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Autore: teardrops    23/01/2013    5 recensioni
Si nasconde, Emma, dai suoi sentimenti, perché la rendono vulnerabile, si stringe un po’ più vicino alle macerie che rimangono delle sue, ormai inutili, difese; si stringe fra le braccia ma si avvicina all’appendiabiti, non riesce a farne a meno, non riesce a sopportare il peso di quello che è accaduto ma si costringe un po’: trema. A Francesca. {Graham/Emma}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Graham/Cacciatore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Francesca.

Perché dopo ventisei episodi l’ assenza di Graham fa ancora male.

A Francesca perché rimane con me, sempre.

 

 

 

Where is the hope in a world so cold?

 

 

«Nothin' goes as planned.
Everything will break.
People say goodbye.
In their own special way»₁

 

 

Ad occhi chiusi può fingere- può fingere di stare bene, può fingere che non sia successo nulla, che la sua vita sia sempre uguale. Ad occhi chiusi può fingere ciò che vuole, può illudersi che vada tutto bene. Non è mai successo nulla, non ha mai impugnato una spada contro una creatura mostruosa che tentava di ucciderla, non ha mai salvato nessuno: è ancora quella donna davanti ad una sola candelina, il giorno del suo ventottesimo compleanno, ad occhi chiusi, ad immaginare un mondo diverso.

È il telefono che la risveglia. Riapre gli occhi Emma, si costringe quasi, torna al mondo reale, fuori dalle sue elucubrazioni, dentro al suo ufficio. È distratta Emma, e non dal cellulare che squilla, e le voci che sente non sono quelle concitate nel corridoio. Le voci – la voce di suo figlio, che irrompe, “ci hai salvato tutti” dice. Mente Henry, perché lei non ha salvato tutti, non ha fatto tutto ciò che avrebbe potuto fare.

Doveva, il suo destino era scritto e nascosto negli anfratti di una cella lontana in altri mondi, il suo nome ripetuto decine di volte, marchiato da inchiostro magico e sangue, nelle vene di Snowhite, e invece aveva fallito, come sempre, anche allora.

Dice “Ho fallito”, e ci crede, perché quello che le rimane è una giacca abbandonata in un angolo nell’ufficio dello sceriffo.

Da sempre, Emma è realista, e non crede. Non ha mai creduto ad una parola di ciò che la gente dice, ha sempre dovuto vedere le cose, accertare fatti e situazioni, sbatterci contro, farsi male, perché di fidarsi  non ne ha il coraggio lei- per poi illudersi, perché? La vita le ha insegnato che nascondersi nelle crepe del muro che erige contro le persone brucia meno, è sopportabile, almeno così; ha imparato a difendersi, spesso da lei stessa.

Si nasconde, Emma, dai suoi sentimenti, perché la rendono vulnerabile, si stringe un po’ più vicino alle macerie che rimangono delle sue, ormai inutili, difese; si stringe fra le braccia ma si avvicina all’appendiabiti, non riesce a farne a meno, non riesce a sopportare il peso di quello che è accaduto ma si costringe un po’: trema.

Trema la mano che si avvicina a sfiorare la giacca, un po’ sgualcita, ormai inutilizzata, a sentire sotto i polpastrelli la pelle fredda della manica, e trattiene il respiro Emma, perché il profumo di Graham arriva fin lì, dal fondo della sua memoria di quei pochi giorni passati a perdersi e ritrovarsi, e i suoi occhi diventano lucidi a guardare la spilla da sceriffo, eco ormai remoto di lacrime di sere passate.

Avrebbe potuto salvarlo e non l’ha fatto. Lei è la salvatrice, e per lui non lo è stata.

Ha fatto in modo che ricordasse il suo passato, che ritornasse in possesso della propria identità.  

“Ho spezzato la sua maledizione” dice sottovoce, ma non gli ha restituito il cuore strappato ormai anni –o mondi?- prima, e ora capisce: i tasselli confusi di quel puzzle, di quel gioco troppo grande per lei, tornano faticosamente al loro posto.

Un bacio di vero amore può spezzare ogni maledizione” dice Henry.

“Mente” pensa Emma, perché lei non lo ha salvato, perché lei doveva proteggerlo e non l’ha fatto: Graham non è il suo vero amore.

La consapevolezza di questo pensiero la colpisce in pieno, come uno schiaffo: trema Emma, di rabbia e “Perché?” si chiede.

Distoglie lo sguardo, si allontana da tutto, dai pensieri che fanno male; si lascia scivolare sulla sedia girevole dietro la scrivania, accasciandosi sui verbali non scritti e penne che, oggi, rimarranno inutilizzate.

“È morto” sussurra, “è morto, morto, morto” ripete come una litania “e io non l’ho salvato”.

Era il suo vero amore Emma: ciò che cercava da sempre, la speranza di ritrovare il suo cuore, di poter vivere, di sentire qualcosa- e urlare, infine, “Finalmente!” e baciarla fino a non aver più fiato, e guardarla negli occhi, e amarla come nessuno avrebbe mai fatto.

Si addormenta Emma, anche se non vuole abbandonarsi agli incubi che la tormentano, e dietro la porta dell’ufficio, Mr. Gold schiocca le dita e  – “Te lo devo, Emma Swan” sussurra- sorride in silenzio e si allontana lungo il corridoio ora deserto.

