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Autore: MrBadCath    03/01/2013    3 recensioni
Seguendo la trama di "A Hard Day's Night" vi proponiamo questo lavoro a quattro mani che, se non vi stupirà, perlomeno vi farà fare quattro risate. Buona lettura!
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Ringo Starr
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A HARD DAY’S NIGHT

 

CAPITOLO 2: And when I ask you to be mine...

 

«Hey Paulie, chi è quell’anziano signore?» domandò la strana figura di John Lennon, rivolta all’amico.

«Mio nonno» spiegò il bassista, congiungendo le mani sul proprio addome.

«Non è possibile, io ho visto tuo nonno e…»

«È l’altro. Tutti abbiamo diritto a due nonni, e questo per me è il secondo.»

L’anziano guardava i quattro amici, vestiti tutti uguali, con lo stesso taglio di capelli, come se fossero degli alieni, con l’espressione crucciata e gli angoli della bocca tendevano verso il basso.

«Che uomo pulito...»

«Ah, non farti ingannare, è un vero diavolo, ci costa un sacco in cause legali!»

«E come mai hai deciso di portarlo con te?» Lennon già si rattristava per aver perso il suo aiuto nel conquistare ragazze, ma era troppo distratto dal vagare con la mente sulle curve di qualche ragazza, certo, sempre rammaricato che il suo compagno non avrebbe avuto le sue stesse possibilità, perché troppo impegnato a…

«Devo badare a lui.»

«Io bado a me stesso!» furono le uniche proprie parole con cui l’anziano signore si presentò.

«È questo che mi preoccupa...» confessò il giovane McCartney sovrappensiero.

Shake passò giusto per controllare che i quattro divi di Liverpool fossero ancora vivi e vegeti dopo “La caccia ai Beatles” gioco di cui si doveva svolgere il secondo tempo alla stazione in cui sarebbero arrivati, dove si prevedeva un grande afflusso di fan e conseguentemente di polizia.

«Salve! Ce l’avete fatta allora?» esordì l’uomo alto con il capello. Aveva un’aria non particolarmente brillante, ma sembrava simpatico.

«No.» John lo guardò serio.

Lui neanche provò a rispondergli, perché il cantante si sarebbe impegnato a disobbedire, in ogni caso.

«Ciao a tutti!» Norman teneva in mano una ventiquattrore «Per una volta cerchiamo di comportarci come dei cittadini rispettabili, non fate nulla di cui potrei pentirmi, soprattutto s… Lennon, mi stai scoltando?»

No, effettivamente il ragazzo stava facendo tutt’altro: cercava di capire dopo quanto tempo l’effervescenza della Coca Cola creasse dipendenza e assuefazione. Ah, l’umorismo inglese!

«Sei un suino!» esclamò sfrontato «Lo è o non lo è, George?»

«Oh, sì, lo è!» confermò il chitarrista, che stava naturalmente mangiando.

Il manager sospirò e riprese a parlare:

«Io e Shake andiamo a prenderci un caffè...»

«Anche io voglio un caffè!» l’anziano si alzò.

«E va bene nonnino, vieni con noi!»

I Beatles ebbero di nuovo compagnia: a entrare nel loro scompartimento fu un signore alto e massiccio, con una bombetta calcata sul capo, che appena possibile cominciò a polemizzare sulla regolarità con cui viaggiava su quel treno, sui suoi diritti… Cose che i quattro non ascoltarono davvero.

«Io ho fatto la guerra per voi altri!» esclamò poi l’uomo, adirato.

«E le dispiace che l’abbiamo vinta?» lo prese in giro Ringo, sporgendosi leggermente in avanti, per alzarsi dal sedile, Paul fece lo stesso.

«Andiamo a prenderci un caffè e lasciamo solo il colonnello» il bassista si mise a posto i pantaloni scuri e stretti, poi si avviò con gli altri.

Appena si chiusero la porta a vetri alle spalle, John ebbe un colpo di genio, e, con un’espressione degna di chi ha una paralisi facciale, si affacciò di nuovo; George, Ringo e Paul gli andarono dietro, con un’abilità che appartiene solo a chi ha passato anni in compagnia di una sagoma come Lennon:

«Hey, Mister! Can we have our ball back?»

Il passeggero all’interno li squadrò scocciato, poi girò di nuovo gli occhi sul giornale, su cui era scritto a caratteri cubitali, «I Beat…»

«F@$%! Mister!» si sentì bussare al finestrino, e, quando si girò, quei quattro mostriciattoli erano lì, che correvano e urlavano.

«I Beatles vanno a…» il rumore fastidioso dei tacchetti sul pavimento distolse il lettore, di nuovo, e, quando si girò in direzione della fonte del rumore, si vide il tipo con il naso grosso che veniva tenuto in orizzontale dagli altri tre buffoni.

«Ehy, non fatemi cadere...» li avvertì Ringo.

«Che te ne frega, tanto con gli ospedali tu ci sei molto amico!» Paul e John si sorrisero.

«Ma no, perché dovremmo? Tutto sommato sei uno dei batteristi più…» George, che con le mani sorreggeva le spalle del suo amico, lasciò la presa all’improvviso.

Quella ragazza la conosceva: era quella a cui aveva probabilmente rovinato irreversibilmente la giornata, (in realtà, c’era riuscito meglio di quanto immaginasse). Le sorrise, alzando un angolo delle labbra, lei dal canto suo spalancò gli occhi, aggrottò le sopracciglia.

