Allora,
la canzone a cui mi sono ispirata mentre passeggiavo per andare a
prendere la
metro è “Take a bow”, cantata da
Rihanna. Ragazzi, buona lettura, perché…
è
talmente esilarante… e mi sono divertita così
tanto! OMG xD I commenti, al
solito, sono graditissimi!
Take
a bow or That’s a
parody!
Era
strano che dopo tutto quel tempo la Signora Hudson lo
contattasse per telefono chiedendogli di raggiungerla appena possibile
al
celebre indirizzo di Baker Street, numero 221b.
Il
medico John Watson aveva infatti traslocato da anni,
perché si era reso conto che sarebbe stata solamente una
sofferenza inutile e
masochista continuare a vivere là dove tutto era partito, e
tutta la sua vita era
implosa.
Ha
cercato di rimediare al disastro dovuto alla scomparsa di
Sherlock creandosi delle cose da fare, accettando di lavorare in un
ospedale
dove i turni e lo stile di vita avrebbero tenuto a bada i ricordi,
lasciando
così il posto all’ambulatorio dove aveva
incontrato Sarah, di cui in effetti
non aveva saputo più nulla.
Inutile
dire anche che i rapporti con Mycroft, Molly e
Lestrade erano andati disfacendosi, semplicemente perché
ognuno di loro
ricordava prepotentemente il consulente investigativo. Inoltre, gli
altri male
sopportavano l’idea di non poter fare nulla per John,
poiché nessuno stava
soffrendo come lui.
Per
tutte queste ragioni per Watson fu difficile spiegarsi
come mai la sua vecchia padrona di casa, e non cameriera, come era
solita
sottolineare, l’avesse chiamato dopo ben tre anni
da… dopo ben tre anni.
Avrebbe
di gran lunga preferito ignorare il suo messaggio in
segreteria e continuare a esistere senza troppe pretese, ma un
po’ per
educazione, un po’ per senso del dovere, un po’ per
nostalgia, il dottore si
portò, o quantomeno lo fecero le sue gambe,
all’orario stabilito davanti il suo
precedente appartamento.
-
John?! Gesù, come stai? – lo sorprese il
commissario
Lestrade alle porte di casa sua. No, della sua vecchia casa.
-
Hey. Bene, me la cavo. E tu? Mi sorprende parecchio
vederti qui, perdona la sincerità – rispose
confuso Watson.
Molly
apparve alle loro spalle alla stregua di un fantasma,
facendoli letteralmente saltare sul posto:
-
Credo che sia arrivata semplicemente ora di ricevere qualche
spiegazione –
-
Riguardo a cosa? – domandò l’ispettore.
-
Oh, cari! Siete già qui! Bene, bene. John, caro, fatti
salutare per bene – li salutò
all’improvviso la Signora Hudson.
Perché oggi tutti
quanti spuntano come fantasmi? Sono io che sono diventato deficiente, o
loro
sono in segreto ninja? Rifletté il dottore
mentre andava ad abbracciare con
un carico eccessivo di imbarazzo la vecchia donna.
Fu
inevitabilmente difficile riuscire a salire quegli
scalini dopo tutto quel tempo. La sola forza che lo spinse a proseguire
fu la
volontà di non apparire debole e bisognoso di compassione
agli occhi dei
presenti. Già troppe volte aveva dovuto sopportare con fare
diplomatico la loro
invadente preoccupazione.
Il
tipico, nostalgico e disarmante odore della casa lo
accolse tragicamente, ma non si lasciò abbattere da
ciò.
Nulla
era stato toccato, a parte quelle poche cose che gli
appartenevano e che si era naturalmente portato dietro.
Mycroft
si presentò a loro dopo essersi levato dalla sedia.
Watson non seppe mai se la rabbia che gli salì vedendolo era
ancora quel
vecchio rancore o il fatto che era seduto nella sedia su cui
abitualmente di
accovacciava suo fratello.
-
John, è un piacere rivederti – lo
salutò Holmes, prima che
agli altri.
-
Ti offendi se ti dico che non è lo stesso per me?
–
replicò il medico.
Il
politico, se così si può definire,
accusò il colpo e
accennò un segno di saluto agli altri presenti.
-
John, caro, forse è meglio se ti siedi per via della
gamba? – chiese la Signora Hudson.
-
No, sto bene così come sto. Piuttosto sarebbe ora di
chiarire alcune cose, come ad esempio questo incontro dei nostalgici
anonimi –
-
Non essere così duro. Ci sono spiegazioni per tutto
quanto, e finalmente potranno essere date – esordì
Molly.
-
Spiegazioni? Per cosa poi? Scusate, ma vi rendete conto
che questa situazione ha dell’incredibile? Ho spostato il mio
turno all’ospedale
per incontrarci tutti insieme allegramente in questo cavolo di
appartamento che
sono riuscito ad evitare come la peste per tutto questo tempo senza
sapere
perché. Intendi dire che mi darai spiegazioni per questo?
– sbottò il biondo
senza preoccuparsi di ferire qualcuno.
La
dottoressa rispose alla sfida che gli aveva lanciato l’uomo
con un sorriso di compassione, il che fece alterare ulteriormente
Watson.
-
Hai ragione, ma ora le parole credo saranno superflue.
John, forse è davvero meglio se ti siedi – fece la
ragazza.
Il
dottore sbuffò per l’impazienza, ma
seguì il consiglio
sperando così che la situazione si sarebbe evoluta.
E
fu così.
Un
ulteriore fantasma fece la comparsa in quella strana
giornata e in quello strano appartamento.
