Un soffio nel
vento, una lacrima nell’oceano.
Specchietto
Nome forum: AkyIvanov
Nome EFP: Aky Ivanov
Fandom: Beyblade
Gusto scelto: limone
Note: Partecipante al contest “A che gusto lo vuoi il gelato?” indetto da Sofia@EFP, ma a seguito di numerosi cambi di giudici,
giudicato da HopeGiugy.
Gusto scelto: Limone: Mi
ero detto che potevo superare tutte le prove che un
uomo può superare(Avatar). La
citazione inserita nella storia è stata sottolineata
di proposito a fini del contest, richiesto così dalla ragazza che lo ha
indetto.
Nota per la giudice: I personaggi
descritti da me all'inizio fanno parte di un ricordo, ma effettivamente i
personaggi sono adolescenti. L'ultima parte è stata tratta dall'anime.
Grazie per esserti proposta.:)
Il rumore prodotto dalle eliche
dell’elicottero aveva smesso di infastidirmi dopo i primi minuti, perché ormai
la mia testa era in stato confusionale.
Avevamo ormai sorpassato Mosca e
quello che si vedeva del paesaggio sottostante era solo un manto bianco. Vorkov
con il suo sorriso subdolo continuava a guardarci con occhi che luccicavano in
maniera sinistra. Non mi aspettavo nulla di buono da quel pazzo.
Improvvisamente l’elicottero
comincia a perdere quota lentamente, fino a restare sospeso a circa un metro da
terra. Lui si alza ed esordisce quasi con aria solenne “E’ giunto il momento di
testare le vostre capacità. A me non servono delle nullità ma ragazzi in gamba
quindi ora inizia la vostra prova. Vi lasceremo qui, e voi avrete un intero
giorno per oltrepassare il bosco e arrivare dall’altra parte. Chiunque ce la
farà, significherà che ne sarà uscito vivo”.
Il sorriso da schiaffi si
accentua, quando ci annuncia che dovremmo scendere saltando da quell’altezza,
poiché la zona non è adatta all’atterraggio. Mi avvicino al portellone e l’aria
gelida di Dicembre riesce a penetrarmi fin dentro le ossa, costringendomi ad
alzare la sciarpa di lana fino all’altezza del naso. Guardo in basso e prima
che quello psicopatico decida di spingermi, prendo un respiro profondo e salto.
L’atterraggio non è disastroso come pensavo. Sono riuscito a rimanere in piedi
nonostante fossi la metà dell’altezza che mi separava dal suolo.
A causa del volo appena fatto, il
cappello di lana mi è volato via trascinato dalla corrente del vento. Posso
dirgli addio, visto che bianco com’era sicuramente si mimetizzerà con la neve.
La folata di vento causata
dall’elicottero che riprende quota mi costringe a portare le mani davanti il
viso.
Quando finalmente l’aria si calma vedo già alcuni bambini
andarsene ognuno per fatti propri, ora sì che inizia l’avventura.
Vorkov ha annunciato che il primo
che raggiunge la meta avrà un enorme vantaggio all’interno del monastero, ora
che non ho più il cappello devo stare molto attento,
cercheranno di mettermi fuori gioco, del resto come faccio a nascondere
dei capelli rossi in mezzo a tutta
questa neve?
In mezzo al bianco più assoluto un
bambino dai capelli fiammeggianti si osserva intorno cercando un punto, da dove
cominciare a muoversi. Arrancando nella neve che gli arriva fino al ginocchio
inizia a camminare verso la riva del lago ghiacciato, che si trova lì vicino.
Il cielo è completamente
coperto di nuvole, impenetrabile, quasi come se al di sopra non ci fosse nulla.
Le montagne che fanno da corona a quel grande, lago sono imbiancate, e il
bianco della cima quasi si confonde nel cielo.
La lastra ghiacciata che
ricopre il lago è spessa e lucente, e crea con i raggi che riescono a sfiorarne
la sua superficie dei bellissimi giochi di luce. Ai bordi sono addensati cumuli
di neve, e gli alberi che lo adornano sono completamente spogli, anch’essi
ricoperti da quel candore, e alcuni rami scheletrici svettano verso il cielo
come in un grido d’aiuto.
“A me non interessa questa
stupida prova” continuava a sussurrare a denti stretti camminando “Non posso
sempre rischiare la vita per quel pazzo”. Per la rabbia tira un calcio al
nulla, in un punto ghiacciato e scivoloso. Agitando le braccia minute cerca di
mantenersi in equilibrio, finendo miseramente seduto nella neve.
Un verso stizzito gli esce
dalle labbra cercando di rialzarsi, quando sopra di lui si proietta un’ombra
seguita da una risata di scherno.
“Ivanov, non ti facevo così
incapace” quella voce fastidiosa quanto tagliente solo a quel borioso poteva
appartenere.
“Kuznestov io invece non
credevo fossi ancora vivo, speravo che dopo il salto ti fossi rotto l’osso del
collo” la freddezza con cui pronuncio queste parole quasi sorprende anche me.
Incredibile come ti cambi il monastero.
“Il nano, qui sei tu non io”
“L’altezza non compenserà la
tua mancanza di cervello”impassibile, ecco come bisogna essere con una persona
come lui.
“Senti un po’ pel di carota, forse non hai ancora capito chi detta legge
in quel posto” dice afferrandomi per la sciarpa che si stringe attorno al mio
collo. Irritabile il bamboccio.
“Vorkov, il monaco pazzo che
una ne pensa e cento ne fa?” Non credo comprenda l’ironia visto che la presa
s’intensifica iniziando a farmi mancare l’aria.
“Oltre a lui, tra noi devi portare
rispetto a ME, come fanno tutti gli altri. Io sono il migliore.”