«Sono curioso di vedere come sono venute le foto, sai?» cercò di attaccare bottone il chitarrista, dopo aver spalancato in un solo colpo la porta, facendo tremare il vetro.

«Semplicemente… Semplicemente meravigliose» la biondina cercò di sembrare convincente, ma nel suo tono di voce c’era troppa insicurezza, scaturita dall’orrendo ricordo dei denti di George nella foto. Si mise a ridere sotto i baffi, come una psicopatica, da sola...

«Ah sì?! Io sto andando a bere qualcosa, ti va di venire?»

«No, guarda, ti ringrazio, per come sta andando la giornata, come minimo, mi verserei addosso qualunque cosa mi venga offerta...»

«D’accordo.» sorrise George.

“Quell’essere è ancora lì!” urlò mentalmente Amelia, alla vista delle verdure impigliate tra i denti del chitarrista.

«Non mi scapperai, abbiamo ancora fin troppo tempo da passare sullo stesso treno.»

 

Il vagone ristorante non era particolarmente affollato. Ad attirare l'attenzione dell'unico gruppetto di passeggeri, c’era una giovane ragazza seduta a mescolare un mazzo di carte con abilità e rapidità. Proprio mentre i ragazzi entravano allargò le braccia con aria teatrale e posò le mani sul tavolo per farsi forza ed alzarsi in piedi:

«E ora, signori e signore...» annunciò Kate «Volete per caso provare a vincere ciò che avete perso? Non sarà facile, ma vi darò una possibilità!» sorrise amabilmente «Guardate bene queste tre carte: quelle nere perdono, quella rossa vince. Solo uno di voi potrà provare. Allora, chi si fa avanti?”

«Posso scommettere me stesso, ma se dovessi perdere saresti costretta a tenere anche me!» McCartney senior rise marpione, strizzò un occhio. Nel frattempo Norman e Shake volevano sotterrarsi dalla vergogna… Ma perché nessuno li aveva avvertiti?

«Accetto solo cash, nonno» rise canzonatoria la ragazzina, e lui si girò dall’altra parte.

In quel momento i quattro Favolosi fecero il loro ingresso, tutt’altro che elegante, visto che stavano ridendo senza ritegno:

«Cos’è questo silenzio?»

«L’avrei detto anche io prima del vostro arrivo, Lennon» osservò Norman, nervoso, mentre tirava delle lunghe boccate da un sigaro.

Ringo si avvicinò e li guardò, sinceramente preoccupato:

«Che succede? Non vi ho mai visto nervosi...»

«Il nonno ci ha provato con la croupier.» spiegò Shake, additando la ragazza che intratteneva il pubblico.

Paul lanciò uno sguardo distratto al tavolo, prima di riconoscerla e rimanerne incantato.

C’era qualcosa di differente in quel ragazza che sedeva con le gambe incrociate sulla poltroncina del treno, da sola, occupando il posto che in teoria sarebbe dovuto essere per due persone.

Forse era per via dei capelli, che invece di essere cotonati, erano ordinati in una coda tirata; o magari per i semplici… Forse a far apparire la giovane differente dalle altre, erano le carte da gioco smozzicate e ormai spiegazzate che maneggiava con mirabile maestria.

«Qualcuno dei Signori qui presenti ha voglia di farsi avanti?» riprese, visto che con il gioco delle tre carte tutto il pubblico si era scoraggiato.

«Avanti in cosa?» domandò Lennon, guizzando i sopraccigli all’unisono.

«Mi sembra ovvio! Una partita a poker! Ovviamente dobbiamo giocare con una piccola posta, giusto per rendere il tutto un po’ più… Piccante!»

«La ragazzina sa come divertirsi, eh?» sussurrò John a Paul, che però sembrava perso in un altro universo.

Mentre la partita si svolgeva, la signorina sorrideva: i denti bianchi (e soprattutto senza una piantagione ben annaffiata), venivano incorniciati dalle labbra rosse; gli occhi, strategicamente allungati con una linea di eye-liner, seguivano ogni passaggio della giocata.

Paul decise che era il caso di fare la sua puntata: la posta in gioco era alta.

«Signorina, gradirebbe lasciar perdere questi bacucchi per unirsi a me in privato per una partitella amichevole a strip-poker?»

Kate sbatté le palpebre allibita, domandandosi se era quello il modo di abbordare una signorina. Sarà stato anche Paul McCartney, ma in fatto di corteggiamento era un cavernicolo.

«No. Le spiegherò le mie motivazioni, comunque. Primo: non mi piace vincere facile. Secondo: se vincessi non ne trarrei nessun profitto.» Tutto il vagone scoppiò a ridere, compresi gli altri tre Fab, che avrebbero voluto manifestare la sua solidarietà all’amico, ma che erano troppo divertiti per potersi trattenere. «Ad ogni modo, se qualcuno di voi volesse tentare la fortuna ancora, stasera sarò al Circolo Le Cirque. Siete tutti invitati a raggiungermi, basterà dire il mio nome all’ingresso... e io sono Kate.» la ragazza sorrise, abbagliando tutti, in particolare il bassista.

‘Kate...’

 

 

 

 

 

Note delle Autrici:

Ci terremo a ringraziare per il caloroso responso al primo capitolo e per i vostri commenti gentilissimi! Cercheremo di non deludervi!

Aggiorneremo probabilmente tutti i giovedì :)

Intanto vi auguriamo un buon principio di anno nuovo!

 

MrBadCath (M&S)

   
 
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