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Autore: B Rabbit    12/01/2013    0 recensioni
E mentre sono sotto questa pioggia di foglie, penso agli attimi passati insieme, ai nostri sorrisi e alle nostre carezze.
Ricordo i giorni trascorsi con te, tra baci e dolcezza.
E le promesse fatte d'impulso scompaiono, scivolando dalle mie mani.
Ed è in momenti come questi che la tua assenza si fa' sentire.
Torna da me, ti prego.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
- Questa storia fa parte della serie 'Stories ~'
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I colori che ci uniscono ~








Il vento gli sferzava il viso scoperto, ferendogli con il freddo la pelle e scostandogli violentemente le ciocche bionde dal volto, facendole tremare nel vuoto.
L’aria era gelida ed il sole era uscito dal suo nascondiglio da circa due ore, illuminando appena le strade e le case del paese con i suoi tiepidi fasci.
Il ragazzo strinse la manopola del gas e, aumentando la velocità, respirò forte, rabbrividendo per l’aria fredda che gli lacerava i polmoni.
Sospirò.
C’era odore di pioggia.
Il giovane allentò la presa sull’impugnatura, percependo un fastidioso bruciore tormentargli il palmo destro causato dalla gomma dura della maniglia.
Sospirò ancora e, deglutendo a vuoto, inforcò una salita.



Il ruggito sordo del motore si affievolì piano, e straziando la ghiaia bianca con il proprio peso, la moto gemette per l’ultima volta, addormentarsi poi silenziosamente.
Il ragazzo affondò un piede tra le pietruzze chiare in cerca di equilibrio ed alzò lo sguardo, salutando con un sorriso la vecchia casa in legno divorata dal tempo.
Però le labbra si abbassarono, incurvandosi all’ingiù.
Il giovane serrò le palpebre con forza, corrugando la fronte per il dolore che gli feriva gli occhi.
Pensò che, come un codardo, era scappato via da lui senza neanche guardarlo.
Senza neanche dargli il tempo di dirgli “addio” .
Portandosi una mano al volto, il diciannovenne si massaggiò gli occhi, ridendo sommessamente alle frasi e alle parole che gli affollavano la mente.
«”Mi dispiace” un corno»
Abbassò il cavalletto con malagrazia, e sistemandosi le ciocche dorate che gli velavano la fronte, si accorse di piangere.
«Se davvero mi amavi, non mi avresti lasciato…»
Un sorriso amaro incurvò le labbra sottili del ragazzo che, portandosi una mano al viso, si strappò via quelle perle dagli occhi, avvicinandosi alla baia protetta dagli alberi del bosco.
Posò il palmo sul corrimano percorso da incrinature e lo accarezzò, ripensando al tempo speso insieme a lui per ristrutturare quel posto.
Sperando che, un giorno, avrebbero vissuto lì, protetti dalla quiete della foresta. Il giovane socchiuse gli occhi, guardando la propria mano scorrere sul legno.
«Lasciarsi per il poco tempo passato insieme a causa dell’università… che scemenza…»
Il giovane strinse il corrimano nel palmo e, portandosi la sinistra sul volto, si coprì la fronte pallida, ridendo sommessamente.
«E’ una stupidaggine… come il nostro amore»
E, alzando la destra dal legno, serrò il pugno, pronto a colpire con forza il corrimano, ma si fermò, chiamato da qualcosa, e voltò lo sguardo.
Dalle fronde variopinte degli alberi, stava cadendo neve colorata.
Catturato dai fiocchi di fine ottobre, il diciannovenne percorse il sentiero ciottoloso della montagna per immergersi di più in quel bosco e nei suoi colori, per poi perdersi tra gli alti arbusti della foresta, sorridendo allo scricchiolio delle foglie secche sotto le suole delle sue scarpe.
“A lui piaceva questa stagione”, pensò.

Accompagnato dai rumori del tappeto autunnale, il giovane si avvicinò ad un grande albero dal tronco nero ed alzò lo sguardo, osservando quelle piccole macchie gialle e rosse cadere dai rami.

Sai perché mi piace l’autunno?



Gli zaffiri scivolarono sul cielo opaco percorso da lievi venature cineree, coperto da nuvole minacciose di pioggia.

Perché è la stagione in cui il sangue del tramonto e l’azzurro del cielo accarezzano le foglie gialle e rosse degli alberi, accompagnandole nel nulla della loro caduta.



Il ragazzo si lasciò cadere affranto all’indietro, percependo la corteccia ruvida del tronco graffiargli la schiena.

Perché sembra che la natura voglia festeggiare il nostro amore



Roxas guardò il cielo spento e chiuse piano gli occhi azzurri, pensando che, al rosso, quella stagione era sempre piaciuta.


Già, gli era sempre piaciuta...