“Io non sono una pecora che
si muove in branco seguendo te che ti credi il re del mondo. Considerami un
lupo solitario.”
Detto questo, la
presa attorno al mio collo si scioglie facendomi di nuovo respirare, mentre
Boris si accascia a terra dolorante mantenendosi i suoi gioielli di famiglia.
E’ un calcio più
che meritato.
Io proprio non lo
sopporto. Riesce sempre a farmi perdere la pazienza.
Se crede di riuscire ad avere il mio rispetto, si
sbaglia di grosso, sarei capace di batterlo se Vorkov me ne desse l’occasione.
“Non avrai vita lunga con
questo tuo caratterino”. Anche se parla a tratti
riacquistando fiato, l’arroganza non gli è ancora passata.
“Non devo pormi il problema
se sei tu a dirmelo”
“Neanche per questo?”
Sbarro gli occhi appena vedo
cosa stringe in una mano. Una catenina d’oro bianco sottilissima terminante con
una piccola Y. Deve essere riuscito a sottrarmela prima, quando mi ha stretto
la gola.
“Una bella catenina, vero?”
dice iniziando ad incamminarsi.
“Dove credi di andare!
Restituiscimela immediatamente!” corro verso di lui afferrandolo per un braccio
per cercare di fermarlo, ma la differenza di forza si nota fin da subito. Cado
violentemente e per fortuna la neve attutisce la caduta. Con questa sono già
due volte che mi ritrovo a terra.
Lo vedo avvicinarsi verso una
piccola parte del lago non ricoperta dal ghiaccio. Il mio cuore inizia a
battere violentemente. No, non può fare quello che penso.
Si volta verso di me e ghigna,
forse vedendo il terrore dipinto sul mio viso.
“Kuznestov fermati
immediatamente!”
“ E
perché dovrei? In fondo è uno stupido ciondolo.”
“Se
è così stupido allora perché lo hai preso?”
“Per vedere finalmente il
terrore sul tuo viso, e non quell’indifferenza che hai verso tutti.”
Mi limito a
osservarlo stringendo i pugni ed elaborando un modo per riprendermelo. Ho
voglia di saltargli addosso e riempirgli la faccia di pugni, ma un passo falso
e posso non rivedere più quella catenina.
“O
per te piccolo Ivanov ha qualcosa di speciale? Se è
così posso anche ridartela.”
Mi mordo il labbro inferiore
indeciso e rabbioso prima di parlare “E’ un ricordo della mia mamma”. le parole escono a fatica dalla mia bocca, pronunciate con
forza.
“Perfetto allora” E’ come se
osservassi la scena a rallentatore.
Vedo il pugno di Boris aprirsi e la catenina
cadere in acqua.
“NO! Maledetto bastardo!” mi
avvicino velocemente al bordo, ma non si vede niente all’interno.
“Oh, che peccato mi è
scivolato. Ricordati Ivanov, questo è quello che succede a mettersi contro di
me.”.
“Questa me la pagherai”
sibilo una volta che quell’idiota si è allontanato.
Non doveva farmi questo.
Tutto ma non doveva togliermi la cosa più speciale che avevo.
Un ricordo veloce è quello che
mi passa davanti agli occhi. Una donna dai capelli rossi e gli occhi identici ai miei, distesa in un letto d’ospedale che mi guarda
sorridendo anche se con evidente sforzo e mi prende per mano. “Yuri,
qualunque cosa accada ricordati che ti ho voluto bene e te ne vorrò sempre. Avrai sentito spesso tuo padre dire che sei stato solo un errore, ma per me non è così. Sei
il mio piccolo tesoro e per questo ti regalo questa mia catenina, così saprai
che ti sono sempre vicina. Anche quando saremo ormai lontani..”.
“Mamma cosa vuoi dire? Mi spaventi se dici
così”
”Ti voglio bene” l’ultima cosa del ricordo è il macchinario presente
in quella stanza d’ospedale che produce un suono acuto continuato e non più
intermittente.
“ M-mamma…” no, non ti
perderò un’altra volta.
Dopo essermi tolto il
cappotto prendo un respiro profondo e mi getto in quell’acqua ghiacciata che
riesce a congelare ogni parte del mio corpo. Con uno sforzo sovrumano apro gli
occhi e la bassa temperatura non aiuta a tenerli aperti. Le gambe sono come se
mi si fossero atrofizzate, e un dolore lancinante mi prende all’addome. Apro la
bocca per il dolore e sento l’acqua congelata scendermi giù per la gola, il che
mi porta a tossire sott’acqua in cerca d’ossigeno.
Questo lago è profondissimo,
è impossibile che io riesca a ritrovarla, e se non salgo immediatamente in
superficie rischio di non uscirne vivo. Non riesco più a sentire i miei arti
inferiori e sono costretto a risalire.
Quando esco fuori dall’acqua cado in ginocchio nella neve e inizio a
tossire violentemente mentre il vento gelido mi colpisce in pieno.
Ho le guance gelate e bagnate
a causa della nuotata, anche se non credo l’acqua del lago possa
essere salata. A tentoni prendo il mio cappotto e
cerco di indossarlo in fretta per poter mettere le mani nelle tasche calde.
Un tocco gelido avvolge il
mio naso e mi porta ad alzare lo sguardo verso il cielo, dove vedo tanti
piccoli fiocchetti bianchi cadere come in una silenziosa danza. Rimango seduto
ad osservare la neve cadere, l’unica cosa che mi porta sollievo in questo
momento.
Una sensazione di benessere
si propaga in tutto il mio corpo.
Quando apro gli occhi vedo i fiocchi cadere molto più
velocemente e solo in questo momento mi rendo conto di aver perso i sensi.
