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Autore: Shadow Eyes    17/01/2013    4 recensioni
L’odore del sangue impregnava la stanza.
L’urlo di Jill non gli sfiorò minimamente l’udito; nella mente e nei sensi c’era spazio solo per la morte di un nemico di vecchia data che finalmente stava annaspando tra le sue dita. Serrò la presa.
«Facciamola finita.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Jill Valentine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bleeding






“I cast off my frail humanity and became something greater.”
Albert Wesker, RE “The Umbrella Chronicles”




L’odore del sangue impregnava la stanza.
L’urlo di Jill non gli sfiorò minimamente l’udito; nella mente e nei sensi c’era spazio solo per la morte di un nemico di vecchia data che finalmente stava annaspando tra le sue dita. Serrò la presa.
«Facciamola finita.»
Ma una forza della natura lo stravolse, spazzandolo fuori dalla finestra in un’esplosione di vetro. Frammenti brillanti gli vorticarono attorno, specchiando uno sguardo attonito che non riconobbe.



"The right to be a god... that right is now mine.”
Albert Wesker, RE5




L’odore dell’erba bagnata dalla pioggia aleggiava evanescente attorno alle sue narici, che reagirono di colpo inalando quanta più aria possibile in un solo respiro. Tossì, sputò qualcosa di metallico e poi, in un istante, il mondo tornò nel buio.
Un’orbita tumefatta si riaprì nel limbo immobile di un prato e Wesker batté ciglio, infastidito dal bagliore che continuava a balenargli negli occhi; pezzi di vetro nero erano sparsi ovunque sul terreno, nei suoi palmi, sotto la sua pelle e, tuttavia, ne percepiva solo la mera presenza, la forma aguzza, ma non il taglio. Ah, ma non era tutto, c’era dell’altro. Sangue, nello specifico, il suo, che gli stava scivolando lentamente lungo gli zigomi e fuori dalla bocca. Non fece nulla per fermare le emorragie. Sì, perché dal bruciore infernale che ogni suo organo e osso stavano producendo a causa della rigenerazione, era consapevole di averne in corso più di una. Tutto quello che doveva fare, era aspettare che il processo terminasse di ripristinargli le funzioni vitali; e così fece. La pazienza era sempre stata una delle sue virtù, dopotutto.
Secondi, minuti, ore, forse, passarono e l’infrangersi delle gocce d’acqua fu l’unico suono che accompagnò la sua attesa, mentre la natura attorno sembrava osservare lo svolgersi degli eventi in un silenzio che aveva un che di… aspettativa. Una calma irreale che poteva solo precedere una scelta.
Wesker fece finalmente scivolare il braccio fratturato da sotto il proprio stomaco in una scia di fango, tendendolo con cautela fino a sentire la spalla dislocata tornare con un sinistro schiocco in sede.
Bene.
Un lamento flebile lo fece bloccare.
«Ch… ris…»
Ah…
Il petto di Jill si contrasse e si rilassò contro la sua schiena.
Fu solo allora che gli tornò in mente la sua presenza.
… L’eroina del giorno cammina ancora tra i vivi.
Dopo aver sistemato anche l’altro braccio ed aver fatto tornare al loro posto le vertebre del collo, l’uomo si scostò di lato, facendola scivolare al suolo. Si sedette, dando una sommaria occhiata alle gambe: purtroppo quella più malconcia, sulla quale aveva tentato istintivamente di smorzare gran parte del peso al momento dello schianto, ci avrebbe messo un po’ per tornare funzionale al cento per cento.
Wesker spostò lo sguardo sul corpo della donna, riverso sul terreno in maniera scomposta; non era la prima volta che Jill Valentine riusciva a sconfiggere la morte in una partita a scacchi. E non sarebbe stata nemmeno l’ultima, oh no. C’era qualcosa in lei, un potenziale che non aveva mai ignorato. La mente fredda e razionale della donna, del resto, il suo ottimo istinto e la sua schiettezza erano doti lodevoli, che l’avevano fatta emergere ai suoi occhi ai tempi della S.T.A.R.S., assieme al suo compagno e controparte caratteriale Chris Redfield. Entrambi erano stati senza dubbio notevoli risorse per la polizia. La loro complementarità li aveva resi un’ottima squadra fin dall’inizio; due agenti, letali assieme quanto un intero esercito, che dopo anni di sforzi erano riusciti a rovesciare l’Umbrella ed avevano rischiato di diventare una spina nel fianco persino per lui. Un curriculum invidiabile, nulla da eccepire.
