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Autore: FrecklefaceMnemosyne    01/08/2007    5 recensioni
Una Rupert/Emma (tanto per rimpolpare la categoria) senza grandi pretese. Tra patemi, dubbi esistenziali e Ciak Si Gira, la saga di Harry Potter ha ormai preso una piega precisa: all'uscita del settimo libro, due protagonisti rivedono il loro rapporto. L'unico dogma è tenere bene a mente una cifra: centoquarantanove...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Emma Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Cavolo, che lettera eterna, mi ha mandato questa

Cavolo, che lettera eterna, mi ha mandato questa... Come si chiama? Ah ecco, Katie, dal Surrey. Due facciate di carta riassumibili in due parole, Mi Piaci. Certo che a questa ragazza dovrebbero insegnare la sottile Arte dello Stringare.

L’autrice della prima che ho letto, invece, quella sì che non si perdeva in chiacchiere; nella busta, solo un quindici per diciotto di carta fotografica, una sua istantanea in bikini che di facciate ne sarebbe valse anche quattro. Lei sì che ce l’ha, il Dono della Sintesi.

Sollevo lo sguardo, divertito dai miei stessi pensieri, e sto per ricacciare una mano nel mucchio e continuare la mia gradevole lettura, quando i miei occhi si posano sulla mia collega, seduta davanti a me. Mi accorgo con un po’ di stupore che è ancora al primo messaggio; sfido io, è un papiro di almeno sette-otto fogli.

Il problema è che non ha ancora finito la prima pagina, e i suoi occhi sono scuri, spalancati, quasi vitrei. Non le ho mai visto fare una faccia simile: le labbra socchiuse e tremanti, il resto immobile. Come faccio a non spaventarmi?

-Cosa ti succede, Emma?- Sussurro.

Dopo quella che sembra un’eternità, lei alza gli occhi. Il tempo di incontrare i miei, e si sono riempiti di lacrime, il fascicolo ancora tra le mani, stretto in una morsa.

Mi sembra di rivivere un momento andato, quando la vedo alzarsi senza dire una parola, e dirigersi verso la porta. Eppure non corre, il passo è appena veloce, e quando la maniglia scatta, io non mi sono ancora alzato per rincorrerla.

Non capisco: l’altra volta scappava da me, oggi da una lettera, che ha lasciato sul divano rosso dov’era seduta.

Ma non avrebbe senso raggiungerla senza aver capito.

Afferro il messaggio con due dita e scorro le prime righe, respirando piano.

Ma non mi servono ore per capire; un nanosecondo dopo, mi alzo. Devo trovarla. Devo dirle che... Non può essere andata lontano.

 

 

 

 

 

Questa non è la mia stanza. Non è casa mia, e lo odio.

Per casa, non intendo le quattro mura domestiche. E’ “casa” il set, “casa” la mia città, è “casa” chiunque mi faccia sentire bene e a mio agio.

Qui sarò anche nata, ma non ho niente di tutto questo, e buttarmi su un materasso che non ti fa rimbalzare, e piangere su un cuscino di un brutto colore, quando l’unica cosa che vorresti è CASA...

Odio tutto questo.

Dopo qualche istante, perfino le lacrime perdono senso, significato.

Dopo quello che ho letto, i miei ultimi anni perdono significato.

 

 

 

 

 

La porta si apre senza opporre resistenza. Bene, Emma è qui.

 

La porta si apre senza opporre resistenza. Maledizione, qui perfino le serrature non vanno.

 

E’ Rupert. Tra le sue mani, quei fogli.

Ma Emma non ha intenzione di sollevarsi. Si è accertata che fosse lui ad entrare, l’unico che non avrebbe mai cacciato, l’unico che, lo sapeva, poteva farla sentire meglio. Poi, è tornata al suo odiatissimo cuscino.

Sente un peso sul letto. L’amico si è appena seduto sul materasso. Emma lo sente agitarsi un po’, poi borbottare:

- Come mai su questi materassi non si rimbalza?