Il cielo è ormai scuro e
scrollandomi la neve di dosso noto le mie mani screpolate dal freddo e i
capelli ancora bagnati appiccicati sulla fronte. Una scossa di dolore atroce
alla testa mi fa ricadere disteso e cerco di riprendere il fiato che mi è
appena venuto a mancare. I capelli bagnati sortiscono il proprio effetto.
Mi alzo faticosamente da
terra, con il respiro corto e gli occhi che mi bruciano neanche fossero bracieri ardenti.
Inizialmente barcollando, per
poi prendere maggior sostegno dalle gambe infreddolite mi avvio in direzione
del bosco.
Nelle favole spesso chi fugge
nel bosco trova rifugio in una grotta, ma non credo che avrò la stessa fortuna.
Quelle sono tutte fantasticherie in cui ho smesso di credere da tempo.
Tra il decidere di morire
assiderato o sbranato dai lupi che si trovano qui, non so quale potrà essere la
morte peggiore.
Gli alberi sono così alti,
che la luce della luna che filtra all’interno è pochissima e gli ululati che
ogni tanto si sentono non sono un buon auspicio. La neve è altissima e
l’orientamento è andato a farsi benedire, l’unica cosa che so e che sto
salendo.
Dopo qualche minuto non si
vede quasi più niente.
“Solo la nebbia ci mancava
adesso” La neve sotto il mio peso inizia a cedere più facilmente e non ne
capisco il motivo. Avanzo a grandi falcate per quanto le mie gambe lo
consentono, vittima di un brutto presentimento, con la testa che mi fa sempre
più male, sentendomi sempre più accaldato nonostante la temperatura esterna.
E’ come se non riuscissi a
capire più nulla. Non vedo più niente ed è come se fossi disperso all’interno
di una cortina di fumo.
La neve improvvisamente cede
e io non percepisco più la terra sotto i piedi. Il terrore s’impossessa di me
tanto da non far uscire neanche un suono dalle mie labbra. Cerco di aggrapparmi
a qualche spuntone di roccia, ma la neve scivola via dalle mie mani.
Lo schianto che mi aspettavo
non arriva. Una presa ferrea mi stringe il polso sinistro e mi solleva finche
non mi ritrovo nuovamente seduto nella neve.
Deglutisco a fatica con il
battito cardiaco accelerato. Le mie gambe non smettono di tremare come del
resto tutto il mio corpo. Quello a cui devo la vita è dietro di me, sento il
suo respiro affannato, e probabilmente per testare se sono ancora capace di
parlare, mi fa cadere addosso un cumulo di neve.
“Sei impazzito!?Ti ha dato di volta il cervello?” urlo rivolgendomi a
quello che dovrebbe essere il mio salvatore e il tono va man mano scemando. La
sorpresa ha preso il posto della rabbia, quando i miei
occhi ne hanno incontrato un paio smeraldini.
“Tsk. Io ti salvo la vita e
tu sei solo capace di urlare. Un ringraziamento sarebbe stato migliore.”
“Kuznestov?”Credo di essere
rimasto ad osservarlo imbambolato, sono troppo sorpreso per
poter fare o dire qualcosa.
“Si sono ancora io. Boris
Kuznestov questo è ancora il mio nome.”
Il suo sarcasmo mi riporta
alla realtà e l’odio nei suoi confronti riprende vita improvvisamente. Non
m’importa se mi abbia salvato la vita o no, io lo ammazzo.
“Maledetto stronzo!” Quegli occhi
chiari e limpidi sono andati a formare gli occhi di un demonio. Infuocati come
un fuoco che divampa improvviso in una foresta e distrugge tutto in pochi
secondi, facendo rimanere solo cenere del suo passaggio.
Nonostante le gambe instabili, il rosso si avventa contro il
platinato con tutta la forza che possiede. Quest’ultimo colto di sorpresa
colpisce di schiena il trono dietro di lui, non ha il tempo di recuperare il
fiato che una manina piccola gli fa sbattere anche la testa. Boris continua ad
osservare quel ragazzino di appena sei anni, due anni più
piccolo di lui, che dietro quel corpicino mingherlino nasconde una forza
che non si sarebbe mai immaginato.
Il sapore ferroso del sangue
in bocca lo risveglia da quello stato e con una mano, ferma l’ennesimo pugno
del rosso, mentre con l’altra lo allontana da se.
Il respiro di Yuri è
affannato, ma ha lo sguardo di una bestia selvaggia bramosa di cibo.
Vuole vendetta, ma la sua
forza di volontà non riesce a compensare la mancanza d’energie.
Improvvisamente vede tutto
sfocato e la testa improvvisamente leggera e per un soffio evita il pugno di
Boris cadendo in ginocchio.
L’altro si volta ad
osservarlo nell’attesa di una prossima mossa, non voleva iniziare una guerra in
mezzo al bosco, dove possono essere uditi dagli altri ragazzi.
I suoi occhi si spalancano
stupefatti appena notano lo stato in cui riversa il ragazzino.
Bagnato
fradicio dalla testa ai piedi con quella temperatura invernale, gli occhi
arrossati, le mani screpolate ormai tendenti al viola, il respiro corto e veloce e le guance, notevolmente
troppo arrossate per quella temperatura. Un’idea inizialmente scartata lo porta
a far sembrare i suoi occhi due fanali.
“Non dirmi
che ti sei buttato nel lago Bajkal! Sei per caso impazzito?!
”
Il platinato osserva quelle
piccole mani stringere violentemente la neve e del sangue colare dalle labbra
spaccate sia dal freddo, sia dal modo violento in cui le morde.
“Non vedo qual è il proble..” Non riesce a portare a termine la frase che si ritrova
una mano gelida sulla fronte.
