Disclaimer: I
personaggi di Tony Stark, Steve Rogers e Peter Parker
non mi appartengono,
ma sono di proprietà della Marvel ©
.: Il Ragno
della Polvere :.
C'è l'odore della polvere e del
sangue, e rimasugli sbeccati di macerie ricoperti da brandelli di tetto.
Doveva essere una bella casa, prima, con tegole rosse, tende bianche, un
giardino curato, forse con delle genziane allineate sul davanzale o disposte
tra le foglie dei cespugli.
Il perchè stia pensando a tutto questo, Steve Rogers non vuole chiederselo: sa
che è un piano ben congeniato della sua testa per fargli pensare ad altro
-Stark e il suo altisonante pragmatismo gli hanno tenuto più di una lezione sul
tema, sebbene ognuna si concludesse costantemente col non richiesto consiglio
di un connubio di alcool e donne-, ma preferisce soffermarsi su quell'immagine
ancora per un momento. Non troppo, giusto quel tanto che gli fa tirare un
respiro di sollievo.
Sa di essere vecchio, molto vecchio -Stark non perde occasione per ricordarglielo.
Sa di avere davanti a sè una quantità di anni che va dalla decina al ventennio
-Anche questo è Stark a ricordarglielo, ma con meno vigore, con meno enfasi. Lo
fa con una serietà che mal si accorda ad un fallimentare sogghigno di scherno,
mentre legge i dati sullo sviluppo troppo accelerato delle strutture fibrose e
sull'inadeguato dividersi delle cellule. Settant'anni di stasi sembrano aver
infine richiesto che venisse pagato il fio.
Sa di essere vecchio, sa di non avere tempo, sa di essere un eroe dentro un
corpo in rapido declino, ma sa di non essere ancora morto. Finché non si sarà
assuefatto alla distruzione, tanto da ritenerla normale quanto il giorno e la
notte, allora potrà considerarsi ancora vivo.
Cellule o non cellule.
-Rogers, lo hai trovato?-
Il grattare metallico della voce di Stark si sgretola dall'orecchio e lungo la
colonna vertebrale.
Steve porta una mano alla ricetrasmittente, gli occhi alzati al cielo gonfio e
grigiastro; la polvere gli graffia le narici e il crocchiolio del cemento copre
ogni altro rumore, tranne residui gracchianti della deflagrazione.
-Nulla, Stark. La casa è totalmente smembrata, l'esplosione l'ha fatta crollare
su se stessa e...-
-Rogers, davanti a te!-
Non una parola di più.
Steve corre in avanti, Dove?, si china,Sulla destra c'è un ammasso di
macerie, si aggrappa ad un blocco, Stark, qui sono tutte macerie!, grida,
strappa, urla,Sì, ma solo sotto una c'è...
-Un bambino-
-...Cosa?-
Un bambino con gli occhi grandi e la terra sulle guance, il sangue a lato della
fronte e tra le dita. Ha il labbro gonfio, la saliva incrostata sotto la bocca,
intonaco e macchie livide sulla pelle, secche di nero e marrone.
-Rogers, rispondi, dannazione!-
Forse ha quattro, cinque anni, Steve non è bravo in queste cose: in guerra non
ci sono bambini, solo adulti troppo stretti negli stracci sbranati dalle bombe.
-Il segnale era quello di un bambino, Stark-
Capitan America si tende ad afferrare il bambino, lo prende sotto le ascelle,
lo solleva. Qualcosa ha creato una specie di bolla d'aria, un riparo sicuro tra
soffitto e pavimento. Steve sta per ringraziare il Signore per la fortuna che
ha avuto il piccolo, ma poi sente il suo pigolio, "Zia...", e vede,
lì, tra le bocche delle pareti divelte, i grani striati di una collana di
perle, il cinturino di un orologio, il lembo pallido di un polso, nessun
braccio a muovere le dita ritorte.
-Stark- Steve deglutisce, il bambino in braccio -Rilevi altri segnali? Jarvis
ha qualche riscontro vitale, oltre...-
-No. Solo il suo.-
Il piccolo gli si stringe al petto. Dai capelli castani cadono sbuffi di
polvere bianca, le ciocche impastate col sangue si piegano, molli, sotto le
dita.
-Manda una squadra di soccorsi-
-Sono già in arrivo-
Le spalle del bambino hanno solo un impercettibile tremito.
