Cavolo, che lettera eterna, mi ha
mandato questa... Come si chiama? Ah ecco, Katie, dal
Surrey. Due facciate di carta riassumibili in due parole, Mi Piaci. Certo che a questa ragazza dovrebbero
insegnare la sottile Arte dello Stringare.
L’autrice della prima che ho letto,
invece, quella sì che non si perdeva in chiacchiere; nella busta, solo un
quindici per diciotto di carta fotografica, una sua istantanea in bikini che di
facciate ne sarebbe valse anche quattro. Lei sì che ce l’ha, il Dono della Sintesi.
Sollevo lo sguardo, divertito dai
miei stessi pensieri, e sto per ricacciare una mano nel mucchio e continuare la
mia gradevole lettura, quando i miei occhi si posano
sulla mia collega, seduta davanti a me. Mi accorgo con un po’ di stupore che è
ancora al primo messaggio; sfido io, è un papiro di almeno sette-otto
fogli.
Il problema è che non ha ancora
finito la prima pagina, e i suoi occhi sono scuri, spalancati, quasi vitrei.
Non le ho mai visto fare una faccia simile: le labbra
socchiuse e tremanti, il resto immobile. Come faccio a
non spaventarmi?
-Cosa ti succede, Emma?- Sussurro.
Dopo quella
che sembra un’eternità, lei alza gli occhi. Il tempo di incontrare i miei, e si
sono riempiti di lacrime, il fascicolo ancora tra le mani, stretto in una
morsa.
Mi sembra di rivivere un momento
andato, quando la vedo alzarsi senza dire una parola, e dirigersi verso la
porta. Eppure non corre, il passo è appena veloce, e
quando la maniglia scatta, io non mi sono ancora alzato per rincorrerla.
Non capisco: l’altra volta scappava
da me, oggi da una lettera, che ha lasciato sul divano rosso dov’era seduta.
Ma non avrebbe senso raggiungerla senza
aver capito.
Afferro il messaggio con due dita e
scorro le prime righe, respirando piano.
Ma non mi servono ore per capire; un nanosecondo dopo, mi alzo. Devo trovarla. Devo dirle che... Non può essere andata lontano.
Questa non è la mia stanza. Non è
casa mia, e lo odio.
Per casa, non intendo le quattro mura
domestiche. E’ “casa” il set, “casa” la mia città, è
“casa” chiunque mi faccia sentire bene e a mio agio.
Qui sarò anche nata, ma non ho niente
di tutto questo, e buttarmi su un materasso che non ti fa rimbalzare, e
piangere su un cuscino di un brutto colore, quando l’unica cosa che vorresti è
CASA...
Odio tutto questo.
Dopo qualche istante, perfino le
lacrime perdono senso, significato.
Dopo quello
che ho letto, i miei ultimi anni perdono significato.
La porta si apre senza opporre
resistenza. Bene, Emma è qui.
La porta si apre senza opporre
resistenza. Maledizione, qui perfino le serrature non vanno.
E’ Rupert. Tra le sue
mani, quei fogli.
Ma Emma non ha intenzione di sollevarsi. Si è
accertata che fosse lui ad entrare, l’unico che non avrebbe mai cacciato, l’unico che, lo sapeva, poteva farla sentire meglio. Poi, è
tornata al suo odiatissimo cuscino.
Sente un peso sul letto. L’amico si è appena seduto
sul materasso. Emma lo sente agitarsi un po’, poi borbottare:
- Come mai su questi
materassi non si rimbalza?
Lei, non ha voglia di sorridergli. Mentalmente lo
sta facendo, ma è come se i muscoli del suo viso si rifiutassero di piegarsi di
nuovo. Strana, orribile sensazione.
- Ehi.
L’invito a mezza voce di Rupert
la costringe a volgere la testa, le spalle ancora scosse da tremiti.
- Cosa c’è?
- Emma, lo devi affrontare.