“Ivanov hai la febbre alta
minimo a trentotto! Se continui di questo passo, rischi
l’assideramento!”.
“Non mi toccare!” Yuri con
uno schiaffo allontana la mano da sé, emettendo un ringhio tra i denti stretti
e mostrando gli occhi ridotti a due sottili fessure per la rabbia e
l’affaticamento.
“So badare a me stesso da
solo! Non mi serve qualcuno che si diverte a ridere alle mie spalle.”.
Con una forza che non credeva
ancora di possedere, si alza in piedi di scatto, placando a stento un conato di
vomito e allentandosi dal campo visivo del platinato.
Quest’ultimo rimane a fissare
il punto in cui il rosso è sparito sentendo uno strano nodo alla bocca dello
stomaco, che si va sempre più accentuando.
Inizia a domandarsi cosa gli stia succedendo, non è da lui provare sensi di colpa
verso qualcuno. Come mai però non ha esitato a seguire Ivanov, quando lo ha
notato camminare a passo malfermo? E non ha esitato a
lanciarsi quasi da un dirupo per riuscire a salvarlo dalla caduta nel vuoto?
Non trovava una risposta che
lo soddisfacesse, o meglio, una c’era, ma non avrebbe mai
ammesso di essersi affezionato a quello strano bambino nonostante tutto
l’odio apparente.
La neve che prima cadeva lentamente, si era
ormai trasformata in una vera e propria bufera. Sono seduto sotto un abete con
i rami carichi di quei batuffoli bianchi,cercando di
ripararmi il più possibile per riprendere le forze. Ho corso più che potevo per
mantenere ancora un po’ di dignità agli occhi di Kuznestov.
Non ha tutti i torti sostenendo
che mi sia salita la febbre, non mi sento affatto
bene. Ho continuamente conati di vomito e riesco a tenere gli occhi aperti per
puro miracolo.
Vorrei distendermi e
lasciarmi tutto alle spalle, cullandomi in questo meraviglioso silenzio, ma non
voglio morire in questa foresta.
Ripenso alla catenina della
mamma e la tristezza s’impadronisce di me. Non capisco il motivo di tutto
l’astio di Boris nei miei confronti.
Al mio arrivo al monastero è
stato il primo e anche l’ultimo con cui ho tentato di
fare amicizia. Lui però non ne volle sapere, e quel giorno per la rissa
scoppiata Vorkov disse che era stata colpa mia e mi
spedì per due giorni nelle celle dei sotterranei.
La catenina era l’unica cosa
che mi era rimasta che dimostrasse quanto mia madre mi volesse bene.
Così come a me, anche a lei
piaceva l’inverno, ed era come se con lei la stagione più fredda in assoluto
acquisisse calore solo con la sua vicinanza. Una primavera in mezzo ai ghiacci,
manifestata dagli occhi del più grande amore che esista.
Ricaccio indietro le lacrime
e deglutisco a fatica, non riuscendoci neanche bene per il dolore alla gola.
Un soffio caldo sul collo, mi
fa irrigidire drizzando la schiena e procurandomi una leggera pelle d’oca. Un
ringhio sommesso, e io chiudo gli occhi sperando non
sia vero.
Il cuore ha iniziato a
martellarmi neanche sia un martello pneumatico e lentamente mi volto
ritrovandomi ad osservare due occhi dorati appartenenti ad un animale dal pelo
fulvo. Si avvicina ancora di più lentamente e io non muovo un muscolo,
concentrato ad osservare la sua bocca aprirsi e mostrare dei denti
affilatissimi. Il respiro del lupo che mi sta di fronte si condensa
disperdendosi nell’aria, mentre un rivolo di bava cade nella neve.
La mia visuale si capovolge e
mi ritrovo stesso a terra, bloccato dalle zampe del lupo che osservo dritto
negli occhi, quando si avventa sul mio corpo.
Smetto di avere la pelle
d’oca, il cuore si calma insieme ai suoi battiti e una sensazione di
tranquillità s’impadronisce di me.
Non saprei spiegare cosa mi
sia preso tutto ad un tratto.
Ho allungato la mia mano
toccando il suo pelo e lasciandogli una leggera carezza.
Si è fermato di botta
osservandomi con quegli occhi giallissimi quasi spaesati, per poi spostarsi
permettendomi di tornare seduto. Osservandolo negli occhi ho capito che lui
aveva la mia stessa paura, e anche ora con quegli occhi enormi mi guarda
mantenendo sempre alta la guardia.
“Ciao piccolo lupo” sussurro
continuando ad accarezzarlo.
Il lupo però sembra più interessato ad
annusare il mio zaino. “Mi dispiace, ma non posso darti il panino che ho lì
dentro. E’ l’unica cosa che posso mangiare fino a domattina”
Emettendo un guaito in segno
di disapprovazione come se avesse capito le mie parole torna a posizionarsi davanti a me, che lo continuo ad accarezzare.
“Perché
continui a guaire piccolino?” devo essere impazzito a chiamare piccolino un
lupo più alto di me.
Un particolare che prima non avevo notato, colpisce la mia attenzione.
“Sei finito in quelle stupide
trappole per animali!”
Ha la zampa destra posteriore
coperta interamente di sangue. Rovisto nel piccolo zainetto e ne estraggo una sciarpa bianca. L’ho presa da Kei senza il
suo permesso, come vendetta al fatto che lui non abbia partecipato a questa
prova assurda.
Avvicinandomi con cautela
sotto lo sguardo attento della belva, con quanta più delicatezza possibile gli fascio la zampina.
Una volta terminata
l’operazione lo vedo alzarsi e dopo aver ripreso stabilità iniziarmi a leccare
la mano.