Gli angoli delle labbra gli tremarono appena.
Già, ma adesso una delle due teste più pericolose della B.S.A.A. era caduta e il corpo mutilato dell’associazione ne avrebbe sofferto per un bel po’, perdendo efficacia sul campo. Tragico per i più, forse, ma inevitabile ai suoi occhi. Nonché un vantaggio da cogliere immediatamente, perché il caos che ne sarebbe derivato gli avrebbe fornito il tempo necessario per fare procedere il suo piano senza esagerati scossoni.
Wesker si tolse un guanto e poggiò le dita fredde sul collo di Jill, controllando le pulsazioni. La vena si gonfiò debolmente sotto il suo tocco: per quanto fievole fosse, il battito sembrava essere ancora piuttosto regolare. Di certo non sarebbe morta presto.
La sua mano indugiò sulla gola bianca della donna, mentre la mente correva rapida nell’elaborazione di quel che sarebbe stato. Adesso che era riuscito a travalicare il limite imposto dal divino all’umano e ad acquisire uno stato superiore di consapevolezza, Jill non era altro che l’ennesima prova che il genere umano era pateticamente aggrappato a quanto di più debole e degradante esistesse in natura, qualcosa che lo disgustava fino alla nausea: la propria miserevole vita. La lotta alla sopravvivenza primordiale imponeva che fosse sempre il più forte a schiacciare i deboli che lo circondavano, a sopravvivere e riprodursi, dando vita ad una genia altrettanto forte, sempre più vicina alla perfezione. Il mondo moderno, tuttavia, non permetteva più alla selezione naturale di entrare in atto; ogni scarto della Terra aveva la possibilità di percorrere il proprio cammino fino a raggiungere anche posizioni di prestigio e di gestione della comunità. Un sovraffollamento di larve che si nutrivano di tutto quello che le circondava senza costruire nulla, avvelenando con la loro incapacità e inadeguatezza la vita anche di chi aveva il diritto legittimo di tirare le loro fila. Non poteva esistere nulla di più profondamente sbagliato. Un errore nella mappatura genetica dell’umanità al quale lui avrebbe posto rimedio al più presto.
Scostò la mano e la rivestì di nuovo col guanto. Normalmente un essere così fragile, così imperfetto e così tenacemente attaccato alla propria insensata esistenza, avrebbe perso ogni tipo di attrattiva ai suoi occhi; ma Jill Valentine era diversa. C’era qualcosa di impressionante nella pervicace resistenza che aveva opposto a lui e alla morte più e più volte. Non aveva mai implorato pietà, non aveva mai piegato le ginocchia e strisciato nel fango per aver salva la vita. Aveva combattuto, si era adattata, era migliorata. Lei faceva parte di coloro che per natura congenita ce l’avrebbero fatta comunque a sopravvivere, qualsiasi ostacolo gli si fosse parato davanti: l’evoluzione era senza alcun dubbio dalla sua parte.
L’uomo si alzò, testando la ripresa delle gambe: la sinistra era ancora malconcia, i muscoli contratti, bollenti, che tardavano a recuperare la loro forza – ma sapeva che non ci sarebbe voluto ancora molto. Prese allora a camminare con calma, respirando l’odore ferroso del sangue che continuava a colargli giù dalla lamina orbitale incrinata, tendini, nervi ed ossa che nel frattempo tornavano ad essere un tutt’uno ad ogni suo passo.