E cosa pensi stia facendo, pensa lei. Quelle parole le bruciano in mente
come se le avesse davanti.
PER NON SAPER RECITARE ED ESSERE ARRIVATA DOVE SEI
PERCHE’ E’ L’ATTRICE A VESTIRE I PANNI DEL RUOLO E NON IL
CONTRARIO
PER AVER LETTERALMENTE ROVINATO
IL PERSONAGGIO DI HERMIONE GRANGER
VERGOGNATI
Impossibile continuare, anche se forse quel
fascicolo non aveva che ulteriori motivazioni come proseguimento. Assolutamente
impossibile continuare.
Ed il problema è che Emma lo sa.
Lo sa che è tutto vero.
Uno strattone alla mano.
Uno strattone in grado di riportare una persona in
piedi senza farle male, ecco la tecnica che Rupert
aveva scelto per smuovere la situazione.
Perchè, a che serviva far finta? Quell’espressione sul
viso di Emma lo aveva spaventato, eccome, e non voleva
più rivederla.
- Rupert, lascia...
- Ora tu vieni con me.
Insieme escono dalla
stanza. La mano di Emma ancora in quella di Rupert, ma non c’è romanticismo in quella stretta, né
dolcezza o compassione.
Non incontrano nessuno nell’atrio. E’ molto presto,
è vero, ma la cosa di per sé ha dell’incredibile. E
lei, lei non prova neppure a divincolarsi; non ci ha mai provato, nessuna
resistenza fin da quando erano nella sua suite. Ed ora
domanda in un fil di voce:
-Rupert, dove stiamo
andando?
Piove. L’entrata è sgombra.
“Ma dove sono i
paparazzi?” Pensano entrambi, disorientati. Rupert ha
intenzione di attraversare
la strada, Emma ancora al suo fianco, ma non sono abituati a non essere
accerchiati e temono un agguato, o qualcosa di simile.
E’ Emma ad accorgersene per prima.
- Rupert, guarda.
Indica con la mano libera un Cafè,
a circa venti metri da loro; pieno, straripante di gente, gente
con macchine fotografiche professionali al collo. Tutti riparati dalla pioccia scrosciante, tutti con una tazzina alle labbra.
- N-non posso crederci.
Lo scoop della loro vita e fanno colazione. – Mormora Rupert,
ed Emma sorride, per la prima volta da mezz’ora.
C’è una Mini dall’altra parte della strada, Emma
nota, strabuzzando gli occhi; ed è a lei che sono
diretti.
Rupert estrae una chiave, le fa un cenno per indicarle si
salire dall’altra porta, poi monta e chiude rudemente la vettura. Con un altro
gesto secco, mette in moto, e un attimo dopo sono proprio Grint
e Watson alla volta di Parigi babbana.
Gli unici rumori, per un paio di minuti, sono le
gocce che s’infrangono sulla vettura in corsa, ed i loro respiri. Emma è ancora
incredula; letteralmente fuggiti, ecco cosa sono. Poi, comincia a raccogliere
le domande. E quando queste diventano troppe per
essere trattenute, o per indovinare una risposta logica, finalmente apre la
bocca.
- Rupert... – Domanda
numero uno. Deve sceglierla bene, ha come la sensazione di non averne molte a
disposizione. – Questa non è la tua macchina. – Un’affermazione, più che altro.
Rupert svolta una curva, poi biascica una risposta:
- Certo che no. La mia è a casa, ho chiesto al mio
agente di noleggiarmene una l’altro ieri, al nostro arrivo. Sai, gli
imprevisti...- Sorride.
- Infatti ricordavo gli
interni di un altro colore – Mormora Emma, sfiorando il cruscotto.
- Già. E un altro piccolo
dettaglio di cui a quanto pare non ti sei ancora accorta: questa ha la guida a
destra. –
- Come la guida a... Porca
miseria! – urla lei; il passeggero è a sinistra, alla continentale. Come ha
fatto a non rendersene conto prima?
