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Autore: LaMicheCoria    28/12/2012    6 recensioni
-Hai capito bene, Stark-
Tony solleva minaccioso la forchetta, da cui penzola ancora qualche foglia di insalata.
-Non usare il mio cognome con me, Rogers- intima, agitando un po' i rebbi -Non quando stiamo parlando di...- alza gli occhi al cielo -Guarda, non riesco nemmeno a dirlo. Jarvis, un aiutino?-
Preferirei non intromettermi in siffatte questioni è la garbata risposta della macchina.
-Traditore-
-
Adozione, Tony, sto parlando di adottare quel bambino-
[Superfamily Family] [Steve/Tony]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Strada Facendo :.'
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Disclaimer: I personaggi di Tony Stark, Steve Rogers e Peter Parker
non mi appartengono,
ma sono di proprietà della Marvel ©

.: Il Ragno della Polvere :.

 

 

 

C'è l'odore della polvere e del sangue, e rimasugli sbeccati di macerie ricoperti da brandelli di tetto.
Doveva essere una bella casa, prima, con tegole rosse, tende bianche, un giardino curato, forse con delle genziane allineate sul davanzale o disposte tra le foglie dei cespugli.
Il perchè stia pensando a tutto questo, Steve Rogers non vuole chiederselo: sa che è un piano ben congeniato della sua testa per fargli pensare ad altro -Stark e il suo altisonante pragmatismo gli hanno tenuto più di una lezione sul tema, sebbene ognuna si concludesse costantemente col non richiesto consiglio di un connubio di alcool e donne-, ma preferisce soffermarsi su quell'immagine ancora per un momento. Non troppo, giusto quel tanto che gli fa tirare un respiro di sollievo.
Sa di essere vecchio, molto vecchio -Stark non perde occasione per ricordarglielo.
Sa di avere davanti a sè una quantità di anni che va dalla decina al ventennio -Anche questo è Stark a ricordarglielo, ma con meno vigore, con meno enfasi. Lo fa con una serietà che mal si accorda ad un fallimentare sogghigno di scherno, mentre legge i dati sullo sviluppo troppo accelerato delle strutture fibrose e sull'inadeguato dividersi delle cellule. Settant'anni di stasi sembrano aver infine richiesto che venisse pagato il fio.
Sa di essere vecchio, sa di non avere tempo, sa di essere un eroe dentro un corpo in rapido declino, ma sa di non essere ancora morto. Finché non si sarà assuefatto alla distruzione, tanto da ritenerla normale quanto il giorno e la notte, allora potrà considerarsi ancora vivo.
Cellule o non cellule.
-Rogers, lo hai trovato?-
Il grattare metallico della voce di Stark si sgretola dall'orecchio e lungo la colonna vertebrale.
Steve porta una mano alla ricetrasmittente, gli occhi alzati al cielo gonfio e grigiastro; la polvere gli graffia le narici e il crocchiolio del cemento copre ogni altro rumore, tranne residui gracchianti della deflagrazione.
-Nulla, Stark. La casa è totalmente smembrata, l'esplosione l'ha fatta crollare su se stessa e...-
-Rogers, davanti a te!-
Non una parola di più.
Steve corre in avanti, Dove?, si china,Sulla destra c'è un ammasso di macerie, si aggrappa ad un blocco, Stark, qui sono tutte macerie!, grida, strappa, urla,Sì, ma solo sotto una c'è...
-Un bambino-
-...Cosa?-
Un bambino con gli occhi grandi e la terra sulle guance, il sangue a lato della fronte e tra le dita. Ha il labbro gonfio, la saliva incrostata sotto la bocca, intonaco e macchie livide sulla pelle, secche di nero e marrone.
-Rogers, rispondi, dannazione!-
Forse ha quattro, cinque anni, Steve non è bravo in queste cose: in guerra non ci sono bambini, solo adulti troppo stretti negli stracci sbranati dalle bombe.
-Il segnale era quello di un bambino, Stark-
Capitan America si tende ad afferrare il bambino, lo prende sotto le ascelle, lo solleva. Qualcosa ha creato una specie di bolla d'aria, un riparo sicuro tra soffitto e pavimento. Steve sta per ringraziare il Signore per la fortuna che ha avuto il piccolo, ma poi sente il suo pigolio, "Zia...", e vede, lì, tra le bocche delle pareti divelte, i grani striati di una collana di perle, il cinturino di un orologio, il lembo pallido di un polso, nessun braccio a muovere le dita ritorte.
-Stark- Steve deglutisce, il bambino in braccio -Rilevi altri segnali? Jarvis ha qualche riscontro vitale, oltre...-
-No. Solo il suo.-
Il piccolo gli si stringe al petto. Dai capelli castani cadono sbuffi di polvere bianca, le ciocche impastate col sangue si piegano, molli, sotto le dita.
-Manda una squadra di soccorsi-
-Sono già in arrivo-
Le spalle del bambino hanno solo un impercettibile tremito.

