigio pavimento di pietra con il ginocchio, mentre con entrambe le mani gli puntava la lama dietro la nuca.
"Bravo. Hai imparato bene." sorrise il danese, mentre il russo, che aveva seguito il duello dal margine del cortile, applaudiva calmo e sorridente come al solito.
"Perché non ti giri? Solo un momento..." gli disse poi.
Italia, con la coda dell'occhio, intravide un bagliore alle sue spalle.
Si voltò, e si trovò con il naso a pochi centimetri dalla lama di Danimarca.
Se il danese sotto di lui avesse mollato la presa sul manico, l'ascia, cadendo in avanti, gli avrebbe spaccato in due il cranio.
Si rimisero in piedi.
"Direi che è stato bravo" disse Russia, con l'immancabile sorriso stampato sul faccione tondo e paffuto.
"Sì, direi che è... promosso" annuì Danimarca, sistemandosi il cappotto nero e il berretto.
Italia sorrise raggiante.
Era finalmente una nazione forte come le altre.
Aveva appena guadagnato un gigantesco ex vichingo biondo come amico.
E presto avrebbe ottenuto la sua vendetta.
  
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