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Autore: El_Roy    07/01/2013    1 recensioni
Se state cercando un tributo a Tolkien e vi prendete troppo sul serio non leggete. Sul serio, lasciate stare. Questa è la storia di come molto spesso qualcosa di epico passa inosservato.
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Fan Art a cura di Camilla Colombo che mi ha schiavizzato.]


"In un buco nel terreno viveva uno Hobbit. Non era una cavità brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una casa hobbit, cioè un sacco bassa..."
....knock knock knock knock knock! Il giovane Hobbit si alzò in piedi dal suo scrittoio in mogano e sbattè violentemente la testa contro una trave che avrebbe giurato non fosse lì l'ultima volta che aveva guardato. Quella casa continuava a rimpicciolirsi giorno dopo giorno e non ne sapeva estrarre il motivo. Trotterellando si spostò carponi per il corridoio dove un ampio tappeto ricamato copriva il legno del pavimento e arrivò al suo portoncino rotondo. Lo spioncino era troppo in basso per sbirciare chi fosse il malefico ospite che aveva interrotto la sua attenta scrittura, così aprì la porta e davanti si ritrovò quel che parve un Nano. Con una fatica sovrHobbitiana uscì dall'uscio troppo piccolo per lui e si posizionò davanti al Nano. Il burbero abitante delle miniere gli arrivava appena all'addome.
-Buongiorno a voi!- cinguettò lo Hobbit.
-Buongiorno.- bofonchiò di rimando il Nano. Poi lo squadrò dalla testa ai piedi e sputò nella aiuola più vicina, cosa che fece davvero rabbrividire il povero Hobbit. Il Nano strizzò gli occhi e spostò la testa di lato prima di sentenziare una cosa che suonò più o meno così: -Vivi in un buco Hobbit, con un giardino Hobbit e hai modi da Hobbit. Ma che io sia fulminato figliolo se tu lo sei! Troppo alto per uno Hobbit.- Il non basso Hobbit parve offendersi e si ritirò verso la porta.
-Disfunzione ghiandolare. Desidera?-
-E non hai i piedi nudi.- replicò il Nano mentre lo Hobbit calciava via le scarpe che aveva ai piedi come una furia e faceva finta di pulirsi le unghie dei piedi come se non stesse facendo altro da quando la conversazione era iniziata.
-Desidera?-
-E non hai le orecchie da Hobbit.-
-A quello ci sto lavorando.-
-Io credo che tu sia un umano stanco della vita degli essere umani che ha deciso di pretendere di essere uno Hobbit. Che ne dici?- chiese sorridendo e incrociando le braccia il fastidioso visitatore.
-E io credo che lei non si sia ancora presentato e che non mi abbia ancora detto il motivo della sua visita. Siamo lontani dalle vostre montagne qui, e lontani dalla Contea. Questo è un posto isolato dove ho deciso di trovare la pace e gli scocciatori non sono ben accetti. Gli ospiti si, ma non gli scocciatori.- il Nano parve risentirsi per la scarsa educazione dimostrata e fece un inchino indietreggiando.
-Permettetemi di presentarmi. Sono Mastro -alin, figlio di -ori.-
-Mi scusi ma credo che nella sua battuta manchino delle lettere. Vedo il trattino.- fece cortesemente notare lo Hobbit.
-Oh no, mio giovane amico. Ci chiamiamo quasi tutti uguale quindi la mia famiglia ha deciso di rimuovere il morfema iniziale. La radice del nome. Puoi metterci ciò che vuoi.- lo Hobbit aggrottò la fronte.
-Quindi posso chiamarti Falin, Dalin, Talin e BucoCaccolosalin?-
-Esattamente. Come devo invece chiamare voi e la vostra ospitalità?- fece il Nano. Lo Hobbit trasalì al pensiero di non essersi ancora presentato e di aver tacciato il Nano di maleducazione.