 

***

 

Casa Marvel è una struttura piuttosto recente, tre piani, svariate camere da letto, un ampio giardino e una recinzione metallica che trasforma la Avenue in un puzzle di tasselli ottagonali. Dicono che sia nata coi supereroi e forse non è una storia così assurda: gran parte dei fondi per la sua costruzione, infatti, provengono dalle Industrie Stark.
-Come sta?-
-Non parla, signor Rogers. Alcune volte lo sentiamo sussurrare il nome degli zii, ma nulla di più. Non gioca nemmeno con gli altri bambini.-
Il bambino che Steve ha salvato dalle macerie due settimane prima se ne sta seduto sotto uno degli alberi del giardino. Non fa nulla di particolare, non si arrampica, non strappa i fili d'erba, neppure raccoglie il pallone le poche volte che gli altri ragazzini lo lanciano - volutamente o meno- nella sua direzione. Solo, tiene la testa piegata contro la corteccia, le gambe incrociate, le mani in grembo, il viso rivolto alla strada.
Può rimanere in quella posizione anche una giornata intera, lo hanno informato.
-Posso andare da lui?-
La volontaria con la crocchia annuisce.
Steve esce in giardino, oltrepassa un gruppetto di bambine che saltano la corda, le saluta con la mano e dà un buffetto al ragazzino che gira tutto fiero col moccio al naso e la maglietta di Capitan America.
-Ehi- si siede accanto al bambino e piega la testa nella sua direzione.
Il piccolo non ha reazioni, appena fa scivolare gli occhi in basso ad incontrare quelli di Steve, per poi tornare ad osservare la strada, senza dire una parola.

 

***

 

