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Autore: Fire_    11/01/2013    6 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Tu non mi conosci"
"Io ti conosco, più di quanto tu conosca te stesso."
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Questa è la mia prima fic, date un' occhiata! E' la storia di due ragazzi, tanto simili quanto diversi. Due calamite che si attraggono in un vortice costante, trascinati dal vento dell' amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caleb/Akio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 Era lì, quel ragazzo. 

Stava con le spalle al muro e faceva rimbalzare la palla sulla gamba destra, ripetutamente. La cresta scura gli ricopriva gli occhi chiari e i riflessi bianchi splendevano al sole. 

Avevo sentito tanto parlare di lui, dalla bocca degli altri per lui usciva solo disprezzo. Per questo non avevo detto a nessuno quello che facevo il pomeriggio. Per questo non parlavo mai con le altre che si potevano dire mie amiche, di lui. Quando ne parlavano mi ammutolivo. 

Loro non sapevano niente di me, alla fine. Nessuno sapeva niente di me. Ero solo una ragazza bella agli occhi degli altri, ma nessuno cercava di frugarmi dentro. 

Ed era da qualche tempo che osservavo la squadra di calcio della scuola, insieme alle altre. Loro avevano delle storie con i ragazzi, ma non mi interessava sapere con chi stessero quelle oche. 

 

E come in tanti dei miei pomeriggi, ero a spiarlo. Se la gente avesse saputo che stavo interi pomeriggi a spiare Caleb Stonewall, mi avrebbe ritenuto pazza. Era strafottente e antipatico, tutti lo odiavano, ma a lui non importava. Non aveva più quella striscia rossa sulla testa, da un po'. Ray Dark aveva ormai lasciato la squadra della Royal, anche se non sembrava mi ero informata. E nonostante Caleb avesse vinto il Football Frontier international, questo non aveva migliorato molto la sua reputazione. Le persone che non lo conoscevano lo ammiravano, mentre quelle che lo conoscevano ne stavano alla larga. 

Caleb era un bravissimo calciatore, ma puntava tutto su se stesso, senza appoggiarsi agli altri. 

Notai i suoi cambiamenti stando in squadra con Mark Evans, ma sembravo l'unica ad averli visti. 

 

Si mosse, interruppe la monotonia dei vari pomeriggi, sciolse le braccia che erano incrociate. Raccolse il pallone e s' incamminò nella mia direzione, deglutii. Quello era un vicolo nascosto, buio e stretto. Non avevo motivo di essere lì, se non per spiarlo. E per di più avevo ancora lo zaino con me, segno che non ero tornata a casa. 

Si fermò davanti a me, squadrandomi sorpreso. Lasciò cadere il pallone e incrociò nuovamente le braccia, come aveva l' abitudine fare. 

-"Cosa ci fai qui, Alexander?" Il modo in cui disse il mio nome, mi fece stare male, non credevo sapesse come mi chiamavo. 

-"Come fai a sapere il mio nome?" Risposi fissando i suoi occhi. Lui fece il suo abituale sorriso, quello strafottente, da cui però ero dipendente. 

-"Sei venuta a vedere come si fa a giocare veramente a calcio, eh?" 

-"Veramente sono venuta a vedere qual' è il vero Caleb." 

Il suo sorriso si spense e si avvicinò scrutandomi negli occhi. Mi sentivo sotto esame, nessuno si era mai avvicinato ai miei occhi. 

-"Ah, si? E informami, quale sarebbe il vero Caleb?" Si riallontanò e quel sorriso tornò sul suo viso.

-"Non lo so, sei cambiato." Scoppiò in una risata. Si avvicinò a me e poi disse:-"Tu non mi conosci, Alexander."  Se ne stava andando, a passo regolare. 

-"Invece si! Ti conosco meglio io, che te stesso." 

Il ragazzo tornò con uno scatto spaventoso indietro, serio. Afferrò la mia mano, stringendomela un po' troppo e mi trascinò via. Non ebbi il coraggio nel chiedergli dove mi stesse portando, forse a uccidermi, pensai. 