Lei, non ha voglia di sorridergli. Mentalmente lo sta facendo, ma è come se i muscoli del suo viso si rifiutassero di piegarsi di nuovo. Strana, orribile sensazione.

- Ehi.

L’invito a mezza voce di Rupert la costringe a volgere la testa, le spalle ancora scosse da tremiti.

- Cosa c’è?

- Emma, lo devi affrontare.

E cosa pensi stia facendo, pensa lei. Quelle parole le bruciano in mente come se le avesse davanti.

 

 

 

 

PER NON SAPER RECITARE ED ESSERE ARRIVATA DOVE SEI

 

PERCHE’ E’ L’ATTRICE A VESTIRE I PANNI DEL RUOLO E NON IL CONTRARIO

 

PER AVER LETTERALMENTE ROVINATO IL PERSONAGGIO DI HERMIONE GRANGER

 

VERGOGNATI

 

 

 

 

Impossibile continuare, anche se forse quel fascicolo non aveva che ulteriori motivazioni come proseguimento. Assolutamente impossibile continuare.

Ed il problema è che Emma lo sa.

Lo sa che è tutto vero.

 

 

Uno strattone alla mano.

Uno strattone in grado di riportare una persona in piedi senza farle male, ecco la tecnica che Rupert aveva scelto per smuovere la situazione.

Perchè, a che serviva far finta? Quell’espressione sul viso di Emma lo aveva spaventato, eccome, e non voleva più rivederla.

- Rupert, lascia...

- Ora tu vieni con me.

Insieme escono dalla stanza. La mano di Emma ancora in quella di Rupert, ma non c’è romanticismo in quella stretta, né dolcezza o compassione.

Non incontrano nessuno nell’atrio. E’ molto presto, è vero, ma la cosa di per sé ha dell’incredibile. E lei, lei non prova neppure a divincolarsi; non ci ha mai provato, nessuna resistenza fin da quando erano nella sua suite. Ed ora domanda in un fil di voce:

-Rupert, dove stiamo andando?

 

Piove. L’entrata è sgombra.

Ma dove sono i paparazzi?” Pensano entrambi, disorientati. Rupert ha intenzione di  attraversare la strada, Emma ancora al suo fianco, ma non sono abituati a non essere accerchiati e temono un agguato, o qualcosa di simile.

E’ Emma ad accorgersene per prima.

- Rupert, guarda.

Indica con la mano libera un Cafè, a circa venti metri da loro; pieno, straripante di gente, gente con macchine fotografiche professionali al collo. Tutti riparati dalla pioccia scrosciante, tutti con una tazzina alle labbra.

- N-non posso crederci. Lo scoop della loro vita e fanno colazione. – Mormora Rupert, ed Emma sorride, per la prima volta da mezz’ora.

 

C’è una Mini dall’altra parte della strada, Emma nota, strabuzzando gli occhi; ed è a lei che sono diretti.

Rupert estrae una chiave, le fa un cenno per indicarle si salire dall’altra porta, poi monta e chiude rudemente la vettura. Con un altro gesto secco, mette in moto, e un attimo dopo sono proprio Grint e Watson alla volta di Parigi babbana.

 

Gli unici rumori, per un paio di minuti, sono le gocce che s’infrangono sulla vettura in corsa, ed i loro respiri. Emma è ancora incredula; letteralmente fuggiti, ecco cosa sono. Poi, comincia a raccogliere le domande. E quando queste diventano troppe per essere trattenute, o per indovinare una risposta logica, finalmente apre la bocca.

- Rupert... – Domanda numero uno. Deve sceglierla bene, ha come la sensazione di non averne molte a disposizione. – Questa non è la tua macchina. – Un’affermazione, più che altro. Rupert svolta una curva, poi biascica una risposta:

- Certo che no. La mia è a casa, ho chiesto al mio agente di noleggiarmene una l’altro ieri, al nostro arrivo. Sai, gli imprevisti...- Sorride.