-Tu...cosa?-
Tony Stark ha sempre considerato Steve Rogers un elemento dall'equilibrio mentale piuttosto instabile -Ma Pepper è solita ripetere ch nessun uomo con un equilibrio mentale stabile avrebbe mai scelto Tony Stark come compagno di vita.
Santa Pepper. Non l'ha presa nemmeno troppo male quando lui le ha manifestato quel...minuscolo, insignificante interessamento nei confronti di Rogers, due anni prima. A meno di non considerare una vendetta la pagina di Facebook dedicata alle speculazioni sulla relazione Iron Man/Capitan America, corredata di commenti, storie, immagini e persino qualche fotomontaggio che l'orgoglio di Tony ha trovato di pessimo gusto.
Ma questa è un'altra storia.
-Hai capito bene, Stark-
Tony solleva minaccioso la forchetta, da cui penzola ancora qualche foglia di insalata.
-Non usare il mio cognome con me, Rogers- intima, agitando un po' i rebbi -Non quando stiamo parlando di...- alza gli occhi al cielo -Guarda, non riesco nemmeno a dirlo. Jarvis, un aiutino?-
Preferirei non intromettermi in siffatte questioni è la garbata risposta della macchina.
-Traditore-
-Adozione, Tony, sto parlando di adottare quel bambino-
L'espressione di Steve, in quel momento, è tanto risoluta che quasi Tony vorrebbe dire di sì, lasciargli il contentino e poi trasformare il tutto in qualcosa di molto più soddisfacente per entrambi. Qualcosa che coinvolga anche dello champagne, magari.
Ma quella non è una di quelle serate in cui può concedere all'altro il tempo di macerare certi pensieri: non lo sta prendendo in giro, non stanno parlando di atomi o elettroni o qualche altro argomento che per Rogers hanno la chiarezza di una dissertazione sulla morte termica dell'Universo. Sono idee pericolose quelle che si stanno arrampicando sui neuroni di Steve, roba che nemmeno una buona notte di sesso è in grado di strappare via dalla sua coscienza.
-Steve, ascolta- Tony appoggia la forchetta nel piatto e osserva l'altro con fare conciliante -È un'idea folle, non c'è nemmeno bisogno che te lo dica.-
-Perchè?-
Perchè ho già a che fare con un bambino pompato da qualche intruglio fosforescente sparato da un'ampolla, figurati dovermi occupare anche di un moccioso che sporca e piange.
Ma non può dire una cosa simile, salvo portare al disfacimento una situazione che ha già raggiunto la soglia critica.
Nuovo appunto per la pagina di Pepper: due anni di relazione con Capitan Ghiacciolo lo hanno rammollito a dovere.
-Quel bambino ha già sofferto abbastanza, senza che venga ad abitare da noi.-
Che Steve non abbia capito la ragione intrinseca al discorso, Tony lo nota dalla maniera in cui apre, allibito, la bocca e lo guarda e lo fissa quasi non lo avesse mai visto in tutta la sua vita.
-Stark, penso tu debba ricontrollare il significato di adozione. Io voglio aiutarlo, non fargli del male-
Ecco, appunto.
Dio, eppure non gli sembra troppo difficile come concetto.
-Steve, non possiamo adottarlo e non lo adotteremo, questo è quanto.-
Tony si alza, intenzionato a prendere il piatto, metterlo nel lavandino e poi defilarsi ad insultare Ferrovecchio solo per non affibbiare nuovi, ma non molto delicati nomignoli alla propria dolce metà. Peccato che la suddetta dolce metà non sia intenzionata a lasciar cadere il discorso tanto facilmente.
-Perché?- chiede di nuovo.
Quando Stark si gira e lo vedo con gli occhi socchiusi e l’espressione arcigna, ha già capito come andrà a parare la serata –Non è un genio per sentito dire, in fondo. Prende un sospiro, stringendo la radice del naso tra le dita; riesce a sentire il respiro accelerato dell’altro, il suo tentativo di mantenere la calma nonostante la rabbia crescente.
-Siamo supereroi, Steve. E stai morendo, confido che tu lo sappia.-
Le labbra di Rogers si serrano a formare una linea dritta e scura sul volto contratto; le dita affondano delle maniche della maglietta bianca, il tessuto si attorciglia sotto i polpastrelli, il petto si gonfia, furioso. Brutto tasto quello che Stark è andato a toccare, ma nulla come una doccia fredda per far tornare il senno a Capitan Testardo.
-Io..-
-Le tue cellule nascono, ma soprattutto muoiono troppo velocemente; i tuoi tessuti invecchiano e gli organi interni non sono tanto dell’idea di ringiovanire- si volta a guardarlo, la mascella contratta –Né io né Banner siamo stati in grado di quantificare gli anni che ti restano, ma sono pochi, Steve. Infinitesimali. Il tuo corpo sta cercando di compensare i settant’anni che hai passato a crogiolarti nel ghiaccio, vecchio mio, e lo sta facendo nel peggiore dei modi: ti sta uccidendo per farti tornare nel grande cerchio della vita, tanto per fare una dotta citazione-
Se anche Capitan America è sul punto di dire qualcosa, Tony si affretta ad alzare una mano per interromperlo.
-E se anche non ci pensasse il tuo corpo a farti questo scherzetto mortale, ci penserà una balena venuta dall’Iperspazio o una divinità Zulù o anche solo un vaso di petunie che ha deciso di prendere il dominio dell’umanità convincendo i suoi scagnozzi a cadere da tutti i balconi da qui a Los Angeles.-
Si passa una mano sulla bocca, a riprendere un po’ di fiato; butta il piatto dentro il lavandino, tling tling, strano che non si sia rotto, in realtà quella fantasia a melanzane è piuttosto pacchiana –Steve ha ancora il coraggio di definirla simpatica, però.
-Dunque, con queste prospettive di vita quanto mai basse..tu vorresti adottare un bambino che ha già perso i genitori e gli zii che lo avevano adottato? Cosa vuoi fare, lasciarlo di nuovo orfano dopo che un meteorite ci sarà caduto sulla testa o dopo che ti sarà andato di traverso il succo di prugne?-
Steve si alza in piedi di scatto, la sedia stride e cigola contro il pavimento.
Gli occhi di Steve non sono mai stati così scuri, nota Tony, né il volto tanto teso. La vena del collo pulsa contro la clavicola, bocca è affilata, la mascella livida e se non riprende un po’ il controllo si troverà con un’altra camicia lacerata lungo lo sterno.
-Nessun bambino dovrebbe rimanere senza genitori più di una volta, Steve.