***
Casa Marvel è una struttura
piuttosto recente, tre piani, svariate camere da letto, un ampio giardino e una
recinzione metallica che trasforma la Avenue in un puzzle di tasselli
ottagonali. Dicono che sia nata coi supereroi e forse non è una storia così assurda:
gran parte dei fondi per la sua costruzione, infatti, provengono dalle
Industrie Stark.
-Come sta?-
-Non parla, signor Rogers. Alcune volte lo sentiamo sussurrare il nome degli
zii, ma nulla di più. Non gioca nemmeno con gli altri bambini.-
Il bambino che Steve ha salvato dalle macerie due settimane prima se ne sta
seduto sotto uno degli alberi del giardino. Non fa nulla di particolare, non si
arrampica, non strappa i fili d'erba, neppure raccoglie il pallone le poche
volte che gli altri ragazzini lo lanciano - volutamente o meno- nella sua
direzione. Solo, tiene la testa piegata contro la corteccia, le gambe
incrociate, le mani in grembo, il viso rivolto alla strada.
Può rimanere in quella posizione anche una giornata intera, lo hanno informato.
-Posso andare da lui?-
La volontaria con la crocchia annuisce.
Steve esce in giardino, oltrepassa un gruppetto di bambine che saltano la
corda, le saluta con la mano e dà un buffetto al ragazzino che gira tutto fiero
col moccio al naso e la maglietta di Capitan America.
-Ehi- si siede accanto al bambino e piega la testa nella sua direzione.
Il piccolo non ha reazioni, appena fa scivolare gli occhi in basso ad
incontrare quelli di Steve, per poi tornare ad osservare la strada, senza dire
una parola.
***
-Tu...cosa?-
Tony Stark ha sempre considerato Steve Rogers un elemento dall'equilibrio
mentale piuttosto instabile -Ma Pepper è solita ripetere ch nessun uomo con un
equilibrio mentale stabile avrebbe mai scelto Tony Stark come compagno di vita.
Santa Pepper. Non l'ha presa nemmeno troppo male quando lui le ha manifestato
quel...minuscolo, insignificante interessamento nei confronti di Rogers,
due anni prima. A meno di non considerare una vendetta la pagina di Facebook
dedicata alle speculazioni sulla relazione Iron Man/Capitan America, corredata
di commenti, storie, immagini e persino qualche fotomontaggio che l'orgoglio di
Tony ha trovato di pessimo gusto.
Ma questa è un'altra storia.
-Hai capito bene, Stark-
Tony solleva minaccioso la forchetta, da cui penzola ancora qualche foglia di
insalata.
-Non usare il mio cognome con me, Rogers- intima, agitando un po' i rebbi -Non
quando stiamo parlando di...- alza gli occhi al cielo -Guarda, non riesco
nemmeno a dirlo. Jarvis, un aiutino?-
Preferirei non intromettermi in siffatte questioni è la garbata risposta
della macchina.
-Traditore-
-Adozione, Tony, sto parlando di adottare quel bambino-
L'espressione di Steve, in quel momento, è tanto risoluta che quasi Tony
vorrebbe dire di sì, lasciargli il contentino e poi trasformare il tutto in
qualcosa di molto più soddisfacente per entrambi. Qualcosa che coinvolga anche
dello champagne, magari.
Ma quella non è una di quelle serate in cui può concedere all'altro il tempo di
macerare certi pensieri: non lo sta prendendo in giro, non stanno parlando di
atomi o elettroni o qualche altro argomento che per Rogers hanno la chiarezza
di una dissertazione sulla morte termica dell'Universo. Sono idee pericolose
quelle che si stanno arrampicando sui neuroni di Steve, roba che nemmeno una
buona notte di sesso è in grado di strappare via dalla sua coscienza.
-Steve, ascolta- Tony appoggia la forchetta nel piatto e osserva l'altro con
fare conciliante -È un'idea folle, non c'è nemmeno bisogno che te lo dica.-
-Perchè?-
Perchè ho già a che fare con un bambino pompato da qualche intruglio
fosforescente sparato da un'ampolla, figurati dovermi occupare anche di un
moccioso che sporca e piange.
Ma non può dire una cosa simile, salvo portare al disfacimento una situazione
che ha già raggiunto la soglia critica.
Nuovo appunto per la pagina di Pepper: due anni di relazione con Capitan
Ghiacciolo lo hanno rammollito a dovere.