- Infatti ricordavo gli interni di un altro colore – Mormora Emma, sfiorando il cruscotto.

- Già. E un altro piccolo dettaglio di cui a quanto pare non ti sei ancora accorta: questa ha la guida a destra. –

- Come la guida a... Porca miseria! – urla lei; il passeggero è a sinistra, alla continentale. Come ha fatto a non rendersene conto prima?

- Niente panico, so guidare anche così... – Ridacchia Rupert.

- Ma... C-come?

- Ho provato la scuola guida doppia, ecco perchè ho fallito l’esame la prima volta. Volevo imparare anche dall’altra parte... Non è detto che rimarrò sempre in Inghilterra, ho pensato che magari mi tornava utile. – La sinistra, libera dal volante, fa un gesto lungo ed ampio, alla Come Volevasi Dimostrare.

Ad Emma è passata la voglia di fare domande. Resta immobile per qualche istante, poi allunga le dita fino ad accendere la radio.

- Et maintenant, une autre chanson en anglais pour qui aime la pluie, notre bonjours aux voyageurs...

- Cosa dice?

- Che trasmettono una canzone per chi viaggia ed ama la pioggia...- Traduce Emma, soprappensiero; la voce sfuma, e quattro accordi di chitarra si dilatano nel silenzio dell’abitacolo. L’hanno riconosciuta entrambi. Wonderwall.

 

Today, it’s gonna be the day that they’re gonna throw it back to you

 

Emma sorride amaramente. Sì, proprio il giorno in cui mi rinfacceranno quello che ho fatto... Quello che sono.

 

By now, you should have somehow realized what you’ve got to do

 

E invece non so cosa fare. Quella lettera mi ha mandato nel pallone.

 

 

 

Il reno a mano che scatta copre la canzone. Si sono fermati.

- Dove siamo?

- Non lo so. Appena fuori Montmartre, credo.

Ad Emma manca un battito; ha sempre amato quel quartiere.

- Ci noteranno – indica con la testa i passanti, fuori; il mondo, allora, si muoveva ancora. Si era fermato soltanto per loro due, ed ora aveva ripreso il suo corso.

- Nah, vetri oscurati. – Rupert fa un gestaccio ad un uomo baffuto che cammina sotto un ombrello scuro, mormorando: - Scusa amico, niente di personale. – Ma il tizio non si accorge di nulla.

- Certo che hai pensato proprio a tutto. –

La canzone continua.

 

I don’t believe, that anybody, feels the way I do...

 

- Ho voglia di mollare tutto – sussurra, tornando a far scorrere le mani sul cruscotto.

- Ne ero certo. – Sbuffa lui.

- Come?

- Sapevo che l’avresti detto, e non è la prima volta che ci pensi.

- Questa volta è diverso, Rup.

- No, non è diverso. – Il ragazzo rigira il portachiavi tra le dita. – Quelle persone erano convinte di quello che scrivevano prima che tu lo leggessi. Non è cambiato nulla.

- SMETTILA! Non è vero! Quelli hanno ragione,- il tono della voce torna basso, e qualcosa sembra spezzarsi nelle parole di Emma. – Hanno ragione su tutto. Ho rovinato Hermione.

- Non-è-vero.

- LO E’! – Lei torna ad innervosirsi.

- Hermione è una secchiona, piegata in due sotto i libri, è quella dei primi due film, quella che mi faceva schifo e che ho cambiato. Che razza di attrice sono? Dimmelo! L’ho trasformata in... Me, ho fatto un gran casino.

- Anche se fosse così, mica è tutta colpa tua.

- Ma l’ho fatto, Rupert, ho rovinato tutto... – Il sussurro, sempre più flebile.

- Ehi.

Rupert si rende conto di aver posato una mano sulla guancia di Emma troppo tardi, quando ormai l’ha già fatto, quando comincia a parlare con una voce che non gli sembra neppure la sua.

- Basta.

Emma alza gli occhi sgranati.