 

***

-Passami i dati sulla meiosi, Bruce-
-Sono ora sullo schermo-
Tony si accomoda sulla sedia girevole e si spinge indietro, la nuca reclinata e uno stecchino che ballonzola all’angolo delle labbra.
-Non mi piace quello che vedo- commenta, dando qualche colpo di bacino per tornare fino alle proiezioni percentuali e statistiche. Con una mano va a chiudere il pannello di destra, mentre col medio ed il pollice sinistri va ad allargare una finestrella lasciata in attesa; si gratta un braccio, si rimette in piedi, cammina davanti ai nuovi dati e infine sbuffa, toccando l’auricolare.
-Bruce, non ci siamo. Non mi basta sapere quanto è veloce il processo di invecchiamento. Devo trovare un modo per intervenire direttamente su di esso.-
Si passa le mani sul volto. Qualche crepitio, segno che anche Banner si è lasciato andare ad un sospiro.
-..Vuole adottare il bambino che ha salvato il mese scorso.-
Annuncia, dopo qualche istante. Non gli piace il silenzio, a meno che non sia produttivo: un silenzio dove ci si auto commisera è più dannoso di due o tre birre di troppo. Quindi, tanto vale occupare il tempo con una notizia in grado di salvare i neuroni dal torpore. Magari ci guadagna pure qualche consiglio utile.
-..Cosa?-
La voce di Bruce è oltre lo stupito, è una buffa commistione tra il Non ci credo, giuralo sulla testa di Loki e Stark, se mi stai prendendo per il culo, Hulk spacca.
-Sì, credevo anche io che fossero i pinguini maschi ad avere l’istinto materno. Dimmi un po’ cosa ne pensi delle statistiche sulla mitosi.-
-Nulla che non ho già visto, ma posso darci ancora un’occhiata- è la professionale risposta di Banner –Che cosa gli hai detto?-
-Che non è mia intenzione lasciare orfano quel ragazzino per la terza volta. Bruce, quando ti spedisco i calcoli, vorrei che tu mi dessi un risultato, non che me li ripassi sullo schermo tali quali e prima-
-Non vedo perché dovreste lasciarlo orfano, il concetto di adozione è dare al piccolo una nuova famiglia, non un nuovo lutto. Chiedi a Jarvis. Ha anche una calcolatrice impiantata nei circuiti, oppure gli hai solo inserito il chip del perfetto Alfred?-
-Di’ all’Altro di starsene rintanato e non sparare troppo cazzate quando lavoriamo-
Tony sbotta, dando dei colpetti ad alcune tavole mediche, per poi farle scivolare col polpastrello su altre radiografie.
-Rogers ha uno splendido diaframma-
-Vero? Glielo dico sempre che è particolarmente sexy, anche se nulla potrà battere la piega sensuale della sua appendice-
-Credevo che i supereroi non avessero l’appendice-
-In realtà è una voce che mettiamo in giro perché i super cattivi non capiscano che è il nostro tallone di Achille-
-…Tony, che hai intenzione di fare col bambino?-
Un sospiro, gli occhi roteano al cielo.
-Lasciarlo dov’è. E ora passami le analisi rielaborate-
Lo schermo di destra ha un palpito azzurro e cascate di numeri cominciano a srotolarsi in colonna, affiancati da dati e annotazioni. Stark dà loro un’occhiata veloce, storcendo le labbra: è inutile, inutile, inutile. Continuano a girare sempre attorno lo stesso punto, raccogliendo sempre le stesse informazioni, formulando sempre le stesse ipotesi; ci sarebbe bisogno degli studi del dottor Erskine sul siero del supersoldato, peccato che siano morti con lui.
Fino a quel momento il siero ha funzionato perfettamente in quanto a rigenerazione delle cellule, per quale motivo ha iniziato a dare i numeri?
-Il processo di rigenerazione non si è fermato- mormora Tony, dopo qualche istante. Stringe il labbro inferiore tra le dita, lo tira appena e inclina la testa di lato, con gli occhi socchiusi –E’ solo diventato troppo veloce. È fuori fase-
-Qualcosa ha interferito con la struttura già modificata del DNA di Steve- lo segue Banner, immediatamente -Perché hai così paura di adottare quel bambino?-
-Non posso salvarlo-
-Tony, ti stai riferendo a lui o a Steve?-