Ho un tumore al
cervello, lo sapevo. Non potrebbe essere altrimenti. Eppure
il rumore che
fece la padrona di casa svenendo a terra dopo un grido strozzato gli
fece
intendere che nessun cancro gli aveva dato l’illusione che
Sherlock si trovasse
in quella stanza con loro. In persona, di ritorno dal mondo dei morti.
-
John, bentornato a casa – esordì il giovane
Holmes.
Watson
rise in una maniera così nervosa e da pazzo che fece
preoccupare quei pochi che prima non si erano fiondati sulla donna che
si era
spalmata a terra.
-
Mycroft, lo so che sei un bastardo, ma farmi uno scherzo
del genere diventa di cattivo gusto pure per te.
Cos’è un attore pagato per
farmi venire un infarto? O un qualche ologramma di ultima generazione
top-secret? – chiese con rabbia ed isterismo l’uomo
col bastone.
-
John, è tutto reale! – cercò di dire
Hooper.
-
Ottimo! Allora se davvero è reale posso fare questo! -.
Watson si alzò in preda ad una furia cieca caricando un
colpo col bastone per
mollare un fendente sulla testa dell’alto uomo riccioluto.
Mycroft e Lestrade
lo braccarono, ma lui continuò con gli ingiuri.
-
Ho visto la tua testa spiaccicata
e affogata nel tuo sangue su quella dannata strada! Eppure eccoti qui,
vivo e
vegeto. Non c’è problema, ci posso sempre pensare
io a rimettere in ordine le
cose, bastardo! -
-
John, per l’amor del cielo
calmati! – gridò qualcuno.
-
Ho dovuto inscenare la mia morte
perché non avevo altra scelta. Ragiona, John,
perché altrimenti sarei qui? – cercò
di difendersi il consulente investigativo.
-
Hai pure il coraggio di usare
quel tono di sufficienza con me?! – replicò il suo
vecchio compagno di
indagini. L’uomo si divincolò dalla presa degli
altri due, e non per partire
con una nuova carica di botte, ma per… cantare?!
Delle
note invasero il salotto
impolverato cogliendo tutti di sorpresa, soprattutto Sherlock.
John
Watson si stava preparando a
cantare?!
Ma
ecco che le prime parole
uscirono dalle sue labbra, incorniciate da uno sguardo pieno di dolore,
risentimento, confusione e rabbia.
http://www.youtube.com/watch?v=J3UjJ4wKLkg
Oh, how about a round of
applause,
yeah
A standing ovation, Oooh, yeah,
yeah, yeah…
-
John ma che stai…? – cercò di chiedere
l’Holmes
appena resuscitato, ma uno sguardo di fuoco del cantante lo fece
desistere.
Nel
frattempo la Signora Hudson si era ripresa e ora
si stava disponendo alle spalle di Watson accompagnata dagli altri
presenti,
nello sconcerto più totale di Sherlock.
You look so dumb right now
Standing inside my old house
Trying to apologize
You’re so ugly when
you cry
Please, just cut it out.
Don’t tell me
you’re sorry
Cuz you’re not
C.D. when I know
you’re only sorry
You got
caught.
John
lo indicò con fare drammatico, e con le sue pose
ricordò terribilmente allo stangone le boy-band degli anni
’90.
But you put on quite a show
You really had me going
But now it’s time to
go
Moriarty’s finally
closing
That was quite a show
Very entertaining
Il
gruppo di ballo mimò un pubblico lodante con un applauso
muto.
But it’s over now
But it’s over now
(Fecero il verso gli altri)
Go on and take a bow.
Grab your clothes and get gone get gone
You better hurry up!
Before the paparazzi come on come on
Talkin’
bout’
John, I you’re my
blogger, the only
one
This just looks like a re-run
Please, what game is on
And
don’t tell me you’re sorry
Cuz
you’re not
Sherly when I know
you’re only sorry
You got caught
But you put on
quite a show
You really had me
going
But now
it’s time to go
Moriarty’s
finally closing
That was quite a
show
Very entertaining
But it’s
over now
But
it’s over now
Go
on and take a bow!
- John, ti
supplico, calmati! –
Oh!
And the award for
The
best liar goes to you
Goes to you
For
making me believe
That
you could be faithful to me
Let’s
hear your speech, oh!
-
Be’, se insisti vorrei ringraziare Molly, perché
senza di lei… - ma la musica
lo sovrastò.
How
about a round of appaluse
A
standing ovation
But
it’s over now…
E
con queste parole che andavano a scemarsi in note sempre più
basse e flebili
John guardò con grande commozione e teatralità il
vecchio coinquilino, che lo
fissava basito. Fu così che Sherlock venne lasciato da solo
nel salotto del
221b di Baker Street, perché Watson volò via
giù per le scale per riversare il
suo dolore in strada, seguito dal suo piccolo coro che come era
comparso si
disperse negli angoli più remoti di Londra.
Ma
ecco che Sherlock sì lanciò al suo inseguimento,
e per strada lo fermò
afferrandolo per un braccio e facendolo voltare per guardarlo negli
occhi.
-
Oh, John, non voglio perderti ancora! L’ho già
fatto una volta, non voglio che
accada di nuovo! – gli confessò.
-
Oh Sherly, e cosa diranno i giornali? E tutti i criminali?! –
-
Francamente, caro, me ne infischio! –.
Così
Sherlock Holmes e il suo migliore amico, il dottor John Watson, si
persero in
un bacio in stile film anni ’30, nella più
commovente posa che ci possa essere
al mondo.
Fin