-Quel bambino ha già sofferto abbastanza, senza che venga ad abitare da noi.-
Che Steve non abbia capito la ragione intrinseca al discorso, Tony lo nota
dalla maniera in cui apre, allibito, la bocca e lo guarda e lo fissa quasi non
lo avesse mai visto in tutta la sua vita.
-Stark, penso tu debba ricontrollare il significato di adozione. Io
voglio aiutarlo, non fargli del male-
Ecco, appunto.
Dio, eppure non gli sembra troppo difficile come concetto.
-Steve, non possiamo adottarlo e non lo adotteremo, questo è quanto.-
Tony si alza, intenzionato a prendere il piatto, metterlo nel lavandino e poi
defilarsi ad insultare Ferrovecchio solo per non affibbiare nuovi, ma non molto
delicati nomignoli alla propria dolce metà. Peccato che la suddetta dolce metà
non sia intenzionata a lasciar cadere il discorso tanto facilmente.
-Perché?- chiede di nuovo.
Quando Stark si gira e lo vedo con gli occhi socchiusi e l’espressione arcigna,
ha già capito come andrà a parare la serata –Non è un genio per sentito dire,
in fondo. Prende un sospiro, stringendo la radice del naso tra le dita; riesce
a sentire il respiro accelerato dell’altro, il suo tentativo di mantenere la
calma nonostante la rabbia crescente.
-Siamo supereroi, Steve. E stai morendo, confido che tu lo sappia.-
Le labbra di Rogers si serrano a formare una linea dritta e scura sul volto
contratto; le dita affondano delle maniche della maglietta bianca, il tessuto
si attorciglia sotto i polpastrelli, il petto si gonfia, furioso. Brutto tasto
quello che Stark è andato a toccare, ma nulla come una doccia fredda per far
tornare il senno a Capitan Testardo.
-Io..-
-Le tue cellule nascono, ma soprattutto muoiono troppo velocemente; i
tuoi tessuti invecchiano e gli organi interni non sono tanto dell’idea di
ringiovanire- si volta a guardarlo, la mascella contratta –Né io né Banner
siamo stati in grado di quantificare gli anni che ti restano, ma sono pochi,
Steve. Infinitesimali. Il tuo corpo sta cercando di compensare i
settant’anni che hai passato a crogiolarti nel ghiaccio, vecchio mio, e lo sta
facendo nel peggiore dei modi: ti sta uccidendo per farti tornare nel grande
cerchio della vita, tanto per fare una dotta citazione-
Se anche Capitan America è sul punto di dire qualcosa, Tony si affretta ad
alzare una mano per interromperlo.
-E se anche non ci pensasse il tuo corpo a farti questo scherzetto mortale, ci
penserà una balena venuta dall’Iperspazio o una divinità Zulù o anche solo un
vaso di petunie che ha deciso di prendere il dominio dell’umanità convincendo i
suoi scagnozzi a cadere da tutti i balconi da qui a Los Angeles.-
Si passa una mano sulla bocca, a riprendere un po’ di fiato; butta il piatto
dentro il lavandino, tling tling, strano che non si sia rotto, in realtà
quella fantasia a melanzane è piuttosto pacchiana –Steve ha ancora il coraggio
di definirla simpatica, però.
-Dunque, con queste prospettive di vita quanto mai basse..tu vorresti adottare
un bambino che ha già perso i genitori e gli zii che lo avevano adottato? Cosa
vuoi fare, lasciarlo di nuovo orfano dopo che un meteorite ci sarà caduto sulla
testa o dopo che ti sarà andato di traverso il succo di prugne?-
Steve si alza in piedi di scatto, la sedia stride e cigola contro il pavimento.
Gli occhi di Steve non sono mai stati così scuri, nota Tony, né il volto tanto
teso. La vena del collo pulsa contro la clavicola, bocca è affilata, la
mascella livida e se non riprende un po’ il controllo si troverà con un’altra
camicia lacerata lungo lo sterno.
-Nessun bambino dovrebbe rimanere senza genitori più di una volta, Steve.
***
-Passami i dati sulla meiosi, Bruce-
-Sono ora sullo schermo-
Tony si accomoda sulla sedia girevole e si spinge indietro, la nuca reclinata e
uno stecchino che ballonzola all’angolo delle labbra.