 

***

Si appoggia piano alla rete metallica, sfiorandone il reticolo con la fronte.
E’ da almeno una settimana che nemmeno si avvicina a Casa Marvel; cerca di tenersi lontano da essa, dal bambino, soprattutto dal pensiero di entrambi. Impazzirai è stato il commento di Tony Non li puoi salvare tutti, Steve. E perché lui dovrebbe essere diverso dagli altri?
Steve solleva gli occhi al giardino della Casa Marvel: tre bambine giocano a campana, due ragazzini più grandi le guardano e prendono in giro le trecce di lunghezza diversa o la gonnellina sporca di sugo; una delle volontarie sta raccontando una storia, accerchiata da un capannello di nasini all’insù e occhioni sgranati. Si sta divertendo -lo vede dal sorriso che le arrossa le guance, e il sole le balugina dolcemente fra i capelli fulvi.
Si sistema meglio contro la rete, corrugando la fronte.
Sotto l’albero non c’è nessuno, se non l’ombra rachitica dei rami.
Dov’è il piccolo?
Magari è ad ascoltare la storia, ma no, no, non lo vede tra gli altri bambini, che sia malato? Magari è malato, sì, e sta osservando il giardino dalla finestra della sua cameretta. Solleva gli occhi, ma alle balaustre non c’è nessuno, solo riflessi grigiastri che scivolano sul vetro.
Magari..Magari lo hanno adottato.
Magari ora è con la sua nuova famiglia, seduto ad un tavolo a mangiare frittelle o a infilare le dita nel barattolo di burro d’arachidi. Magari è nascosto sotto le coperte a sfogliare di nascosto un fumetto dei Vendicatori, magari si è soffermato a contemplare la figura di Capitan America, magari è lì che si avvicina a sfiorare la linea di contorno con la punta del naso per vedere se hanno sbagliato qualcosa, se quel Capitan America è come quel Capitan America che lo ha portato via dalle macerie. Quel Capitan America che non si è più fatto vedere, che lo ha lasciato a fissare da solo l’Avenue, che gli ha promesso tanto volte di tornare, ma non l’ha più fatto.
Ottima mossa, Capitan America. L’opinione pubblica sarà alle stelle.
-Non sei venuto a trovarmi-
Steve sobbalza nel sentire quel pigolio. Si allontana e abbassa lo sguardo, ad incontrare gli occhi vitrei del bambino.
-Non sei venuto a trovarmi- ripete, stringendo la felpa tra le manine –Come gli zii. Non sei più venuto. Non sei tornato-
-Mi dispiace-
Ho avuto da fare. Ho dovuto tenere a bada una divinità Zulù. Ho dovuto sventare il piano di conquista del mondo da parte di una congrega di vasi di petunie.
-Torni?- chiede il piccolo e Steve deglutisce.
Si piega sulle ginocchia, sospira, allunga una mano come volesse accarezzargli la guancia; ma c’è una rete metallica a dividerli -E forse anche qualcosa di ben più insormontabile.
-No-
Il bambino non piange, non urla. Lo fissa e basta.
-Tieni- Steve estrae dalla tasca della giacca un pacchetto di figurine di Capitan America -Così mi avrai sempre con te-
Il piccolo si passa il dorso della mano a sfregarsi il naso, poi allunga le dita a prendere il pacchettino; deve piegarlo un po’ per farlo passare tra i tasselli ottagonali, ma quando riesce se li porta subito al petto, gli occhi di nuovo alzati.
Dietro di loro un autobus li sorpassa, tossendo e scatarrando.

 