~≈ † ≈~




«Axel?»
Il fulvo mugugnò qualcosa, strofinando delicatamente le labbra sul ventre morbido dell’altro.
«Si?»
Il biondo alzò il capo dal morbidi cuscino e sorrise, accarezzando i capelli purpurei del ragazzo.
«Niente»
Le labbra sottili del rosso si inarcarono in un sorriso, e posando il mento vicino alle linee dell’ombelico, osservò l’espressione dolce di Roxas, risalendo poi piano per l’addome nudo del diciannovenne.
«Davvero?»
Il biondo annuì, cingendogli il collo lungo con le braccia e posando la fronte diafana sulla sua.
Il ventiduenne schiuse appena le labbra e soffiò debolmente sulla bocca rosea del ragazzo, facendole incurvare in un sorriso.
«Roxas?»
Il giovane chiuse gli occhi, inspirando il dolce profumo dell’altro.
«Si?»
E, posando le mani fredde sulla sua schiena, Axel gli sussurrò un flebile “ti amo”, baciandolo dolcemente e adagiandolo sul materasso bianco.





~≈ † ≈~





La neve scendeva leggiadra dal cielo candido, volteggiando lentamente nel vuoto prima di posarsi a terra, unendosi agli altri fiocchi chiari.
Alzando il viso, il biondo sospirò, osservando la nuvoletta bianca nata dalle sue labbra dissolversi velocemente e, coprendosi la bocca con la sciarpa a scacchi, si incamminò verso l’università con la borsa nera che gli sobbalzava sulla gamba per ogni suo passo.
Le mani fredde si nascosero nelle tasche dei pantaloni, trovando così un dolce tepore, ma percepito qualcosa di metallo con la destra, il giovane prese il lettore musicale e si mise le cuffiette nere nelle orecchie, infastidito dal rumore assordante delle auto.
Giocando con il pollice sulla pallina azzurra, Roxas scelse il terzo brano di un album e rimise l’mp4 in tasca, voltando l’angolo.
Si fermò.
Quel timbro, quell’accento…
Sfilandosi lentamente le cuffiette, il giovane volse lo sguardo a destra, guidato da quel suono che gli mancava e che prima era suo.
Quella voce...
Si morse il labbro.
Con la schiena poggiata sulle mura rossastre dell’università, Axel chiacchierava con un suo compagno di corso, sorrideva, rideva.
Forza, va’ da lui. Perché non lo raggiungi?

Roxas socchiuse gli occhi e, voltandosi, oltrepassò il cancello nero dell’università.
Perché dovrei?
Il biondo salì piano gli scalini in marmo bianco e si portò una mano all’altezza del cuore, stringendo la stoffa della giacca nel palmo.
Non lo ami, forse?
Il diciannovenne boccheggiò in cerca di ossigeno a causa di una strana sensazione che gli invadeva il corpo.
Posò la mano tremante sul pomello freddo della soglia e lo guardò, titubante.

Non lo so più…

E girando la sfera dorata, il giovane entrò in aula, chiudendo lentamente la porta alle sue spalle.





~≈ † ≈~




Era notte inoltrata ormai e, in quel silenzio tranquillo, era possibile udire soltanto il frinire delle cicale.
Il pallido chiarore di un lampada arancione bagnava placidamente il volto di un ragazzo, illuminando alcune ciocche dorate che gli ricadevano sulla fronte. Il biondo fissava con attenzione le pagine di un libro preso in prestito alcuni giorni prima dalla biblioteca in vista di un esame.
Gli occhi blu saettavano da un rigo all’altro, inseguendo con le iridi le parole d’inchiostro nero mentre la matita segnava il loro percorso, sporcando quelle pagine bianche con linee e scritte.
Stava per voltare pagina quando, sorpreso da un chiaro bagliore, il ragazzo posò lo sguardo sul cellulare, notando sul display illuminato una lettera gialla.
Posando l’indice sullo schermo, Roxas aprì il messaggio, meravigliandosi della totale assenza di lettere o segni.
Guardò il mittente più e più volte e, toccando su “rispondi”, il ragazzo mosse velocemente il polpastrello sullo schermo.

“Cosa vuol dire quel messaggio vuoto, Axel?”



Guardò un’altra volta il lo schermo bianco e girò pagina, accarezzando l’angolo del foglio con le dita.
Ma il display del cellulare si illuminò ancora, e sospirando, Roxas prese il telefono tra le mani e toccò la lettera.

“La mia vita senza di te ♥ ♫”



Un piccolo sorriso comparve sul viso stanco del biondo che, scuotendo lentamente il capo, rispose al messaggio del rosso, posando la guancia sulla mano destra.

“Idiota, domani hai l’esame, non usarmi come scusa per non studiare!”



E, guardando il display ancora illuminato, chiuse il libro universitario lasciando la matita tra le pagine per poi abbandonandosi spossato sul letto.





~≈ † ≈~






«Ehi Roxas!»

Cosa…

«Ecco, ho… qualcosa per te»

Non può essere…

«Per noi»

Che sia…

«Ti piace?»


… un ricordo?






