Disclaimer: i personaggi di
Hetalia Axis Powers
Non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
.:
Jewish Diamonds :.
Quando Eirik esce dal bagno, Jan è ancora alla
finestra.
Tiene la spalla destra contro il muro, il volto
inclinato e un triangolo di luce che dal naso scende a scaldare la guancia,
parte del mento e la piega del collo; ci sono affossature d’ombra dove la
sciarpa si piega e s’incunea, piccoli barbagli dorati balbettano sul
fornelletto della pipa.
Jan non sorride, dicono, benché la verità sia
un’altra: il sorriso di Jan non si forma sulle labbra, ma nasce spontaneo a
lato degli occhi –Ed è lì che Islanda sa di poterlo trovare.
-Ti sei annoiato?- Olanda guizza con lo sguardo
nella sua direzione e Eirik scuote il capo, sedendosi sul materasso. Il letto
affonda con uno scricchiolio, Mr. Puffin stride stizzito, batte le ali e poi
zampetta verso le dita già tese di Islanda.
-Sono persone molto simpatiche- risponde Eirik
-Davvero, mi ha fatto piacere conoscerle-
Dopo la partita, Olanda lo ha portato a Leidseplein(1).
Anzi, più che Jan, è stato la folla a trascinare
l’olandese in avanti e Eirik subito dietro: un torrente bianco e rosso,
bandiere e trombette e facce dipinte e boccali di birra, braccia al cielo e
schifezze sotto le scarpe, il freddo di Settembre mescolato al calore della
vittoria.
Schiacciati tra un omone rubizzo ed una famigliola
bionda, lui e Jan hanno guardato i giocatori sporgersi dal balcone
dell’American Hotel(2): Vermeer(3)
ha spiegato Olanda indicando il portiere, il braccio teso sopra un inguardabile
cappello con campanellini tintinnati. Poi una ragazza magra e ridente che li
scontra e li saluta e li abbraccia e alza il boccale, Ajax! cinguetta con la voce strascicata dall’alcool e dai goal e ad
Islanda comincia a girare la testa per il rumoreggiare della gente e
quell’andare a destra sinistra sinistra destra a ritmo dell’inno cantato,
masticato da mille e più voci, Een roep, die geldt, dat is je ware Rood
en Wit wordt kampioen!(4)
-Dijks(5) è stato molto
gentile- continua Eirik, incerto se l’altro stia ancora pensando alla
conversazione o se sia tornato a concentrarsi sull’ondeggiare dei tifosi sotto
le finestre dell’Hotel. Non hanno ancora smesso di cantare e le parole
dell’inno creano un sottofondo ovattato e piacevole nella penombra della
camera.
Islanda
pensava si sarebbero fermati giusto il tempo per complimentarsi coi giocatori,
magari un rinfresco veloce, due chiacchiere sul match e sugli incontri futuri, qualche
stretta di mano, le foto e un autografo. Invece è rimasto stupito –piacevolmente stupito- quando ha
scoperto che Jan aveva già prenotato una stanza anche per loro.
Ecco,
spera solo che non sia stato il proprio entusiasmo a convincerlo.
Sì,
insomma. Le scalinate nere, i muri bianchi, i quadri alle pareti, i lampadari
di cristallo, le arcate del ristorante e le poltrone in velluto viola che
riposavano davanti al camino..forse, forse,
li ha descritti a Jan –che di certo li conosce meglio di lui- con una dovizia
di particolari tale da andare oltre la mera curiosità accademica.
Chissà se
una camera all’American Hotel può essere giustificata come spesa diplomatica..
-Cosa ti
ha detto?- Olanda lo sta guardando di scorcio, una lama di luce che dalla
spalla scolora sulla maglia col numero quattordici -Nel domandargli, curioso, il significato di
quel numero, Jan gli ha risposto Perché
non si trovava quella col numero nove(6), lasciandolo piuttosto
confuso.
-Mi ha
chiesto se secondo lui c’era il fuorigioco-
-C’era?-
-Sì- un
istante di silenzio, rotto solo dai versetti soddisfatti di Mr. Puffin -…Credo-
In realtà,
non è che abbia capito tantissimo del
fuorigioco .
Quando Dan
ha saputo che Olanda voleva portarlo a vedere una partita dell’Ajax le reazioni
sono state, nell’ordine: risa, No aspetta
ripeti, altre risa, Mi prendi la
maglia di…?, ancora risa, Stasera ne
parliamo a cena, hai bisogno di essere istruito!