“Ehi, mi fai il solletico!”
sorridendo a lupo che mi osserva, mentre sorrido e continuo ad accarezzarlo.
Un ululato mi desta dalla contemplazione in cui
sono caduto, e il lupo dinanzi a me alza le orecchie in ascolto. Lo vedo
girarsi un po’ intorno con la tesa e dopo aver con il muso spostato da sé la
mia mano, si volta a sinistra e corre via sparendo inghiottito nel buio.
Vedendo quel lupo correre
alto e fiero mi è ritornata la voglia di continuare a lottare. Sento
l’adrenalina aver preso possesso del mio corpo ormai spossato e inizio a
correre nella direzione in cui è sparito il lupo. Il mio sesto senso mi
suggerisce che è la strada giusta.
Mi fermo dopo qualche minuto
riprendendo fiato e vedo a terra nascosta dalla neve una trappola per gli
animali. Se avessi fatto un altro passo, non avrei più
avuto una caviglia, e sarei finito come quel povero di un lupo.
Un urlo acuto squarcia il
silenzio.
Ne segue un altro.
Sono urla d’aiuto.
Al terzo urlo ho capito la
direzione da cui provengono, e anche se lotto contro me
stesso, l’istinto ha il sopravvento.
Corro quanto più veloce posso in
quella direzione rischiando di cadere più di una volta, arrivando in un piccolo
spazio circolare. I raggi argentei della luna mostrano Kuznestov riverso a
terra che mi dà le spalle. Vorrei girare sui tacchi e andarmene, ma prima che
me ne renda conto mi sono già avvicinato a lui. La
prima cosa che vedo sono gli occhi di Kuznestov che terrorizzati mi osservano
con incredula sorpresa.
“Ivanov?” sussurra piano
soffocando un gemito.
“Cosa ti
è successo?” chiedo osservando la mano stringere la spalla insanguinata.
Alza lo sguardo verso di me, e
vedo i suoi occhi verdi spalancarsi pieni d’orrore. “Attento!” urla e mi spinge
di lato.
Cadiamo entrambi nella neve e vedo
i lupi dal folto pelo nero puntare nuovamente contro Boris.
Le mie gambe si muovono dettate
dall’istinto e mi paro dinanzi a lui aprendo le braccia.
“Che cosa
hai intenzione di fare? Spostati da lì!”
“Scordatelo!” è da idioti quello
che sto facendo, ma non me ne pento.
I due lupi si gettano contro di
me, ma si fermano, quando un lupo dal pelo rossiccio mi si piazza davanti.
Quest’ultimo ulula e come in un
tacito accordo gli altri due si allontanano a debita distanza. La fasciatura
alla zampa colpisce la mia attenzione e mi ritrovo a sorridere vedendo due
occhi dorati fissarmi scintillanti nella notte. Dopo avermi rivolto un ultimo
sguardo fugge verso la boscaglia, seguito dagli altri. Credo che abbia salvato
un capo branco.
La mia attenzione si focalizza
nuovamente su Boris che continua a stringere convulsamente la spalla, continuando ad osservarmi con un’espressione di stupore.
“Tu non hai tutte le rotelle al
posto giusto” sussurra scuotendo la testa. “Non ha senso quello che hai fatto”
“Non sapevo che per te la tua vita
non avesse senso.”.
“Non capisco perché tu mi abbia
salvato.”
“Semplicemente perché non sono
bastardo come te.”rispondo secco troncando la conversazione.
Il graffio che ha sulla spalla non
è molto profondo, ma ha perso parecchio sangue.
“Hai qualcosa per fasciare la
spalla?”
Scuote il capo negativamente. Ho
capito. Devo dire addio ad un'altra sciarpa.
Me la sfilo dal collo e la gola mi
fa più male di prima. Cercando di non pensarci fascio la spalla ben stretta in
modo da bloccare la circolazione a quell’altezza, potrei pensare ad una
carriera da infermiere.
“Così l’odore del sangue non
dovrebbe sentirsi, e nessun altro lupo ti verrebbe a cercare.”
Non riesco a pronunciare nulla.
Osservo Ivanov finire la fasciatura e credo che una persona più incosciente di
lui non esista.
“Perché
mi hai aiutato?” la frase è un sussurro flebile che lui percepisce a fatica.
Punta i suoi occhi nei miei e
sembra riflettere parecchio su quella domanda.
“Non lo so.” Risponde infine.“
Avrei dovuto lasciarti qui e andarmene.”
“Sarebbe stata una cosa che mi
aspettavo avresti fatto.”
Il silenzio prende il sopravvento
e mi appoggio con la schiena al tronco osservando Yuri fare lo stesso.
E’ ormai all’esaurimento delle sue forze, ma
nonostante tutto continua a rialzarsi.
Ha salvato la mia vita dopo che
l’ho fatto anche soffrire a causa della catenina di sua madre.
Un colpo di tosse abbastanza
violento lo fa piegare in due costringendolo a portare le mani a stringere il
petto. Non riesco più a digerire il vederlo stare in quel modo.
Si volta sorpreso verso di me quando si rende conto della mia sciarpa intorno al suo
collo.
“Riprenditela. Non ne ho bisogno.”
“Serve più a te che a me.”
“Non è vero.”
“Non sono io quello che se ne va
in giro bagnato fradicio con la temperatura sotto zero.”
Yuri non replica non avendone più le
forze, allo stesso modo in cui i suoi occhi s’incupiscono.
Non capisco il motivo che lo abbia
spinto ad aiutare uno come me, io al suo posto non l’avrei
fatto.
“Yuri.”
Il ragazzino alza lo sguardo
sbigottito, non credendo alle proprie orecchie.
E’ la prima volta in cui pronuncio
il suo nome.
