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Autore: LaMicheCoria    13/01/2013    1 recensioni
Liguria aveva un ombrello sgangherato, a sgualciti scacchi rossi e blu. Denti di metallo rugginoso si mordevano l’un l’altro in un’impalcatura tirata su alla bell’e meglio, l’asta sbeccata lasciava sempre sui palmi striature biancastre.
A Giorgio l’ombrello piaceva, perché era un po’ come il vecchio: un residuo dei bei tempi, un cimelio o un ninnolo polveroso, ma che ancora serviva e non gonfiava inutilmente il petto alla tempesta, col rischio di lacerarsi con un gemito rauco.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Principato di Seborga
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Oldin Olidena'
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Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Mi “appartiene” solo il personaggio di Liguria
Quale “Eugenio Faber Vargas”.

 

 

 

.: U Teu Fatturisu Amàu :.

 

Liguria aveva un ombrello sgangherato, a sgualciti scacchi rossi e blu. Denti di metallo rugginoso si mordevano l’un l’altro in un’impalcatura tirata su alla bell’e meglio, l’asta sbeccata lasciava sempre sui palmi striature biancastre.
A Giorgio l’ombrello piaceva, perché era un po’ come il vecchio: un residuo dei bei tempi, un cimelio o un ninnolo polveroso, ma che ancora serviva e non gonfiava inutilmente il petto alla tempesta, col rischio di lacerarsi con un gemito rauco. Tutto incarognito su se stesso, quell’ombrellaccio li riparava sempre entrambi: allargava le membra scricchiolanti e cigolava goccia dopo goccia, ringhiava e bestemmiava alla pioggia; le nuvole, prese da uno scoppio di ilarità, gli riversavano addosso uno scroscio di risa bagnate. Risa che non avevano effetto perché l’ombrello se ne batteva la ciolla, , come si diceva tra i vicoletti ansimanti di Savona,  e l’acqua se la lasciava tutta alle spalle.
Faceva così anche col Marin e nessuno, in Liguria, scherzava col Marin. Persino il vecchio aveva rispetto per quel vento mugghiante e feroce, che mordeva strade e sbranava scogli, vomitava spuma bollente, trangugiava acqua di mare, dilaniava coste. Alberi ben più rugosi del ciancicante Eugenio si erano genuflessi agli ordini perentori del Marin, cortei di ciottoli si erano riversati nelle onde al suo passaggio, il lampeggiare di macchine e lamiere lo avevano salutato con rispetto, pali ribelli erano stati divelti in una ghironda di fili strappati e scintille incandescenti.
-Non fidarti del Marin- borbottò il vecchio, affondando i piedi nel fango.
Dalla via inclinata sgorgavano fiotti di acqua melmosa, ovunque ombrelletti spiravano crocchiolando sotto i pugni del vento, si scontravano l’un con l’altro, bestemmie gorgogliavano dai tombini sputacchianti.
Giorgio non rispose, strinse la presa sul braccio del vecchio, si voltò a guardare con la coda dell’occhio il folle turbinare del Marin tra le mura e le case. Era una menade che agitava i capelli e il tirso, le foglie di vite intrecciate alle ciocche si accartocciavano su stesse e le pelli insanguinate lasciavano scoperti ora un braccio, ora il ventre, ora le gambe e le cosce.
Un richiamo tanto suadente e selvaggio che Giorgio lo sentì riversarsi nelle vene come nuovo sangue, un secondo respiro che gonfiava i polmoni fino a strapparli brano a brano e bruciava la pelle in un cantare di nervi arrostiti.
Giorgio si bloccò.
Il vecchio incespicò e quasi cadde, ma riuscì a mantenere l’equilibrio; l’ombrello, nonostante le cigolanti proteste, rimase ritto a difendere entrambi dalle unghiate del vento.
-Belinun, cus te gh’è?- sbottò subito Liguria, una mano ferma a tenere il cappellaccio e gli occhi cisposi che rotolavano sul volto dell’altro, a capire cosa non andasse.
-Io..- Giorgio si umettò le labbra, strinse i pugni. Avvertì il sangue defluire dalle guance, lasciando solo un colore bianchiccio ad affrontare lo sguardo sospettoso del vecchio. Il Marin gli esplose nel petto e sollevò le parole dal cuore fino alla bocca, come l’annegato che vomiti ancora acqua sporca e alghe -Io sono Indipendente!- esclamò.
Gli sembrò di soffocare, un nodo scorsoio di vento e di sale gli cinse il collo e strinse, strinse.
Liguria socchiuse gli occhi increduli, le nocche nodose stritolarono il manico dell’ombrellaccio; la tela sbatacchiò a destra e a sinistra alla grassa risata del Marin.
-Cus te disi ti? Indipendente..?-
Giorgio non rispose di più, fronteggiò il vecchio con i capelli smossi dal vento.
Lamelle d’acqua si srotolarono dai fianchi incavati dell’ombrellaccio fino a terra, divenendo in breve uno scrosciare bianco come schiuma dalle froge di un cavallo in corsa.
L’ombrello, lanciato contro il muretto, venne scaraventato in mare dall’ultimo, irriverente schiaffo del Marin.
Sulle guance di Seborga rigagnoli di pioggia accompagnarono filamenti di lacrime a raccogliersi dagli occhi lungo il mento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

u teu fatturisu amàu: E il tuo sorriso amaro (D'Ä MÆ RIVA)

Marin: Il Marin è il vento di mare che soffia nelle valli dell’entroterra ligure e del basso Piemonte, frequente da Marzo a Settembre. Come per lo scirocco, precede il maltempo (o in qualche caso lo accompagna).
Il 14 Maggio 1963 il Principato di Seborga si dichiarò Indipendente dalla Liguria e dall’Italia tutta. Il fatto che tale Indipendenza non sia stata ancora riconosciuta sono solo dettagli irrilevanti.

   
 
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