-Non mi piace quello che vedo- commenta, dando qualche colpo di bacino per
tornare fino alle proiezioni percentuali e statistiche. Con una mano va a
chiudere il pannello di destra, mentre col medio ed il pollice sinistri va ad
allargare una finestrella lasciata in attesa; si gratta un braccio, si rimette
in piedi, cammina davanti ai nuovi dati e infine sbuffa, toccando l’auricolare.
-Bruce, non ci siamo. Non mi basta sapere quanto è veloce il processo di
invecchiamento. Devo trovare un modo per intervenire direttamente su di esso.-
Si passa le mani sul volto. Qualche crepitio, segno che anche Banner si è lasciato
andare ad un sospiro.
-..Vuole adottare il bambino che ha salvato il mese scorso.-
Annuncia, dopo qualche istante. Non gli piace il silenzio, a meno che non sia
produttivo: un silenzio dove ci si auto commisera è più dannoso di due o tre
birre di troppo. Quindi, tanto vale occupare il tempo con una notizia in grado
di salvare i neuroni dal torpore. Magari ci guadagna pure qualche consiglio
utile.
-..Cosa?-
La voce di Bruce è oltre lo stupito, è una buffa commistione tra il Non ci
credo, giuralo sulla testa di Loki e Stark, se mi stai prendendo per il
culo, Hulk spacca.
-Sì, credevo anche io che fossero i pinguini maschi ad avere l’istinto
materno. Dimmi un po’ cosa ne pensi delle statistiche sulla mitosi.-
-Nulla che non ho già visto, ma posso darci ancora un’occhiata- è la
professionale risposta di Banner –Che cosa gli hai detto?-
-Che non è mia intenzione lasciare orfano quel ragazzino per la terza
volta. Bruce, quando ti spedisco i calcoli, vorrei che tu mi dessi un
risultato, non che me li ripassi sullo schermo tali quali e prima-
-Non vedo perché dovreste lasciarlo orfano, il concetto di adozione è
dare al piccolo una nuova famiglia, non un nuovo lutto. Chiedi a Jarvis. Ha
anche una calcolatrice impiantata nei circuiti, oppure gli hai solo inserito il
chip del perfetto Alfred?-
-Di’ all’Altro di starsene rintanato e non sparare troppo cazzate quando
lavoriamo-
Tony sbotta, dando dei colpetti ad alcune tavole mediche, per poi farle
scivolare col polpastrello su altre radiografie.
-Rogers ha uno splendido diaframma-
-Vero? Glielo dico sempre che è particolarmente sexy, anche se nulla potrà
battere la piega sensuale della sua appendice-
-Credevo che i supereroi non avessero l’appendice-
-In realtà è una voce che mettiamo in giro perché i super cattivi non capiscano
che è il nostro tallone di Achille-
-…Tony, che hai intenzione di fare col bambino?-
Un sospiro, gli occhi roteano al cielo.
-Lasciarlo dov’è. E ora passami le analisi rielaborate-
Lo schermo di destra ha un palpito azzurro e cascate di numeri cominciano a
srotolarsi in colonna, affiancati da dati e annotazioni. Stark dà loro
un’occhiata veloce, storcendo le labbra: è inutile, inutile, inutile.
Continuano a girare sempre attorno lo stesso punto, raccogliendo sempre le
stesse informazioni, formulando sempre le stesse ipotesi; ci sarebbe bisogno
degli studi del dottor Erskine sul siero del supersoldato, peccato che siano
morti con lui.
Fino a quel momento il siero ha funzionato perfettamente in quanto a
rigenerazione delle cellule, per quale motivo ha iniziato a dare i numeri?
-Il processo di rigenerazione non si è fermato- mormora Tony, dopo qualche
istante. Stringe il labbro inferiore tra le dita, lo tira appena e inclina la
testa di lato, con gli occhi socchiusi –E’ solo diventato troppo veloce. È
fuori fase-
-Qualcosa ha interferito con la struttura già modificata del DNA di Steve- lo
segue Banner, immediatamente -Perché hai così paura di adottare quel bambino?-
-Non posso salvarlo-
-Tony, ti stai riferendo a lui o a Steve?-
***
Si appoggia piano alla rete
metallica, sfiorandone il reticolo con la fronte.