Jill emise un altro gemito e spostò in un inutile sforzo un braccio in avanti, stringendo l’erba bagnata tra le dita. In un attimo, Wesker incombette su di lei con la sua ombra scura e, mentre la donna annaspava in agonia, suo malgrado si trovò a sorridere. Ironia della sorte, era stato proprio lui a salvarla involontariamente, facendole da ammortizzatore; se non si fosse stretta a lui durante la caduta, il suo cranio sarebbe sparso ovunque.
«Chris… do…ve…»
L’idea di farla finita lì, schiacciandole la testa sotto il tacco della propria scarpa, gli carezzò la mente ma, ormai, sapeva che sarebbe stato un imperdonabile spreco: dopotutto, aveva tra le mani l’opportunità di ridurre l’ego di quella donna e di Chris Redfield in brandelli e, l’ucciderla lì, di colpo, mentre versava in uno stato di semicoscienza, l’avrebbe privato di quella vendetta così lenta e dolce che tanto bramava. Con il potenziale di Jill sotto chiave, poi, avrebbe potuto anche ottenere una mutazione genetica superiore a quella di Lisa Trevor. Chi poteva dirlo? O, forse, non avrebbe guadagnato che il sottile piacere di vederla contorcersi sotto i ferri – poco importava. Qualsiasi possibilità avrebbe avuto in serbo per lui la sorte, ne sarebbe uscito a testa alta e vittorioso, proprio come adesso.
Con movimenti precisi, distaccati, passò un braccio sotto il collo e la schiena di Jill, infilando l’altro nella piega dei popliti; la sollevò senza il minimo sforzo, sentendo un pianto lieve come un soffio di vento abbandonarle le labbra. Abbassò lo sguardo: la donna era sporca di sangue, piena di escoriazioni e con le gambe in pezzi. Come mai prima d’allora, era completamente in suo potere.
Un lampo squarciò il cielo sopra di loro, illuminando un paio di occhi grigi fermi nei suoi.
«Ben svegliata, Jill.», la salutò con tono compassato, accennando col capo un’ironica riverenza.
Le pupille della donna risposero dilatandosi; la mascella le si serrò.
«Devo ammettere che il tuo è stato un ragguardevole tentativo, mia cara.», si complimentò allora, con il tipico atteggiamento accondiscendente di un adulto costretto a spiegare per l’ennesima volta lo stesso concetto ad un bambino molto testardo. «Tuttavia, tu e il tuo sciocco collega avete sottovalutato un fattore di discreta importanza: un Dio non può morire.»
In trappola tra le sue braccia, Jill rimase in silenzio, bagnata dalle gocce di pioggia: non era certo che quello sguardo opaco potesse davvero vederlo, né tantomeno che la sua mente stremata potesse comprendere il significato delle sue parole, eppure non era riuscito a trattenersi dall’ostentarle tutto il suo compiacimento. Oscurata dalla sua figura impressionante, la donna sembrava infatti così fragile, vinta, che un suo singolo movimento brusco avrebbe potuto spezzarle ogni osso rimastole integro e, quel pensiero, gli aveva riempito il petto d’una smania fremente.
Quella sensazione, però, svanì non appena avvertì uno spostamento contro il suo stomaco. Il braccio sano di Jill si mosse, le tremò e l’intero corpo fu preda di spasmi violenti, mentre cercava di sollevarlo verso il suo mento. Wesker rimase in impassibile attesa; solo negli occhi trasparve una certa perplessità. Quando la donna arrivò infine a sfiorargli la pelle umida con un dito, mostrandogli il polpastrello chiazzato d’un rosso cremisi che le venne lavato via dalla pioggia, finalmente capì.
«Un Dio non sanguina, Wesker.»
Un rombo di un tuono accompagnò quelle parole, donandogli un’inquietante forza epifanica che fece aumentare, per un eterno istante, la forza della sua stretta sul corpo inerte di Jill. Un bagliore scarlatto brillò improvvisamente nella sua iride illesa, stagliandosi tra le ombre del suo volto; ma tutto questo lei non lo vide, né sentì il respiro del suo ex capitano tornare normale dopo una contrazione del viso, perché aveva già chiuso gli occhi sul mondo e lasciato scivolare la coscienza nel freddo torpore di un’oscurità senza sogni.
Wesker riprese a camminare.
Il sangue gocciolava dalle dita di Jill mescolandosi al fango.










