Inferno
Un
venticello leggero ora ti
solletica il viso, e il sole riscalda l'erba sotto ai tuoi piedi. Senti
il
corpo intorpidito.
Riapri
gli occhi, ancora una
volta, e fai qualche passo, cercando di capire se sei davvero dove
credi di
essere. A guardarti meglio attorno, adesso, ti torna in mente quel
luogo.
Lo
ricordavi diverso, immerso in
una radura più fitta, ma quando volti lo sguardo alla tua
sinistra e lo vedi,
capisci di essere nel posto giusto.
Il lago.
E non lo vedevi da secoli, non tornavi in quella valle da tempo per la
paura
che i ricordi ti logorassero l'animo.
Eppure adesso stai correndo, ti stai avvicinando sempre di
più al riaprirsi di
quella vecchia ferita. Ti sembra quasi un sogno.
Vedi il lago davanti a te, e per un istante tutto il resto sembra non
esistere,
l'unica tua meta è raggiungerlo, anche se non sai il
perché. Senti che devi
farlo.
Quando
mancano pochi metri
all'arrivo, qualcosa al centro del lago smuove l'acqua circostante. Ti
fermi
alla riva, affannato, e non riesci a smettere di fissare il punto in
cui, ne sei sicuro,
qualcosa si è
appena mosso.
Attendi... non sapresti dire quanto.
Forse
dovresti tornare a casa,
pensi più tardi.
Forse nulla di tutto ciò è veramente importante.
Dovresti fartene una ragione: lui non tornerà e tu non lo
rivedrai mai più.
Ma il tuo piccolo cuore non può davvero pensare
ciò, ed è grazie a quel
briciolo di speranza rimasta che l'acqua è di nuovo scossa,
che qualcosa ne
esce fuori, possente.
Li
vedi, i suoi capelli biondi
grondanti, la cotta di maglia pesante, la Spada che luccica sotto il
sole. E lo
sguardo che si alza, i suoi occhi nei tuoi, di nuovo.
Si avvicina
lentamente, mentre tu, pietrificato, non riesci a muovere nemmeno un
dito. Ma
sorridi. Puoi sentirlo, il tuo animo, esultare.
Lui
si ferma di fronte a te, i
vostri sguardi che non si sono abbandonati per un solo istante.
Non
proferisce parola, semplicemente rimane lì, in piedi.
Ora i suoi occhi li puoi osservare da vicino, come un tempo.
Strano,
non li ricordavi così.
Erano azzurri, vivi, e vibranti. Non spenti, non così cupi.
La
sua pelle... La sua pelle era
rosea, solare. Non era biancastra, non era così insana.
E
le sue labbra... erano piene,
carnose. Non erano secche, non erano viola.
Lo
rivedi
come l'ultima volta.
Lo rivedi come quando lo hai perso, al tuo fianco.
E
ti avvicini a lui, per scostargli
una ciocca di capelli dal viso.
Non lo senti più, il sole riscaldarti la pelle e il vento
smuoverti i capelli.
Non senti più nulla, a farci caso.
Hai il corpo stanco, ancora intorpidito.
E non riesci a muovere la tua mano per scostare quella ciocca, non
riesci e tenti, tenti, tenti ancora. Ma neanche la tua magia ne
è in grado.
Non funziona.
Perché?
Perché
non puoi avvicinarti a lui?
Perché
non puoi toccarlo?
E
perché lui non fa altro che
guardarti, gli occhi atoni e le braccia stese lungo i fianchi?
Hai
un dolore lancinante alla
testa.
E
non fai in tempo a riguardarlo
negli occhi, che un rumore forte e lancinante ti trapana le orecchie.
Ti distrugge, e ti accasci a terra.
Chiudi gli occhi, ma il rumore non passa, anzi si fa ancora
più forte.
Un
istante.
Ti
butti in avanti di peso, inspiri
ed espiri ampiamente. Il cervello ti pulsa ancora, il rumore non
è cessato.
E
quando finalmente riapri gli
occhi la vedi, la sveglia.
Non
un attimo di più che già è
incenerita, lì, sul tuo comodino.
E
un vuoto riempie il tuo petto.
Ti schiaccia, ancora e ancora.
Chiudi le mani a pugno sulla testa, e per la millesima volta ormai...
Piangi.
Lui
non è
ancora tornato, lui non ritornerà mai.