Si svegliò di soprassalto.
Due fasci di luce dorata apparvero nella stanza buia del ragazzo e ruotarono verso di lui, quasi lo stessero cercando, ma scomparvero, insieme al rombo di un auto troppo veloce.
Il biondo chiuse gli occhi e respirò profondamente, posando il polso destro sulla fronte imperlata di sudore.
Si morse internamente la guancia, e stringendo le coperte con l’altra mano, schiuse piano gli occhi spenti, osservando quella piccola finestra incastonata nel soffitto che, quando era bambino, fissava spesso, sperando un giorno di vedere un cielo pieno di stelle, sopravvissute alla falsa luce dei neon e dei lampioni.

“Ti piace?”



Gli zaffiri scivolarono giù dalla volta e, lentamente, si posarono sulla superficie liscia del comodino dove, posato su un cuscinetto candido, riposava un cerchietto grigio dall’eleganti decorazioni arabesche .

“Un filo rosso legato al mignolo è più fragile di un anello in argento, non credi?”



Titubante, Roxas allungò il braccio sinistro verso quel ricordo lucente, schiudendo le dita, ma si fermò, vicinissimo ad esso, e serrò la mano.

“Prendila come una promessa”



«Dannazione…»
Il ragazzo si morse il labbro tremante, coprendosi il viso con la mano destra.

“Quando avrai bisogno di me, quando ti sentirai solo…”



Lentamente, il pugno si aprì, rivelando i marchi rossi lasciati dalle unghie sul palmo. «Ti sei dimenticato del giuramento fatto a quest’anello?»
Sopprimendo un singhiozzo, il ragazzo posò la mano sul petto e guardò quel frammento di cielo notturno incorniciato dal legno della finestra, sperando di vedere, come quando era bambino, qualche stella lucente.

“Io sarò al tuo fianco”



E, ormai stanco, il giovane lasciò libere le lacrime, che accarezzandogli le palpebre, scivolarono giù per la pelle chiara, disegnando delle scie trasparenti sopra di essa.

“Ti piace?”


«Scemo, lo adoro…»





~≈ † ≈~




E come l’avevano annunciata da qualche giorno le nuvole, la pioggia arrivò dal cielo quella tarda mattina, abbattendosi con furore sulla città.
«Dannazione, parti, parti!!»
Il diciannovenne diede un’altra spinta alla manipola del gas, ma niente, il rompo della moto tanto desiderato non gli giungeva alle orecchie.
Stringendo entrambe le maniglie, il giovane abbassò lo sguardo, specchiandosi nella superficie bagnata della sua moto nera e, digrignando i denti, riprovò, ancora e ancora, scostandosi le ciocche fradice che gli coprivano il viso.
«Perché… perché dannazione?!»
Roxas diede un pugno al sedile in cuoio, e sedendosi vicino al mezzo, si nascose il volto tra le mani.
Respirò profondamente col tentativo di calmarsi, di riflettere, ma dopo essersi tranquillizzato, si accorse della totale assenza delle gocce su di sé.
Eppure sento lo scrosciò dell’acqua…
«Ehi, pulcino bagnato…»
Roxas sgranò gli occhi.
Non può essere…
Il biondo sollevò lievemente lo sguardo, notando degli anfibi neri completamente lucidi di pioggia.
«Se rimarrai seduto lì, domani ti sveglierai con una polmonite»
Il giovane si morse il labbro, felice di risentire quella voce, quella dolcezza sonora rivolta a lui, solo per lui.
«Casa mia è qui vicino… vieni con me»
Il diciannovenne sussultò e chiuse gli occhi, sentendo quella morsa ormai familiare stringergli il cuore.
«… Perché… perché fai questo?»
Axel socchiuse gli occhi, e avvicinandosi al biondo, gli prese la mano, facendolo alzare.
«Andiamo»
Roxas abbassò lo sguardo, negando alle lacrime di abbandonarlo, però, si disse, che per questa volta poteva lasciarle libere, perché la pioggia le avrebbe nascoste al mondo, a lui.
E allora, felice di quel tepore che gli riscaldava nuovamente la mano, pianse, lasciandosi lavare via la tristezza dalle gocce del cielo.


«Ti amo, stupido ananas…»



E a te, Roxas, piace l’autunno?

Si, perché è composto dai colori che ci uniscono.








~≈ The End ≈~


















Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera a voi lettori e lettrici!
Vi ringrazio per aver letto questo sclero di inizio mattina.
Si, perché mi è venuta in mente appena mi sono svegliata e, alzandomi con calma dal letto senza mettermi le pantofole, sono andata nello studio/magazzino di cianfrusaglie e ho preso un foglio della stampante per scrivere la parte in cui Roku era nel bosco. Ovviamente usando il mio fido colore a spirito, perché si gente, quando mi viene voglia di scrivere e non ho un pc a portata di mano, uso i colori a spirito ocra e azzurro ♥
Questa fic dolce (?) la dedico a Woff perché non mi manda allegramente a quel paese .
Grazie ciccina ♥
Spero di non avervi annoiato con questa ff, alla prossima!
  
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