 

Contro le mie aspettative, mi si presentò davanti un campo da calcio. Mi lasciò la mano indolenzita, portò le braccia ai fianchi e iniziò a palleggiare  con il pallone. 

-"Se mi conosci così bene, prova a togliermi la palla, presuntuosa." 

-"Non mi sottovalutare." Dissi annuendo col capo, lui non sapeva che avevo giocato anni a calcio. E come compagno di squadra avevo avuto Mark per un periodo. 

Così mi allontanai da lui, aspettandolo. Avevo studiato i suoi movimenti, lo conoscevo bene. 

Con il solito sorriso mi corse incontro, sapevo come avrebbe cercato di passare sottovalutandomi. Prevedendo i suoi movimenti, scattai prima a sinistra e poi a destra, per poi fare una finta. Entrai e la palla fu sotto il mio di controllo, lo vidi sbarrare gli occhi. Lasciai andare la palla. Agguantai lo zaino che avevo lasciato cadere precedentemente. 

E iniziai a salire le scale, quella volta ero io che sorridevo. 

 

Era sera, e la casa era gelida, mio padre era lontano per lavoro. Mia madre era già tanto che non  frequentava più il pianeta Terra. 

Ero in camera mia a fare i compiti sulla scrivania, dato che il pomeriggio non avevo  potuto farli. Sentii un  qualcosa alla finestra, mi voltai c'era una figura scura alle mie spalle. Colsi quella testa pelata nell' ombra, la riconobbi subito. Mi voltai nuovamente sui libri. 

-"Cosa ci fai qui?" 

-"Voglio sapere, come cavolo hai fatto a togliermi la palla." 

-"Te l' avevo detto di non sottovalutarmi, Caleb."  Chiusi i libri e mi alzai. 

-"Non credevo che le perfettine della scuola, giocassero a pallone." Apparì finalmente alla luce, con le braccia incrociate e il solito sguardo. 

-"Forse perchè non sono come le altre." 

-"Continuo a non capire, perchè una pettegola di quel gruppo si metta a spiare proprio me." 

-"Io non capisco, cosa tu ci faccia qui." Dissi con lo stesso tono. Fece un' altro scatto verso di me, questa volta era molto più vicino. Mi appiccicò alla scrivania con violenza, facendomi intimorire. Ma se cercava di spaventarmi non ci sarebbe riuscito tanto facilmente. 

Buttai i miei occhi, nei suoi gelidi. 

-"Non mi fai paura." Mi si spalmò ancora di più addosso, stringendomi, contro la scrivania. Il legno contro le gambe, mi faceva un male tremendo. Mi trattenni da urlare dal dolore, sapevo che era quello che voleva. 

-"Sei una dura, eh?" Premette ancora. 

-"Più di quanto tu creda." 

Caleb era poco più alto di me, ma aveva una forza tremenda. Non ce la feci più e caddi col sedere sulla scrivania, meno violentemente mi obbligò ad appiccicare le spalle sulla superficie  coperta di libri. Chiusi gli occhi per il sollievo del dolore delle gambe che stava passando, li riaprii dal solletico che avevo sulla fronte dal ciuffo che ormai sognavo la notte. Era sopra di me, per quanto può sembrare strano, non mi intimoriva. Il nostro sguardo si incrociò, Caleb parve serio. Si avvicinò sempre di più alle mie labbra. Quello era il primo bacio vero, ne avevo baciati molti prima di lui, ma lui era diverso, era Caleb. Fu un bacio passionale, al contrario di quello che potevo immaginare. Ad un certo punto sentii l' ossigeno mancare, capii che si era staccato. Mi alzai e ci fissammo nuovamente. Evidentemente era stato solo un gioco, per lui. Lui fece il suo solito ghigno e se ne andò silenziosamente, ma dentro me era come se ogni metro che si faceva più distante urlasse.

Nota autrice: Questo è il mio primo capitolo, della mia prima storia e ero indecisa su che raiting mettere dato che non è ancora da quello arancione, ma lo diventerà :3 Anche se non descriverò tutto. Quindi vi prego recensite, mi serve incoraggiamento :D 
  
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