E’ da almeno una settimana che nemmeno si avvicina a Casa Marvel; cerca di
tenersi lontano da essa, dal bambino, soprattutto dal pensiero di entrambi. Impazzirai
è stato il commento di Tony Non li puoi salvare tutti, Steve. E perché lui
dovrebbe essere diverso dagli altri?
Steve solleva gli occhi al giardino della Casa Marvel: tre bambine giocano a
campana, due ragazzini più grandi le guardano e prendono in giro le trecce di
lunghezza diversa o la gonnellina sporca di sugo; una delle volontarie sta
raccontando una storia, accerchiata da un capannello di nasini all’insù e
occhioni sgranati. Si sta divertendo -lo vede dal sorriso che le arrossa le
guance, e il sole le balugina dolcemente fra i capelli fulvi.
Si sistema meglio contro la rete, corrugando la fronte.
Sotto l’albero non c’è nessuno, se non l’ombra rachitica dei rami.
Dov’è il piccolo?
Magari è ad ascoltare la storia, ma no, no, non lo vede tra gli altri bambini,
che sia malato? Magari è malato, sì, e sta osservando il giardino dalla
finestra della sua cameretta. Solleva gli occhi, ma alle balaustre non c’è
nessuno, solo riflessi grigiastri che scivolano sul vetro.
Magari..Magari lo hanno adottato.
Magari ora è con la sua nuova famiglia, seduto ad un tavolo a mangiare
frittelle o a infilare le dita nel barattolo di burro d’arachidi. Magari è
nascosto sotto le coperte a sfogliare di nascosto un fumetto dei Vendicatori,
magari si è soffermato a contemplare la figura di Capitan America, magari è lì
che si avvicina a sfiorare la linea di contorno con la punta del naso per
vedere se hanno sbagliato qualcosa, se quel Capitan America è come quel Capitan
America che lo ha portato via dalle macerie. Quel Capitan America che non si è
più fatto vedere, che lo ha lasciato a fissare da solo l’Avenue, che gli ha
promesso tanto volte di tornare, ma non l’ha più fatto.
Ottima mossa, Capitan America. L’opinione pubblica sarà alle stelle.
-Non sei venuto a trovarmi-
Steve sobbalza nel sentire quel pigolio. Si allontana e abbassa lo sguardo, ad
incontrare gli occhi vitrei del bambino.
-Non sei venuto a trovarmi- ripete, stringendo la felpa tra le manine –Come gli
zii. Non sei più venuto. Non sei tornato-
-Mi dispiace-
Ho avuto da fare. Ho dovuto tenere a bada una divinità Zulù. Ho dovuto
sventare il piano di conquista del mondo da parte di una congrega di vasi di
petunie.
-Torni?- chiede il piccolo e Steve deglutisce.
Si piega sulle ginocchia, sospira, allunga una mano come volesse accarezzargli
la guancia; ma c’è una rete metallica a dividerli -E forse anche qualcosa di
ben più insormontabile.
-No-
Il bambino non piange, non urla. Lo fissa e basta.
-Tieni- Steve estrae dalla tasca della giacca un pacchetto di figurine di
Capitan America -Così mi avrai sempre con te-
Il piccolo si passa il dorso della mano a sfregarsi il naso, poi allunga le
dita a prendere il pacchettino; deve piegarlo un po’ per farlo passare tra i
tasselli ottagonali, ma quando riesce se li porta subito al petto, gli occhi di
nuovo alzati.
Dietro di loro un autobus li sorpassa, tossendo e scatarrando.
***
-Non sei credibile-
Tony alza lo sguardo dal giornale, arcuando innocentemente le sopracciglia.
-Non capisco di cosa tu stia parlando-
Steve chiude gli occhi e gli regala un tiepido sorriso, scuotendo la testa.
Sospira.
-E’ un bel bambino, vero?- gli chiede.
-Ha il moccio al naso- ribatte Stark, piegando il New York Times sulle
ginocchia; accavalla le gambe e allarga le braccia sul retro della panchina,
dondolando piano il piede.
Non che si sia messo a pedinare il signor Rogers, ci mancherebbe. Si è
solo..ritrovato casualmente dietro di lui quando lo ha visto uscire di casa. Né
è rimasto ad osservarlo mentre parlava col piccolo orfano, che andate a
pensare? Ha solo trovato che quella panchina dall’altra parte dell’Avenue fosse
estremamente comoda, e soprattutto un’ottima postazione per godersi il
patriottico fondoschiena del Capitano.