***

-Non sei credibile-
Tony alza lo sguardo dal giornale, arcuando innocentemente le sopracciglia.
-Non capisco di cosa tu stia parlando-
Steve chiude gli occhi e gli regala un tiepido sorriso, scuotendo la testa. Sospira.
-E’ un bel bambino, vero?- gli chiede.
-Ha il moccio al naso- ribatte Stark, piegando il New York Times sulle ginocchia; accavalla le gambe e allarga le braccia sul retro della panchina, dondolando piano il piede.
Non che si sia messo a pedinare il signor Rogers, ci mancherebbe. Si è solo..ritrovato casualmente dietro di lui quando lo ha visto uscire di casa. Né è rimasto ad osservarlo mentre parlava col piccolo orfano, che andate a pensare? Ha solo trovato che quella panchina dall’altra parte dell’Avenue fosse estremamente comoda, e soprattutto un’ottima postazione per godersi il patriottico fondoschiena del Capitano.
-Ha quattro anni- Steve gli si siede accanto, il busto inclinato in avanti e le braccia sulle ginocchia.
-A quattro anni io non avevo il moccio al naso-
-Ah, giusto. A quattro anni avevi già costruito un braccio meccanico che te lo asciugasse-
-Per l’amor del cielo!- Tony fa un finto gesto scandalizzato –Ferrovecchio non è così vecchio-
L’altro, stranamente, si mette a ridere. E’ un suono che dura poco, ma a Stark sembra di non averlo sentito per secoli, vuoi per tutto il tempo che passa in Laboratorio, vuoi perché, nonostante voglia fare l’eroe a tutti i costi, la questione dell’invecchiamento sta preoccupando Rogers più di quanto sia disposto ad ammettere.
Tony inclina un po’ il viso, per osservare di scorcio il profilo di Steve.
-Non voglio che soffra. Non voglio che tu soffra nel caso dovesse succedermi qualcosa e, sì, sono tanto egoista da ammettere che non voglio soffrire nel caso ti succedesse qualcosa. So cosa vuol dire rimanere orfani e quel bambino lo è già stato due volte, la mia nomea di filantropo ne risentirebbe se lo permettessi anche una terza.
-Già ho qualche problemino con il titolo di playboy, per cui..-
Steve non gli risponde. Guarda fisso la strada, mordicchiando l’interno della guancia.
Brutto, brutto segno.
-Se non posso salvare te, come posso salvare lui?-
-Tony, lui non è un supereroe!- esclama l’altro, voltandosi a fronteggiarlo -Non sta invecchiando per motivi sconosciuti, non ha un grappolo di schegge che possono ucciderlo da un momento all’altro! È un bambino. Non gli servono calcoli matematici, né ore passate in Laboratorio in videoconferenza con Banner o tantomeno di un’armatura..-
-O di una tuta luccicante-
-E’ tutto uno scherzo per te?-
-Non sono mai stato così serio, Steve-
Rogers si passa una mano dietro al collo, prima di stringere la radice del naso tra le dita; Tony non può reprimere un sorrisetto nel notare come quel vizio sia passato anche a lui.
-E’ solo un bambino, un orfano. Ha solo bisogno di una famiglia che si prenda cura di lui-
-Noi siamo supereroi, non siamo certo la famiglia più sicura su cui fare affidamento-
-I vasi di petunie cadono anche sulle persone comuni, Stark-
Tony si china su di lui, l’indice ben teso e il sopracciglio destro sollevato.
-Non quelli che vogliono conquistare il mondo. Loro hanno un istinto molto sviluppato, sanno esattamente su quale supereroe cadere-
Steve rimane in silenzio e Stark si accorda a lui. Rimangono a fissare il giardino dell’Avenue ancora per qualche minuto, gli occhi fermi sulla schiena del bambino, seduto a rigirarsi le figurine tra le dita sporche di terra.
-Io non li cambio i pannolini, Rogers-
-Ha quattro anni, non li porta più i pannolini-
Ancora silenzio.
Passa qualche taxi, l’ansimo delle ruote sull’asfalto, il picchiettare dei tacchi sul marciapiede.
-Andiamo a casa, Tony-
-Vai, io ti raggiungo. Ho ancora qualche lavoro da sbrigare-
L’altro annuisce e si alza; gli stringe la spalla prima di allontanarsi, ingoiato dalla calca newyorkese. Stark, invece, piega il busto in avanti, poggiando il mento sulle dita intrecciate. Quasi sia stato in grado di sentire quel richiamo silenzioso, il piccolo torce il collo ad osservarlo di rimando.
-Sì. Hai proprio il moccio al naso, marmocchio-

 

 