Che poi ha
mantenuto la promessa, considera fra sè Islanda, arcuando le sopracciglia.
Fin che cerca
di propinare a qualcuno i suoi salmiakki,
Nor che prende una liquirizia, lancia un’occhiataccia a Dan, lancia
un’occhiataccia a Dan e si prende una liquirizia, Sve che sorseggia piano il
suo glogg(7) correggendo
gli errori sul catalogo dell’Ikea, mentre Dan si sbraccia e spiega e sparla di
campionati e guardalinee e posizioni, mandando giù il tutto con una buona dose
di Ceres.
Islanda si
chiede ancora se le loro cene di famiglia possano rientrare nel canone della
normalità.
-…Credi?-
e il tono di Jan si fa divertito, una risata che accenna nella voce e
nell’inclinazione delle labbra.
Eirik
tossicchia, mordicchiandosi il labbro inferiore.
È che Dan
si è impegnato così tanto, gli sarebbe dispiaciuto ammettere che della sua
spiegazione non aveva capito nulla. Si è immerso nella calcistica crociata al
punto di chiedere al signor Mikkelsen(8) di riassumere il concetto
perché anche un neofita come lui potesse comprendere la verità fondamentale celata
nell’espressione “penultimo avversario”.
Anche se
poi Dan ha concluso la faccenda con un “Ma
tanto lo sanno tutti che i falli più
evidenti sono quelli svedesi”, insaporendo il commento con un’altra sorsata
di birra. Al che a Fin è andata di traverso l’acqua, Nor ha strabuzzato gli
occhi e Sve ha risposto in modo molto strano, tracciando un occhiello rosso
sotto l’immagine di una sedia.
-Jan…cosa
è successo il 27 Giugno del 1968?(9)-
Perché Dan
ha cominciato a borbottare dopo che Sve gli ha ricordato quella data.
Olanda
ride di nuovo; scuote la testa, il bocchino scricchiola quando solleva le
labbra e stringe i denti per l’ilarità. Il fumo tossicchia dal fornelletto.
Poi l’olandese
torna a guardare fuori dalla finestra; Islanda si alza e lo raggiunge. Getta
anche lui un’occhiata in basso, corrugando la fronte.
-Jan- lo
chiama di nuovo, lo sguardo si solleva a cercare quello di Olanda -Perché la stella
a sei punte?-
Ne ha
viste tante, tantissime campeggiare sulle bandiere dei tifosi, così come tante,
tantissime volte ha sentito urlare Eddie
Hammel(10), mentre anziani con gli occhi lucidi si cercavano
l’un l’altro e si passavano di bocca in bocca il nome del Cafè Brandon(11).
-Joden. Noi siamo gli Joden(12)- e quel termine e
la voce portano con sé una consapevolezza che va ben oltre la vittoria o una
partita di calcio. È qualcosa di più antico. Vecchio. Che gli piega le spalle e
rende livida la pelle.
“Non ti porterà mai al De Kuip, a vedere una partita contro il Feyenoord” lo ha avvertito Dan.
“Perché?”
“C’è un fischio che Jan non vuol più sentire.”
(13)
Eirik
deglutisce, guarda la strada, guarda le bandiere. Fissa Olanda.
Sta per
chiedergli del Feyenoord, del fischio e della squadra del ghetto(14),
ma la Stella di David si specchia nello sguardo nero di Olanda, sgretolandosi
dentro di esso in mille sfaccettature di diamante(15).
Note Finali
(1) Leidseplein
(2) American Hotel
(3) Kenneth Vermeer, portiere dell’Ajax.
(5) Mitchell
Dijks, difensore dell’Ajax.
(6) Maglietta col
numero di Johan Crujiff.
Indossò la maglia numero 9 fino al 1970, ma una sera –prima di una gara di
campionato- poiché non si trovava la maglia di Gerry Muhren (numero 14),
Crujiff gli cedette la propria e prese il numero 14. Dopo la vittoria
conquistata in quella partita, Crujiff indossò il 14 per tutta la sua carriera.
(7) Glogg.
(8) Jàkup
Mikkelsen, portiere della Nazionale di Calcio delle Fær Øer. E’ un insegnante.
(9) Data di un’amichevole
tra Svezia e Danimarca, vita dalla prima per 2 a 1.
