Salve
a tutti :3
Questa
è la mia prima storia in questo fandom e ammetto di
essere molto emozionata.
Questo
film ha significato molto per me e volevo dare il mio piccolo e misero
contributo.
La
storia è su Jack da umano e su un piccolo scorcio sulla sua vita con la madre e
la sorella.
Un
paio di headcanon per farvi comprendere la mia fanfiction:
-
Il padre di Jack è morto. Non so come, in realtà, penso durante una sorta di
battaglia (?), ma sicuramente non c’è. Jack vive con la madre e la sorella.
-
Sebbene molti sostengono che il nome della sorella di
Jack sia Pippa, io ho deciso di chiamarla Emma.
Per
ora è una one-shot. Molto
breve, a dire il vero.
In
realtà pensavo di trasformarla in una raccolta di one-sho.
Ma non so, per ora comincio a pubblicare questo, poi si vedrà
:3
Spero
che vi piaccia!
PhoenixOfLight
Attizzò il fuoco un ultima volta, per
poi alzarsi e sgranchirsi. Si passò una mano sul volto, sbadigliando
rumorosamente.
«Grazie mille, Jack».
Il ragazzo si voltò verso la donna sdraiata
sul giaciglio e le sorrise. «Cerca di rimetterti presto,
mamma». Si avvicinò a lei e poggiò una mano sulla tempia. Prese un fazzoletto
bagnato dalla bacinella lì accanto e glielo mise sulla fronte. «Fortunatamente la febbre sta scendendo. Domani comprerò
altre erbe… riposa adesso, d’accordo?».
La donna sorrise. «Sei un ragazzo d’oro, Jack. Sono
fiera di averti come figlio».
Jack sorrise, accarezzandole i capelli e
poi si sedette accanto a lei, su una sedia. Non voleva
perderla di vista, quella notte: la madre avrebbe potuto aver bisogno di lui.
Si strofinò gli occhi e fissò a lungo il fuoco.
Ammalarsi non è mai facile, soprattutto in una piccola colonia come quella in
cui vivevano; le uniche cure di cui potevano disporre erano erbe curative
raccolte dalla foresta accanto al villaggio. Ma il
gelo aveva distrutto quasi tutte le piante, e non sapevano cosa fare. A volte
Jack odiava l’inverno. Un odio che neppure il pensiero delle battaglie con le
palle di neve poteva affievolire.
Poi ricordava che a sua sorella Emma
piaceva tanto la neve, e sorrideva di nuovo.
Si voltò verso la madre e notò che si
era addormentata. Molto più tranquillo, chiuse lentamente gli occhi.
Un urlo improvviso lo fece sobbalzare. «Jack!». Gli occhi sgranati e il cuore che batteva all’impazzata,
corse nella minuscola stanza da letto; Emma era seduta sul letto,
pallida e sudaticcia, gli occhi pieni di paura, il respiro accelerato e le
ginocchia strette al petto.
Jack corse da lei. «Piccola, cosa
succede?» chiese, sedendosi accanto a lei e togliendogli i capelli dalla
fronte.
La bambina tremava tutta e dai suoi
grandi occhi marroni sgorgavano lacrime. «U-un brutto
s-sogno» singhiozzò.
Jack la strinse a sé, accarezzandole i
capelli. «Sssh, è tutto
finito. Va tutto bene, tutto bene».
Emma si aggrappò a lui disperatamente. «C-c’eravamo io… io e te. E-e la
mamma, anche. Ma poi la m-m-mamma è sparita e… e tu mi stavi
guardando, sorridevi e- e dicevi “Fidati di me, la troveremo” e poi- e poi si è
aperto un…» singhiozzò più forte. «U-un buco sotto i tuoi p-p-piedi e… e tu…
s-sei caduto dentro… e io volevo prenderti ma non ci
r-riuscivo e piangevo ma tu n-non uscivi fuori e-e…».
«Ssssh.
Basta, piccola. Basta piangere. È solo un brutto sogno. Solo un brutto sogno,
davvero. Non è reale, io sono qui, non me ne andrò mai, ok? Non ti lascerò mai.
Non aver paura, sono qui» le ripeteva Jack, accarezzandola e cullandola.
Fortunatamente la madre non si era
svegliata: non le serviva un altro motivo di stress, o sarebbe peggiorata.
Poteva gestire quella situazione da solo; era l’uomo della famiglia, dopo la
morte del padre. Aveva delle responsabilità.
Continuò a cullare la sorella anche dopo
aver cessato di piangere, sussurrandole parole di conforto.
«Jack?» mormorò la sorella.
«Sì?».
«Perché esistono gli incubi?».
Jack prese un respiro profondo,
stringendola di più a sé. «Vedi, gli incubi… beh, sono
le nostre paure più segrete. Quando sei sveglio, cerchi di superare le tue paure, di non pensarci. Ma poi la notte riescono
a farti fare brutti sogni. In realtà c’è un motivo. È Pitch Black, l’Uomo Nero,
che crea gli incubi». Le ombre nella stanza sembrarono
farsi più cupe e Jack sentì improvvisamente freddo.
«Perché?
Non ama i bambini?».
«No…
non molto, in effetti. Lui vuole che tutti abbiano paura di lui. È nella sua
natura, sai. Non sa fare altro».
Emma rimase in silenzio per un po’. «Quando
ci sei tu, non ho paura» mormorò poi.
Jack sentì il cuore
scaldarglisi e sorrise. «Non devi mai avere
paura quando sei con me. Ti proteggerò io».
La bambina si districò dall’abbraccio e
fissò i suoi occhi in quelli del fratello. «Promettimi…» disse. «Promettimi che sconfiggerai l’Uomo Nero. Promettimi che non
lo farai mai avvicinare a me».
Jack sorrise, accarezzandole la guancia.
«Lo prometto» rispose, e l’abbracciò di nuovo.
Jack Frost – Jack Frost il Guardiano,
Jack Frost lo Spirito dell’Inverno – aprì improvvisamente gli occhi e inspirò
profondamente.
La sua memoria si stava ancora abituando
a diciotto anni di una vita diversa; i ricordi si stavano lentamente
sistemando, e ogni tanto gli capitava di avere flash improvvisi e di rimanere
paralizzato per minuti interi.
Ma
quello… quello era diverso. Era speciale.
«Ehi,
amico. Tutto bene?».
La voce di Calmoniglio
lo riportò alla realtà; si voltò verso il suo amico Guardiano sbattendo le
palpebre più volte. «Sì… sì, tutto bene. Solo un nuovo
ricordo» rispose.
«Uno bello?».
Jack annuì e sorrise, guardando il cielo
azzurro. «Ho appena ricordato una promessa. E ho
scoperto che, senza rendermene conto, sono riuscita a mantenerla».