- Niente panico, so guidare anche così... –
Ridacchia Rupert.
- Ma... C-come?
- Ho provato la scuola guida doppia, ecco perchè ho fallito l’esame la prima volta. Volevo imparare
anche dall’altra parte... Non è detto che rimarrò
sempre in Inghilterra, ho pensato che magari mi tornava utile. – La sinistra,
libera dal volante, fa un gesto lungo ed ampio, alla Come Volevasi Dimostrare.
Ad Emma è passata la voglia di fare domande. Resta
immobile per qualche istante, poi allunga le dita fino ad accendere la radio.
- Et maintenant,
une autre chanson en anglais pour qui aime la pluie, notre bonjours aux
voyageurs...
- Cosa dice?
- Che trasmettono una
canzone per chi viaggia ed ama la pioggia...- Traduce Emma, soprappensiero; la
voce sfuma, e quattro accordi di chitarra si dilatano nel silenzio
dell’abitacolo. L’hanno riconosciuta entrambi. Wonderwall.
Today, it’s gonna be the day that they’re gonna throw it back to you
Emma sorride amaramente. Sì,
proprio il giorno in cui mi rinfacceranno quello che ho
fatto... Quello che sono.
By now, you should have somehow realized what you’ve got to do
E invece non so cosa fare. Quella
lettera mi ha mandato nel pallone.
Il reno a mano che scatta
copre la canzone. Si sono fermati.
- Dove siamo?
- Non lo so. Appena fuori Montmartre, credo.
Ad Emma manca un battito; ha sempre amato quel
quartiere.
- Ci noteranno – indica
con la testa i passanti, fuori; il mondo, allora, si muoveva ancora. Si era
fermato soltanto per loro due, ed ora aveva ripreso il suo corso.
- Nah, vetri oscurati. – Rupert fa un gestaccio ad un uomo
baffuto che cammina sotto un ombrello scuro, mormorando: - Scusa
amico, niente di personale. – Ma il tizio non si accorge di nulla.
- Certo che hai pensato proprio a tutto. –
La canzone continua.
I don’t believe, that anybody, feels the way I
do...
- Ho voglia di mollare tutto – sussurra,
tornando a far scorrere le mani sul cruscotto.
- Ne ero certo. – Sbuffa
lui.
- Come?
- Sapevo che l’avresti detto, e non è la prima
volta che ci pensi.
- Questa volta è diverso, Rup.
- No, non è diverso. – Il ragazzo rigira il
portachiavi tra le dita. – Quelle persone erano convinte di quello che
scrivevano prima che tu lo leggessi. Non è cambiato nulla.
- SMETTILA! Non è vero!
Quelli hanno ragione,- il tono della voce torna basso,
e qualcosa sembra spezzarsi nelle parole di Emma. – Hanno ragione su tutto. Ho
rovinato Hermione.
- Non-è-vero.
- LO E’! – Lei torna ad
innervosirsi.
- Hermione è una
secchiona, piegata in due sotto i libri, è quella dei primi due film, quella
che mi faceva schifo e che ho cambiato. Che razza di
attrice sono? Dimmelo! L’ho trasformata
in... Me, ho fatto un gran casino.
- Anche se fosse così,
mica è tutta colpa tua.
- Ma l’ho fatto, Rupert, ho rovinato tutto... – Il sussurro, sempre più
flebile.
- Ehi.
Rupert si rende conto di aver posato una mano sulla
guancia di Emma troppo tardi, quando ormai l’ha già
fatto, quando comincia a parlare con una voce che non gli sembra neppure la
sua.
- Basta.
Emma alza gli occhi sgranati.
- Se davvero ne sei
convinta, anche volendo, oramai il danno è fatto. Quei film sono
in commercio, e non li ritireranno per farti rigirare tutte le scene. Non
capisci che ritirandoti non farai che mandare in confusione tante persone che
ormai ti identificano con lei?