Non sentendo obiezioni continue,
estraendo dalla tasca dei jeans la catenina a cui lui
tiene tanto, continuo
“ Credo che questa sia tua.”
“L’avevi gettata nel lago..” gli occhi azzurri continuano a
osservare alternativamente la catenina e il mio viso.
“No. Non era la tua, ma dalla
distanza in cui eri non hai notato la differenza.”
“Quindi io stavo per annegare
senza alcun motivo.” ringhia
a denti stretti, forse ripensando alla nuotata avvenuta qualche ora prima.
Non ha tutti i torti. E’ a causa
mia alla fine se è ridotto in questo stato pietoso.
“Mi dispiace, sul serio.”
Poco mancava e quasi mi strozzavo
con la mia stessa saliva. Non credo di aver sentito bene. Boris Kuznestov che
si scusa con qualcuno? E chiede scusa proprio a
me?Roba da segnare in rosso sul calendario.
" Volevo gettartela per
davvero, ma per te era un ricordo speciale. Non pensavo saresti arrivato a
tuffarti come un incosciente nel lago."
È la prima volta da quanto lo
conosco che ha il viso rilassato, mentre parla. Il tono di voce è notevolmente
basso e non capisco se parli veramente con me o stia riflettendo ad alta voce.
"Prendila."
Allunga la catenina che al chiaro di luna
scintilla, e non riesco a contenere la gioia di riaverla.
Un sorriso che va da un orecchio
all'altro, gli si stampa in faccia. Persino i suoi occhi all’apparenza glaciali
brillano di una nuova luce.
Vedendolo, l'opinione che mi sono
fatto di, lui non può che trovare conferma. Non ha ancora perso il suo vero
carattere, molti dopo il pochissimo tempo trascorso in quel posto orribile,
dimenticano cosa vuol dire sorridere. Lui ancora non ha perso la sua voglia di
vivere.
È un anno ormai, ma so che presto
anche lui cambierà, e questo non mi piace per niente.
"Grazie per non averla
gettata nel lago Kuzne...cioè Boris"anche se è
felice si nota ancora nella voce la rabbia che prova verso di me.
"Guardando te, ho capito che
quello che mi ero prefissato, non è servito a nulla."
"Cosa
vorresti dire?" Chiede con interesse circospetto assottigliando gli
occhi.
“Niente, lascia stare” dico
osservando il cielo dove ci sono tantissime stelle che solo ora che la nebbia
si è diradata si possono notare.
Alla mia destra Yuri sembra fare
lo stesso, anche se continua a guardarmi con aria indagatrice. Ha
un’espressione buffissima, quando cerca di capire qualcosa da corrucciato.
"Mi ero detto che potevo superare tutte le prove che un uomo può superare, però credo di aver fallito.” Esordisco tutto ad un tratto attirando la sua attenzione.
“Tu sei malato, hai di sicuro la febbre alta, non ti reggi in piedi quasi più, ma continui a rialzarti e correre salvandomi anche la vita. Cosa che io non riesco a fare, persa la speranza di uscire da quel posto mi sono stabilito come unico obiettivo quello di essere migliore di tutti, perdendo di vista lo scopo originale.”
Sento uno spostamento d’aria e poco dopo mi ritrovo a faccia a faccia con Yuri.
"Hai detto la cosa più esatta che sia mai uscita dalla tua bocca. Non dire però che solo io sono capace di tutto questo, anche tu sei orgoglioso.”.
"La grandezza di un uomo sta nel superare gli ostacoli, e quello più grande è l'odio. Tu mi hai aiutato nonostante tutto quello che ti ho fatto.".
"Boris, noi nel mondo noi siamo dei punti invisibili. Siamo come due lacrime in mezzo ad un oceano o come sospiri nel vento. Siamo amalgamati al resto del mondo, ma se tu come me vuoi continuare a lottare non devi fermarti a piangerti addosso."
"Non mi sto piangendo addosso."
“I tuoi occhi lucidi affermano il contrario.”
“Sapevo che avevi qualche dote speciale dal primo momento che ti ho visto.”.
Inclini la testa da un lato non capendo il significato di quelle parole così fuori luogo.
"Sei arrivato sconvolto al monastero, disperato per aver perso tutto. Vorkov ti faceva sottostare ad allenamenti durissimi e tu nonostante tutto continuavi a sopportare tutto senza battere ciglio. Sei finito nelle celle già al secondo giorno per aver difeso il piccolo Ivan di appena cinque anni da quei ragazzi più grandi te, e nonostante tutto hai continuato a tener loro testa. Ti ho odiato per la tua forza di volontà."
“Se tu mi avessi odiato sul serio, quei ragazzi di cui parli mi avrebbero continuato a dare fastidio.”
Fisso sorpreso il ghigno divertito che ha assunto,sono sorpreso che abbia capito tutto. “Come hai fatto a capire che li avevo fatti smettere?”
“Non l’ho capito. Sei stato tu ora a confermarmelo. La mia era, una supposizione.”
Lo ammetto. Questa volta mi ha fregato.
Non avevo capito perché Boris l’avesse tanto con me.
Ora che lo so, quel poco d’astio nei suoi confronti è come svanito nel nulla. Boris è l’amico che cercavo di avere fin dal primo momento, siamo tanto simili quanto opposti. Lui si è solo adattato alla regola che esiste nel monastero: il più forte sopravvive e il più debole perisce, in quel luogo è troppo reale.
E’ andato contro i suoi reali principi. Io non sono mai riuscito ad odiarlo sul serio, aveva qualcosa di diverso dai cyborg di quel posto. Mi è bastato vederlo giocare con Ivan una volta per farmelo apprezzare. Non mi costa niente riprovare.
Mi alzo in piedi e reggendomi a stento allungo una mano nella sua direzione "Ti va di diventare mio amico?"