(10) Eddie Hammel,
ala destra dell’Ajax, ebreo. Viene deportato ad Auschwitz dopo l’occupazione
dell’Olanda nel 1940. Vi muore nel 1943.
(11) Una sorta di
“tempio” del tifo bianco-rosso, vi è anche appesa una foto di Eddie Hammel.
(12) “Giudei,
Ebrei” è il nome della tifoseria dell’Ajax, ma viene anche usato in senso
dispregiativo nei loro confronti dai tifosi del Feyenoord, rivale storica della
squadra.
Negli
anni ’30, l’Ajax era la squadra più amata dagli ebrei di Amsterdam, un aneddoto
narra che ogni domenica le bancarelle del mercato chiudessero in anticipo per
andare a vedere la partita. Non era inoltre difficile (e non lo è ancora oggi,
nonostante il “divieto” del 2005) veder sventolare tra le bandiere anche quella
con la Stella di David, detta da allora “Stella dell’Ajax”.
La
ricostruzione della squadra avviene negli anni ’60 ad opera di Jaap Van Praag,
negoziante di dischi ebreo sfuggito ai rastrellamenti, Maup Caransa (salvatosi
per il matrimonio contratto con una donna cattolica) e i fratelli Freed e Wim
Van Der Mejiden, ai quali, però, venne affibbiato il nome “Fratelli Bunker” per
l’attiva collaborazione coi nazisti.
I
tifosi dell’Ajax, dopo il conflitto, cominciarono a cucirsi una stella gialla
addosso ai vestiti.
(13) Nelle partite
Feyenoord-Ajax (giocate al De Kuip,
stadio della squadra di casa), i tifosi del Feyenoord emettono tutti insieme un
fischio acuto e prolungato, per ricordare quello delle camere a gas.
(14) L’Ajax viene
fondato nel 1900 da un gruppo di studenti di Amsterdam, in un ghetto della
città.
(QUI per maggiori
informazioni circa le note 10-11-12-13-14)
(15) Cito da Wikipedia, voce “Amsterdam”
“Durante la seconda guerra mondiale le truppe tedesche
occuparono la città a partire dal 15 maggio 1940 e deportarono quasi 100.000
ebrei, facendo quasi scomparire la loro comunità. Anna Frank era una di loro.
Prima della guerra, Amsterdam era il centro più importante per il commercio dei
diamanti. Poiché questo commercio era per la maggior parte nelle mani di
affaristi e gioiellieri ebrei, esso scomparve.”
Giudizio di Amy (Che ringrazio tantissimo *A* )
- Nemeryal ~ Jewish Diamonds
Questa storia, seppur breve, è così
carica di dettagli e storia da… fare un po’ troppo, a dire il vero. Apprezzo le
tue storie per tutte le notizie e note storiche che riesci ad infilarci, ma in
questa storia ho fatto davvero fatica. Mi sono messa nei panni di Islanda e non
ho capito molto e in questo si è discostata tantissimo da quello che è “lo
spirito di Amsterdam”, spiegare passo passo la storia del luogo, anche queste
particolarità che sono interessantissime, magari perdendo dettagli ma facendo
capire a qualcuno che di storia olandese non sa niente. E con questo non voglio
dire che io sia migliore, eh, parlo di quello che ho voluto fare, che ci sia
riuscita o meno è un’altra cosa.
Credo che questa fanfiction potrebbe inserirsi nel contesto di Amsterdam se
ampliata, perdendo molto più tempo in spiegazioni, soprattutto quando il povero
Islanda non capisce molto di calcio o storia… ma, anzi, la parte calcistica era
spiegata benissimo, è un peccato che non sia stato così anche per il resto. Mi
sarebbe piaciuto vedere un Islanda con le idee un po’ più chiare ed un Olanda
più disposto a parlare, perché, in fondo, è stato lui a portarlo alla partita
dell’Ajax, quindi uno sforzo poteva anche farlo.
Nonostante questa premessa, questa è una delle storie che a lungo ho pensato di
far vincere, perché ha del potenziale e mi piacerebbe vedere l’olandese perdere
tempo a spiegare, magari portando l’azione al passato, prima della scena
dell’hotel, in modo da analizzare con calma un argomento che non può essere
solamente riassunto.
Mi è piaciuta tanto la caratterizzazione dei nordici, dal doppio senso di
Danimarca al dettaglio della Ceres, ma il contrasto tra questi dettagli alla
fretta con cui è affrontato l’argomento principale penalizza moltissimo
la tua storia.