***

Se torna a casa ubriaco, è la volta buona che lo lascia sullo zerbino. Non gli porta nemmeno le coperte se si presenta sbronzo, che ci pensi il rhum o la vodka o qualsiasi altra cosa abbia ingerito a tenerlo al caldo.
-Jarvis- Steve si piazza al centro della sala, i pugni contro i fianchi.
Sì, signor Rogers?
-Voglio che controlli il tasso alcolico di Stark appena varca la soglia di casa. Se è troppo alta ti proibisco espressamente di fargli mettere un piede qui dentro-
Come desidera, signor Rogers. Tuttavia, ritengo di doverla informare che il signor Stark possiede un codice per bypassare il mio sistema in casi simili. È un codice talmente semplice che è in grado di ricordarlo anche se non si trova in pieno possesso delle sue facoltà.
-
Ha già fatto la prova?-
Innumerevoli volte.
Chissà perché ci avrebbe giurato.
Potrebbe andare a prendere lo scudo, tanto che c’è. Così, per sicurezza. Magari un bel colpo di vibranio fra capo e collo gli fa passare una buona volta il vizio di ubriacarsi –è probabile che un colpo di vibranio fra capo e collo lo faccia stramazzare direttamente al suolo, ma quelli sono dettagli insignificanti. E anche piuttosto piacevoli.
Sì, lo scudo gli sembra un’idea ottima. E’ palesemente notte, è palesemente tardi, è palesemente ovvio che quell’idiota ha deciso di riflettere sulla vita, l’universo e tutto quanto davanti ad un boccale.
Per cui. Scudo. Tutte le strade portano allo scudo.
Il signor Stark sta rientrando, signor Rogers.
-Grazie, Jarvis. Il tasso alcolico..?-
Ma non riesce a finire la frase.
La porta si apre e Tony Stark fa la sua trionfante entrata, stranamente non traballante, stranamente non cianciando di campi magnetici o cromature iridescenti, stranamente accompagnato. E la sorpresa è tale che Steve nemmeno ha la forza di rispondere al ghignante Buonasera, Rogers e che la sua prossimamente-colpita-col-vibranio metà gli ha rivolto dall’uscio.
Il tasso alcolico del signor Stark è nella norma, signor Rogers.
All’improvvisa apparizione della voce metallica, il bambino si appende ai pantaloni di Tony. Questi sorride, borbottando qualcosa tra i denti circa la manifattura italiana e mettendo una mano dietro la schiena del piccolo, per spingerlo verso Steve.
-Ho controllato, non li porta più i pannolini- se ne esce Tony, prima di chinarsi all’altezza del bambino e indicargli il soffitto -Tranquillo, non è pericoloso. È solo un processore dalla voce piuttosto molesta, il massimo che ti potrà fare sarà bloccare qualche sito particolare quando avrai violato il sacro recinto della pubertà-
-Stark- è il ringhio ben udibile da parte di Steve.
-Ma fino a quel momento- si corregge l’altro, all’istante –Peter, lui è Jarvis. Jarvis, dai il benvenuto al nuovo elemento della nostra piccola, sgangherata famiglia.

 

 

Chissà se, alla fine, non sarà lui a salvare
Entrambi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Ho scoperto qualche settimana fa la Superhusbands, ed è stato amore a prima vista. So che l’idea di Peter trovato fra le macerie o comunque salvato da uno dei nostri due baldi giovini non è nuova, vi chiedo venia se questo particolare pecca di originalità. E, soprattutto, non era mia intenzione plagiare nessuno.
La teoria dell’invecchiamento veloce di Capitan America ricordo di averlo visto in un episodio proprio di Spiderman. Avete presente una di quelle serie che passavano una decina di anni fa? Ecco, ricordo perfettamente questo episodio in cui comparivano lui, Capitan America e Wolverine. Credo sia stato quello a farmi amare i Crossover della Marvel. Ordunque, in tal episodio veniva detto che Capitan America doveva rimanere dentro una specie di cassa criogenica in attesa che venisse trovata una cura e alla fine c’era la scena straziante in cui Wolverine richiudeva la cassa di mano propria e dava l’ultimo saluto al grande Cap.
Cioè. Devo ritrovare quell’episodio.
Oltre a quello…Ho sparso un po’ di citazioni qua e là, che vanno da Batman al film degli Avengers e anche qualche cosina da La Guida Galattica per Autostoppisti.
Spero davvero vi sia piaciuta, sicuramente tornerò su questo trio che è amore puro. Chiedo venia, oltre che per l’idea di partenza poco originale, anche l’approfondimento non troppo approfondito (?) dei personaggi. Prima di fare qualche vaccata preferirei andarci coi piedi di piombo XD
Bene, detto questo…Alla prossima!
E attenzione ai vasi di petunie!

Nemeryal

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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