"Me lo stai chiedendo sul serio di nuovo?”
"Esatto. Ti va di diventare mio amico?”
Ripeto scandendo bene le parole.
“Si. Ci sto!”
Afferma con sicurezza stringendomi la mano.
"Ma, noi non siamo amici.”
“Cosa? Me lo hai appena chiesto!”
“Si è vero, ma voglio che tu sia il mio migliore amico.”
Non resisto e scoppio a ridere vedendo la sua faccia sbigottita.
“Solo tu potevi incastrarmi così” dice facendosi scappare anche lui un sorriso.
“Ora cosa ne dici di avviarci per uscire da questo posto?”
“Yuri ti senti bene?” Mi chiede ad un tratto Boris osservandomi barcollare.
No, improvvisamente mi sento peggio di prima. Vedo tutto girare e l’ultima cosa che percepisco è la neve contro il mio viso.
Immaginavo che alla fine sarebbe crollato. La febbre ormai ha preso il sopravvento, i suoi respiri sono corti e ha le gote in fiamme. Da svenuto continua a tossire violentemente e credo abbia anche gli incubi da come si dimena.
“Dove sono?” la sua voce è così flebile che a malapena l’ho sentita.
“Ti sei ripreso finalmente. Siamo quasi all’uscita del bosco”
“Non dovresti sforzare così la ferita portandomi sulle spalle.”
“Non fa niente, sei pelle e ossa tu, e poi devo sdebitarmi per prima.”
Non replica e si sistema meglio, accoccolandosi con la testa sulla mia sinistra.
“Il tuo cappotto è caldissimo, ma così non avrai freddo?”
“No, sto bene così, infondo ho te sulla schiena quindi già mi tengo caldo.”
Arrivati al limitar del bosco, non ci rimane che scalare una piccola parete di roccia. Yuri inizia ad agitarsi e assecondo il suo desiderio di scendere.
“Quindi solo questo tratto ci rimane?”
“Esatto. Ce la fai a salire?”
Chiedo preoccupato vedendolo sempre in condizioni peggiori.
Annuisce con la testa e ci prepariamo entrambi alla scalata, che anche se corta, il ghiaccio renderà pericolosa.
Poggio la mano e avverto immediatamente freddo, cercando di non badarci inizio a poggiare i piedi sulle rocce sporgenti. Yuri si trova dietro di me a causa della sua andatura lenta, spero ce la faccia ad arrivare fino alla fine.
Poggio male la mano e perdo l’equilibrio, e con quella con cui mi aggrappo per mia sfortuna è quella con la spalla ferita. Lascio la presa ma Yuri mi afferra per la maglia permettendomi di non sfracellarmi al suolo.
Siamo quasi arrivati in cima, quando vedo che non ce la fa più. “Su, un altro sforzo ci sei quasi.” Gli dico dandogli una leggera spinta e facendolo arrivare alla fine.
Mi tende la mano per aiutarmi e quando entrambi siamo in piedi, sentiamo due battiti di mano.
Ci voltiamo contemporaneamente e vediamo Vorkov scendere dall’elicottero.
Quel pazzo di un monaco ci viene incontro ghignando.
“Complimenti, siete stati i primi ad arrivare. Come avevo detto per il primo ci sarebbe stato un vantaggio all’interno del monastero.”
Si volta osservandomi negli occhi. “Ivanov.”
“Si, signore” dico mettendomi sull’attenti e nascondendo il disprezzo che provo pronunciando quelle due parole.
“ Ti nomino ufficialmente capitano della squadra dei Demolition boy.”.
Sbarro gli occhi sorpresi, quando finisce la frase. Io il capitano della squadra che Vorkov sta creando tra i migliori del monastero? Non pensavo di diventarne capitano, ma non dovrei esserlo io. Per aiutare me Boris e arrivato secondo.
“Signore, veramente il primo ad arrivare doveva essere Kuznestov.”
“Io ho visto te arrivare per primo Ivanov, non m’interessano le lotte che avete fatto tra voi. Ora entrate nell’elicottero soprattutto tu Ivanov, non voglio un capitano morto assiderato.”.
“Ah, un'altra cosa.” dice fermandoci nuovamente. “Kuznestov, tu sei il nuovo membro dei Demolition boy.”
Boris annuisce e una volta arrivati in elicottero, mi tira a sedere sul sedile accanto al suo.
“Prova di nuovo a contestare il tuo ruolo di capitano, e te ne farò pentire.”
Il suo tono di voce è più serio del solito, cerca di mettermi in soggezione?
“Io ho solo detto la verità.”.
“No, perché la persona più adatta a divenire capitano sei proprio tu. Non ho dubbi a riguardo, poi ho sbirciato nell’ufficio di Vorkov e so gli altri che ha scelto all’interno del monastero.”.
“E chi sarebbero?”
“Sergey, Ivan; quell’idiota di Kei…ok ok, non è idiota, ma smettila di guardarmi in quel modo, e infine la nuova arrivata con cui sei entrato in confidenza” Conclude sorridendo in un modo che non saprei descrivere.
“Veramente ha solo dormito con me una notte perché aveva paura del temporale.”. Non capisco perché sembra tanto divertito, io non ci trovo nulla di strano.
“Yuri Ivanov, te lo dirò, quando sarai più grande.”
“Guarda che abbiamo solo due anni di differenza.”
“I bambini d’oggi.”
Lo guardo alzando un sopracciglio scettico, il sangue che ha perso deve avergli fatto andare in tilt il cervello.
Dovrei essere io quello che delira arrivato a questo punto, penso chiudendo gli occhi.