- E allora, cosa posso
fare?
- Guarda avanti. Hai due anni di Hermione ancora da vivere, due
anni complessi, ma c’è tempo per... rimediare. Ehi, c’è Harry
con te, ricordi? E’ il tuo migliore amico, è sopravvissuto a Voldemort, vuoi che non riesca a tirare fuori
da te la vera Hermione? –
Emma sorride.
O forse è Hermione a
sorridere. Finalmente, dopo tutto questo tempo, Emma è tornata a sentirla
dentro di sé, quasi ad ospitarla, e c’è volutala mano di Rup...
Ron, a farla ritornare.
Quando un brivido la attraversa, si rende conto che,
seppure in una Mini a Parigi, sta vivendo esattamente la scena del primo bacio,
quella letta fugacemente nel libro, con Ron.
Ron, che è davanti a sé, e si sta avvicinando sempre
di più.
- Emma, puoi ricominciare da questo.
Ma Emma non è più Emma, quando le loro labbra si
sfiorano.
Il mondo si è fermato di nuovo.
Wonderwall, ancora nelle loro orecchie, come un disco rotto:
Because maybe,
You’re gonna be the one who saves me...
Com’è bello, quando c’è ancora
qualcuno davvero disposto a salvarci.
Hermione schiude le labbra pressapoco insieme a Ron, ma il bacio non dura a lungo. Quando
si staccano, occhi negli occhi, così vicini, un sorriso le nasce spontaneo
sulle labbra.
You’re gonna be the one who saves me...
La canzone è finita.
Emma sembra
risvegliarsi da un gradevole torpore. Poi capisce cos’ha fatto e scatta su, sfiorandosi le labbra, le guance accese; ha la sgradevole
sensazione di essere stata posseduta.
Fa ciò che non credeva
avrebbe avuto il coraggio di fare: voltarsi verso il ragazzo che le è vicino.
Ricorda quegli occhi nei suoi, blu scuro, innamorati...
Ma quando li incontra di
nuovo, sono azzurri, elettrici; disorientati quanto i suoi, forse, ma
sorridenti. Gli occhi di Rupert.
- L’hai sentita, vero?
Emma continua a
guardarlo, in silenzio.
- Hermione
che ti entrava dentro... Sono certo che l’hai sentita.
Come fa a saperlo?
Rupert risponde ancora alla
sua tacita domanda, con una scrollata di spalle.
- E’ quello che fa Ron, ogni volta che lo interpreto. E’ lui a muoversi... E’
stato lui a... A...
- ...A baciare Hermione. Certo che l’ho sentita.
Finalmente, un bel
sorriso sincero le attraversa il viso.
- Lo sapevo! – Esclama
lui. – Senti, facciamola così, questa famosa scena, vedrai che ci daranno buona
la prima.
Emma annuisce, ancora a
corto di parole. – Sarà meglio tornare, o manderanno a cercarci...
Non ha bisogno di
concludere la frase: Rupert
ha già ingranato la marcia. Rupert, che sapeva farla
ridere, Rupert timido, un drago davanti alla macchina
da presa, Rupert che sapeva DAVVERO recitare...
Lui e Ron, finalmente riesco a vederli sotto una luce distinta.
Bentornata,
Hermione.
><
...Capitolooone!!!
Ne vado orgogliosa. Finalmente SO esattamente dove voglio arrivare, e con un bel
capitolo sostanzioso. Me gongola^^
E adesso chi mi ferma più?
Starò via dieci giorni, il tempo di far smaltire a Rupo ed Em (carucci
loro^^) quello che è successo... Aspettatevi un nuovo
capitolo tra un paio di settimane.
A Herm90: non so se farai a tempo a leggere questo chap prima di
partire. Se sì, ne sarei felice. Altrimenti...
Una bella sorpresina per quando torni!
Grazie a Carola!
Sara