-Ha quattro anni- Steve gli si siede accanto, il busto inclinato in avanti e le
braccia sulle ginocchia.
-A quattro anni io non avevo il moccio al naso-
-Ah, giusto. A quattro anni avevi già costruito un braccio meccanico che te lo
asciugasse-
-Per l’amor del cielo!- Tony fa un finto gesto scandalizzato –Ferrovecchio non
è così vecchio-
L’altro, stranamente, si mette a ridere. E’ un suono che dura poco, ma a Stark
sembra di non averlo sentito per secoli, vuoi per tutto il tempo che passa in
Laboratorio, vuoi perché, nonostante voglia fare l’eroe a tutti i costi, la
questione dell’invecchiamento sta preoccupando Rogers più di quanto sia
disposto ad ammettere.
Tony inclina un po’ il viso, per osservare di scorcio il profilo di Steve.
-Non voglio che soffra. Non voglio che tu soffra nel caso dovesse
succedermi qualcosa e, sì, sono tanto egoista da ammettere che non voglio
soffrire nel caso ti succedesse qualcosa. So cosa vuol dire rimanere orfani e
quel bambino lo è già stato due volte, la mia nomea di filantropo ne
risentirebbe se lo permettessi anche una terza.
-Già ho qualche problemino con il titolo di playboy, per cui..-
Steve non gli risponde. Guarda fisso la strada, mordicchiando l’interno della
guancia.
Brutto, brutto segno.
-Se non posso salvare te, come posso salvare lui?-
-Tony, lui non è un supereroe!- esclama l’altro, voltandosi a fronteggiarlo
-Non sta invecchiando per motivi sconosciuti, non ha un grappolo di schegge che
possono ucciderlo da un momento all’altro! È un bambino. Non gli servono
calcoli matematici, né ore passate in Laboratorio in videoconferenza con Banner
o tantomeno di un’armatura..-
-O di una tuta luccicante-
-E’ tutto uno scherzo per te?-
-Non sono mai stato così serio, Steve-
Rogers si passa una mano dietro al collo, prima di stringere la radice del naso
tra le dita; Tony non può reprimere un sorrisetto nel notare come quel vizio
sia passato anche a lui.
-E’ solo un bambino, un orfano. Ha solo bisogno di una famiglia che si prenda
cura di lui-
-Noi siamo supereroi, non siamo certo la famiglia più sicura su cui fare
affidamento-
-I vasi di petunie cadono anche sulle persone comuni, Stark-
Tony si china su di lui, l’indice ben teso e il sopracciglio destro sollevato.
-Non quelli che vogliono conquistare il mondo. Loro hanno un istinto molto
sviluppato, sanno esattamente su quale supereroe cadere-
Steve rimane in silenzio e Stark si accorda a lui. Rimangono a fissare il
giardino dell’Avenue ancora per qualche minuto, gli occhi fermi sulla schiena
del bambino, seduto a rigirarsi le figurine tra le dita sporche di terra.
-Io non li cambio i pannolini, Rogers-
-Ha quattro anni, non li porta più i pannolini-
Ancora silenzio.
Passa qualche taxi, l’ansimo delle ruote sull’asfalto, il picchiettare dei
tacchi sul marciapiede.
-Andiamo a casa, Tony-
-Vai, io ti raggiungo. Ho ancora qualche lavoro da sbrigare-
L’altro annuisce e si alza; gli stringe la spalla prima di allontanarsi,
ingoiato dalla calca newyorkese. Stark, invece, piega il busto in avanti,
poggiando il mento sulle dita intrecciate. Quasi sia stato in grado di sentire
quel richiamo silenzioso, il piccolo torce il collo ad osservarlo di rimando.
-Sì. Hai proprio il moccio al naso, marmocchio-
***
Se torna a casa ubriaco, è la volta
buona che lo lascia sullo zerbino. Non gli porta nemmeno le coperte se si
presenta sbronzo, che ci pensi il rhum o la vodka o qualsiasi altra cosa abbia
ingerito a tenerlo al caldo.
-Jarvis- Steve si piazza al centro della sala, i pugni contro i fianchi.
Sì, signor Rogers?