Aprendo le palpebre vedo tutto bianco, anzi il luogo dove mi trovo è bianco. Non sembra una stanza, ma osservando a terra vedo il mio riflesso e non è quello di un bambino, ma quello di un sedicenne. Quello che ho rivissuto finora quindi, era solo un ricordo.
Cosa ci faccio qui allora? e per giunta affaticato?
In mezzo a tutto quel bianco in lontananza vedo una luce accecante, forse sarà l’uscita.
Ma, da cosa?
Dopo aver fatto due passi è come se ricevessi una scossa in tutto il corpo.
Ora ricordo tutto, l’incontro con Garland, gli occhi maligni di Vorkov, Takao, il dolore alla testa e il pavimento dello stadio.
Devo aver perso i sensi ed essere finito in questo strano e freddo luogo.
Mi sento sempre più stanco, e quella luce sembra attirarmi verso di se.
Un calore improvviso sembra propagarsi ovunque in quell’ambiente e mi sembra un calore famigliare.
“Yuri” Questa voce la riconoscerei ovunque, ma non lo vedo da nessuna parte.
“Reagisci, anche se i medici dicono che hai poche speranze, io sono convinto che tu ti sveglierai. Sei forte, sprigiona la tua forza per svegliarti dal coma in cui sei caduto.”.
Quindi sarei in coma in questo momento.
Boris vorrei tanto fare quello che dici, ma non trovo la forza e il modo di fare come dici.
Sono troppo stanco.
Improvvisamente diventa tutto nero e non riesco a muovermi di un centimetro. Provo ad alzare la mano, ma niente. E’ come se fossi legato con una camicia di forza.
" E il vincitore dell'incontro è Kei Hiwatari! Il prossimo sarà tra Takao e Garland!" Il presidente Daitenji avrà lasciato la televisione accesa, invece del prossimo incontro vorrei sapere che fine ha fatto Hiwatari.
Avevo sentito la sua voce nella stanza qualche tempo prima e spero sia vivo.
Dopo l'ultimo incontro contro Brooklin, dalla voce si capiva che era ridotto male. La sua ultima frase la ricorderò sempre.
" Se tu me l'avessi detto di sapere i piani di Vorkov sulla BEGA, probabilmente non ti avrei aiutato lo stesso, ma non sopporto di vederti disteso inerme su questo letto attaccato a mille tubicini. Avrai la tua vendetta contro Vorkov. Combatterò anche per i tuoi ideali domani. Li porterò in campo con me."
"Come stai Kei?"domando a me stesso, e davanti agli occhi mi compare la figura dell'aquila rossa che va sempre più scomparendo.
No! Ascolto i battiti di Suzaku farsi sempre più deboli fino a che, l'immagine non va in mille pezzi. Non può essere morto.
È tornato su sui passi per ottenere la rivincita e aiutarmi nella vendetta.
"Kei..amico mio." Qualcosa di caldo mi scivola lungo la guancia.
L'unica sensazione che avverto prima di essere inghiottito nuovamente nel buio.
“Mi hai fatto prendere un colpo.”
E’ ancora Boris, ma con un tono di voce disperata e rotta..da singhiozzi? Resto sorpreso ad ascoltare il mio migliore amico piangere. Non posso fare altro.
“Quando il tuo cuore ha smesso di battere per quei pochi secondi..” la frase non viene conclusa, e qualcosa mi bagna la guancia. Non ce la faccio a sentirlo così.
"Ieri, il presidente Daitenji mi ha detto che all'improvviso hai pianto. Sono convinto che hai buone probabilità di risvegliarti. Porta a termine la tua vendetta."
Quello che mi ha detto, mi porta alla mente il ricordo di Kei.
Lui mi ha aiutato per non farmi continuare a vivere nel rancore, sperava in un mio risveglio, anche lui starà lottando come me per ritornare in forze.
Il migliore amico è qui accanto a me a darmi forza. Non voglio arrendermi.
"Takao sta combattendo contro Brooklin che è completamente impazzito. Yuri per favore, ricorda questa frase:"Mi ero detto che potevo superare tutte le prove che un uomo può superare."
"Risvegliati capitano!"
Non ha mai sopportato di chiamarmi capitano infondo. Quel fratello conosciuto in mezzo al bosco mi ha portato a sopravvivere finora. Non posso rinunciare, devo concludere quello che ho iniziato!
Percepisco il calore della mano di Boris stretta alla mia, e la forza che cresce dentro di me sempre più velocemente. Posso farcela, devo farcela!
Due occhi color del cielo si aprono di scatto sul mondo. Due occhi che erano stati chiusi per più di un mese e ora sono più vivi che mai. È vita quello che desiderano.
"Ci sono anch'io!"urla in un grido liberatorio, e la stanza improvvisamente diventa ghiaccio. Il lupo non si è arreso, ha continuato a lottare. Si è rialzato per continuare la sua corsa, come ha fatto il suo custode.
Note dell’autrice
Buon anno a tutti! (sei un pochino in ritardo non trovi?-.- ndyuri)
(Ehm..^.^ndme)
Ed eccomi qui con una nuova one-shot!^^(…..ndtutti)
Ehm…pubblico caloroso..
Comunque, questa fanfiction penso si sia notato, ma è sempre bene
specificare, parla dell’amicizia tra Yuri e Boris. Si colloca nel perieodo in
cui Yuri è in coma, e la prima parte è un ricordo che rivive nella sua memoria,
poiché uno dei più speciali.
Non metto la nota OOC per un
semplice motivo. So che i caratteri sono un pochino fuori da
quelli originali, ma da bambini sono dell’idea che erano molto diversi. Anche
loro avranno avuto un carattere un po’ più aperto no?;)
con questo vi lascio e spero che questa storia vi piaccia! Fa
sempre piacere ricevere pareri.;)
Aky