-Sono Gelsomino. Gelsomino Cotton. Figlio di Pansèe Cotton.-
-Mai sentiti prima.- replicò il Nano sempre più burbero. Gelsomino rispose con un timido sorriso e abbassò lo sguardo sulla sua vestaglia. Estrasse la pipa ed inizio qualche tirata, nonostante non fosse nè carica nè accesa. Stemperava la tensione fumando la pipa, ma il fumo fà male e quindi ne usava una spenta. Il Nano soffocò una risata.
-Ebbene Mastro Grassottalin a cosa devo la vostra visita?-
-In realtà anche io mi sono trasferito in questo posto lontano dalle mie Montagne. Abito in una grotta poco giù da quel pendio.- disse indicando una cosa che Gelsomino sapeva in cuor suo essere totalmente a caso.
-Per farla breve ho finito lo zucchero.- Gelsomino fu sollevato da quella richiesta in fondo comprensibile.
-Oh, sarò lieto di dargliene un po' Mastro Caccadicervalin.- disse mentre si voltava per tornare in casa. Fu proprio in quel momento che qualcosa nell'aria cambiò. Se Gelsomino e NonMiLavoMaiLeAscellalin fossero rimasti entrambi in vita alla fine di questa storia l'avrebbero raccontata nello stesso modo: un odore a metà tra il marshmallow e la clorofilla coprì qualsiasi altra cosa nel raggio di chilometri. E fu proprio in quel momento che un nuovo personaggio entrò sul palcoscenico, così da non annoiare troppo il lettore che probabilmente si era stufato di battute tra il Nano e il supposto Hobbit.
Era al limitare del bosco. Un elfo, in tutta la sua regalità e magnificenza. Capelli biondi fino alla vita, sottili sopracciglia color dell'ebano e tratti leggeri e allo stesso tempo ben definiti. L'unica cosa strana era che stava cavalcando un Cavalluccio Marino. Senza acqua. Quindi in pratica vi era a cavallo ma l'animale rantolava per terra e si dimenava come un forsennato. Come fosse arrivato fin lì con quella bizzarra cavalcatura restava un mistero. Il Nano e Gelsomino lo osservarono per qualche minuto mentre incitava il Cavalluccio a muoversi senza successo, quindi si voltarono per un attimo e allora l'Elfo si tirò in piedi, prese il Cavalluccio in braccio e si spostò di qualche metro correndo leggero come un passero. Quando lo Hobbit e -alin si voltarono era di nuovo disteso a terra. L'operazione si ripetè qualche volta fino a che l'Elfo non arrivò da loro e allora finse di smontare dall'animale e si avvicinò alla coppia.
-Salve a voi, abitanti di queste Lande. Scusate il mio aspetto sfatto ma è stata una lunga cavalcata.- disse mentre alcune scintille costellavano il suo corpo in maniera apparentemente inspiegabile.
-Lasciate che mi annunci. Sono Aevandiv, figlio di Amdiv.-
-Salve a voi Aevandiv.- disse Gelsomino.
-No, no. Dovete metteve una "v" al posto della "v".- tentò di spiegarsi disperatamente l'Elfo. Il Nano prese la parola.
-Questo rocchetto arrocchettato di un Elfo non sa pronunciare con precisione la lettera che romba e rotea nella nostra fornace. La "R" insomma.- Gelsomino sospettò che il Nano avesse messo così tante "r" nella frase un po' per spregio all'Elfo. Comunque ora si spiegava perchè nelle prime battute Aerandir avesse accuratamente evitato parole con la "r": avrebbe mandato in fumo il gioco.
-Ad ogni modo salve Aerandir. Noi siamo Gelsomino Cotton e -alin della Famiglia Morfo-Bizzarra.- si presentò lo Hobbit.
-Un Nano? Tzk.- replicò altezzoso l'abitante dei Boschi.
-Vuoi fare a pugni feccia elfica?- sbraitò Rissalin.
-Nope.- rispose l'Elfo spostando la testa dalla parte opposta al Nano e facendo scintillare i suoi capelli. "Nope" è una parola che nella lingua elfica probabilmente significa "rifiuto facendo lo snob ah-ha!".
-Qual buon vento vi porta qui Aerandir?- chiese Gelsomino interrompendo la lite.