-Voglio che controlli il tasso alcolico di Stark appena varca la soglia di
casa. Se è troppo alta ti proibisco espressamente di fargli mettere un piede
qui dentro-
Come desidera, signor Rogers. Tuttavia, ritengo di doverla informare che il
signor Stark possiede un codice per bypassare il mio sistema in casi simili. È
un codice talmente semplice che è in grado di ricordarlo anche se non si trova
in pieno possesso delle sue facoltà.
-Ha già fatto la prova?-
Innumerevoli volte.
Chissà perché ci avrebbe giurato.
Potrebbe andare a prendere lo scudo, tanto che c’è. Così, per sicurezza. Magari
un bel colpo di vibranio fra capo e collo gli fa passare una buona volta il
vizio di ubriacarsi –è probabile che un colpo di vibranio fra capo e collo lo
faccia stramazzare direttamente al suolo, ma quelli sono dettagli
insignificanti. E anche piuttosto piacevoli.
Sì, lo scudo gli sembra un’idea ottima. E’ palesemente notte, è palesemente
tardi, è palesemente ovvio che quell’idiota ha deciso di riflettere sulla vita,
l’universo e tutto quanto davanti ad un boccale.
Per cui. Scudo. Tutte le strade portano allo scudo.
Il signor Stark sta rientrando, signor Rogers.
-Grazie, Jarvis. Il tasso alcolico..?-
Ma non riesce a finire la frase.
La porta si apre e Tony Stark fa la sua trionfante entrata, stranamente non
traballante, stranamente non cianciando di campi magnetici o cromature
iridescenti, stranamente accompagnato. E la sorpresa è tale che Steve
nemmeno ha la forza di rispondere al ghignante Buonasera, Rogers e che
la sua prossimamente-colpita-col-vibranio metà gli ha rivolto dall’uscio.
Il tasso alcolico del signor Stark è nella norma, signor Rogers.
All’improvvisa apparizione della voce metallica, il bambino si appende ai
pantaloni di Tony. Questi sorride, borbottando qualcosa tra i denti circa la
manifattura italiana e mettendo una mano dietro la schiena del piccolo, per
spingerlo verso Steve.
-Ho controllato, non li porta più i pannolini- se ne esce Tony, prima di
chinarsi all’altezza del bambino e indicargli il soffitto -Tranquillo, non è
pericoloso. È solo un processore dalla voce piuttosto molesta, il massimo che
ti potrà fare sarà bloccare qualche sito particolare quando avrai
violato il sacro recinto della pubertà-
-Stark- è il ringhio ben udibile da parte di Steve.
-Ma fino a quel momento- si corregge l’altro, all’istante –Peter, lui è
Jarvis. Jarvis, dai il benvenuto al nuovo elemento della nostra piccola,
sgangherata famiglia.
Chissà se, alla fine, non sarà lui a
salvare
Entrambi.
Note Finali
Ho scoperto qualche settimana fa la
Superhusbands, ed è stato amore a prima vista. So che l’idea di Peter trovato
fra le macerie o comunque salvato da uno dei nostri due baldi giovini non è
nuova, vi chiedo venia se questo particolare pecca di originalità. E,
soprattutto, non era mia intenzione plagiare nessuno.
La teoria dell’invecchiamento veloce di Capitan America ricordo di averlo visto
in un episodio proprio di Spiderman. Avete presente una di quelle serie che
passavano una decina di anni fa? Ecco, ricordo perfettamente questo episodio in
cui comparivano lui, Capitan America e Wolverine. Credo sia stato quello a
farmi amare i Crossover della Marvel. Ordunque, in tal episodio veniva detto
che Capitan America doveva rimanere dentro una specie di cassa criogenica in
attesa che venisse trovata una cura e alla fine c’era la scena straziante in
cui Wolverine richiudeva la cassa di mano propria e dava l’ultimo saluto al
grande Cap.
Cioè. Devo ritrovare quell’episodio.
Oltre a quello…Ho sparso un po’ di citazioni qua e là, che vanno da Batman al
film degli Avengers e anche qualche cosina da La Guida Galattica per
Autostoppisti.
Spero davvero vi sia piaciuta, sicuramente tornerò su questo trio che è amore
puro. Chiedo venia, oltre che per l’idea di partenza poco originale, anche
l’approfondimento non troppo approfondito (?) dei personaggi. Prima di fare
qualche vaccata preferirei andarci coi piedi di piombo XD
Bene, detto questo…Alla prossima!
E attenzione ai vasi di petunie!
Nemeryal