- Se davvero ne sei convinta, anche volendo, oramai il danno è fatto. Quei film sono in commercio, e non li ritireranno per farti rigirare tutte le scene. Non capisci che ritirandoti non farai che mandare in confusione tante persone che ormai ti identificano con lei?

- E allora, cosa posso fare?

- Guarda avanti. Hai due anni di Hermione ancora da vivere, due anni complessi, ma c’è tempo per... rimediare. Ehi, c’è Harry con te, ricordi? E’ il tuo migliore amico, è sopravvissuto a Voldemort, vuoi che non riesca a tirare fuori da te la vera Hermione? –

Emma sorride.

O forse è Hermione a sorridere. Finalmente, dopo tutto questo tempo, Emma è tornata a sentirla dentro di sé, quasi ad ospitarla, e c’è volutala mano di Rup... Ron, a farla ritornare.

Quando un brivido la attraversa, si rende conto che, seppure in una Mini a Parigi, sta vivendo esattamente la scena del primo bacio, quella letta fugacemente nel libro, con Ron.

Ron, che è davanti a sé, e si sta avvicinando sempre di più.

- Emma, puoi ricominciare da questo.

Ma Emma non è più Emma, quando le loro labbra si sfiorano.

 

Il mondo si è fermato di nuovo.

Wonderwall, ancora nelle loro orecchie, come un disco rotto:

Because maybe,

You’re gonna be the one who saves me...

 

Com’è bello, quando c’è ancora qualcuno davvero disposto a salvarci.

Hermione schiude le labbra pressapoco insieme a Ron, ma il bacio non dura a lungo. Quando si staccano, occhi negli occhi, così vicini, un sorriso le nasce spontaneo sulle labbra.

 

You’re gonna be the one who saves me...

 

La canzone è finita.

Emma sembra risvegliarsi da un gradevole torpore. Poi capisce cos’ha fatto e scatta su, sfiorandosi le labbra, le guance accese; ha la sgradevole sensazione di essere stata posseduta.

Fa ciò che non credeva avrebbe avuto il coraggio di fare: voltarsi verso il ragazzo che le è vicino. Ricorda quegli occhi nei suoi, blu scuro, innamorati...

Ma quando li incontra di nuovo, sono azzurri, elettrici; disorientati quanto i suoi, forse, ma sorridenti. Gli occhi di Rupert.

- L’hai sentita, vero?

Emma continua a guardarlo, in silenzio.

- Hermione che ti entrava dentro... Sono certo che l’hai sentita.

Come fa a saperlo?

Rupert risponde ancora alla sua tacita domanda, con una scrollata di spalle.

- E’ quello che fa Ron, ogni volta che lo interpreto. E’ lui a muoversi... E’ stato lui a... A...

- ...A baciare Hermione. Certo che l’ho sentita.

Finalmente, un bel sorriso sincero le attraversa il viso.

- Lo sapevo! – Esclama lui. – Senti, facciamola così, questa famosa scena, vedrai che ci daranno buona la prima.

Emma annuisce, ancora a corto di parole. – Sarà meglio tornare, o manderanno a cercarci...

Non ha bisogno di concludere la frase: Rupert ha già ingranato la marcia. Rupert, che sapeva farla ridere, Rupert timido, un drago davanti alla macchina da presa, Rupert che sapeva DAVVERO recitare...

Lui e Ron, finalmente riesco a vederli sotto una luce distinta.

 

 

Bentornata, Hermione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                   ><

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

...Capitolooone!!!

Ne vado orgogliosa. Finalmente SO esattamente dove voglio arrivare, e con un bel capitolo sostanzioso. Me gongola^^

E adesso chi mi ferma più?

Starò via dieci giorni, il tempo di far smaltire a Rupo ed Em (carucci loro^^) quello che è successo... Aspettatevi un nuovo capitolo tra un paio di settimane.

A Herm90: non so se farai a tempo a leggere questo chap prima di partire. Se sì, ne sarei felice. Altrimenti... Una bella sorpresina per quando torni!

Grazie a Carola!

 

Sara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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