-In vealtà mi sono tvasfevito da poco con alcuni del mio popolo nella fovesta giù a valle.- disse indicando anche lui un punto imprecisato del panorama.
-E mi chiedevo se potesse gentilmente davmi dello zucchevo.- Il Nano sobbalzò. -L'ho chiesto prima io!- scattò subito. I due iniziarono a litigare come bambini prima che Gelsomino troncasse tutto dicendo che probabilmente aveva abbastanza zucchero da donare ad entrambi. Il piccolo alto uomo non sapeva che da quell'unico gesto sarebbe dipeso il Destino di tre intere razze. Si ritrovò a guardare la zuccheriera vuota, desolata, in carestia.
-Sono spiacente di annunciarvi che...beh ho finito lo zucchero.- Lampi di sangue saettarono negli occhi dell'Elfo. La barba del Nano quasi prese fuoco per la rabbia. Il più basso dei tre pestò i piedi per terra e sputacchiò indignato, mentre l'Elfo montava adirato sul suo destriero che probabilmente era svenuto per terra.
-Avvai pvesto nostve notizie.- disse fingendo di partire al galoppo. Il Nano si allontanò lanciando occhiatacce ad entrambi e Gelsomino si ritirò nel suo buco Hobbit. Cosa aveva scatenato?
 
Il primo attacco sarebbe stato quella sera. La prima pietra della scalinata che portò ad uno dei più grandi conflitti di vicinato mai raccontati e mai documentati. Perchè ho sentito il bisogno di narrarlo? Perchè io ero lì. No scherzo, perchè fa ridere.
Gelsomino era seduto nel suo troppo piccolo salottino intento a fumare la sua pipa spenta e a leggere un certo libro che parlava di Anelli. Qualcosa però lo disturbò dalla lettura e si alzò di scatto dopo aver udito il suono di un corno in lontananza. Si affacciò alla finestra dopo aver spostato le piccole tende e gettò l'occhio verso l'esterno. Sulla collina poco distante da casa sua una sagoma stava di profilo contro la il sole che tramontava e suonava un corno. Come uno stormo, dietro di lui si levarono decine e decine di grandissimi uccelli che si stagliarono contro il solo arancione e volarono verso l'abitazione di Gelsomino. Un attimo. Questi uccelli sono un po' troppo grandi. Più veloce che poteva lo Hobbit atipico si proiettò fuori dalla casa giusto in tempo per vedere cosa stava effettivamente accadendo. Dal quadro che gli si dipinse ne trasse almeno una bella notizia: gli Elfi avevano smesso di sottomettere i Cavallucci Marini. Forse. Attaccati a decine e decine di deltaplani fatti di foglie vi stavano altrettanti Elfi che sorvolavano minacciosi la casa del povero Gelsomino. Per un attimo rimase come incantato da quella scena che aveva un chè di poetico e al tempo stesso di terribile. Qualcosa gli riaffiorò alla mente, qualcosa che aveva letto in un libro da qualche parte chissà dove: ma i suoi pensieri furono interrotti da un "plotch" che si schiantò direttamente contro il tetto della casa. Un altro lo seguì poco distante dal primo. E ancora uno. E un altro. Pioveva qualcosa. Ed ecco che riuscì ad acchiappare quel ricordo.
Quel frammento di memoria che diceva che qualche popolo Elfico usava un metodo inusuale per concimare i propri boschi. Degli Elfi stavano defecando. Sul suo tetto. Ora. Per dello zucchero. Se fosse stato un umano avrebbe urlato "GLI ELFI MI STANNO CAGANDO SULLA CASA!" ma era uno Hobbit e quindi compostamente si rintanò dentro casa e attese la fine di quella strana calamità. L'unica cosa che riusciva a pensare mentre il suo posto felice veniva bombardato, era che il suo tetto era troppo fragile per reggere il suo peso non Hobbit: avrebbe dovuto cercare un Nano per ripulire quello schifo.
Link Fan Art: http://i49.tinypic.com/s5l35w.jpg
   
 
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