 

 

 

 

Quando apre gli occhi, Emma è all’aperto. Nelle narici odore di erba bagnata, e terra soffice sotto le dita e fra i capelli.

È disorientata e “Dove sono?” si chiede. Ha solo il tempo di rialzarsi, e “Una foresta” realizza, che qualcuno le viene incontro, un elmo e un pugnale stretti in mano. Rabbrividisce fin dentro le ossa, e sicuramente non solo per il freddo che penetra da sotto la maglietta leggera che indossa.

Il freddo, in realtà, è l’ultima cosa a cui pensa. Il cuore perde un battito, e due e tre, e riprende a battere velocemente, schizza fuori dalla gabbia toracica, perché riconosce la figura che avanza, sicuro il passo, a testa bassa. Sente la sua presenza, più che vederla chiaramente, e d’improvviso sa- “Sono nella foresta incantata” sussurra.

Il cavaliere alza la testa, strizza gli occhi e la osserva attentamente, si ferma.

Si avvicina Emma, non sa cosa dire, in silenzio gli rivolge un mezzo sorriso, aspetta.

“Salve? Ha bisogno d’aiuto?” le chiede, e un fiume di parole e ricordi le si riversa nei pensieri, perché la sua voce l’avrebbe sempre riconosciuta, anche a migliaia di mondi di distanza dal suo.

Sta zitta Emma, e tutto attorno l’aria sembra mancare, perché ha bisogno di fare un profondo respiro prima di parlare, ma è comunque in un sussurro che dice “Sei tu?”

“Ci conosciamo?” la interroga l’uomo, ed Emma, dentro di sé, un po’ muore quel giorno, di nuovo come allora, insieme alla scintilla di speranza che aveva preso vita nel disperato desiderio di rivederlo- e capire.

“Non mi riconosce, non so chi sono” pensa e fa male tutto, si spezza qualcosa nel suo equilibrio, e “Credo di aver sbagliato persona” dice:  crolla tutto.

Ha il folle bisogno di toccarlo, di capire e sentire di nuovo gli occhi dentro i suoi, le mani sul suo viso- ha il disperato, folle bisogno di sentire il cuore batterle contro le costole, perché quella sera, ora lo sa, il suo cuore si è fermato insieme a quello di Graham, stritolati entrambi nella stretta feroce di Regina.

Ora lo sa, mentre si avvicina –“Non mi importa” si ripete-  e lui sorride illuminato dal sole, e scendono le lacrime sulle guance di Emma, la mano di Graham a scacciarle via, finalmente.

“Non piangere” le dice, ed è ancora quel sorriso, meraviglioso sorriso che le rivolge e poi, inevitabilmente, diventa tutto buio.

 

 

«You better shut your mouth
And hold your breath and kiss me now
And catch your death»

 

 

 

«Now that I know what I'm without
You can't just leave me
Breathe into me and make me real»

 

Si risveglia nel suo ufficio, sulla poltrona e fra le sue cose, ed “Era un sogno!” sussurra e ancora le lacrime scendono, ed un pensiero le ingombra la mente, non può fare altrimenti.

Ora lo sa, se non è amore il suo cos’è?

Non è amore forse passare le notti insonni, la giacca ancora appesa, il caffè alla cannella sempre al solito posto, le ciambelle e la spilla al petto, e tutto perché i gesti quotidiani le ricordano un po’ di lui?  Se non è amore vederlo in ogni persona che incontra per le strade di Storybrooke, sperare con tutte le sue forze che sia lui –e illudersi, perché sa che non tornerà più, “È morto, morto, morto” sussurra sempre e si convince che va tutto bene, che andrà tutto bene- , se non è amore sentire un cratere all’altezza del petto, e una mancanza assurda, come se fosse aria, se non è amore questo, allorache cos’è?

Non ha più dubbi Emma, e quando si ravviva i capelli dietro l’orecchio tutto si fa più chiaro.

Ora sa cosa deve fare, e lo farà. Perché glielo deve, perché è sempre stato il destino a mescolare le carte, incrociando le loro vite a pezzi e perse e insicure, e ora, per sempre, dipenderanno una dall’altra.

Lo ama, -“Ti amo” dice- ed è il motivo più chiaro e semplice, il più bello che potesse trovare.

Stringe nelle mani la foglia rimasta impigliata nei suoi capelli, respira forte –“È successo davvero” dice e ora non deve stare più in silenzio, può gridarlo forte al mondo- ed esce dal suo ufficio.

Dietro di sé, lascia ancora il profumo di bosco e di Graham.

 

 

«All is lost but hope remains and this war’s not over »

 

 

 

Note.

Non ho nient’altro da dire, solo che  la storia è dedicate alla Frà, perché Graham ci manca da morire e perché fra un po’ è il suo compleanno e io dovrei studiare per il mio primo esame (che devo fare proprio lo stesso giorno, argh) e mi porto in anticipo: goditi la storia darling, sperando che ti piaccia davvero, è tutta tua.

Fremme is my neverending OTP, don’t forgive that  

 

₁ In my veins, A. Belle  

₂ My skin, N. Merchant

₃ Bring me to life, Evanescence

₄ Shattered, Trading Yesterday

 

 

 

 

   
 
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