.:~*~:.

*Sbuca Nelson il bullo da un cespuglio e punta un dito contro Wesker* HAW-HAW!
E fu così che tutti morirono.

Insomma… XD abituata come sono a scrivere cose stupide, ogni volta che scrivo qualcosa di serio mi sembra ancora più stupido delle cose stupide che scrivo di solito.
Ma va be’, passiamo oltre! Prima di ogni altra nota, vorrei ringraziare come al solito gli impavidi che si sono avventurati nella lettura di questa storia. Se avete qualsiasi perplessità, fatemelo sapere, così corro ai ripari e correggo. :)

Per il resto, posso dare dei chiarimenti a chi ha voglia di capire quale erba ho fumato *cough*quella blu!*cough* mentre scrivevo. XD Ehm… allora: questa è ovviamente una mia reinterpretazione della famosa scena della caduta che avviene in RE5. Ho pensato diverse cose prima di mettermi all’opera: prima di tutto, Wesker sappiamo che è sopravvissuto alla caduta grazie al virus che gli circola in corpo che gli garantisce capacità sovrumane. Ma Jill? Jill era una normale agente della B.S.A.A., niente super poteri, niente raggi laser, niente trasformazione in Jill-Sandwich in caso di emergenza. Mh, quindi la spiegazione meno idiota che sono riuscita a darmi è che Wesker abbia tentato di rallentare o ammortizzare la caduta in qualche modo (la rigenerazione avrebbe comunque riparato i danni collaterali) e che Jill, essendo rimasta aggrappata a lui, abbia avuto salva la vita per rimbalzo.
Ho deciso poi di far incrinare la lamina orbitale (la zona d’osso sotto l’arcata sopraccigliare, se non erro) perché ho letto che, nei concept iniziali della trama di RE5, Jill avrebbe dovuto cavare un occhio a Wesker durante la colluttazione… cosa che in seguito hanno deciso di eliminare. Se date un’occhiata al concept art della scena (quello in cui c’è Wesker che regge Jill tra le braccia), però, potete notare c’è del sangue che gli esce dall’orbita. Dato che l’idea mi piaceva, ho eliminato la parte cruenta della pugnalata perché non mi serviva a niente, ma ho deciso di tenere comunque la parte della ferita. Non guardatemi così, è che mi piaceva l’atmosfera del disegno! XD
Infine, posso tranquillamente e orgogliosamente affermare che scrivere qualcosa dal punto di vista di Wesker mi è costato il suicidio di tanti valorosi neuroni. Tributiamogli un minuto di silenzio. Comunque, sono sicura di non capirlo per niente, Albert… e sono altrettanto sicura di non volerlo davvero capire per niente per i seguenti motivi: fin dal primo RE per Ps1, sono sempre stata fan del Team Sandwich (Chris-Jill-Barry). Sempre. Dall’inizio fino alla fine. Perché? Per il loro orientamento etico, ovviamente. Perché mi piacevano e sentivo fosse giusto stare dalla loro parte. Wesker, invece, più lo guardavo e più mi convincevo che fosse il tipo di persona che la mattina non fa i gargarismi con il colluttorio ma con i chiodi. Arrogante e menefreghista fino al midollo. Quindi non ho mai perso molto tempo dietro di lui… ero una bambina molto intransigente. XD Lo sono anche adesso ma la vecchiaia mi ha anche permesso di capire che ogni personaggio, indipendentemente dallo schieramento, può avere una storia interessante alle spalle che giustifica il suo status nella storia. Ma ci sono arrivata in ritardo, per questo motivo chiedo venia se ho frainteso il personaggio. La mia morale e la sua sono su due pianeti diversi, quindi sento che probabilmente gli ho dato una piccola parte di umanità che forse non dovevo affatto attribuirgli.
Fatemi sapere! :)

See ya,

Shadow Eyes
  
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